Cass. sez. III, 24.04.2024, n. 11.126, rel. Cricenti.

<<Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare la sussistenza qualora – raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali, pure riportati in apposito documento (cosiddetto “minuta” o “puntuazione”) – risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori, con la conseguenza che, rispetto a tale convenzione, non può esservi inadempimento, non essendo la stessa fonte di obbligazioni determinate. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva negato efficacia vincolante ad un accordo, finalizzato ad una divisione di alcuni beni immobili e di alcune società che le parti avevano in comune, che si limitava a prevedere l’assegnazione reciproca degli immobili, indicati solo genericamente, e delle quote sociali alle parti o a persone da nominare). (massima ufficiale)>> (da ilcaso.it)

I fatti di causa, per meglio capire la regola astratta:

<<Ad ogni modo, risulta dal tenore letterale, e dall’intero contenuto,
che l’accordo contiene la previsione che alcuni beni immobili siano
assegnati ad una parte a ed altri all’altra, ma, nello stesso tempo,
si prevede che occorre andare dal notaio per farlo, e gli immobili
sono indicati solo genericamente: si stabilisce infatti che le spese
delle compravendite devono stabilirsi entro un certo tempo; inoltre
i trasferimenti societari sono fatti a favore di una delle parti o di
persona da nominare. Con la conseguenza che né i “trasferimenti
“di immobili né quelli delle società possono dirsi immediati, ossia
immediatamente efficaci, in quanto per alcuni è prevista la stipula
successiva di atti di compravendita, e per gli altri la scelta,
successiva, se attribuirli alle parti o a persona da nominare.
È evidente, dunque, che l’accordo in questione – come ha
puntualmente osservato la Corte d’appello – non costituisce la
regolamentazione finale del rapporto, ma ne è solo una
regolamentazione provvisoria: si tratta di un accordo preparatorio
con il quale le parti hanno raggiunto l’intesa su alcuni aspetti
soltanto del definitivo rapporto, con la conseguenza che le
trattative possono proseguire (ed è previsto che proseguano) sulle
rimanenti parti dell’accordo. Lo dimostra il fatto che le parti stesse
rimandano al futuro (entro un termine dato) di dare incarico al
notaio e di individuare la persona da nominare cui attribuire le
quote.>>

Il richiamo delle clausole vessatorie per la seconda firma ex art. 1341 cc

Cass. sez. III, ord. 15/02/2024 n. 4.126, rel. Condello:

<<La doglianza incentrata sulla pretesa inefficacia della doppia sottoscrizione della clausola di tacita rinnovazione del contratto è infondata, risultando, nella specie, la clausola correttamente richiamata, in conformità al principio affermato da Cass. n. 22984/2015, secondo cui, nel caso di condizioni generali di contratto, l’obbligo della specifica approvazione per iscritto a norma dell’art. 1341 cod. civ. della clausola vessatoria è rispettato anche nel caso di richiamo numerico a clausole, onerose e non, purché non cumulativo, salvo che quest’ultimo non sia accompagnato da un’indicazione, benché sommaria, del loro contenuto, ovvero che non sia prevista dalla legge una forma scritta per la valida stipula del contratto.

La Corte d’appello, con accertamento di fatto, ha rilevato che nel contratto di installazione di gioco lecito la clausola in esame risultava evidenziata mediante una indicazione sommaria del contenuto, così risultando rispettata l’esigenza di tutela codificata nell’art. 1341 cod. civ., dovendo reputarsi essere stata l’attenzione del contraente, ai cui danni le clausole sono state predisposte, adeguatamente sollecitata e la sua sottoscrizione in modo consapevole rivolta specificamente proprio anche al contenuto a lui sfavorevole (Cass., sez. 6 -3, 02/04/2015, n. 6747). Deve, infatti, negarsi l’idoneità di un mero richiamo cumulativo, a clausole vessatorie e non, ma soltanto se si esaurisca nella mera indicazione del numero e non anche, benché sommariamente, del contenuto (ex multis, Cass., 29/02/2008, n. 5733; Cass., 11/06/2012, n. 9492; Cass., sez. 6 – 3, 09/07/2018, n. 17939)>>.

