Sul diritto di surroga dell’assicuratore sociale INAIL

Cass, 21.20.2022 n. 31.139, sez. 3, rel. Cirillo, interviene su un compesso caso di surrtoga INAIL verso l’assicuratore della responsabilità civile in un tragico sionistro stradale.

Qui riporto gli  insegnamenti  in diritto, al § 5.1-5.3, essenzialmente relativio al rapporto tra l’art. 1916 cc e l’arty. 142 cod. assic. priv. (già art. 28 L. 990/1969):

<<5.1. Trattandosi del diritto di surroga esercitato dall’INAIL a seguito di un sinistro stradale, la norma di riferimento e’, oltre all’art. 1916 c.c., il D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 142; disposizione, quest’ultima, che ha il suo antecedente nella L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 28.
Il meccanismo delineato dalla L. n. 990 del 1969, art. 28, transitato, senza significative modifiche, nel D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 142 – costituisce un’applicazione particolare della regola generale contenuta nell’art. 1916 c.c., poiché la disposizione delinea un’azione in surrogazione esperibile soltanto in relazione al risarcimento dei danni conseguenti ad incidenti stradali.
A norma dell’art. 142, comma 1, cit., l’assicuratore sociale ha diritto di ottenere “direttamente dall’impresa di assicurazione” il rimborso “delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato ai sensi delle leggi e dei regolamenti che disciplinano detta assicurazione, sempreché non sia stato già pagato il risarcimento al danneggiato, con l’osservanza degli adempimenti prescritti nei commi 2 e 3”. I due commi successivi prevedono l’obbligo del c.d. accantonamento da parte dell’assicuratore del responsabile civile il quale, prima di pagare il danneggiato, dovrà richiedere allo stesso una sorta di dichiarazione liberatoria, che attesti che il medesimo non ha diritto “ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie”. Seguono poi le regole per l’esecuzione del pagamento ovvero, in caso di dichiarazione positiva da parte del danneggiato circa l’esistenza di un proprio diritto verso gli assicuratori sociali, l’obbligo di accantonamento “di una somma idonea a coprire il credito dell’ente per le prestazioni erogate o da erogare”.
Il senso del complesso ed articolato sistema delineato dall’art. 142 è quello di consentire al danneggiato un pronto ristoro anche da parte degli assicuratori sociali; ma, ove questi abbiano erogato somme, essi si surrogano al danneggiato nei confronti dell’assicuratore del responsabile civile. E’ comunque previsto – con l’apposita norma di chiusura dettata nell’ultima parte del comma 3 dell’art. 142 cit. – che l’ente gestore dell’assicurazione sociale “ha diritto di ripetere dal danneggiato le somme corrispondenti agli oneri sostenuti se il comportamento del danneggiato abbia recato pregiudizio all’azione di surrogazione” (v. sul punto la sentenza 25 settembre 2014, n. 20176).
5.2. La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo affermato che per ottenere il rimborso delle prestazioni erogate al danneggiato, l’ente gestore dell’assicurazione sociale può agire, ai sensi dell’art. 1916 c.c., nei confronti dei terzi responsabili del fatto illecito – per tali intendendo non genericamente i terzi obbligati, ma esclusivamente i soggetti (estranei al rapporto assicurativo) tenuti a rispondere di un evento (concretante il rischio assicurato) imputabile ad essi od a persone del cui operato debbano rispondere – con esclusione dell’assicuratore del responsabile del danno e con l’unico limite derivante dall’ammontare del risarcimento dovuto al danneggiato. Ovvero a quel fine il detto ente può agire direttamente nei confronti dell’assicuratore del responsabile del danno conseguente alla circolazione di veicoli (ma non di quest’ultimo), ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 28, comma 2, con l’ulteriore limite costituito dall’ammontare del massimale per il quale è stata stipulata l’assicurazione della responsabilità civile, atteso che tra le due normative non sussiste alcuna relazione di incompatibilità ai sensi dell’art. 15 delle preleggi, trattandosi di azioni che attribuiscono il diritto di surrogazione nei confronti di soggetti obbligati diversi (così la sentenza 20 novembre 1987, n. 8544, più volte confermata in seguito).
