Così Cass. sez. III n° 6338 del 02 marzo 2023, rel. Condello:
<<Con specifico riferimento al contratto del 25 febbraio 2009, e’, inoltre, incontestato in fatto che L.S.G., assumendo di essere proprietario pro indiviso dei fondi per cui è controversia, ha concesso in affitto all’odierno controricorrente soltanto la propria quota ideale, pari a 138/744 indivisi, come è consentito dall’art. 1103 c.c., che ammette la locazione della quota di bene comune.
Invero, anche se la giurisprudenza di legittimità in un suo risalente precedente ha espresso un iniziale giudizio di inammissibilità della locazione della quota (Cass., 11/03/1942 n. 652), l’orientamento prevalente è senz’altro orientato per l’ammissibilità della locazione di quota (Cass. 13/02/1951 n. 350; Cass. 29/05/1954 n. 1768; Cass. 09/05/1961, n. 1077; Cass. 22/05/1982, n. 3143; Cass., sez. 3, 20/07/1991, n. 8110; Cass., sez. 3, 28/09/2000, n. 12870). E’ stato chiarito (Cass., sez. 3, 05/01/2005, n. 165) che, quando il potere di disposizione sulla cosa appartiene a più soggetti nella forma della comunione in senso specifico ex art. 1100 c.c., tutti possono, rinunciando al godimento diretto, concederla in locazione a terzi ed anche a taluno soltanto dei contitolari; allo stesso modo, il comproprietario può concedere in locazione la cosa comune anche nei limiti della propria quota ideale. Con la precisazione che l’art. 1105 c.c., secondo il quale tutti i partecipanti alla comunione hanno diritto di concorrere all’amministrazione della cosa comune, non limita l’autonomo potere di disposizione di ciascun partecipante alla comunione sulla sua quota ideale della cosa comune (art. 1103 c.c.), per cui gli atti dispositivi della quota medesima e la amministrazione di essa riguardano solo il singolo titolare.
Il giudice di merito ha, quindi, fatto buon governo delle suddette disposizioni di legge, laddove ha affermato che il contratto di affitto del 25 febbraio 2009 legittima L.S.G. a detenere il fondo nei limiti della quota ideale ad esso concessa in godimento.
E’ ben vero, come si sostiene in ricorso, che il contratto di affitto ha legittimato l’odierno controricorrente alla sola detenzione della quota di proprietà del concedente, ma non anche alla detenzione della quota di proprietà delle ricorrenti, nel cui compossesso queste sono state reimmesse, secondo la ricostruzione della vicenda fattuale operata dalla Corte d’appello, dall’ufficiale giudiziario in data 20 aprile 2009. Va, tuttavia, considerato che le parti ricorrenti, con l’atto introduttivo del giudizio, hanno chiesto il risarcimento del danno da ritardata restituzione dei fondi, sul rilievo che l’affittuario si fosse reso inadempiente all’obbligo di rilascio derivante dal contratto di affitto, cosicché, invocando l’art. 1102 c.c., che regola i rapporti tra condomini ed i limiti all’uso della cosa comune, ed adducendo che l’attività di allevamento svolta dal L. impegna l’intero fondo, precludendo alle stesse qualsiasi utilizzo del bene, introducono questioni fondate su un diverso titolo, come tali inammissibili>>.