Ancora sulla determinazione del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale

Cass. sez. III, sent. 06/02/2025 n. 2.957 rel. Graziosi:

<<6.1 È ben noto che il sistema tabellare, in relazione al danno da perdita parentale, è stato di recente oggetto di una impostazione modificativa, “spostandolo” dalle tabelle romane nella quantificazione a punti, mentre per un certo periodo le tabelle milanesi, ancora riconosciute come frutto concreto di equità da questa Suprema Corte, hanno continuato ad avvalersi del sistema della cosiddetta forbice tra un minimo e un massimo. Tuttavia, quando il giudice d’appello nella presente causa ha esaminato il gravame relativo proprio alla quantificazione del risarcimento di tale danno, la giurisprudenza di legittimità aveva già chiuso questo spazio di contraddizione, attribuendo la funzionalità migliore al sistema a punti.

Oltre alla giurisprudenza richiamata dallo stesso giudice d’appello (Cass. Sez. 3, 21 aprile 2021 n. 10579 – “In tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul ‘sistema a punti’, che preveda, oltre all’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella” (caso, questo, in cui è stata cassata una pronuncia che aveva applicato il sistema a forbice delle tabelle milanesi) -), si deve rammentare che, sempre prima della sentenza qui in esame, tale linea era stata confermata, tra gli arresti massimati, pure da Cass. Sez. 3, ord. 29 settembre 2021 n. 26300 (cfr. peraltro la posteriore Cass. Sez. 3, ord. 22 marzo 2023 n. 8265, per cui nella liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale i criteri delle tabelle milanesi anteriori al 2022 devono intendersi nel senso che non indicano una forbice tra il minimo e il massimo, bensì tra “un valore monetario base”, espressione di una valutazione media uniforme del danno, e una personalizzazione massima, applicabile soltanto per circostanze peculiari specificamente allegate).

Linea, questa, che viene tuttora seguita, senza reali oscillazioni ma comunque emergendovi pure gli ineludibili approfondimenti suscitati dal caso specifico (tra gli arresti massimati si vedano ancora, in particolare, Cass. Sez. 3, ord. 28 febbraio 2023 n. 5948 – “Il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul ‘sistema a punti’, che preveda, oltre all’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, ferma restando la possibilità che la valutazione equitativa si traduca nell’utilizzo di un sistema di liquidazione diverso (il quale attinga, ove reputato utile, anche alla fonte rappresentata dall’intervallo di valori numerici offerto dalla versione della tabella milanese anteriore a quella del giugno 2022), purché sorretto da un’adeguata motivazione che dia conto delle circostanze prese in considerazione dal giudice per la quantificazione del danno risarcibile nel caso concreto” – e Cass. Sez. 3, ord. 27 dicembre 2023 n. 35998 – per cui la morte anteriore rispetto a quando sarebbe avvenuta per causa non imputabile al responsabile non integra danno risarcibile per chi la subisce ma può costituire danno da perdita del rapporto parentale, risarcibile ai congiunti iure proprio, e rispetto al quale la presumibile durata della residua sopravvivenza del de cuius costituisce parametro per la liquidazione equitativa, così confermando la sentenza di merito che aveva liquidato il danno da perdita del rapporto parentale ai congiunti avvalendosi delle tabelle milanesi ma decurtandole del 30% per la minore durata dell’aspettativa della vita del de cuius rispetto a un coetaneo -.

Frattanto, va rilevato per completezza, si è adeguato a questo input il sistema ambrosiano, come espressamente rimarca Cass. Sez. 3, ord. 16 dicembre 2022 n. 37009, per cui le tabelle milanesi del giugno 2022 “costituiscono idoneo criterio per la liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, in quanto fondate su un sistema ‘a punto variabile’ (il cui valore base è stato ricavato muovendo da quelli previsti dalla precedente formulazione ‘a forbice’) che prevede l’attribuzione dei punti in funzione dei cinque parametri corrispondenti all’età della vittima primaria e secondaria, alla convivenza tra le stesse, alla sopravvivenza di altri congiunti e alla qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta, ferma restando la possibilità, per il giudice di merito, di discostarsene procedendo a una valutazione equitativa ‘pura’, purché sorretta da adeguata motivazione”  >>.

Il che applicato al caso de quo porta alla seguente censura:

<<6.2 È dunque evidente la fondatezza della censura veicolata dai ricorrenti: il giudice d’appello, qualora semmai avesse ritenuto nel caso specifico di doversi discostare da quella che ben conosceva essere la modalità di quantificazione già indicata dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte per confermare la quantificazione del Tribunale assunta con diverso criterio, avrebbe dovuto fornire un’approfondita e specifica motivazione per spiegare tanto l’eccezionalità nella quale ormai la quantificazione operata dal primo giudice era incorsa, quanto l’adeguatezza peculiare di tale quantificazione che ne consentisse la permanenza in un contesto nomofilattico ormai chiaramente divergente.

La specificità, invero, può sempre verificarsi nelle fattispecie del danno non patrimoniale, la quantificazione del cui risarcimento venendo infatti affidata all’equità del giudice di merito. E l’equità, istituto giuridico diretto a integrare e dunque adeguare la struttura normativa in cui si inserisce (da ultimo, nel presente settore cfr. Cass. Sez. 3, ord. 26 luglio 2024 n. 20894, Cass. Sez. L., ord. 16 maggio 2024 n. 13701 e Cass. Sez. 3, ord. 29 aprile 2022 n. 13515), da sistemi tabellari adottati da determinati tribunali – e, quindi, non normativi – non viene certo soppressa, ma soltanto agevolata nel suo esercizio, trattandosi di meri strumenti pratici (in tema, cfr. Cass. Sez. 6 – 3, ord. 13 dicembre 2022 n. 36297: “In tema di danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, è ammissibile la liquidazione equitativa ‘pura’ (che si discosti, cioè, dai valori astrattamente predisposti dalle tabelle in uso), sempreché ricorrano circostanze peculiari, delle quali sia fornita logica e congrua motivazione”), in sostanza attenuando l’onere accertatorio e quindi motivazionale del giudicante tramite una valutazione predeterminata in base a dati ordinariamente sussistenti>>.