La successiva sentenza 23 dicembre 1994, n. 11112, ha ulteriormente chiarito che il citato art. 28 non ha abrogato l’art. 1916 c.c., u.c., il quale consente all’ente gestore dell’assicurazione sociale di valersi dello strumento surrogatorio nei confronti del terzo responsabile. La diversità delle due azioni fa sì che l’ente di assicurazione sociale ben può decidere di agire contemporaneamente contro il terzo responsabile e contro la società assicuratrice di quest’ultimo (tali principi sono stati confermati dalla più recente ordinanza 23 novembre 2017, n. 27869 e valgono anche in relazione al vigente del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 142).
La giurisprudenza di questa Corte ha anche affermato che il principio fissato dall’art. 1916 c.c., in forza del quale la surrogazione dell’assicuratore nei diritti dell’assicurato contro il terzo responsabile consegue al pagamento dell’indennità, subisce nel campo delle assicurazioni sociali i necessari adattamenti, nel senso che per il verificarsi del subingresso dell’istituto assicuratore basta la semplice comunicazione al terzo responsabile dell’ammissione del danneggiato all’assistenza prevista dalla legge, accompagnata dalla manifestazione della volontà di esercitare il diritto di surroga. Per cui l’esercizio della surrogazione da parte dell’assicuratore comporta la perdita della titolarità del credito del danneggiato nei confronti del responsabile e l’acquisto dello stesso da parte dell’assicuratore (sentenza 15 luglio 2005, n. 15022; nonché, più di recente, Sezioni Unite, sentenza 29 aprile 2015, n. 8620).
Ed è stato parimenti stabilito che, dal momento in cui l’ente comunica all’assicuratore del terzo responsabile di aver ammesso l’assicurato danneggiato all’indennizzo, e con ciò lo preavverta di voler effettuare la surroga, l’assicuratore è tenuto all’accantonamento in via provvisoria della corrispondente somma in favore dell’ente gestore (sentenza 17 gennaio 2003, n. 604).
5.3. Alcune più recenti pronunce hanno consentito a questa Corte di chiarire che la surrogazione dell’assicuratore di cui all’art. 1916 cit. ha un triplice scopo: evitare l’arricchimento dell’assicurato, che deriverebbe dalla possibilità di cumulare indennizzo e risarcimento; evitare l’arricchimento del responsabile, il quale, se non esistesse la surrogazione, beneficerebbe indirettamente della copertura assicurativa contro i danni stipulata dal danneggiato; consentire all’assicuratore di abbassare il costo generale dei sinistri e di conseguenza i premi puri applicati per le categorie di rischi omogenei (così la sentenza 14 ottobre 2016, n. 20740).
Proprio in relazione alla surrogazione da parte dell’INAIL è stato poi affermato che la rendita da esso versata alla vittima o ai suoi congiunti ha lo scopo di venire incontro allo stato di bisogno nel quale essi verranno presumibilmente a trovarsi a causa dell’incidente e della conseguente diminuzione o totale perdita del contributo economico che il lavoratore apportava alla sua famiglia.    E poiché la rendita erogata dall’INAIL ha lo scopo di indennizzare il solo pregiudizio patrimoniale, e non anche il danno non patrimoniale, “la c.d. compensatio lucri cum damno non opera quando il vantaggio conseguito dalla vittima dopo il fatto illecito sia destinato a ristorare pregiudizi ulteriori e diversi da quello di cui ha chiesto il risarcimento” (così l’ordinanza 18 ottobre 2019, n. 26647, che richiama la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 22 maggio 2018, n. 12566)>>