L’ emoji thumbs up (pollice su) 👍 vale accettazione della proposta

la corte canadese del Saskatchewan, 8 giugno 2023, n° 2023 SKKB 116, SOUTH WEST TERMINAL LTD. v. ACHTER LAND & CATTLE LTD,   affronta il caso in oggetto (v. qui la pagina ministeriale ove il link e qui il linbk diretto al testio) .

Secondo la corte, in base alle circostranze il pollice su , di fronte alla richeristga del venditore di dare conferma della propostra (“Please confirm flax contract”) , non signicava solo attestazione di suo ricevimento ma anche sua accettazione.

<<[36] I am satisfied on the balance of probabilities that Chris okayed or approved the contract just like he had done before except this time he used a 👍 emoji. In my opinion, when considering all of the circumstances that meant approval of the flax contract and not simply that he had received the contract and was going to think about it. In my view a reasonable bystander knowing all of the background would come to the objective understanding that the parties had reached consensus ad item – a meeting of the minds – just like they had done on numerous other occasions>>.

e poi:

<[40] Counsel for Achter remonstrates that allowing a simple 👍 emoji to signify identity and acceptance would open up the flood gates to allow all sorts of cases coming forward asking for interpretations as to what various different emojis mean – for example what does a 👊 emoji mean or a 🤝 emoji mean, etc. Counsel argues the courts will be inundated with all kinds of cases if this court finds that the 👍 emoji can take the place of a signature. This appears to be a sort of public policy argument. I agree that this case is novel (at least in Saskatchewan) but nevertheless this Court cannot (nor should it) attempt to stem the tide of technology and common usage – this appears to be the new reality in Canadian society and courts will have to be ready to meet the new challenges that may arise from the use of emojis and the like.
[41] I acknowledge the defendant relies on Can-Am Farms Ltd. v Parkland Pulse Grain Co. Ltd., 2004 SKQB 58. However that case is distinguishable on the facts. In that case the grain buyer was waiting to hear back from a seller – nothing had been agreed upon and there was no consensus as idem. There was no contract signed. Justice Krueger held it was incumbent on the grain buyer to inquire with the seller subsequent to the parties’ telephone call to see what was going on. Here the 👍 emoji was Chris’s response to an offered flax contract. This is substantially different in my opinion.
[42] For the above reasons I find that the parties entered into a binding legal contract under the unique circumstances of this case. Therefore this issue does not require a trial>>.

Bisogna infatti distinguere bene le due questioni: – se un “pollice su” possa costituire accettazione nei contratti non formali: e la risposta è positiva (certo dipendendo dal contesto); – quale fosse l’oggetto della volontà adesiva espressa tramite pollice su : conferma di ricevimento della proposta oppure accettazione della stessa.

(notizia dal Guardian ove anche il link)

Il testo troppo piccolo (illegibile, di fatto) non rende il contratto unfair

Interessante segnalazione del prof.  Eric Goldman sull’oggetto.

Secondo l’appello della California 21 aprile 2023, 2nd App. Dist.-Div. 8th,. Yanez Fuentes c. Empire Nissan, B314490  Los Angeles County  Super. Ct. No. 20STCV35350  :

<<Tiny font size and unreadability go to the process of contract formation, however, and not the substance of the outcome. Font size and readability thus are logically pertinent to procedural unconscionability and not to substantive unconscionability.
To make this logical point plain, imagine shrinking a contract fair in substance down to less than one–point font: a font so minute as to be completely unreadable without a strong magnifying glass. The fairness of the contract’s substance, however, remains unchanged. Font is irrelevant to fairness.
We go over this significant point in more detail.
Fuentes accurately summarizes the difference between procedural and substantive unconscionability. We quote page 17 of her brief. “Procedural unconscionability specifically ‘concerns the manner in which the contract was negotiated and the circumstances of the parties at that time.’ (Kinney v. United Health Care Services, Inc. (1999) 70 Cal.App.4th 1322, 1329.) Substantive unconscionability focuses on overly harsh or one-side[d] results.”
Font size is not the substance of a contract. Terms can be fair or unfair in substance, no matter the font size. When an employer puts a contract in an unreadably minute font, this practice definitely is problematic, but not for substantive reasons. Rather, during contract formation, an employer’s practice of using tiny print creates the same potential for surprise as can practices like using baffling legalese, or imposing coercive time pressures, or preventing employees from consulting counsel. All deceptive and coercive procedures by employers can make it more likely employees do not fully understand, or do not understand at all, the arrangement to which they supposedly are assenting. If it is impossible to read, it will be impossible to understand. But once the parties have completed the contracting procedures, whether the substantive result is unconscionable is a conceptually separate question>>.