<<7. Ne consegue che la sentenza impugnata non si è adeguata alla giurisprudenza di legittimità da essa stessa richiamata, e lo ha fatto senza evidenziare la sussistenza di peculiari ragioni che avrebbero semmai consentito di divergerne nella modalità di quantificazione risarcitoria del riconosciuto danno da perdita del rapporto parentale. La sentenza deve pertanto venire cassata per l’accoglimento dei primi due motivi, assorbito l’ultimo, rinviando la causa, perché sia compiuta la quantificazione del danno nella qui evidenziata modalità corretta, alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa sezione e diversa composizione, cui si rimette anche la decisione sulle spese processuali del giudizio di legittimità>>

La Corte di Giustizia illumina (fiocamente, per vero) l’interpretazione dell’art. 15.1.h) GDPR sul dovere esplicativo in caso di sistemi di processi decisionali automatizzati

Corte di Giustizia 27.02.2025, C-203/22, CK c. Magistrat der Stadt Wien con l’intervento di Dun& Bradstreet Austria GmbH, esamina un rinvio di giudice austriaco in un caso di piano tariffario telefonico negato per rischio di insolvenza rilevato da scoring algoritmico.

Il tema è sempre piuù importante ed attuale, costituendo forse quello più difficile da sciogliere: il dovere di motivare (derivante da buona fede contrattuale, quando non da disposizione di legge) è problematico assai nel caso di decisioni algoritmiche, anche perchè di solito l’impresa profilante il privato scaltramente eccepisce il segreto commerciale (che però in genrrale cede al diritto alla protezione dei dati del civis).

Si notino i ponderosi quesiti del giudice a quo.

La risposta della CG resta sul generico e purtroppo non è dato conoscere con precisione la risposta data dall’impresa profilante alla richiesta del cittadino

1) L’articolo 15, paragrafo 1, lettera h), del regolamento (UE) 2016/679 … dev’essere interpretato nel senso che:

in caso di processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, di tale regolamento, l’interessato può pretendere dal titolare del trattamento, a titolo di «informazioni significative sulla logica utilizzata», che quest’ultimo gli spieghi, mediante informazioni pertinenti e in forma concisa, trasparente, comprensibile e facilmente accessibile, la procedura e i principi concretamente applicati per utilizzare, con mezzi automatizzati, i dati personali relativi a tale interessato al fine di ottenerne un risultato determinato, come un profilo di solvibilità.

2)    nell’ipotesi in cui il titolare del trattamento ritenga che le informazioni da fornire all’interessato conformemente a tale disposizione contengano dati di terzi protetti da tale regolamento o segreti commerciali, ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della direttiva 2016/943 (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, sulla protezione del knowhow riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti, detto titolare è tenuto a comunicare tali informazioni asseritamente protette all’autorità di controllo o al giudice competenti, cui spetta ponderare i diritti e gli interessi in gioco al fine di determinare la portata del diritto di accesso dell’interessato previsto all’articolo 15 di tale regolamento

Decisione istruttiva sul profilo probatorio della rinomanza dei marchi (il caso della vodka “Chopin”)

La 5 comm. ricorso EUIPO 13.02.2025, R 304/2024-5, Giossina v. Podlaska, (qui la pag. web dell’ufficio) utile ai pratici per la preprazione dell’istruttoria sulla rinomanza del marchio.

