Conferme sull’interest rate swap dalla Cassazinoe

La Cassazioen n. 21.008 del 01 luglio 2022, rel. Amatore, riochiama e conferma cAss- sez. un. n. 8.770 del 12.05.2020 sul cd interest rate swap, già ricordata qui.

Ricorda pure che la valutazione non è tipologico astratta, ma va data caso per caso (qui richiama Cass. 18.871 del 28 luglio 2017).

Ciò detto, rigetta il ricorso per inammibbiità del motivo perchè genericamente formulatro (” Tuttavia la doglianza così proposta dalla società ricorrente è generica perché non indica né descrive compiutamente il contenuto dei contratti le cui clausole negoziali integrerebbero – secondo la prospettazione della stessa ricorrente – una causa negoziale nulla per difetto ovvero illiceità della stessa. Non è dato comprendere dalla lettura del motivo di ricorso, quali siano le clausole manchevoli dei necessari presupposti e requisiti informativi che renderebbero i contratti impugnati nulli “per difetto di causa”. “)!

Contratto di spedalità ed efficacia protettiva per i terzi

Un soggetto affetto da morbo di Parkinson si ricovera in ospedale per un percorso di riabilitaizone motoria ma , dopo tre giorni, scompare nel nulla.

La moglie agisce contro l’ospedale per violazione dell’obbligo di vigilanza e proteizone.  FA valere l’estensione a sè dei doveri contrattuali , sulla base della teoria degli effetti protettivi per il terzo (poi: e.p.) .

La Cassazione con sentenza 11.320 , sez. 3, del 7 aprile 2022, rel. Spaziani, confermando l’appello, rigetta la domanda giudiziale. Dice che eventualmente c’è spazio per danno aquiliano ma non per danno ex contractu: l’estensione protettiva a favore di terzi è ammessa infatti solo nel caso di danno al feto in caso di prestazione di assistenza al parto resa alla gestante e in nessun altro, pena il vanificare il principio della relatività del contratto ex art. 1372 cc.

Dettagliata analisi di cui riporto il passo centrale, §§ 4.3-4.5:

<<4.3. Il principio secondo il quale nell’ambito delle prestazioni sanitarie il perimetro del contratto con efficacia protettiva dei terzi deve essere circoscritto alle relazioni contrattuali intercorse tra la gestante e la struttura sanitaria (o il professionista) che ne segua la gestazione e il parto, già enunciato in più risalenti decisioni di questa Corte (Cass. n. 6914 del 2012 e Cass. n. 5590 del 2015), è stato di recente reiteratamente ribadito, ora sul presupposto che solo in questa fattispecie vi sarebbe identità tra l’interesse dello stipulante e l’interesse del terzo (Cass. n. 19188 del 2020), ora sulla considerazione del carattere “relazionale” della responsabilità contrattuale (in base al quale l’estensione soggettiva dell’efficacia del contratto potrebbe ammettersi solo nei casi limite in cui i terzi siano portatori di un interesse strettamente connesso a quello “regolato già sul piano della programmazione negoziale”: Cass. n. 14258 del 2020), ora, infine, sulla base del dato sistematico desunto dalla disciplina di altre fattispecie di responsabilità civile nelle quali, come in quella sanitaria, si può determinare l’eventualità che dall’inadempimento dell’obbligazione dedotta nel contratto possano derivare, in via riflessa o mediata, pregiudizi in capo a terzi estranei al rapporto contrattuale (Cass. n. 14615 del 2020); tra queste ipotesi, quella più rilevante concerne l’infortunio subito dal lavoratore per inosservanza del dovere di sicurezza da parte del datore di lavoro (art. 2087 c.c.), in relazione alla quale non si dubita che l’azione contrattuale spetti unicamente al lavoratore infortunato, mentre i suoi congiunti, estranei al rapporto di lavoro, ove abbiano riportato iure proprio danni patrimoniali o non patrimoniali in seguito all’infortunio medesimo, sono legittimati ad agire in via extracontrattuale (tra le più recenti, cfr. Cass. n. 2 del 2020).

4.4. All’orientamento in esame, progressivamente consolidatosi nella giurisprudenza di questa Corte, occorre dare in questa sede ulteriore continuità, aggiungendo agli argomenti surricordati ulteriori rilievi, fondati sulla struttura e sui limiti del vincolo obbligatorio.

Sotto il profilo strutturale, deve rilevarsi che la già evidenziata “relazionalità” della responsabilità contrattuale trova fondamento nel carattere relativo degli elementi costitutivi soggettivi del rapporto obbligatorio (la posizione di credito e la posizione di debito) quali posizioni strumentali che danno luogo ad una relazione intersoggettiva dinamica (rapporto giuridico) non propriamente ravvisabile al cospetto delle situazioni finali, proprie dei diritti assoluti. Il carattere strumentale della posizione passiva di debito, correlativa ad una posizione soggettiva attiva avente natura di diritto relativo, conferisce l’attributo della relatività anche agli elementi costitutivi oggettivi del rapporto obbligatorio (l’interesse e la prestazione): la prestazione, pertanto, deve corrispondere all’interesse specifico del creditore (art. 1174 c.c.) e non a quello di terzi, salvo che questi ultimi non siano portatori di un interesse assolutamente sovrapponibile a quello del primo; la circostanza che il contenuto della prestazione sia soggetto a criteri legali (oltre che contrattuali) di determinazione, costituiti in primo luogo dalla buona fede (art. 1175 c.c.) e dalla diligenza (art. 1176 c.c.), non vale a configurare obbligazioni ulteriori aventi ad oggetto prestazioni di salvaguardia dei terzi (secondo la teoria dei cc.dd. “obblighi accessori di protezione” – Schutzpflichten e Nebenspflichten – che costituisce la premessa concettuale, nell’ambito della disciplina generale dell’obbligazione, della teoria del “contratto con effetti protettivi di terzi”) ma solo a conformare l’oggetto dell’obbligazione in funzione della realizzazione dell’interesse concreto dedotto nel contratto. Sussiste, in altre parole, una corrispondenza biunivoca tra l’interesse creditorio (art. 1174 c.c.) e la causa del contratto, intesa quale causa concreta: l’interesse creditorio, per un verso, concorre ad integrare la causa concreta del contratto; per altro verso, è da quest’ultima determinato, quando l’obbligazione ha titolo nel contratto medesimo.