Si veda alla fine l’Appendix A ove è riportato il documento illegibile (tale è!) e la sua trascrizione.

Questione talora postasi anche da noi.

La distinzione procedural e substantial fairness è da noi infondata: in caso di illegibilità di proposta e/o accettazione non si è formato l’accordo.

Si trattava di lite sulla azionabilità o meno di clausola arbitrale

Conclusione on-line del contratto e clausola di arbitrato

Le piattaforme quasi sempre , quando convenute, eccepiscono la clausola di arbitrato stipulata on line tramite i terms of service TOS, in cui è inserita.

In questo caso il distretto nord della California, S. Josè division, 16 dicembre 2022, Case No. 22-cv-02638-BLF, Houtchens e altri c. Google, affronta il tema del se sia stata o no validamente conclusa la clausola di arbitrato col metodo c.d. clickwrap agreement per l’apertura di un account Fitbit (di proprietà di Google).

Si vedano in sentenza le quattro schermate a seconda del dispositivo (pc, cell. etc): in breve, si deve cliccare per i TOS su un quadratino che ad essi rinvia tramite link, e in essi pure alla  clausola di arbitrato.

Per la corte, l’accordo si è validamente formato:

<<The Court finds that the hyperlinks to Fitbit’s Terms of Service in each of the above screens provided Plaintiffs “reasonably conspicuous notice” of the terms. See Berman v. Freedom Fin. Network, LLC, 30 F.4th 849, 856 (9th Cir. 2022). In the first three screens, the hyperlinks to Fitbit’s Terms of Service are presented in blue text in a sentence that otherwise uses gray text; they are next to the box a user must select to accept the terms; and the screens on which they appear are uncluttered. Court’s have routinely found that such a presentation supplies reasonably conspicuous notice of hyperlinked terms. See, e.g., Adibzadeh, 2021 WL 4440313, at *6 (reasonably conspicuous notice provided “where users must agree to the website’s terms and conditions before they can proceed, and the terms and conditions are offset in a blue text, hyperlinked text”). In the final screen, the hyperlinks are again presented next to the box that a user must select to accept the terms and the screen on which they appear is uncluttered; but instead of using blue font to distinguish the hyperlinks from the surrounding text, the page uses boldunderlined font. The Court finds that this page, too, provides reasonably conspicuous notice of the terms to which a consumer will be bound. Cf. Nguyen, 763 F.3d at 1177 (“The conspicuousness and placement of the ‘Terms of Use’ hyperlink, other notices given to users of the terms of use, and the website’s general design all contribute to whether a reasonably prudent user would have inquiry notice of a browsewrap agreement.”)>>

Conclusione del patto arbitrale a modifica del rapporto in essere: tra clickwrap e browsewrap agreement

Il distretto nord della california, 8 settembre 2022, Case 4:22-cv-00422-PJH  , Alkutkar c. Bumble, affronta una frequente , ma non per questo poco interessante, fattispecie.

Azionata dall’utente una domanda di inadempiumento verso la piattaforma Bumble (sito di conoscenze e incontri) si vede eccepire la clausola di arbitrato: la quale sarebbe stata approvata in corso di rapporto a seguito di 1) notifica via email e soprattutto 2) di finestra di pop up . -c.d. blocker card- che onerava l’utente di accettar per  proseguire . Onere bloccante e finestra che  come sempre conteneva un link al nuovo testo del contratto aggiornato, ma che già essa riassumeva la più importante modifica (l’arbitrato appunto).

V. lo screenshot del pop up in sentenza (ma tratto dal blog del prof. Eric Goldman):

Ebbene, per la corte la email (simile al browsewrap) non dà prova di accettazione (p. 11) , ma il pop up con i I AGREE (simile al clickwrap) si.

I dati di Bumble infatti dicono che dopo questo pop up l’utente continuò ad usare i suoi servizi , per cui è presumibile che l’avesse vista e accettata (l’utente lo negava).