59  L’esistenza di una notorietà dev’essere valutata tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, vale a dire, in particolare, la quota di mercato detenuta dal marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata del suo uso, nonché l’importo speso dall’impresa per promuoverlo (05/10/2022, T 711/20-, CMS Italy (fig.)/PUMA (fig.) et al., EU:T:2022:604, § 82; 02/10/2015, T-624/13, Darjeeling/DARJEELING et al., EU:T:2015:743, § 75; 27/09/2012, T-373/09, Emidio Tucci, EU:T:2012:500, § 58; 10/05/2007, T-47/06, Nasdaq, EU:T:2007:131, § 46; 06/02/2007, T-477/04, TDK, EU:T:2007:35, § 48; 14/09/1999, 375/97-, Chevy, EU:C:1999:408, § 26, 27).
60 Per quanto riguarda la qualità delle prove della notorietà, occorre che esso sia chiaro, preciso e convincente, nel senso che il titolare del marchio anteriore deve dimostrare tutti i fatti necessari per concludere con certezza che il suo marchio è conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato. La notorietà del marchio anteriore deve essere sufficientemente dimostrata e non semplicemente presunta. Risulta altresì dalla giurisprudenza che la prova della notorietà deve includere elementi oggettivi adeguatamente documentati o verificabili per consentire di valutare i fattori pertinenti
(05/10/2022, T 711/20-, CMS Italy (fig.)/PUMA (fig.) et al., EU:T:2022:604, § 84).
61 Nel caso di specie, la Divisione di Opposizione ha concluso che le prove presentate dall’opponente, considerate nel loro complesso, dimostrano che la registrazione del marchio dell’Unione europea anteriore godeva di notorietà, almeno sul mercato polacco, per vodka nella Classe 33.
62 L’opponente ha presentato due studi di mercato (Allegati 5 e 6) relativi alla conoscenza del marchio dei marchi Chopin dell’opponente in relazione alla vodka. Il primo studio di mercato è stato realizzato da Millward Brown (attualmente Kantar Millward Brown, una principale agenzia di ricerca globale) e il secondo da KPMG Sp. z o.o.
63 A seguito di questi studi, la conoscenza del marchio Chopin è riconosciuta dal 69 % del numero complessivo di intervistati, compreso il 80 % del pubblico principale (ossia i normali consumatori di vodka). Il 29 % degli intervistati ha sentito parlare di questo marchio di vodka per la prima volta più di 10 anni fa e il 45 % conosce il marchio da 3 a
10 anni. Il marchio Chopin è stato il marchio al premio polacco più indicato (conoscenza spontanea) della categoria delle bevande spiritose (32 % degli intervistati, prima di Belvedere, Wyborowa, Żubrówka e Sobieski vodkas).
64 Tali studi dimostrano che il marchio anteriore ha raggiunto un livello significativo di consapevolezza e conoscenza presso i consumatori in Polonia, in particolare quelli che consumano regolarmente bevande alcoliche come la vodka.
Si prega di notare che questa è una traduzione generata automaticamente fornita soltanto per scopi informativi. Non è possibile garantirne l’accuratezza o l’idoneità per specifici scopi.
65 Inoltre, l’opponente ha presentato nell’allegato n. 1 circa 180 fatture che dimostrano la vendita di migliaia di bottiglie di vodka in Polonia e in altri Stati membri, come nei Paesi Bassi, in Belgio, Germania, Lettonia, Lituania, Italia, Romania e Regno Unito. Tali fatture coprono un lungo periodo dal 2015 al 2022 che mostra un uso costante e molto frequente del marchio anteriore.
66 L’opponente è stato molto attivo nella promozione e nella pubblicità del marchio anteriore (Allegati 7 e 8). Ha presentato un’ampia selezione di immagini di prodotti promozionali in stand esclusivi presso negozi senza merci in aeroporti polacchi (datati 2015-2017, 2019-2020), eventi diversi (ad esempio la presentazione di McLaren presso lo Stadium nazionale polacco nel 2019 e la presentazione di Lamborghini a Varsavia nel 2021) e fiere (ad esempio Festival Wódki I Zakcontrollori ski 2017, 2018, 2019; JEDZ IJ Warszawo 2019). Nell’UE, l’opponente ha anche prodotto diverse immagini di eventi di sponsorizzazione e festival in cui sono stati promossi i prodotti “Chopin”, quali: Bar Convent Berlin (Germania) nel 2019, il Festival internazionale del Tribunale Cuisine
2018, Duty Free TFWA Cannes (Francia) 2018 e 2019.
67 Negli allegati 9 e 10, l’opponente ha incluso anche una grande varietà di articoli pubblicitari e di articoli di stampa datati 2015-2020, in riviste pubblicate in Polonia quali  gli Highneth 2015, Acqua Vitae 2016, Ereca 2017, Tendances & Emballages 2018, Born in Polonia catalogo 2018, 2019 e 2021 o online in un articolo Forbare dal titolo “How è troppo elevato per la vodka ultra luxury?” dal 24/07/2020; e l’articolo Parade titava “18 marchi Best vodka da laterare, sulle rocce o su un cocktail artigianale” del 03/01/2023.
La vodka Chopin è citata in relazione alla sua collaborazione con Vera Wang (designer).
68 Va sottolineato che la vodka Chopin è stata considerata il settimo marchio di lusso da KPMG il 23 marzo 2016 e anche il gennaio 2020 in un articolo online di “The spruce eats”, che è una pubblicazione online vincente a livello mondiale su una missione voltaad aiutare il pubblico a fare il loro meglio condividendo “i migliori” nelle ricette di cibo e bevande, la vodka Chopin è stata considerata il secondo marchio più popolare di vodka
premium.
69 L’opponente è anche molto attivo con il proprio marchio anteriore su social media e collabora anche a eventi cinematografici e musicali molto famosi, dove il marchio “Chopin” è stato ampiamente promosso (ad esempio, presso il Festival di Santa Barbara International Film Film, la fondazione Grammy, il premio Kirk Douglas Award, il premio internazionale Transatlantic Film e Music Award, con la partecipazione di storari cinematografici come Angelina Jolie, Sandra Bullock, Penéning, 12).
70 Infine, l’opponente ha presentato una sentenza del Tribunale di Varsavia del 22/10/2020, nel caso XXII GWzt 21/20, che riguardava un procedimento per contraffazione in cui, tra l’altro, era in discussione il marchio anteriore (allegato 15).
71 In tale sentenza il tribunale polacco ha stabilito che il marchio anteriore godeva di notorietà e ha tenuto conto anche degli studi di mercato (Allegati 5 e 6) presentati anch’essi in tale procedimento. Ha affermato che la presenza nel mercato della vodka Chopin nel corso degli anni e le spese elevate per il marketing e le attività promozionali dimostrano la notorietà e l’elevata qualità del marchio anteriore. La produzione della vodka viene effettuata in piccole partite e il produttore controlla l’intero processo, compreso l’acquisto di materie prime. La vodka presenta un gusto eccezionale, ottenuto grazie alla ricetta e all’eccellente qualità degli ingredienti.
Si prega di notare che questa è una traduzione generata automaticamente fornita soltanto per scopi informativi. Non è possibile garantirne l’accuratezza o l’idoneità per specifici scopi.
72 Alla luce di quanto precede, la Commissione conferma le conclusioni della decisione impugnata in merito alla notorietà del marchio anteriore, che è presente nel mercato della vodka dall’inizio degli anni’ 1990 ed è stata utilizzata da allora in modo costante e molto frequente, come dimostrato dalle fatture che costituiscono semplicemente una selezione di tutti i volumi di vendita dei prodotti derivati dalla vodka sotto il marchio anteriore”