Sotto il profilo dei limiti del vincolo obbligatorio, non va sottaciuto che secondo il diffuso intendimento sociale, recepito dal diritto positivo, esso è improntato a criteri di normalità, i quali, da un lato, sul piano oggettivo, impongono di individuare limiti di ragionevolezza al sacrificio del debitore (esonerandolo, ad es., salvo che l’inadempimento non dipenda da dolo, dal risarcimento del danno imprevedibile: art. 1225 c.c.), mentre, dall’altro lato, sul piano soggettivo, inducono ad escludere, di regola, che la tutela contrattuale possa essere invocata dai soggetti terzi rispetto al contratto che abbiano riportato un pregiudizio in seguito all’inadempimento, ancorché siano legati al creditore da rapporti significativi di parentela o dal rapporto di coniugio.

Deve pertanto ribadirsi che, mentre il paziente, in quanto titolare del rapporto contrattuale di spedalità, è legittimato ad agire per il ristoro dei danni cagionatigli dall’inadempimento della struttura sanitaria con azione contrattuale, al contrario, fatta eccezione per il circoscritto ambito dei rapporti afferenti a prestazioni inerenti alla procreazione, la pretesa risarcitoria vantata dai congiunti per i danni da essi autonomamente subiti, in via mediata o riflessa, in conseguenza del medesimo contegno inadempiente, rilevante nei loro confronti come illecito aquiliano, si colloca nell’ambito della responsabilità extracontrattuale ed è soggetta alla relativa disciplina.

4.5. Per aver fatto corretta applicazione di tale principio, traendone le dovute implicazioni in ordine alla ripartizione dell’onere della prova tra le parti del rapporto controverso, la sentenza impugnata appare, dunque, perfettamente conforme a diritto.

Giuridicamente corretta, infatti, alla luce di tali premesse, si mostra l’affermazione secondo la quale l’attrice avrebbe dovuto fornire la prova di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale della struttura, vale a dire il fatto colposo (consistente nel contegno omissivo conseguente alla violazione di un dovere di sorveglianza giustificato da una minorazione cognitiva del paziente, rimasta indimostrata), il pregiudizio che da questo fatto sarebbe conseguito alla ricorrente e il nesso causale tra il fatto colposo e il danno.

Dinanzi al rilievo che, alla luce della corretta ripartizione dell’onere probatorio nell’ambito di una fattispecie inquadrabile nella responsabilità aquiliana, quello spettante alla ricorrente non era stato affatto assolto, del tutto aspecificamente nel ricorso viene formulata, poi, la censura di mancata applicazione del criterio di vicinanza della prova; questo criterio, infatti, quale mezzo di definizione della regola finale di giudizio di cui all’art. 2697 c.c., trova applicazione nel processo quando una delle parti sia in condizione di avere una più compiuta conoscibilità delle circostanze da provare e una migliore accessibilità ai mezzi per dimostrarne la sussistenza (Cass. n. 7023 del 2020), sicché l’uso di tale canone è bensì consentito quando sia necessario dirimere un’eventuale sovrapposizione tra fatti costitutivi e fatti estintivi, impeditivi o modificativi (Cass. n. 7830 del 2018) ma esso non può essere invocato al fine di sollevare integralmente la parte dall’onere di provare i fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio>>.

Due osservazioni.

1) sarebbe cambiato qualcosa, se fosse andata la moglie ad accompagnarlo e a concordare la prestazione curativa con l’ente, anzichè il paziente da solo (come parrebbe)?

2) per Castronovo, in una pregevole nota alla sentenza (Effetti di protezione per i terzi al contrario, Foro it., 202276, 2067 ss) , sostenitore del concetto di origine tedesca degli e.p. ,  il caso de quo non può rientravi perchè esso riguarda il caso di interessi occasionalmente vicini a quelli del creditore, che siano messi a repentaglio dall’esecuzione della prestazione resa a quest’ultimo (caso di scuola: l’artigiano che, riparando una res del proprietario di casa, ferisca la colf che stia pure ivi lavorando). Invece nel caso de quo gli interessi (del creditore e del terzo) <non sono sullo stesso piano> :  la lesione dell’interesse connesso (quello della moglie) dipende dall’inadempimento dell’obbligo principale. E’ vero che una differenza c’è : nel primo caso (quello di scuola) si può ledere l’interesse connesso ancbe se quello principale viene perfettamente sodddisfatto , mentre nel caso inesame la lesione di quello secondario (del terzo, cioè della moglie) è possibile solo se c’è inadempimento di quello principale.

