L’onere della prova del decorso del termine prescrizionale nell’appalto (art. 1667 c. 3 cc)

Spetta al committente provare i fatti (a lui favorevoli) circa il dies a quo, quando l’appaltatore eccepuisce la prescrizione dell’azione.

Così’ Cass. 13.12.2021 n. 39.599, rel. giannaccari:

<<Ai sensi dell’art. 1667 c.c., infatti, colui che agisce nei confronti dell’appaltatore per le difformità ed i vizi dell’opera ha l’onere di provare i fatti posti a fondamento della sua domanda e quelli necessari per contrastare le eventuali eccezioni della controparte; pertanto, qualora l’appaltatore eccepisca la prescrizione biennale del diritto di garanzia, la prova della data di consegna dell’opera, da cui il termine di garanzia decorre, incombe sul committente stesso e non sull’appaltatore (Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 14039 del 15/06/2007; Cass. Civ. Sez. 2, Sentenza n. 10579 del 25/06/2012).>>,  2.3.

Laffermazione però non è affatto certa. E’ l’appaltatore che, quanto eccepisce il ritardo per intervenuta prescrizione, deve provare la prescrizione: il che avviene provando la data in cjui consegnò l’opera al committente.

Inoltre :

  • Il termine di prescrizione biennale decorre, ex art. 1667 c.c., comma 3 “dal giorno della consegna dell’opera” da tenere <<distinto dalla accettazione dell’opera, in quanto la consegna è un mero atto materiale mentre l’accettazione è un atto giuridico che contiene una valutazione dell’opera e che produce effetti diversi, fra cui quello riconosciuto dal comma 1 medesimo art., ossia l’esclusione della garanzia per i vizi riconosciuti o riconoscibili a meno che non siano in mala fede taciuti dall’appaltatore (Cass. 19010/2017; Cass. 15711/2013)>>.
  • la gravità del vizio è oggetto di giudizio in fatto incensurabile in Cassazione, § 1.3: opinione di assai dubbia esattezza, essendo <in fatto> solo il giudizio sui fatti storici, non quello circa il se essi integrino il requisito legislativo di <vizio grave>

Determinazione giudiziale del prezzo nell’appalto (sull’art. 1657 cc)

Cass. ord. 11.11.2021 n. 33.575 , rel. dongiacomo, sul tema.

Questo il passaggio rilevante:

<<5.2.  L’appaltatore che chieda il pagamento del propriocompenso ha, in effetti, l’onere di fornire la prova dellacongruità di tale somma, alla stregua della natura, dell’entità edella consistenza delle opere, non costituendo idonee provedell’ammontare del credito le fatture emesse dall’appaltatore,trattandosi di documenti di natura fiscale provenienti dallastessa parte (Cass. n. 10860 del 2007).            5.3.  Il potere, conferito al giudice dall’art. 1657 c.c., di determinare il prezzo dell’appalto se le parti non ne abbiano pattuito la misura, né stabilito il modo per calcolarlo, sempre che non possa farsi riferimento, per tale calcolo, alle tariffeesistenti e agli usi, è, pertanto, esercitabile solo ove non si controverta sulle opere eseguite dall’appaltatore: allorquando,invece, il contrasto riguardi anche tale aspetto del rapporto, incombe sull’attore l’onere di fornire la prova dell’entità e della consistenza di dette opere, non potendo il giudice stabilire ilprezzo di cose indeterminate, né, d’altra parte, offrire all’attorel’occasione di sottrarsi al preciso onere probatorio che lo riguarda (Cass. n. 17959 del 2016).         5.4.  Tuttavia, una volta che, come ha ritenuto dallacorte d’appello, le opere eseguite dall’appaltatore siano state,sia pur in parte, dimostrate in giudizio, il giudice di merito, una volta accertato che le parti non avevano determinato la misuradel corrispettivo dovuto all’appaltatore né il modo dideterminarlo, non può, evidentemente, sottrarsi al proprio dovere di determinare il corrispettivo della misuraconseguentemente dovuta, avendo riguardo, a norma dell’art.1657 c.c., alle tariffe esistenti o agli usi, ovvero, in mancanza,procedendo direttamente alla relativa determinazione>>

Appalto, subappalto e responsabilità solidale del committente per omissioni contributive relative ai dipendenti del subappaltatore

Secondo l’art. 29 del d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276, <<in  caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro e’ obbligato in solido con l’appaltatore, nonche’ con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti>> (testo vigente all’epoca dei fatti)

La sezione lavoro dela Cassazione con sentenza 25.10.2019 n. 27.382, ha precisato che:

1) <<la norma si traduce in un’obbligazione di garanzia prevista dalla legge, incentrata sulla previsione di un vincolo di solidarietà tra committente ed appaltatore, secondo un modulo legislativo che intende rafforzare l’adempimento delle obbligazioni retributive e previdenziali, ponendo a carico dell’imprenditore che impiega lavoratori dipendenti da altro imprenditore il rischio economico di dover rispondere in prima persona delle eventuali omissioni di tale imprenditore>>.