In caso di violazione di marchio, il recupero dei profitti del violatore è limitato a questi e non può estendersi a quelli realizzati dalle società da lui controllate

Il recupero dei profitti può concernere solo quelli della convenuta capogruppo, non quello delle controllate, pur coautrici della violazione ma non chiamate in giudizio.

Del resto l’attore non aveva azionato il diritto di “pierce the corporate veil” cioè di superaee la distinzione soggettiva tra le società del gruppo.

Così la Corte Suprema USA 26.02.2025, n. 23-900, Deweberry Group inc. v. Deweberry Ebgineers inc (qui la pag. web in Justia e qui il link diretto alla sentenza) .

Vanno distinti peraltro la chiamata in causa e l’efficacia di giudicato opponibile, da un latom, dall’accertametnmo della responsabiità e quindi dall’individuazione dell’autore (v. ns. art. 125.3 cpi) , dall’altro.

Il superamento della distinzione soggettiva, del resto, se è possibile per i creditori volontari, deve esserlo anche per quelli involcontari.

DAl Syllabus:

The federal Lanham Act provides for a prevailing plaintiff to recover the
“defendant’s profits” deriving from improper use of a mark. 15 U. S. C.
§1117(a). Dewberry Engineers successfully sued Dewberry Group—a
competitor real-estate development company—for trademark infringe-
ment under the Lanham Act. Dewberry Group provides services
needed to generate rental income from properties owned by separately
incorporated affiliates. That income goes on the affiliates’ books; Dew-
berry Group receives only agreed-upon fees. And those fees are appar-
ently set at less than market rates—the Group has operated at a loss
for decades, surviving only through cash infusions by John Dewberry,
who owns both the Group and the affiliates. To reflect that “economic
reality,” the District Court treated Dewberry Group and its affiliates
“as a single corporate entity” for purposes of calculating a profits
award. The District Court thus totaled the affiliates’ real-estate prof-
its from the years Dewberry Group infringed, producing an award of
nearly $43 million. A divided Court of Appeals panel affirmed that
award.
Held: In awarding the “defendant’s profits” to the prevailing plaintiff in
a trademark infringement suit under the Lanham Act, §1117(a), a
court can award only profits ascribable to the “defendant” itself. And
the term “defendant” bears its usual legal meaning: the party against
whom relief or recovery is sought—here, Dewberry Group. The Engi-
neers chose not to add the Group’s affiliates as defendants. Accord-
ingly, the affiliates’ profits are not the (statutorily disgorgable) “de-
fendant’s profits” as ordinarily understood.

Nor do background principles of corporate law convert the one into
the other. This Court has often read federal statutes to incorporate
such principles. So if corporate law treated all affiliated companies as
“a single corporate entity,” there could be reason to construe the term
“defendant” in the same vein. See United States v. Bestfoods, 524 U. S.
51, 62. But the usual rule is the opposite. “[I]t is long settled as a
matter of American corporate law that separately incorporated organ-
izations are separate legal units with distinct legal rights and obliga-
tions.” Agency for Int’l Development v. Alliance for Open Society Int’l
Inc., 591 U. S. 430, 435. And that is so even if the entities are affili-
ated—as they are here by virtue of having a common owner. While a
court may in select circumstances “pierc[e] the corporate veil,” espe-
cially to prevent corporate formalities from shielding fraudulent con-
duct, Bestfoods, 524 U. S., at 62, Dewberry Engineers admits that it
never tried to make the showing needed for veil-piercing. So the de-
mand to respect corporate formalities remains. And that demand ac-
cords with the Lanham Act’s text: the “defendant’s profits” are the de-
fendant’s profits, not its plus its affiliates’.
Dewberry Engineers does not contest these points; it instead argues
that a court may take account of an affiliate’s profits under a later sen-
tence in the Lanham Act’s remedies section: “If the court shall find that
the amount of the recovery based on profits is either inadequate or ex-
cessive[,] the court may in its discretion enter judgment for such sum
as the court shall find to be just, according to the circumstances.”
§1117(a). In the Engineers’ view, this so-called “just-sum provision”
enables a court, after first assessing the “defendant’s profits,” to deter-
mine that a different figure better reflects the “defendant’s true finan-
cial gain.” Brief for Respondent 24. And at that “second step” of the
process, the court can consider “as relevant evidence” the profits of re-
lated entities. But the District Court did not rely on the just-sum pro-
vision. It simply treated Dewberry Group and its affiliates as a single
corporate entity in calculating the “defendant’s profits.” And the
Fourth Circuit approved that approach, thinking it justifiable in the
circumstances to ignore the corporate separateness of the affiliated
companies. The just-sum provision did not come into the analysis and
therefore does not support the $43 million award given

Risoluzione per inadempimento del conduttore e danno risarcibile al locatore: tutti i canoni fino alla naturale scadenza o fino alla rilocazione a terzi? Sull’annoso tema “risoluzione e risarcimento”

Cass. sez. un., sent. 25/02/2025 n. 4.892 rel. Dell’Utri, sul danno al locatore incaso di risuluzione della locazione per inadempimento del conduttore: spetta anche il danno da canoni non percepiti dopo la risoluizione ma non dal condopttire, ciopè automaticamente, bensì percepibili da terzi cui sarebbe riuscito a concederlo con nuova locazione.

