Un’interessante sentenza (Appello Napoli 15.05.2019 n. 2602, RG 274/2016; pubblicata nel sito internet del Sole 24 Ore in allegato all’articolo Delibere dell’assemblea dei soci, sì all’azione revocatoria dei creditori sul numero di oggi, p. 22 ) ha stabilito che è revocabile la delibera della società consortile di modificare lo statuto, nel senso di rendere da obbligatorio a facoltativo il rimborso annuale delle spese di funzionamento, qualora superino l’ammontare dei ricavi e dei proventi dell’esercizio stesso (art. 2615 ter c. 2 cc)
Le società consorziate avevano sostenuto che il credito non esisteva poiché sorgeva solamente con la delibera di approvazione del bilancio che preveda il ribalta il ribaltamento dei costi in eccesso a carico dei consorziati: <<i soci non rispondono illimitatamente dei debiti della società nei confronti dei debitori sociali nemmeno quando è previsto l’obbligo di contribuzione in via statutaria nascendo detto obbligo esclusivamente con l’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea che prevede il ribaltamento a loro carico. Errata sarebbe, inoltre, la qualificazione della delibera operata dal primo giudice come self executive poiché l’adozione della delibera aveva generato una fattispecie in fieri che al fine di produrre i propri effetti avrebbe richiesto la decisione del mancato rimborso da parte dei soci in misura proporzionale alle rispettive partecipazioni, con la quale soltanto si sarebbe configurato il mancato versamento a copertura delle perdite della società>> (§ 4)
Secondo la Corte d’Appello invece <<solo ai fini della cogenza del debito contributivo e per la sua concreta determinazione, nel quantum, sia necessario che esso risulti da un bilancio debitamente approvato oppure di una deliberazione che lo sostituisca ma idonea a verificare la situazione finanziaria dell’ente, posto che l’obbligo sorge con la previsione statutaria>>
Pertanto la clausola statutaria più l’emersione della perdita [quando? cioè in quale preciso momento?] avevano già fatto sorgere il credito della società verso i consorziati.
La modifica statutaria costituiva dunque una rinunzia ad un credito già sorto (non potendosi negare inoltre la scientia damni nei soci debitori)