2) La ratio è <<intesa ad incentivare un utilizzo più virtuoso dei contratti di appalto, inducendo il committente a selezionare imprenditori più affidabili per evitare che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno del lavoratore (Cass. n. 31768 del 07/12/2018).>>.

3) <<L’obbligazione contributiva, derivante dalla legge e che fa capo all’INPS, è dunque distinta ed autonoma rispetto a quella retributiva ( Cass n 8662 del 2019, Cass. n. 13650 del 2019) e soprattutto se ne deve sottolineare la sua natura indisponibile nonché la sua commisurazione alla retribuzione che al lavoratore spetterebbe sulla base della contrattazione collettiva vigente (cd. “minimale contributivo>>.

Su questa base la Corte ha concluso che la responsabilità solidale del committente, per i contributi  dovuti da parte delle imprese subappaltatrici, opera anche se nel contratto di appalto era stata vietato il subappalto

appalti: la difettosa insonorizzazione costituisce “grave difetto” ex art. 1669 c.c. (nonchè sulla decorrenza del termine per la denuncia del vizio)

Secondo il Tribunale di Padova (pronuncia del 19.06.2018, est. Saturni, leggibile in www.ilcaso.it, doc. 21040 ) il difetto di insonorizzazione costituisce <<grave difetto>> ai sensi dell’art. 1669 cc e diventa quindi fonte della relativa responsabilità decennale.

Il giudice affronta specificamente la questione ai §§ 2.1 e 2.2, pagg. 10-12

Il punto non è per vero discutibile; tuttavia l’affermazione giudiziale è utile, in tempi di costruzioni immobiliari poco curate sotto questo aspetto.

Anche se il giudice scrive di “mancata insonorizzazione”, il principio è estendibile anche al caso in cui l’insonorizzazione non è assente ma solamente insufficiente: ciò sempre che la insufficienza superi una soglia de minims, che però va collocata molto in basso. Ci pare infatti che basti anche un difetto modesto per integrare il presupposto del “grave difetto” richiesto dall’art. 1669 (l’apparente bisticcio lessicale non costituisce contraddizione concettuale, si badi)

Quanto al termine annuale per la denuncia del vizio (questione assai rilevante nella pratica), il Tribunale condivisibilmente afferma che decorre da quando la parte ha <<sicura conoscenza>> del difetto e della sua causa : cioè -in mancanza di altri elementi- solo a partire dall’atto di acquisizione di perizia specialistica (nel caso: da quando l’architetto, incaricato come consulente di parte, dimise la propria perizia ante causam).

Analogamente v. sul punto il sintetico passaggio di Cass.  07/02/2019, n. 3674: <<Per costante giurisprudenza di questa Corte, i gravi difetti che, ai sensi dell’art. 1669 c.c., fanno sorgere la responsabilità dell’appaltatore nei confronti dei committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura. A tal fine, rilevano pure vizi non totalmente impeditivi dell’uso dell’immobile, come quelli relativi all’efficienza dell’impianto idrico o alla presenza di infiltrazioni e umidità, ancorchè incidenti soltanto su parti comuni dell’edificio e non sulle singole proprietà dei condomini (v. tra le tante, Sez. 2 -, Ordinanza n. 24230 del 04/10/2018 Rv. 650645; Sez. 2 -, Ordinanza n. 27315 del 17/11/2017 Rv. 646078; Sez. 2, Sentenza n. 84 del 03/01/2013 Rv. 624395). Sempre secondo la costante giurisprudenza di legittimità, però, il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzione di un immobile, previsto dall’art. 1669 c.c., a pena di decadenza dall’azione di responsabilità contro l’appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua una sicura conoscenza dei difetti e delle loro cause, e tale termine può essere postergato all’esito degli accertamenti tecnici che si rendano necessari per comprendere la gravità dei vizi e stabilire il corretto collegamento causale (v. Sez. 2 -, Sentenza n. 10048 del 24/04/2018 Rv. 648162; Sez. 3, Sentenza n. 9966 del 08/05/2014 Rv. 630635; Sez. 2, Sentenza n. 1463 del 23/01/2008 Rv. 601284; Sez. 2, Sentenza n. 11740 del 01/08/2003 Rv. 565596)>>.

Con l’occasione ricordo che l’art. 1669 si applica non solo alle costruzioni originarie, ma anche alle successive ristrutturazioni, come da dettagliato insegnamento offerto dalle sezioni unite nel 2017 (Cass. sez. un. 27.03.2017 n. 7756). Questo è il principio di diritto formulato nell’occasione: Lart. 1669 c.c., è applicabile, ricorrendone tutte le altre condizioni, anche alle opere di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o  modificativi di lunga durata su immobili preesistenti, che (rovinino o) presentino (evidente pericolo di rovina o) gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di questultimo.