Il locatore deve cioè provare che ha rimesso subito ed efficamente sul mercato l’immobile.

Solo che la SC dimentica che ciò non basta: deve provare anche che un conduttore -alle condiizoni economiche offerte- l’avrebbe trovato, non potendosi affatto presumerlo.

<<È in questo quadro che si colloca la giustificazione dell’attribuzione di un carattere ragionevolmente dirimente alla dimostrazione, da parte del locatore, d’essersi convenientemente attivato, non appena ottenuta la riconsegna del proprio immobile, al fine di rendere conoscibile con i mezzi ordinari la disponibilità dell’immobile per una nuova locazione.

Un atteggiamento di persistente ingiustificata inerzia del locatore nel riattivare le possibilità di recupero della redditività del proprio bene a seguito della sua riacquistata disponibilità (in tesi confidando sul diritto a conseguire, a titolo risarcitorio, tutti i canoni convenuti fino alla naturale scadenza del contratto), non potrà non legittimare, secondo l’id quod plerumque accidit, la prospettazione dell’eventuale riconducibilità della cessata redditività del bene alla responsabilità dello stesso locatore; una responsabilità nella specie assumibile anche ex fide bona, in coerenza a un criterio valutativo generale del comportamento delle parti contraenti riferibile, oltre che alla relazione prenegoziale (ex art. 1337 c.c.), all’interpretazione del contratto (ex art. 1366 c.c.) e alla sua esecuzione (ex art. 1375 c.c.), anche alla fase che segue la formale risoluzione degli effetti del negozio (arg. altresì ex art. 1175 c.c., nella prospettiva della determinazione del credito risarcitorio, là dove impone al creditore di “comportarsi secondo le regole della correttezza”).

19. Deve pertanto ritenersi gravante sul locatore l’onere di comprovare che, nonostante la restituzione dell’immobile prima della scadenza del contratto da parte del conduttore inadempiente, il danno costituito dalla mancata percezione del canone fino a detta scadenza, o fino alla stipulazione di una nuova locazione, si è ugualmente verificato>>.

Tutelabilità col diritto d’autore dell’output da intelligenza artificiale secondo il US copyright office

dopo la parte 1, è uscita a fine gennaio la parte 2 sulla copyrightability dei lavori da IA da parte dll’Ufficio IUSA.

Qui la pagina e qui il link diretto al testo del Report (Copyright and Artificial IntelligencePart 2: Copyrightability-A REPORT Of The Register of CoPyRighTs January 2025).

Nessuna novità:

– i prompts sono insufficienti;

– la AI se usata come tool può dare protezione ma negli elementi riconoscibili come input umani (“As illustrated in this example, where a human inputs their own copyrightable work and that work is perceptible in the output, they will be the author of at least that portion of the output. Their own creative expression will be protected by copyright, with a scope analogous to that in a derivative work. Just as derivative work protection is limited to the material added by the later author,125 copyright in this type of AI-generated output would cover the perceptible human expression. It may also cover the selection, coordination, and arrangement of the human-authored and AI-generated material, even though it would not extend to the AI-generated elements standing alone”, p. 24).

La parte 3, di prossima uscita, riguarderà il problema specuilare e cioè la quialificaizone giuridica dell’uso da apret dellAI di opere protette per il suo training

Obbligo di analicità motivatoria per il giudice nel liquidare il danno da perdita del rapporto parentale

Cass. sez. III, ord. 12/01/2025 n. 761:

<<A prescindere dall’improprio riferimento agli artt. 115 e 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., nonché all’art. 1256 cod. civ., la ricorrente enuncia correttamente la violazione dell’art. 1226 cod. civ. in tema di liquidazione del danno di cui non sia possibile effettuare con esattezza la computazione, così da rispettare l’onere della specificità ex art. 366, comma primo, n. 4 c.p.c. basato sulla chiara esposizione delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della pronunzia caducatoria richiesta (v. Cass., sez. un., 17931/2013 cit.).

La Corte d’Appello ha ridotto l’importo liquidato alla Ri.An. a titolo di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale nei limiti del “valore medio di tariffa”, senza quindi precisare a quale edizione della tabella approntata dall’Osservatorio della Giustizia civile di Milano si sia fatto riferimento e senza spiegare la ragione valorizzata per la disposta riduzione. Dato, quest’ultimo, che stride con la riconosciuta intensità del legame familiare tra il defunto, la moglie ed i nuclei familiari dei figli.

In altri termini, la Corte d’Appello non ha fatto corretta applicazione del potere di valutazione equitativa ex art. 1226 cod. civ., perché non ha spiegato adeguatamente il modo di impiego del parametro prescelto in relazione alle due poste di danno incluse nel lemma “perdita del rapporto parentale”. La Corte d’Appello di Bari, pertanto, una volta individuato il corretto parametro tabellare per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale (v. Cass. 21 aprile 2021, n. 10579; 10 novembre 2021, n. 33005, n. 33005; 23 giugno 2022, n. 20292; 16 dicembre 2022, n. 37009), provvederà alla riliquidazione della voce di danno in questione in favore della Ri.An. sulla base degli elementi di prova, anche di natura presuntiva, emersi nel corso del giudizio, esplicando nella motivazione gli elementi di calcolo.