Mi domando però se la ratio di estensione della protezione al terzo non ricorra anche nel nostro caso: e la risposta potrebbe essere positiva. Il debitore può immaginarsi con facilità l’esistenza di interessi familiari connessi a quello in capo al paziente. Non sfugge però che potrebbe dirsi lo stesso in molti altri casi, il che rischierebbe di vanificare la relatività dell’effaciacia contrattuale. Bisognerebbe allora trovare un elemento limitante: ma non nel caso de quo, ove qualunque debitore di prestazioni mediche/di vigilanza sa che solitamente un  paziente ha dei parenti conviventi.

Confessione di liberalità donativa di un’apparente vendita, contenuta nel testamento dell’apparente venditore

Utili precisazioni in Cass. 8 giugno 2022, sez. 2, n. 18.550 , rel. Scarpa.

La dichiarazione testramentaria (testamento pubblico), secondo cui una precedente vendita era in realtà una donazione, era del seguente tenore: <<(Q)ueste sono le mie volontà in quanto a mio figlio M. ho già donato in vita il podere di (OMISSIS), nel quale attualmente vivo, senza ricevere alcunché”.>>

Premesse del ragionamento della SC:

<<5.3. L’art. 2735 c.c., comma 1, seconda parte, dispone che la confessione stragiudiziale può essere contenuta anche in un testamento ed è liberamente apprezzata dal giudice. Le dichiarazioni di natura confessoria possono, quindi, essere rese anche in un testamento per atto pubblico notarile, come si assume avvenuto nella specie.

<<5.3.1. L’art. 587 c.c., comma 2, richiama le disposizioni di carattere non patrimoniale cui la legge riconosce efficacia se contenute in un atto che abbia la forma del testamento, anche se manchino disposizioni di carattere patrimoniale. La possibilità che il testamento esaurisca il suo contenuto in disposizioni di carattere non patrimoniale impone, quindi, che sia ravvisabile un “testamento in senso formale”, rivelante la funzione, tipica del negozio testamentario, di esercizio da parte dell’autore del generale potere di disposizione mortis causa. Il testamento, infatti, rappresenta l’unico tipo negoziale con il quale taluno può disporre dei propri interessi per il tempo della sua morte e perciò non può non consistere in un atto di “regolamento” post mortem degli interessi del testatore (“per il tempo in cui avrà cessato di vivere”), nel senso che la morte viene assunta dal dichiarante come punto di origine del complessivo effetto dell’assetto dettato.>>

Poi:

<<5.6. Il tratto peculiare della dichiarazione confessoria contenuta in un testamento, avente, per quanto detto, efficacia post mortem, è che essa assume necessariamente rilevanza probatoria non contro il de cuius, quanto, all’interno del giudizio in cui è dedotto il rapporto giuridico di cui il confitente era parte, contro l’erede che in tale rapporto sia subentrato (cfr. Cass. Sez. 2, 26/11/1997, n. 11851).

5.7. Nella controversia promossa dai legittimari che agiscono in riduzione e per l’accertamento di una donazione dissimulata compiuta dal de cuius in favore di altro legittimario istituito erede, la dichiarazione contenuta nel testamento, con la quale il medesimo testatore assuma di aver donato il bene apparentemente venduto, deve quindi essere assimilata ad una confessione stragiudiziale, trattandosi di affermazione vantaggiosa per i legittimari e sfavorevole per l’erede, al quale il valore confessorio di tale dichiarazione può essere opposto in quanto subentrante nella medesima situazione del proprio dante causa (arg. da Cass. Sez. 2, 15/05/2013, n. 11737; Cass. Sez. 2, 05/08/1985, n. 4387).>>

Sul fatto che il donatario/acquirente avesse fatto cancellare l’ipoteca pagando il debto residuo (il che non trasforma il negozio in negotium mixtum cum doantione):

<<5.9.2. Parimenti, pur avendo dato per accertato che C.M. aveva versato la somma di Lire 64.980.000 per estinguere l’ipoteca gravante sugli immobili, la Corte di Firenze ha escluso che a tanto l’acquirente avesse provveduto in esecuzione di un negotium mixtun cum donatione, e cioè di un contratto avente natura comunque onerosa, seppur stipulato dai contraenti con la finalità di raggiungere, per via indiretta, attraverso la voluta sproporzione tra le prestazioni corrispettive, una finalità diversa e ulteriore rispetto a quella dello scambio, consistente nell’arricchimento, per puro spirito di liberalità, del compratore che aveva ricevuto la prestazione di maggior valore. La configurabilità di un negotium mixtum cum donatione è stata congruamente smentita dai giudici del merito giacché mancava la prova che l’alienante C.L. avesse consapevolmente pattuito di ricevere un corrispettivo (pari all’accollo dell’esborso necessario per ottenere la cancellazione dell’ipoteca) inferiore rispetto al valore reale del bene trasferito, e deponendo, piuttosto, la confessione contenuta nel testamento per la natura del tutto gratuita dell’attribuzione patrimoniale.

Del vincolo ipotecario gravante sull’immobile donato e degli esborsi per la relativa cancellazione si dovrebbe, piuttosto, tener conto nell’accertare il valore del bene ai fini della determinazione dell’ammontare della porzione disponibile, nonché le spese sostenute dal donatario.><

L’accettazione delle Terms of Service di Dropbox tramite il c.d. browsewrap non è valido

Secondo il distretto nord della California Case 4:20-cv-07908-HSG con sentenza 29 giugno 2022, Sifuentes c. Dropbox, l’accettazione tramite decisione di continuare a navigare non è sufficiente per far ritenere <voluta> una clausola arbitrale contenuta nelle TOS (terms of service).