Responsabilità civile da sinistro automobilistico, danno del trasportato, unico veicolo coinvolto e art. 141 cod. assic. priv.

Cass. sez. un. 30 novembre 2022 n. 35.318, rel. Sestini, affronta questioni sull’oggetto.

Sentenza analitica di cui riporto solo i tre principi di diritto:

1°:  “l’azione diretta prevista dall’art. 141 cod. ass. in favore del terzo trasportato è aggiuntiva rispetto alle altre azioni previste dall’ordinamento e mira ad assicurare al danneggiato una tutela rafforzata, consentendogli di agire nei confronti dell’assicuratore del vettore e di ottenere il risarcimento del danno a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti, fatta salva la sola ipotesi di sinistro causato da caso fortuito“;

2° : “la tutela rafforzata riconosciuta dall’art. 141 cod. ass. al traportato danneggiato presuppone che nel sinistro siano rimasti coinvolti almeno due veicoli, pur non essendo necessario che si sia verificato uno scontro materiale fra gli stessi, e si realizza mediante l’anticipazione del risarcimento da parte dell’assicuratore del vettore e la possibilità di successiva rivalsa di quest’ultimo nei confronti dell’impresa assicuratrice del responsabile civile“;

3°: “nel caso in cui nel sinistro sia stato coinvolto un unico veicolo, l’azione diretta che compete al trasportato danneggiato è esclusivamente quella prevista dall’art. 144 cod. ass., da esercitarsi nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile“.

Assicurazione sulla vita, assicurazione per conto altrui e collegamento con rimborso di mutuo bancario

Una complicata vicenda assicurativo-successorio-bancaria è al centro dell’ottimamente redatta Cass. sez. 3 n° 21.863 del  11.07.2022, rel. Rossetti.

Complicata anche o soprattutto perchè la clausola del contratto di assicuraizone era strata scritta in modo … non perspicuo, come si dice. Lo rileva pure la SC: <<2.3. Prima di esaminare nel merito questa articolata censura, è doveroso premettere che la Corte d’appello di Venezia si è trovata dinanzi a patti contrattuali che costituivano oggettivamente un perfetto esempio di come non si dovrebbe scrivere un contratto di assicurazione (ed anzi qualsiasi contratto): tante e tali erano le contraddizioni, le ambiguità e le aporie giuridiche in esso presenti, con buona pace dell’art. 166, comma 1 cod. ass., il quale – già in vigore da un anno e mezzo all’epoca della stipula del mutuo – proclama solennemente che “il contratto va redatto in modo chiaro ed esauriente”.>>

Mi limito a riprodurre i principi di diritto (§ 2.8), dovendo altrimenti l’esposizione protrarsi troppo:

A) “le disposizioni dettate dall’art. 1891 c.c. in tema di assicurazione per conto altrui non sono incompatibili con l’assicurazione sulla vita”;

B) “l’assicurazione sulla vita per il caso di morte non impedisce di designare quale beneficiario lo stesso portatore di rischio: in tal caso l’indennizzo si devolverà mortis causa ai suoi eredi”.

C) “Il contratto di assicurazione sulla vita del mutuatario il quale preveda che, in caso di morte di quest’ultimo, l’indennizzo sia dovuto alla banca mutuante, e nello stesso tempo che il versamento dell’indennizzo estingue il credito residuo della banca verso il mutuatario, senza diritto dell’assicurazione di surrogarsi alla banca, è un contratto il cui scopo è soddisfare due interessi convergenti: quello della banca al rimborso del mutuo, e quello del mutuatario (e dei suoi eredi) a non restare esposti all’azione esecutiva della banca. Ne consegue che gli eredi del mutuatario, in caso di inadempimento dell’assicuratore, sono legittimati a domandare la condanna dell’assicuratore al pagamento dell’indennizzo nelle mani della banca”.

Vessatorietà ex art. 1341 cc e clausola di risarcimento in forma specifica nel contratto di assicurazione auto (c.d. polizza eventi atmosferici)

La clausola di risarcimento (rectius: indennizzo) del danno in forma specifica, sempre più frequente., non è vessatoria ex art. 1341 cc poichè non limita la responsabilità della Compagnia  ma determina solo l’oggetto contrattuale.

Così Cass. 23.415 del 27.07.2022, sez. 3, rel. Spaziani:

<<2.2. I primi quattro motivi del ricorso per cassazione in esame sono, invece, infondati nella parte in cui, deducendo la violazione degli artt. 1341 e 1342 c.c., nonché del D.Lgs. n. 206 del 2005, artt. 33, 34, 35 e 36, (Codice del consumo), contestano le rationes decidendi della sentenza impugnata, dubitando della legittimità, in base alle predette norme, del giudizio espresso dal giudice di appello sulla non vessatorietà della clausola contrattuale e sulla valida ed efficace formazione del consenso su di essa.