2.2. In relazione al secondo motivo del ricorso deve essere enunciato il seguente principio di diritto: “Nella liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, al cui interno sono compresi il danno morale e la compromissione sul piano relazionale derivanti dalla morte del congiunto, il giudice nel ricorrere al potere di valutazione equitativa, quando fa uso dello strumento tabellare, deve indicare gli elementi di calcolo impiegati, al fine di rendere palese il percorso fatto per rendere la liquidazione aderente agli elementi di prova, anche di natura presuntiva, emersi nel corso del giudizio” >>.

Onere della prova delle azioni di accertamento della proprietà/do rivendica (a seconda che l’attore sia o meon nel possesso) e decisività della nota di trascrizione rispetto al titolo nella pubblicità immobiliare

Due punti trattati da Cass. sez. II ord. 25/02/2025, n. 4.874, rel. Pirari:

1° :

<<Occorre innanzitutto chiarire come la domanda di accertamento della proprietà e quella di rivendicazione, esercitate da chi non è nel possesso del bene, non divergono rispetto all’ampiezza e rigorosità della prova sulla spettanza del diritto, essendo entrambe azioni a contenuto petitorio dirette al conseguimento di una pronuncia giudiziale utilizzabile per ottenere la consegna della cosa da parte di chi la possiede o la detiene (vedi Cass., Sez. 2, 3/8/2022, n. 24050; Cass., Sez. 2, 9/6/2000, n. 7894; Cass., Sez. 2, 27/4/1982, n. 2621; si veda anche Cass. n. 1481/1973), diversamente da quanto accade per l’azione di accertamento esercitata da chi è nel possesso del bene, tendendo essa non già alla modifica di uno stato di fatto, ma soltanto all’eliminazione di uno stato di incertezza circa la legittimità del potere di fatto sulla cosa di cui l’attore è già investito, attraverso la dichiarazione che esso risponde esattamente allo stato di diritto (Cass., Sez. 2, 9/6/2000, n. 7894; Cass., Sez. 2, 27/4/1982, n. 2621; Cass., Sez. 2, 29/3/1976, n. 1122; Cass., Sez. 2, 5/5/1973, n. 1182; Cass., Sez. 2, 9/10/1972, n. 2957).

Soltanto in quest’ultimo caso l’attore è soggetto a un minore onere probatorio, in quanto è tenuto ad allegare e provare esclusivamente il proprio titolo di acquisto, ma non anche i vari trasferimenti della proprietà sino alla copertura del tempo sufficiente ad usucapire (Cass., Sez. 2, 9/6/2000, n. 7894; Cass., Sez. 2, 4/12/1997, n. 12300; Cass., Sez. 2, 27/4/1982, n. 2621), mentre con l’azione di rivendicazione ex art. 948 cod. civ. e con quella di accertamento in assenza di possesso, quand’anche non accompagnate dalla domanda di rilascio (in questi termini Cass., Sez. 2, 7/4/1987, n. 3340), è imposto all’attore di fornire la c.d. probatio diabolica della titolarità del proprio diritto – che costituisce un onere da assolvere ogniqualvolta sia proposta un’azione fondata sul diritto di proprietà tutelato erga omnes -, dimostrando il titolo di acquisto proprio e dei suoi danti causa fino ad un acquisto a titolo originario ovvero il compimento dell’usucapione (Cass., Sez. 2, 3/8/2022, n. 24050, cit.; Cass., Sez. 2, 19/1/2022, n. 1569; Cass., Sez. 2, 10/9/2018, n. 21940; Cass. n. 1210/2017; Cass., Sez. 2, 21/2/1994, n. 1650; Cass., Sez. 2, 13/8/1985, n. 4430; Cass., Sez. 2, 2/2/1976, n. 330; Cass., Sez. 2, 13/3/1972, n. 732).

L’assolvimento di tale rigoroso onere probatorio può avvenire con qualsiasi mezzo, non necessariamente documentale, ma anche mediante un consulente tecnico (purché, in tal caso, il convincimento del giudice si ponga come conseguenza univoca e necessaria dei fatti emersi dall’indagine tecnica) o mediante le risultanze dei registri catastali, le quali, pur non valendo a dimostrare con precisione la proprietà di un immobile, sono tuttavia utilizzabili dal giudice di merito come indizi suscettibili di convincimento, se presi in considerazione con rigore logico di ragionamento e convalidati da altri elementi di causa (Cass., Sez. 2, 14/4/1976, n. 1314; vedi anche Cass., Sez. 2, 3/8/2022, n. 24050, cit., Cass., Sez. 2, 9/6/2000, n. 7894; Cass., Sez. 2, 21/2/1994, n. 1650; Cass., Sez. 24/6/1971, n. 2000), sebbene il relativo rigore non possa che stabilirsi in relazione alla peculiarità di ogni singola controversia.