In particolare, il  privato ricosncoe di aver accettato le TOS iniziali del 2011, ma non -tra le molte modifiche successive- quella del 2014, che aveva inserito una clausola arbitrale:

<< To show that Plaintiff had inquiry notice, Defendant must show that he was provided
reasonably conspicuous notice of the contract terms and unambiguously manifested his assent.
See Berman, 30 F.4th at 856 . “[O]nline providers have complete control over the design of their
websites,” and therefore have the responsibility to put users on notice of the terms to which they
wish to bind consumers.
Id. at 857 (citations omitted).

Defendant acknowledges that between
2011 and 2019 it modified its terms of service no less than twelve times, and contends that it sent
an email to Plaintiff in 2014 explaining the addition of a mandatory arbitration clause. Reply at 9.
There is nothing in the record to suggest that Plaintiff could not use the service until he indicated
his assent, that he would have been advised of new terms and conditions while using Defendant’s
services, or that Defendant ever tracked whether Plaintiff had opened its email.

Even if the email
alone could be considered “reasonably conspicuous notice,” Plaintiff took no action to
unambiguously manifest his assent.
See Berman, 30 F.4th at 856 (requiring the consumer to
“take[] some action, such as clicking a button or checking a box” in order to form an enforceable
contract under inquiry notice theory).
Defendant essentially argues that it contracted for the right to change the terms at will
because the 2011 TOS contains a provision stating that Defendant “may revise these Terms from
time to time” and that continuing to use the service constitutes agreement to any revised terms.
See Reply at 6; Dkt. No. 40-1 Exhibit E. Defendant’s argument misses the point. Given the complete lack of evidence of notice within Defendant’s service itself, Plaintiff’s ongoing use of the service is irrelevant to determining whether he had actual or constructive notice of the post-
2011 terms of service.

Moreover, the 2011 TOS essentially disavows any obligation to alert
Plaintiff to changes: “If a revision, in our sole discretion, is material we will notify you (for
example via email to the email address associated with your account.”
See Dkt. No. 40-1 Exhibit E. But Ninth Circuit law is clear that it is a website owner’s duty to show clear notice and assent.
The Court finds that Defendant has not shown by a preponderance of the evidence that
Plaintiff had actual or inquiry notice of the updated terms of service. See Norcia, LLC, 845 F.3d
at 1283. Without actual or inquiry notice, there was no manifestation of mutual assent, and the
later terms of service do not impose an enforceable agreement to arbitrate>>.

Poco sopra sul cd browsewrap agreement:

<< Plaintiff denies that he agreed to the later terms of service that added mandatory arbitration provisions. Opp. at 1. Defendant, on the other hand, contends that Plaintiff assented to the subsequent versions by continuing to use Defendant’s service. Dkt. No. 47 at 7; see also Dkt. No.   40 at 9 n.2. Assent by continued use of a web service is a traditional feature of browsewrap agreements. Nguyen, 763 F.3d at 1176 (“The defining feature of browsewrap agreements is that the user can continue to use the website or its services without visiting the page hosting the browsewrap agreement or even knowing that such a webpage exists.”) (citation omitted). “Courts are more reluctant to enforce browsewrap agreements because consumers are frequently left unaware that contractual terms were even offered, much less that continued use of the website will be deemed to manifest acceptance of those terms.” Berman v. Freedom Financial Network, LLC, 30 F.4th 849, 856 (9th Cir. 2022). >>

Sulla conclusione del contratto via shrinkwraps o browsewraps v le riflessioni critiche di Lemley, Mark A., The Benefit of the Bargain (August 8, 2022). Stanford Law and Economics Olin Working Paper No. 575, Available at SSRN: https://ssrn.com/abstract=4184946 or http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.4184946

Collegamento negoziale tra contratto di vendita di pannelli solari e contratto di finanziamento bancario

Trib. Torino 25.03.2022 n. 1315, RG 31491/2019, g.u. Di Capua, affronta il tema in oggetto e accoglie la domanda di annullamento della fornitura per dolo e conseguemente anche del contratto di finanziamemnto (offerto da nota banca).

Decisione interessante per più profili.

Premessa generale:  << 3.5.3. Il collegamento negoziale può, peraltro, attuarsi in due differenti forme: si può avere
collegamento bilaterale (o plurilaterale), nel qual caso si avrà condizionamento reciproco delle vicende
che coinvolgono i contratti, o collegamento unilaterale, nel qual caso le vicende che coinvolgono uno
dei contratti saranno in grado di ripercuotersi sull’uno o più altri contratti, senza che, però, possa
accadere il contrario (cfr. Cass. civ., sez. I, 5 giugno 2007, n. 13164; Cass. civ., sez. I, 8 luglio 2004, n.
12567; Cass. civ., sez. II, 6 settembre 1991, n. 9388).
Si è detto che, nel caso concreto oggetto di causa, i contratti sono collegati, e che il collegamento
postula la volontà di realizzare un obiettivo economico unitario per il raggiungimento del quale le parti
stipulano più di un negozio. Il contratto di fornitura e il contratto di finanziamento posti in essere dalle
parti in causa hanno ad oggetto il compimento di un’operazione unitaria, ossia l’acquisto da parte della
sig.ra DONATINI – e quindi la vendita da parte di GREEN STYLE – di un impianto fotovoltaico.
Il contratto di finanziamento interviene per permettere al consumatore, parte attrice, di effettuare
l’acquisto in questione.
Il contratto di compravendita e il contratto di finanziamento non si pongono, perciò, sullo stesso piano:
il primo costituisce il contratto principale, mentre il secondo è contratto accessorio, dipendente dal
contratto di fornitura, in quanto non avrebbe ragion d’essere in mancanza di esso. Si aggiunga che la
stessa intestazione del contratto reca “Prestito Finalizzato Deutsche Bank Easy”, e che l’individuazione
del bene al cui acquisto è finalizzato il prestito, come detto, è indicato a pagina due del medesimo
contratto.
Ciò chiarito, la fattispecie si inserisce nella figura di collegamento negoziale unilaterale e,
conseguentemente, le vicende che coinvolgono il contratto di fornitura si ripercuotono sul contratto di
finanziamento, mentre non avviene il contrario
>>