2.2.a. Questa Corte ha affermato il principio, cui deve darsi continuità, secondo il quale, nel contratto di assicurazione contro i danni, la clausola con cui si pattuisce che l’assicurato sia indennizzato mediante la reintegrazione in forma specifica del danno occorsogli in conseguenza di un sinistro stradale (ad es., mediante riparazione del veicolo presso una carrozzeria autorizzata) non è da considerarsi clausola limitativa della responsabilità agli effetti dell’art. 1341 c.c., ma delimitativa dell’oggetto del contratto, in quanto non limita le conseguenze della colpa o dell’inadempimento e non esclude, ma specifica, il rischio garantito, stabilendo i limiti entro i quali l’assicuratore è tenuto a rivalere l’assicurato (Cass. 15/05/2018, n. 11757).

Infatti, premesso che, nell’ambito del contratto ci assicurazione, sono da considerare limitative della responsabilità, per gli effetti dell’art. 1341 c.c., le clausole che circoscrivono le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre, al contrario, attengono all’oggetto del contratto quelle che concernono il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano il rischio garantito (tra le altre, Cass. 10/11/2009, n. 23741 e, recentemente, Cass. 04/02/2021, n. 2660, non mass.), deve escludersi che siano soggette all’obbligo della specifica approvazione preventiva per iscritto le clausole che si limitano a prevedere, in luogo del risarcimento per equivalente, l’obbligo, per l’assicuratore, di provvedere alla riparazione in forma specifica (eventualmente, come nella specie, attraverso la previsione della riparazione del veicolo presso una carrozzeria convenzionata), la quale costituisce una forma di risarcimento o di indennizzo che consente al danneggiato di ottenere il ristoro del pregiudizio subito mediante la diretta rimozione delle conseguenze dannose e la restitutio in integrum del medesimo bene che costituiva il punto di riferimento oggettivo dell’interesse leso.

2.2.b. Con siffatta clausola non viene imposto al contratto di assicurazione un peso che rende eccessivamente difficoltosa la realizzazione del diritto dell’assicurato né si consente all’assicuratore di sottrarsi in tutto o in parte alla sua obbligazione o si assoggetta la soddisfazione dell’assicurato all’arbitrio dell’assicuratore e ai tempi da questo imposti per la definitiva liquidazione della somma dovuta; piuttosto, senza determinare alcun significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto di assicurazione (ma, anzi, attraverso una libera stipulazione intesa ad ottenere specifici vantaggi contrattuali a fronte dell’assunzione dell’impegno di rivolgersi ad una carrozzeria convenzionata con l’assicuratore), viene specificato l’oggetto del contratto stesso e vengono pattuite le modalità e la forma con cui l’assicuratore è tenuto a rivalere l’assicurato del danno prodottogli dal sinistro; la clausola in questione, pertanto, non rientra tra quelle limitatrici della responsabilità dell’assicuratore e non richiede per la sua efficacia la specifica approvazione per iscritto del contraente per adesione ai sensi dell’art. 1341 c.c..

2.2.c. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente – la quale sembra considerare il risarcimento per equivalente maggiormente satisfattivo per il creditore rispetto a quello in forma specifica – va altresì puntualizzato, in termini generali, che, sebbene la scelta tra le due forme risarcitorie spetti al creditore (art. 2058 c.c., comma 1), tuttavia, se il debitore offre il risarcimento in forma specifica, l’eventuale rifiuto di tale offerta sarebbe contrario a buona fede, perché precluderebbe al debitore di conseguire un risultato utile che non comporta per il creditore un apprezzabile sacrificio e che e’, anzi, normalmente più adeguato al fine risarcitorio e, dunque, al soddisfacimento dell’interesse creditorio (art. 1174 c.c.).

Proprio su tali presupposti la dottrina ammette che danneggiato e danneggiante possono validamente ed efficacemente accordarsi sul risarcimento in forma specifica, anche in via preventiva: tale accordo, infatti, integra un contratto innominato avente causa risarcitoria, diretto a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322 c.c., comma 2).