Infatti, il criterio di massima secondo cui l’attore deve fornire la prova rigorosa della sua proprietà e dei suoi danti causa fino a coprire il periodo necessario per l’usucapione, può subire opportuni temperamenti a seconda della linea difensiva adottata dal convenuto (Cass., Sez. 6-2, 19/1/2022, n. 1569), non nel senso che la mancata dimostrazione dell’usucapione da parte di quest’ultimo esoneri l’attore in rivendicazione dall’onere di provare il proprio diritto, ma nel senso che detto onere resta attenuato allorché il convenuto, nell’opporre l’usucapione, abbia riconosciuto, seppure implicitamente, o comunque non abbia specificamente contestato, l’appartenenza del bene al rivendicante o ad uno dei suoi danti causa all’epoca in cui assume di avere iniziato a possedere (Cass., Sez. 2, 3/8/2022, n. 24050; Cass., Sez. 2, 19/10/2021, n. 28865). Ne deriva che, ove il convenuto spieghi una domanda ovvero un’eccezione riconvenzionale, invocando un possesso ad usucapionem iniziato successivamente al perfezionarsi dell’acquisto ad opera dell’attore in rivendica (o del suo dante causa), l’onere probatorio gravante su quest’ultimo si riduce alla prova del suo titolo d’acquisto, nonché della mancanza di un successivo titolo di acquisto per usucapione da parte del convenuto, attenendo il thema disputandum all’appartenenza attuale del bene al convenuto in forza dell’invocata usucapione e non già all’acquisto del bene medesimo da parte dell’attore (Cass., Sez. 2, 22/04/2016, n. 8215).

In ragione di ciò, l’attore in rivendicazione è tenuto ad allegare i fatti storici su cui fonda la proprietà, in guisa da consentire all’avversario di prendere consapevolmente posizione al riguardo, anche ai fini dell’eventuale delimitazione della catena probatoria dei titoli di acquisto, non potendo la relevatio ab onere probandi correlata al principio di non contestazione ex art. 115, primo comma, cod. proc. civ., prescindere da essa (Cass., Sez. 2, 27/11/2023, n. 32820)>>.

2°:

<<Come noto, l’istituto della trascrizione attua una forma di pubblicità a tutela della circolazione dei beni, finalizzata alla soluzione di conflitti fra più acquirenti dello stesso diritto dal medesimo dante causa, ma non incide sulla validità e sull’efficacia dell’atto, ancorché non trascritto, salvo la concorrenza con altri atti trascritti, senza avere alcuna influenza sulla validità e sull’efficacia dell’atto, anche se non trascritto, salvo la concorrenza con altri atti trascritti (Cass., Sez. 2, 09/09/2013, n. 20641; Cass., Sez. 2, 05/07/1996, n. (…)52; Cass., Sez. 2, 02/06/1993, n. 6159), sicché, configurandosi come un onere, è un quid pluris rispetto all’atto trascrivendo (Cass., Sez. 3, 12/12/2003, n. 19058).

In quanto finalizzata a risolvere il conflitto tra soggetti che hanno acquistato lo stesso diritto dal medesimo titolare, la trascrizione può essere provata soltanto a mezzo della produzione in giudizio – in originale o in copia conforme – della nota di trascrizione, la quale ha la funzione di fonte della pubblicità immobiliare, improntata al principio di autoresponsabilità, secondo il quale, essendo la nota di trascrizione un atto di parte, gli effetti connessi alla formalità della trascrizione si producono in conformità ed in stretta relazione al contenuto della nota stessa (Cass., Sez. 1, 05/07/2000, n. 8964).

Solo le indicazioni in essa riportate consentono, infatti, di individuare, senza possibilità di equivoci ed incertezze, gli elementi essenziali del negozio, i beni ai quali esso si riferisce e il soggetto al quale la domanda sia rivolta, senza che possa essere surrogata né dai contenuti dei titoli presentati o depositati con la nota stessa, né dalla confessione della controparte (Cass., Sez. 3, 19/02/2019, n. 4726; Cass., Sez. 1, 27/12/2013, n. 28668; Cass., Sez. 3, 01/06/2006, n. 13137; Cass., Sez. 3, 11/01/2005, n. 368).

L’autonomia della nota di trascrizione rispetto al titolo è data proprio dai suoi contenuti, tant’è che l’inesattezza nella nota di cui all’art. 2659 cod. civ., ad esempio, dell’indicazione della data di nascita del dante causa di un trasferimento immobiliare, con conseguente annotazione del titolo nel conto di diverso soggetto, determinando incertezza sulla persona a cui si riferisce l’atto, nuoce, ai sensi dell’art. 2665 cod. civ., alla validità della trascrizione stessa, da considerarsi, in concreto, occulta ai terzi, i quali non sono posti in grado, secondo gli ordinari criteri nominativi di tenuta dei registri immobiliari, di conoscere l’esistenza di tale atto (Cass., Sez. 2, 07/06/2013, n. 14440).

Orbene, la decisione assunta dai giudici di merito non si conforma affatto ai suddetti principi, avendo essi ritenuto provata la trascrizione del contratto del 1990, pur in assenza della relativa nota, alla stregua della sola indicazione della data di trascrizione contenuta nel contratto del 2003, così ponendosi in contrasto col principio di diritto che di seguito si formula:

“in tema di trascrizione, il conflitto fra più acquirenti dello stesso diritto dal medesimo dante causa si risolve sulla base della priorità delle rispettive trascrizioni, la quale può essere provata in giudizio soltanto attraverso la produzione – in originale o in copia conforme – della nota di trascrizione, siccome improntata al principio di autoresponsabilità, secondo il quale, essendo la stessa un atto di parte, gli effetti connessi alla relativa formalità si producono in conformità e in stretta relazione al contenuto della nota stessa, che contiene gli elementi essenziali del negozio, i beni ai quali esso si riferisce e il soggetto al quale la domanda sia rivolta”  >>.

Un solo episodio di violenza sul coniuge è di per sè titolo per ottenere una separazione con l’addebito

Cass. sez. I, Ord. 16/02/2025, n. 3.946, rel. Tricomi:

<<Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, che il Collegio intende qui convintamente ribadire, in tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito richiesta da un coniuge per le violenze perpetrate dall’altro non è esclusa qualora risulti provato un unico episodio di percosse, trattandosi di comportamento idoneo, comunque, a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della pari dignità di ogni persona (Cass. 817/2011; Cass. 433/2016).