Poi: <<3.6.1. La parte attrice chiede l’annullamento del contratto di fornitura per dolo ex articolo 1439
c.c.. Dato il collegamento tra i contratti, l’annullamento dev’essere eventualmente valutato con
riguardo alla condotta tenuta da parte convenuta GREEN STYLE, e non con riguardo al
comportamento di DEUTSCHE BANK – Easy (nel qual caso si dovrebbero riscontrare i presupposti di
cui all’articolo 1439, comma 2, c.c.), poiché rilevante è, come osservato, unicamente il contratto
principale.
Affinché possa essere chiesto e ottenuto l’annullamento del contratto occorre valutare se uno dei
contraenti è ricorso all’utilizzo di raggiri al fine di determinare nell’altra parte la volontà di contrattare,
e i raggiri devono essere tali che, senza di essi, il contraente che chiede l’annullamento non avrebbe
contrattato>>

Importante pure la precisazione sulla corretteza nelle trattative:  << GREEN STYLE, nella persona del suo agente, avrebbe dovuto assicurarsi che la sig.ra DONATINI
avesse realmente capito l’entità dell’intera operazione e il suo costo, nonché le implicazioni che la
stipula del contratto avrebbe comportato. Oltre a ciò si aggiunge che la pagina iniziale del contratto
reca “Proposta di adesione per casa efficiente”, denominazione che può trarre in inganno il
consumatore che, convinto di sottoscrivere un atto preliminare alla conclusione del contratto, effettua
in realtà una proposta contrattuale, restando quindi ad essa vincolato, mentre il professionista rimane
libero da ogni obbligazione non avendo ancora accettato la proposta; il termine per il recesso, inoltre, è
fatto decorrere dalla sottoscrizione del consumatore (cfr. doc. 1 e doc. 10, punto 32, pagine 8 e 9 e
pagine 27 ss., prodotti dalla parte attrice).
Il principio di buona fede e correttezza è principio generale che regola i rapporti contrattuali cui tutte le
parti devono ispirarsi e attenersi, ed è principio codificato all’articolo 2, comma 2, lett. c-
bis), e) ed
all’articolo 5, comma 3 del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, nonché, in ogni caso, all’articolo 1337
c.c..
L’agente sig. NICETTO Manuel e, quindi, la società GREEN STYLE avrebbe dovuto accertarsi che le
condizioni del contratto fossero state ben comprese dalla sig.ra DONATINI, anche avuto riguardo alla
condizione economica e all’esperienza di quest’ultima, ricordando, nuovamente, che si trattava di
contraente-consumatrice
>>

Inoltre, è pratica commerciale sleale, P. 22-23, anche se non ne son tratte conseguenze guridiche.

Sull’estensione dell’annullamento al rapporto di finanziameno (forse il punto più imporante): << 3.7. Dovendosi annullare il contratto di compravendita dell’impianto fotovoltaico stipulato da parte
attrice sig.ra DONATINI e parte convenuta GREEN STYLE, data la sussistenza del collegamento
negoziale, dev’essere altresì annullato il contratto di finanziamento stipulato dalla sig.ra DONATINI e
DEUTSCHE BANK – Easy.
L’interdipendenza dei contratti considerati certamente sussiste nel caso di specie, sebbene in modo
unilaterale, con la conseguenza che è il solo contratto di finanziamento ad essere dipendente dal
contratto principale di fornitura, e fa sì che vi debba essere regolamentazione unitaria delle vicende
relative alla permanenza del vincolo contrattuale, che si risolve nell’applicazione del principio per cui
simul stabunt, simul cadent (cfr. giurisprudenza di legittimità Cass. civ., sez. II, 9 settembre 2021, n.
24389; in senso conforme Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2019, n. 27406; Cass. civ., sez. III, 10 ottobre
2014, n. 21417; Cass. civ., sez. III, 22 marzo 2013, n. 7255; Cass civ., sez. III, 12 luglio 2005, n.
14611, ripresa dalla giurisprudenza di merito: Corte d’Appello di Napoli, sez. VII, 13 maggio 2020, n.
1706; Trib. Rimini, sez. I, 23 febbraio 2021, n. 192; Trib. Napoli, sez. II, 15 settembre 2017, n. 9262;
Trib. Milano, sez. I, 3 dicembre 2014, n. 14378).
>>

Nè ce’ stata volontaria esecuzione copnsapebole: << La parte convenuta GREEN STYLE ha eccepito che la parte attrice avrebbe dato volontaria
esecuzione al contratto di fornitura pur conoscendone il motivo di annullabilità, convalidando il
contratto stesso ai sensi dell’articolo 1444 c.c. e rinunciando, così, all’azione di annullamento.
La predetta parte convenuta menziona dapprima la lettera di risposta di GREEN STYLE indirizzata a
parte attrice DONATINI facente seguito alla richiesta alla convenuta di interfacciarsi con il GSE per il
caricamento della pratica al fine di conservare il diritto alla percezione degli incentivi legati al
fotovoltaico e, in secondo luogo, la lettera inviata dalla parte attrice per mezzo dell’Associazione
Consumatori Piemonte, in data 10 dicembre 2018, avente ad oggetto la manifestazione della volontà di
recedere dal contratto stipulato in data 9 novembre 2016 con GREEN STYLE (cfr. doc. 4 di parte
attrice DONATINI).