La clausola contrattuale diretta a prevedere siffatta forma risarcitoria, predisposta unilateralmente dal debitore, non determina, pertanto, uno squilibrio in suo favore dei diritti ed obblighi derivanti dal contratto: la concreta operatività di tale istituto, ove sia materialmente possibile, trova infatti un limite, non già nelle esigenze di tutela del creditore (il cui interesse viene, al contrario, pienamente reintegrato), ma nelle esigenze di tutela del debitore, il quale può liberarsi mediante il risarcimento per equivalente, ove quello in forma specifica risulti per lui eccessivamente oneroso (art. 2058 c.c., comma 2).

2.2.d. Il giudizio del Tribunale, inteso ad escludere il carattere vessatorio della clausola “F.9.4”, integrativa del contenuto del contratto di assicurazione stipulato dalla ricorrente, nonché il susseguente giudizio inteso a ritenere validamente ed efficacemente formato il consenso dell’assicurata su detta clausola (che non necessitava di specifica approvazione per iscritto) attraverso la sottoscrizione della dichiarazione di conoscere ed accettare le disposizioni della “Linea Comfort” contenute nel fascicolo informativo, appare, per quanto si è detto, perfettamente conforme a diritto, con conseguente infondatezza delle censure formulate, al riguardo, negli illustrati motivi di ricorso per cassazione>>

Patto di gestione della lite: è nulla la clausola per cui l’assicuratore non rimborsa le spese per i legali da lui non autorizzati

Cass. 5 luglio 2022 n. 21.220, sez. 3, rel. Rossetti, afferma quantoi in oggetto, con qualche scostamento dai precedenti.

L’art. 1917 c. 3 cc, infatti , è dichiarato inderobabile in pejus per l’assicurato dal seguente art. 1932 cc

In particolare << Il successivo art. 1932, primo comma, c.c., stabilisce che “le disposizioni degli
artt. (…) 1917 terzo e quarto comma (…) non possono essere derogate se
non in senso più favorevole all’assicurato”.
Pertanto una clausola contrattuale la quale subordini la rifusione delle spese
di resistenza sostenute dall’assicurato al
placet dell’assicuratore è una deroga
in pejus all’art. 1917, terzo comma, c.c., ed è affetta da nullità.
La legge infatti non pone condizioni al diritto dell’assicurato di ottenere il
rimborso delle suddette spese.
Resta solo da aggiungere che le spese di resistenza sostenute dall’assicurato
sono affrontate nell’interesse comune di questi e dell’assicuratore. Esse
costituiscono perciò spese di salvataggio ai sensi dell’art. 1914 c.c., e sono
soggette alla regola che ne subordina la rimborsabilità al fatto che non siano
state sostenute avventatamente (art. 1914, secondo comma, c.c., il quale
non è che una applicazione particolare del generale principio di cui all’art.
1227, secondo comma, c.c.).
Il relativo accertamento costituisce un apprezzamento di fatto riservato al
giudice di merito, che non è stato compiuto e che non può essere compiuto
in questa sede: ciò impedisce di decidere la causa nel merito, come richiesto
dal ricorrente
>>

Insegnamento che può far tremare le compagnie, dato che quasi tutte inseriscono la clausole per cui il rimborso non è dobueo per legali che esse on abbiano autorizzato.

la soluzione della Sc parrebbe corretta di fronte ad una disposizione muta in proposito.

Si noti il limite che la SC cerca di mettere a spese legali sconsiderate: quello delle spese c.d. di salvataggio ex ar. 1914 cc

Assicurazione r.c.a. e assicurazione sociale INAIL : messa a punto della Cassazione

A seguito di sinistro stradale un lavoratore percepiva il risacimento/indennizzo sia dalla assicurazione del responsabile che dall’INAIL.

La Cassazione con la penna dell’ottimo dr. Rossetti esegue una assai utile messa a punto dei rapporti giuridicii rilevanti nel caso (anche se ormai sedimentati):

<<Nel caso in cui la vittima di un fatto illecito percepisca un indennizzo da parte di un ente gestore dell’assicurazione sociale vanno tenuti distinti tre ordini di rapporti giuridici, che fanno capo a tre soggetti distinti:

a) il rapporto giuridico avente ad oggetto il pagamento dell’obbligazione aquiliana, intercorrente tra danneggiato e responsabile (ovvero, in tema di assicurazione della r.c.a., tra il danneggiato da un lato, il responsabile e il suo assicuratore dall’altro);

b) il rapporto giuridico avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo da parte dell’assicuratore sociale, di cui sono parti il danneggiato e l’assicuratore sociale;

c) il rapporto giuridico avente ad oggetto l’azione recuperatoria spettante all’assicuratore sociale nei confronti del responsabile e del suo assicuratore della r.c.a..

