Il compositore Ennio Morricone (in causa si presenta il suo avente causa, Ennio Morricone Music Inc.) si impegnò a creare sei colonne sonore per sei film verso una società del gruppo Edizioni Musicali Bixio (in causa: Bixio Music Group Ltd.) a fronte di un pagamento anticipato (3.000.000 di lire) e di future royalties, oltre ad altri compensi secondari. In aggiunta egli cedette all’editore Bixio i diritti d’autore su dette sue creazioni .
I film sono della fine anni 70 e inizio 80.
Successivamente (2012) Morricone notificò a Bixio l’intenzione di avvalersi del diritto di termination (recesso oppure risoluzione: qui non approfondisco) del rapporto (si badi: era stata stipulata una cessione, non una licenza) secondo il § 203 della legge copyright statunitense (Tit. 17 Copyrights dello US Code, chap. 2).
Questa norma lo permette dopo trentacinque anni, tranne che si tratti di work made for hire. Work made for hire (di seguito: w.m.f.h.) all’incirca significa “opera realizzata in esecuzione di contratto di lavoro dipendente o autonomo”: il concetto è definito dal § 101 del cit. Tit. 17 Copyrights dello US Code.
Le parti concordano in causa che il rapporto è governato dalla legge italiana e il giudice prende per buona questa posizione.
La difesa Bixio eccepisce che la nostra legge qualifica il rapporto sub iudice in modo tale da poterlo riternere sostanzialmente corrispondente al concetto statunitense di w.m.f.h. e dunque che Morricone non poteva esercitare il suo diritto di termination.
Il giudice però rileva diverse differenze tra i due istituti, che elenca in modo minuzioso. La prima ad es. consiste nel fatto che il diritto statunitense rende titolare ab initio il datore/committente, mentre da noi l’autore delle musiche è coautore (art. 44 l.aut.): ed il § 203 presuppone un trasferimento/cessione (assignment) da parte dell’autore per invocarne la relativa termination. Quindi -direi così, ma non lo dice il giudice- questa , se non può operare nel caso di w.m.f.h., ove non c’è alcun trasferimento, può invece operare secondo il diritto italiano, che prevede invece un acquisto derivativo in caso di trasferimetno dal compositore (Morricone) a soggetto terzo (Bixio).
Quello che è strano è il motivo per cui si applica un istituto autorale statunitense pur in presenza di legge applicabile italiana.
Secondo la teoria del diritto internazionale privato, l’ordinamento richiamato potrebbe non applicarsi, a favore invece di una norma della lex fori, se si tratta di norma c.d. unilateriale oppure di norma di diritto internazionale privato materiale oppure di norma di applicazione necessaria o infine di norma di ordine pubblico.
Nessuna di queste ipotesi è richiamata però dal giudice.
In conclusione il giudice , ribaltando il primo verdetto, dà ragione a Morricone riconoscendogli il diritto di termination.
La decisione è del 21 agosto 2019 ed è stata emessa dalla United States Court of Appeals for the Second Circuit, KEARSE, JACOBS, HALL, Circuit Judges, caso No. 17‐3595‐cv, August Term 2018, parti: ENNIO MORRICONE MUSIC INC., Plaintiff‐Appellant, v. BIXIO MUSIC GROUP LTD., Defendant‐Appellee.
E’ leggibile nel database Decisions del Second Circuit.