Ciò per tre motivi:

1) l’unicità delle credenziali,

2) gli accessi successivi rpesuppongono logicamente/informaticamente  accettazione: <<plaintiff’s access and use of the app is a demonstrable consequence of
his assent to the updated Terms. Bumble’s records show that all users were shown the
Blocker Card the first time they signed into the app after January 19, 2021. Wong Decl.
¶ 16 (Dkt. 36-1 at 6-7). The declarations of Bumble’s affiliated engineers make clear that
the Blocker Card functions in a straightforward fashion: it “prevents Bumble users from
accessing or using the Bumble app unless they click on the orange-colored button>>

3) << Lastly, the timeline of events indicates that plaintiff clicked his assent through the
Blocker Card. On January 18, 2021, the Terms governing use of the Bumble app were
updated to include an Arbitration Agreement. Chheena Decl. ¶ 7 (Dkt. 30-1 at 3). On the
same day, the Blocker Card was implemented into the app for existing users, requiring
assent to the updated Terms to access the app the first time a user signed in after
January 18. Chheena Decl. ¶ 11 (Dkt. 30-1 at 3-4); Wong Decl. ¶ 12 (Dkt. 36-1 at 4).
Plaintiff reports that the first time he signed into the app after January 18, 2021, was in
March 2021. Alkutkar Decl., May 14, 2021, ¶ 5 (Dkt. 32-2 at 2). This corresponds neatly
with Bumble’s records, which show that he accessed and used the app on March 4,
2021. Wong Decl. ¶ 18 (Dkt. 36-1 at 7). On that date, plaintiff added new photos to his
profile and swiped on other user profiles, activities that might correspond with a user’s
first time accessing the app following a hiatus. Wong Decl. ¶ 18 (Dkt. 36-1 at 7). Plaintiff
additionally accessed and used the app on March 5, 7, and 11, activities only achievable
following clicking assent on the Blocker Card. Id., ¶ 18. Indeed, plaintiff would not have
been able to purchase the premium features that are the subject of this suit in March,
August, and September 2021 unless he clicked to accept the updated Terms and
Arbitration Agreement. Id., at ¶ 18
>>

In altre più brevi parole <<Bumble has shown that plaintiff used unique credentials to access the app on March 4, 2021, that his access and use of the app on that date was a demonstrable  a consequence of his assent to the updated Terms because he only could have done so by clicking through the Blocker Card, and that the timeline of events indicates that plaintiff clicked his assent to the updated Terms. These facts are similar to those found sufficient to authenticate an electronic signature in Ngo, 2018 WL 6618316, at *6, and they are sufficient to authenticate an electronic signature here. Bumble thus establishes by a preponderance of evidence that clicking through the Blocker Card was “the act of” plaintiff necessary to show that he electronically signed and agreed to the updated Terms, including the Arbitration Agreement. >>

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

L’accettazione delle Terms of Service di Dropbox tramite il c.d. browsewrap non è valido

Secondo il distretto nord della California Case 4:20-cv-07908-HSG con sentenza 29 giugno 2022, Sifuentes c. Dropbox, l’accettazione tramite decisione di continuare a navigare non è sufficiente per far ritenere <voluta> una clausola arbitrale contenuta nelle TOS (terms of service).

In particolare, il  privato ricosncoe di aver accettato le TOS iniziali del 2011, ma non -tra le molte modifiche successive- quella del 2014, che aveva inserito una clausola arbitrale:

<< To show that Plaintiff had inquiry notice, Defendant must show that he was provided
reasonably conspicuous notice of the contract terms and unambiguously manifested his assent.
See Berman, 30 F.4th at 856 . “[O]nline providers have complete control over the design of their
websites,” and therefore have the responsibility to put users on notice of the terms to which they
wish to bind consumers.
Id. at 857 (citations omitted).

Defendant acknowledges that between
2011 and 2019 it modified its terms of service no less than twelve times, and contends that it sent
an email to Plaintiff in 2014 explaining the addition of a mandatory arbitration clause. Reply at 9.
There is nothing in the record to suggest that Plaintiff could not use the service until he indicated
his assent, that he would have been advised of new terms and conditions while using Defendant’s
services, or that Defendant ever tracked whether Plaintiff had opened its email.