È stato altresì precisato che le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole – quand’anche concretantisi in un unico episodio di percosse-, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l’intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale (Cass. 7388/2017; Cass. 35249/2023).

Le violenze, infatti, integrano atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei e pertanto ad esse va riconnessa incidenza causale preminente rispetto a preesistenti cause di crisi dell’affectio coniugalis (Cass. 3925/2018; Cass. 31351/2022).

Il criterio di valutazione seguito dalla Corte di appello per accertare la eventuale sussistenza della responsabilità del marito ai fini della domanda di addebito della separazione è in netto contrasto con la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata. Nel caso di specie la Corte di appello, pur riconoscendo la gravità dell’episodio che aveva dato luogo ad un procedimento penale a carico del marito definito con la sentenza di patteggiamento e le conseguenze che ne sono derivate sul piano fisico alla vittima costretta a ricorrere al pronto soccorso, non ha attribuito rilievo all’episodio ritenendo non provato il nesso causale di quell’episodio così violento con la fine dell’unione.

In tal modo non si è conformata ai principi sopra esposti secondo cui, come si è detto, resta irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale. La decisione impugnata va, pertanto, cassata sul punto e rinviata alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, che provvederà a liquidare le spese della presente fase>>.

Il marchio di posizione si conferma difficile da registrare per la sua scarsa distintività

Marcel Pemsel in IPKat ci notizia di Trib. UE 05.02.2025, T-195/24, VistaJet c. EUIPO (ingl./franc.). Il segno chiesto in registrazione era la linea rossa sul fianco dell’areo per servizi di trasporto aereo (v. disegno sotto).

L’istante è risultato soccombente sia presso l’Ufficio che davanti al Trib.

Il passaggio pertinente:

<< 21   In the present case, first, it must be noted that the services covered by the mark applied for are transportation and private aircraft flight planning services, intended primarily for very rich members of the general public, the ‘ultra-wealthy’, who are likely to display a high level of attention, since the factors of safety, punctuality and reliability are all important for the services in question.

22 Second, it must be noted, as the Board of Appeal did, that the mark applied for will not be perceived by the relevant public as having a distinctive character.

23 As the Board of Appeal correctly stated, the mark applied for consists of a red line along the side of a silver aeroplane fuselage, which curves slightly as it follows the line of the fuselage and tapers to a thin point at the front end of the aeroplane.

24 However, a line, which is defined as a continuous set of points or an unbroken elongated line the extent of which is virtually reduced to the single dimension of length, is a simple geometric form, which is not, in itself, capable of conveying a message which consumers will be able to remember. That line and its colour red will be perceived by the relevant public as nothing more than banal decorative devices, as will the choice of a silver fuselage.

25 It is clear from settled case-law that a sign which is excessively simple and is constituted of a basic geometrical figure, such as a circle, a line, a rectangle or a conventional pentagon, is not, in itself, capable of conveying a message which consumers will be able to remember, with the result that they will not regard it as a trade mark unless it has acquired distinctive character through use (see, to that effect, judgments of 15 September 2005, BioID v OHIM, C‑37/03 P, EU:C:2005:547, paragraphs 72 and 74, and of 29 September 2009, The Smiley Company v OHIM (Representation of half a smiley smile), T‑139/08, EU:T:2009:364, paragraph 26 and the case-law cited).

26 In any event, the fact that it could be argued that the mark applied for does not merely represent a basic geometrical figure does not suffice, as such, to support the view that it has the minimum distinctive character necessary for registration as an EU trade mark. There must also be certain characteristics of the sign which may be easily and instantly memorised by the relevant public and which would make it possible for the sign to be perceived immediately as an indication of the commercial origin of the goods and services in question (see, to that effect, judgment of 15 December 2016, Novartis v EUIPO (Representation of a grey curve and representation of a green curve), T‑678/15 and T‑679/15, not published, EU:T:2016:749, paragraphs 40 and 41 and the case-law cited).

27 It has also already been held that, whilst colours are capable of conveying certain associations of ideas and of arousing feelings, they possess little inherent capacity for communicating specific information. That is all the more the case since they are commonly and widely used, because of their appeal, in order to advertise and market goods and services without any specific message (see judgment of 6 September 2023, Groz-Beckert v EUIPO (Position of the colours white, red and dark green on cuboid packaging), T‑276/22, not published, EU:T:2023:497, paragraph 20 and the case-law cited; see also, by analogy, judgment of 24 June 2004, Heidelberger Bauchemie, C‑49/02, EU:C:2004:384, paragraph 38).

28 In the present case, in the absence of elements capable of distinguishing it in such a way that it does not appear as a simple geometrical figure, the red line cannot fulfil an identifying function with respect to the services in question. The colour red is, by its very nature, highly visible and striking and is used primarily for decorative purposes, or to attract attention. Accordingly, it is, in itself, devoid of distinctive character. As for the silver fuselage, the Court considers that that colour does not particularly stand out from the colour white, which is traditionally used in the aviation sector.

29 The Court concludes that, taken as a whole, the mark applied for is excessively simple>>.

Marcel ci notizia nel medesimo post di altra sentenza del Trib. UE (29.01.2025,T‑147/24, Doorinn GmbH v. EUIPO, Franc./ted.) che pure affossa un altro marchio di posizione qui riprodotto (etichetta rossa nell’angolo del materasso).

In entrambi i casi la decisione mi pare esatta (con maggior sicurezza nel secondo).