Il terzo di questi tre rapporti giuridici è alternativo rispetto al primo: l’assicuratore sociale, infatti, indennizzando la vittima le subentra nella titolarità del credito risarcitorio verso il responsabile, fino alla concorrenza dell’importo pagato (art. 1916 c.c.).>>

Poi  i principi di diritto:

– “la circostanza che l’assicuratore sociale abbia manifestato la volontà di surrogarsi al solo danneggiato non è opponibile all’assicuratore della r.c.a. che, dopo tale manifestazione di volontà, abbia versato al danneggiato l’intero risarcimento, se non risulti che l’assicuratore della r.c.a. fosse, al momento del pagamento, a conoscenza dell’avvenuta surrogazione“, § 1.5.

– “il silenzio dell’assicuratore sociale nel termine di 45 giorni previsto dall’art. 142 cod. ass. non libera l’assicuratore della r.c.a. dall’obbligo di accantonamento ivi previsto, se quest’ultimo al momento in cui versa il risarcimento alla vittima abbia già appreso aliunde, in qualunque modo, della volontà dell’assicuratore sociale di surrogarsi al danneggiato“, § 3 (errore: sarebbe § 2.7),

“il silenzio dell’assicuratore sociale nel termine di 45 giorni previsto dall’art. 142 cod. ass. non libera l’assicuratore della r.c.a. dall’obbligo di accantonamento ivi previsto, se quest’ultimo al momento in cui versa il risarcimento alla vittima abbia già appreso aliunde, in qualunque modo, della volontà dell’assicuratore sociale di surrogarsi al danneggiato“, § 4.2.

– Infine: “l’assicuratore sociale il quale non abbia manifestato all’assicuratore della r.c.a. la volontà di surrogarsi, nel termine di 45 giorni stabilito dall’art. 142 cod. ass., perde il relativo diritto con riferimento ai soli danni che l’assicuratore della r.c.a. abbia integralmente risarcito alla vittima; conserva, invece, il diritto di surrogazione per le somme versate all’assistito a titolo di indennizzo di danni di cui questi non abbia né chiesto, né ottenuto il risarcimento, fino alla concorrenza del massimale“, § 5.23.

Disposizioni rilevanti:  art. 142 cod. ass. e art. 1916 cc

Obbligo c.d. “di salvataggio” assicurativo (art. 1914 c. 1 cc) e dovere di accettare la transazione proposta dall’Assicuratore al danneggiato

Molto interessante fattispecie decisa da App. Roma sent. n. 3542/2022 del 24.05.2022 , RG 1717/2017, rel.  Pellegrini, di cui dà notizia e fornisce il testo lo studio D&D-D’Aiello & de Luca Avvocati Associati s.t.a. a r.l.

Il punto di interesse è se nel dovere (rectius: onere, probabilmente) di diminure il danno  (art. 1914 c.1 cc) a carico del’assicurato rientri il dovere di accettare la proposta transattiva dell’assicuratore , concordata col danneggiato.

La corte dice di si. I punti allora sono due: 1) se in tale dover di ridurre il danno rientri pure quello di ridurre il danno da assistenza legale (cioè per spese di lite); in caso positivo,  2) se l’assicurato abbia l’onere di accettare la transazione proposta dall’Assicuratore.

Sub 1 la corte e il tribunale dicono di si: tuttavia il tenore letterale dell’art. 1914 parrebbe in senso opposto.

Sub 2 , corte e tribunale dicono pure di si, senza dare (almeno lA Corte) una persuasiva motivaizone.

Pare di capire che la transazione fosse stata proposta in base alla stima di danno permanente operata dal CTU (in primo grado) e conseguente all’accertamento di una lesione della salute del 18/20 per cento.  La danneggiata aveva allegato nella domanda introduttiva una lesione pemanente del 35%.