Peraltro, in nessuna delle due lettere sopra citate si può, invero, ravvisare una convalida tacita del
contratto di compravendita.

La richiesta della sig.ra DONATINI a GREEN STYLE di interfacciarsi con il GSE aveva il solo scopo
di non perdere il diritto agli incentivi in un’ottica di tutela delle proprie ragioni economiche, poiché
l’impianto era ormai stato installato e allacciato, mentre solo successivamente era pervenuto avveniva il
sollecito da parte di DEUTSCHE BANK – Easy al pagamento delle rate dovute in esecuzione del
contratto di finanziamento.
La seconda lettera (10 dicembre 2018) non può essere letta come tacita convalida del contratto, poiché
manifesta la volontà della sig.ra DONATINI di avvalersi del diritto di recesso dallo stesso.
Il sollecito da parte di DEUTSCHE BANK – Easy al pagamento delle rate avveniva nel 2017, e la
seconda lettera è datata 10 dicembre 2018. Contrariamente a quanto affermato da parte convenuta
GREEN STYLE, perciò, non sono trascorsi quasi quattro anni dalla stipula del contratto senza che
l’attrice abbia mai lamentato alcunché, non potendosi considerare la citazione in giudizio come prima
manifestazione della volontà di interrompere il rapporto con parte convenuta (cfr. pagine 6-7 comparsa
conclusionale GREEN STYLE).
>>

Processualmente poi la mancata parteciapzione alal mediazione (avvocati non muniti di idonea procura) è argomento di prova, come ex lege: << Nel caso di specie, dalla mancata partecipazione delle parti convenute all’incontro con il mediatore
senza giustificato motivo, devono dunque trarsi ulteriori argomenti di prova a sostegno della fondatezza
delle predette domande proposte dalla parte attrice e dell’infondatezza delle domande ed eccezioni
proposte dalle parti convenute.
>,p. 27

C’è condanna ad un facere e cioè alla rimozione dei pannelli a spese del venditore.

C’è pure condanna ad euro 2.000 per danno non patrimonuiale ex art. 2059 cc-185.2 cod. pen, con accertamento incidentale del reato di usura ex art. 644 cp [mi pare una svista, probabilmente intendeo il giudice il reato di truffa ex art. 640 c.p, vertendosi su un caso di dolo).

Processualmente, infine, rigetta la domanda di manleva della banca finanziatrice perchè non aveva chiesto lo spostamento della prima udienza ex art. 167.3 e 269.2 cpc, operante anche in caso di domanda c.d. trasvesale

Cessione di crediti in blocco, cartolarizzazione e opponibilità di domande riconvenzionali verso il cessionario da parte del debitore

Nelle cessioni di crediti in base alla legge sulle cartolarizzazioni (L. 130 del 1999) e all’art. 58 c.1 e 4 del TUB, il debitore non può opporre controcrediti , domande riconvenzionali, e in generale azioni contrattuali, al cessionario.

Così Cass. 02 maggio 2022 n. 13.735 , rel. Ambrosi, sez. 3:

<<Ciò detto, in un simile quadro, consentire ai debitori ceduti di opporre in compensazione, al cessionario, controcrediti da essi vantati verso il cedente (nascenti da vicende relative al rapporto con esso intercorso ed il cui importo, pertanto, lungi dall’essere noto alla “società veicolo” al momento della cessione, deve essere accertato giudizialmente), e addirittura consentire, come nella specie, la proposizione di domande riconvenzionali, significherebbe andare ad incidere, in modo imprevedibile, su quel “patrimonio separato a destinazione vincolata” di cui si diceva, “scaricandone”, così, le conseguenze sul pubblico dei risparmiatori ai quali spetta, invece, ed in via esclusiva, il valore del medesimo. I possessori dei titoli emessi dallo “special pourpose vehicle” possono essere, infatti, esposti solo al rischio che deriva dal fatto che i crediti cartolarizzati non siano incassati – perché non soddisfatti dai debitori, ovvero perché inesistenti o, al limite, perché già estinti anche per compensazione – ma non anche a quello (pena, altrimenti, la negazione del meccanismo della separazione come tracciato dalla L. n. 130 del 1999, art. 1, comma 1, lett. b) che sul patrimonio alimentato dai flussi di cassa, generati dalla riscossione dei crediti cartolarizzati, possano soddisfarsi anche altri creditori.” (Cass. Sez. 3 n. 21843 del 2019, in particolare, punto 7.1.4. in motivazione).

Ciò accadrebbe, nella specie, se si ammettesse, come statuito dalla sentenza impugnata, B.A. e B.U., in proprio e quali ex soci di STN s.r.l., ad esigere il pagamento dell’importo oggetto della condanna in via riconvenzionale, anche alla Dulcinea Securitisation s.r.l. intervenuta in giudizio tramite il procuratore Italfondiario s.p.a..

Tale conclusione, del resto, come già affermato da Cass. Sez. 3 n. 21843 del 2019, “trova un indiretto conforto nel dettato normativo, ed esattamente nella L. n. 130 del 1999, art. 4, comma 2″.