Even if the email
alone could be considered “reasonably conspicuous notice,” Plaintiff took no action to
unambiguously manifest his assent.
See Berman, 30 F.4th at 856 (requiring the consumer to
“take[] some action, such as clicking a button or checking a box” in order to form an enforceable
contract under inquiry notice theory).
Defendant essentially argues that it contracted for the right to change the terms at will
because the 2011 TOS contains a provision stating that Defendant “may revise these Terms from
time to time” and that continuing to use the service constitutes agreement to any revised terms.
See Reply at 6; Dkt. No. 40-1 Exhibit E. Defendant’s argument misses the point. Given the complete lack of evidence of notice within Defendant’s service itself, Plaintiff’s ongoing use of the service is irrelevant to determining whether he had actual or constructive notice of the post-
2011 terms of service.

Moreover, the 2011 TOS essentially disavows any obligation to alert
Plaintiff to changes: “If a revision, in our sole discretion, is material we will notify you (for
example via email to the email address associated with your account.”
See Dkt. No. 40-1 Exhibit E. But Ninth Circuit law is clear that it is a website owner’s duty to show clear notice and assent.
The Court finds that Defendant has not shown by a preponderance of the evidence that
Plaintiff had actual or inquiry notice of the updated terms of service. See Norcia, LLC, 845 F.3d
at 1283. Without actual or inquiry notice, there was no manifestation of mutual assent, and the
later terms of service do not impose an enforceable agreement to arbitrate>>.

Poco sopra sul cd browsewrap agreement:

<< Plaintiff denies that he agreed to the later terms of service that added mandatory arbitration provisions. Opp. at 1. Defendant, on the other hand, contends that Plaintiff assented to the subsequent versions by continuing to use Defendant’s service. Dkt. No. 47 at 7; see also Dkt. No.   40 at 9 n.2. Assent by continued use of a web service is a traditional feature of browsewrap agreements. Nguyen, 763 F.3d at 1176 (“The defining feature of browsewrap agreements is that the user can continue to use the website or its services without visiting the page hosting the browsewrap agreement or even knowing that such a webpage exists.”) (citation omitted). “Courts are more reluctant to enforce browsewrap agreements because consumers are frequently left unaware that contractual terms were even offered, much less that continued use of the website will be deemed to manifest acceptance of those terms.” Berman v. Freedom Financial Network, LLC, 30 F.4th 849, 856 (9th Cir. 2022). >>

Sulla conclusione del contratto via shrinkwraps o browsewraps v le riflessioni critiche di Lemley, Mark A., The Benefit of the Bargain (August 8, 2022). Stanford Law and Economics Olin Working Paper No. 575, Available at SSRN: https://ssrn.com/abstract=4184946 or http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.4184946

Accettazione online implicita delle condizioni generali nell’iscriversi ad un social (Triller)

La corte esamina la questione del se il richiamo ai terms of service e privacy policy , collocato in calce alla schermata sia sufficientemente chiaro e cioè richiami sufficientemente l’attenzione dell’utente (secondo quanto chiesto dalla giurisprudenza usa).

Nel caso specifico l’accertamento mirava a verificaare se vi fosse un contratto: in caso positivo sarebbe stata infatti preclusa la domanda di ingiusto arricchimento (sub III, p. 22 ss.)

Si tratta di South dist. of NY 18 aprile 2022, Case 1:21-cv-11228-JSR, Wilson v. Thriller (Trille è un social concorrente di TikTok).

La Corte si richiama al caso Meyer v. Uber del 2017 e dà la stessa risposta: il richiamo alle condizioni generali , pur se collocato in calce e in piccolo tramite link,  è sufficientemente evidente da richiamare l’attenzione dell’utente.

Le schermate nei due casi giudiziari son messe a paragone graficamente  in sentenza:

a sinsitra la schermata del caso de quo e a destra quella del caso Meyer v. Uber Techs del 2017

La risposta della corte può lasciare perplessi: il rinvio nella schermata di destra è più chiaro/evidente di quello nella schermata di sinistra, ove è confuso da un mix di colori sgargianti.

(notizia e link alla sentenza dal blog di profg. Eric Goldman)