Esso, infatti, per un verso, stabilisce che dalla “data della pubblicazione della notizia dell’avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale o dalla data certa dell’avvenuto pagamento, anche in parte, del corrispettivo della cessione, sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti di cui all’art. 1, comma 1, lett. b)”, nonché, per altro verso, che “in deroga ad ogni altra disposizione, non è esercitabile dai relativi debitori ceduti la compensazione tra i crediti acquistati dalla società di cartolarizzazione e i crediti di tali debitori nei confronti del cedente sorti posteriormente a tale data”. Orbene, risulta evidente come il divieto, posto a carico del debitore ceduto, di compensazione dei crediti “sorti posteriormente” alla data della pubblicazione della notizia dell’avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale (o alla data certa dell’avvenuto pagamento, anche in parte, del corrispettivo della cessione), risponde a quella stessa logica, di cui dianzi si diceva, di salvaguardia del “patrimonio separato a destinazione vincolata” cui dà vita l’operazione cartolarizzazione”>>.

La ricostrizione parrebbe corretta, svanendo altrimenti la distinzione tra cessione del contratto e cessine del credito.

Il contratto stipulato a seguito di estorsione è nullo per contrarietà a norma imperativa e non solo annullabile per violenza

Così Cass. 31 maggio 2022 n. 17.568, sez. 2, rel. Varrone.

La disposizione di riferimento, allora, è l’art. 1418 c.1 c.c.

Passi salienti:

<<La sentenza della Corte d’Appello di Ancona ha seguito l’orientamento secondo il quale deve escludersi la nullità del contratto frutto di una condotta estorsiva perché il vizio della volontà è causa di annullabilità e non di nullità.

6.1 Il collegio ritiene erronea tale affermazione, in quanto non tiene conto dell’evoluzione giurisprudenziale sulla c.d. “nullità virtuale” per violazione di norme penali, ovvero sul tema tradizionale del regime di invalidità del contratto stipulato per effetto diretto della consumazione di un reato>>.

<<Ed invero si deve osservare che la nullità del negozio è lo strumento predisposto dal legislatore per realizzare o non frustrare, per il tramite di esso (e non soltanto della condotta dei contraenti, anche quando si tratti di violazione di divieti soggettivi di contrarre), interessi di carattere generale protetti dall’ordinamento. Pertanto, la violazione della norma penale dà luogo ad un negozio nullo ogni qual volta la disposizione violata si connoti come norma penale di ordine pubblico nel senso che l’interesse o il bene giuridico protetto dalla norma assume una connotazione pubblicistica (secondo una tesi dottrinale che restringe la nozione di norma inderogabile a quella, appunto, di interesse e di ordine pubblico; seguita, da ultimo, da Cass. n. 7785/16) ovvero solo quando la norma penale, tenuto conto della sua ratio, tutela interessi generali di rilevanza pubblica.>>

Domanda: ci sono norme penali che non sono di ordine pubblico? Se si, quali? Solo le contravvenzioni o anche quallcjhe delitto? Nel secondo caso, quali delitti?

<<6.5 Sulla base di tali considerazioni si è affermato che la fattispecie penale del delitto di estorsione è posta indiscutibilmente a tutela di interessi non soltanto di tipo patrimoniale, ma anche di diritti inviolabili della persona, quali appunto la libertà personale, e di interessi generali della collettività. Il contratto concluso per mezzo di una condotta estorsiva, pertanto, è stipulato in violazione di norme imperative e, pur in assenza di una sanzione esplicita, è nullo per lesione dell’interesse generale di ordine pubblico tutelato dalla norma violata.>>

Accettazione online implicita delle condizioni generali nell’iscriversi ad un social (Triller)

La corte esamina la questione del se il richiamo ai terms of service e privacy policy , collocato in calce alla schermata sia sufficientemente chiaro e cioè richiami sufficientemente l’attenzione dell’utente (secondo quanto chiesto dalla giurisprudenza usa).

Nel caso specifico l’accertamento mirava a verificaare se vi fosse un contratto: in caso positivo sarebbe stata infatti preclusa la domanda di ingiusto arricchimento (sub III, p. 22 ss.)

Si tratta di South dist. of NY 18 aprile 2022, Case 1:21-cv-11228-JSR, Wilson v. Thriller (Trille è un social concorrente di TikTok).

La Corte si richiama al caso Meyer v. Uber del 2017 e dà la stessa risposta: il richiamo alle condizioni generali , pur se collocato in calce e in piccolo tramite link,  è sufficientemente evidente da richiamare l’attenzione dell’utente.

Le schermate nei due casi giudiziari son messe a paragone graficamente  in sentenza:

a sinsitra la schermata del caso de quo e a destra quella del caso Meyer v. Uber Techs del 2017

La risposta della corte può lasciare perplessi: il rinvio nella schermata di destra è più chiaro/evidente di quello nella schermata di sinistra, ove è confuso da un mix di colori sgargianti.

(notizia e link alla sentenza dal blog di profg. Eric Goldman)

Caparra confirmatoria costituita da assegno bancario e dovere del prenditore di metterlo all’incasso

Cass. 10.366 del 31.03.2022 rel. Dongiacomo, tratta la questione in oggetto, relativa ad una caparra consegnata  a garanzia del debito di prezzo dal promesso acquirente al promittente venditore di immobile.

<<5.5. La caparra confirmatoria, in particolare, ben può essere costituita mediante la consegna di un assegno bancario, perfezionandosi l’effetto proprio di essa al momento della riscossione della somma recata dall’assegno e, dunque, salvo buon fine, essendo, però, onere del prenditore del titolo, dopo averne accettato la consegna, di porlo all’incasso, con la conseguenza che il comportamento dello stesso prenditore che (come accertato nel caso in esame) ometta d’incassare l’assegno e lo trattenga comunque presso di sé, in quanto contrario al dovere di correttezza, non esclude l’insorgenza a suo carico degli obblighi propri della caparra (Cass. n. 17127 del 2011): e non lo legittima, pertanto, in ragione del mancato incasso della somma pattuita quale caparra confirmatoria, né a recedere dal contratto principale (in mancanza, appunto, del necessario inadempimento imputabile della parte che ha dato la caparra: art. 1385 c.c., comma 2), né a sollevare, a fronte del (dedotto) inadempimento a tale obbligazione (che, pur se meramente accessoria rispetto alle obbligazioni principali del contratto preliminare, può essere, in quanto d’importanza rilevante nell’economia complessiva dello stesso, senz’altro dedotto a sostegno dell’eccezione di cui all’art. 1460 c.c.), l’eccezione di inadempimento della controparte (visto che il rifiuto di esecuzione della sua prestazione risulta, in ragione delle circostanze esposte, contrario a buona fede: art. 1460 c.c., comma 2).

5.6. Questa Corte, del resto, ha avuto modo di affermare che in base alla regola di correttezza posta dall’art. 1175 c.c., l’obbligazione del debitore si estingue a seguito della mancata tempestiva presentazione all’incasso del titolo di credito (assegno bancario, nella specie) da parte del creditore, che in tal modo, viene meno al suo dovere di cooperare in modo leale e fattivo all’adempimento del debitore, con la conseguenza che, se il creditore omette, violando la predetta regola di correttezza, di compiere gli adempimenti necessari affinché il titolo sia pagato, nei termini di legge, dalla banca trattaria (o da altro istituto bancario), tale comportamento omissivo deve essere equiparato, a tutti gli effetti di legge, all’avvenuta esecuzione della diversa prestazione, con conseguente estinzione dell’obbligazione ai sensi dell’art. 1197 c.c. (Cass. n. 12079 del 2007).>>

Già in passato la SC aveva detto che << “in caso di pagamento effettuato mediante assegni di conto corrente, l’effetto liberatorio si verifica con la riscossione della somma portata dal titolo, in quanto la consegna del titolo deve considerarsi effettuata, salva diversa volontà delle parti, pro solvendo; tuttavia, poiché l’assegno, in quanto titolo pagabile a vista, si perfeziona, quale mezzo di pagamento, quando passa dalla disponibilità del traente a quella del prenditore, ai fini della prova del pagamento, quale fatto estintivo dell’obbligazione, è sufficiente che il debitore dimostri l’avvenuta emissione e la consegna del titolo, incombendo invece al creditore la prova del mancato incasso, la quale, pur costituendo una prova negativa, non si risolve in una probatio diabolica, in quanto, avuto riguardo alla legge di circolazione del titolo, il possesso dello stesso da parte del creditore che lo ha ricevuto implica il mancato pagamento” (Cass. n. 17749 del 2009).>>, § 5.7.

Ne segue che <<allorquando la caparra venga costituita mediante consegna di un assegno bancario, il comportamento del prenditore del titolo che, dopo averne accettato la consegna, ometta poi di porlo all’incasso, trattenendo comunque l’assegno e non restituendolo all’acquirente, è contrario a correttezza e buona fede e comporta a carico del prenditore l’insorgenza di tutti gli effetti che, nel contesto dell’operazione contrattuale compiuta dalle parti, conseguivano all’integrale versamento della caparra: a partire, appunto, da quello costituito dall’impossibilità per il prenditore di dedurre il mancato incasso dell’assegno quale inadempimento della controparte all’obbligo di versare l’intera somma pattuita quale caparra confirmatoria>>.

Sull’allegazione di nullità dell’assegno per carenza di data: <<5.9. Ne’ può affermarsi, ammesso che rilevi, che la clausola relativa alla caparra confirmatoria possa ritenersi, in ragione della sua esecuzione a mezzo di un assegno bancario privo di data, viziata da nullità: – intanto, perché la questione relativa alla dedotta nullità di tale clausola quale causa di nullità dell’intero contratto, non risulta in alcun modo trattata dalla sentenza impugnata: ed e’, invece, noto che, quando una questione di diritto (la nullità dell’intero contratto preliminare) che implica un accertamento di fatto (e cioè che, in mancanza di quella clausola, il contratto non sarebbe stato stipulato) non è stata in alcun modo trattata dalla sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere (rimasto, nella specie, inadempiuto) non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018); – in secondo luogo, perché l’assegno bancario privo di data di emissione, benché nullo il R.D. n. 1736 del 1933, ex art. 2, comma 1, vale come promessa di pagamento (Cass. n. 20449 del 2016) e può, dunque, assolvere, al pari di un effetto cambiario, cui sotto questo profilo è riconducibile, la funzione di anticipazione della prestazione dovuta e di rafforzamento del vincolo obbligatorio che è propria della caparra confirmatoria (cfr. Cass. n. 24563 del 2013); – infine, la corte d’appello, a seguito di un apprezzamento in fatto che non è stato censurato per l’omesso esame di uno o più fatti decisivi dei quali risulti, con la corrispondente riproduzione in ricorso, l’emergenza dagli atti del giudizio, ha accertato, per un verso, che le parti si erano accordate nel senso di non apporre la data contestualmente al rilascio del titolo convenendo che sarebbe stata aggiunta in un secondo momento dalla prenditrice, e, per altro verso, che ciò era in seguito effettivamente accaduto poiché l’avv. Salvo, evidentemente in forza di quell’accordo, aveva provveduto personalmente a completare l’assegno in questione già all’indomani della stipula del preliminare di compravendita.>>