L’assicurato (AUSL Rieti) aveva però in primo grado eccepito l’infondatezza della domanda  , chiedendone il rigetto.

Ora, non si vede perchè debba prevalere la volontà transattiva dell’assicuratore, quando magari la responsabiità dell’assicurato sia parecchio incerta.

Il richiamo a buona fede e correttezza non è svolto adeguatamente: la corte dimentica infatti che essi non sono invocabili, quando c’è un pregiudizio per la parte nel tenere la condotta censurata.

E nel caso c’é : non solo nel quantum (negato in toto nell’atto difensivo) , ma ad es. anche come immagine di una amministrazione che assume medici negligenti

La Corte avrebbe probabilmente dovuto mettere a paragone le opposte esigenze e bilanciarle entrando nel merico dei termini transattivi in via incidentale  (come nella annosa questione della revocabilità della transaizone). .

L’assicurazione per conto di chi spetta può anche concernere il rischio di responsabilità verso terzi

La corte di appello milanese con sentenza 21.09.2021, n. 2690/2021, Groupama Assicurazioni c. REA ss, rel. Mammone, RG 1147/2019,  chiarisce che l’assicurazione per conto di chi spetta può anche riguardare la respnsbilità verso terzi e non solo il pregiudizio per la perdita del bene (c.d. garanzia diretta , nel caso : immobile).

Così dice: <<Del resto, non vi sono limiti di carattere logico o giuridico che ostino alla stipulazione di un contratto di assicurazione contro il rischio della responsabilità civile per conto di spetta, così come ha ben chiarito la Corte di cassazione, allorché ha affermato che “oggetto dell’assicurazione è il rischio della responsabilità civile, cioè l’obbligo risarcitorio del danno al soggetto leso, che incombe sull’assicurato. Titolare dell’interesse esposto al rischio è quindi il soggetto assicurato, vale a dire il responsabile civile; il contraente, cioè colui che ha stipulato il contratto di assicurazione, di norma, cioè quando il contratto per conto di altro soggetto determinato è conforme al tipo dell’art. 1891 cod. civ., come nel caso di specie, non è titolare dell’interesse assicurato” (cfr. Cass. n. 15376/2011).    Né può sostenersi che non esistesse un interesse di Maria Grazia Masut a proteggere, oltre che l’immobile, anche il patrimonio di REA, considerato che l’interesse alla stipulazione di un contratto di assicurazione è ravvisabile non solo in relazione al diritto di proprietà o ad altro diritto reale sulla cosa assicurata, ma anche a qualsiasi rapporto economico-giuridico per il quale il titolare sopporti il danno patrimoniale per effetto di un evento dannoso (Cass. n. 15107/2013; Cass. n. 9469/2004; Cass. n. 354130/1981). Maria Grazia Masut è pacificamente usufruttuaria della totalità delle quote sociali di REA e dunque la sua sfera patrimoniale è suscettibile di essere incisa da eventuali azioni risarcitorie nei confronti della società. E, del resto, seguendo il ragionamento di Groupama, non è possibile comprendere in che modo la clausola denominata “Ricorso terzi” potrebbe giovarle, considerato che, dagli atti, la Masut risulta essere sempre stata residente a Milano, in via Solari e non nell’immobile di proprietà della parte appellata, diversamente da quanto adombrato dalla compagnia (dagli atti di indagine, peraltro, emerge che la notte in cui divampò l’incendio l’appartamento era occupato da Chiodelli Andrea e Bosetti Michela – cfr. doc. 17 e 18 di parte attrice).>>

La clausola per conto di chi spetta era questa: <<Il contratto n.1101168, sebbene stipulato da Maria Grazia Masut in qualità di contraente, individua l’assicurato nel “soggetto il cui interesse è protetto dall’assicurazione” ed il bene in relazione al quale la garanzia è prestata è incontestatamente l’immobile di proprietà di REA s.s..>>

R.C. auto e azione diretta verso l’assicuratore: opera anche nelle aree private

Utile messa a punto da parte di Cass. sez. un. 30.07.2021 n. 21.983 sull’oggetto (sinistro avvenuto a seguito di manovra eseguita in area oggetto di proprietà privata).

<<Attesa l’irrilevanza della natura pubblica o privata dell’area di circolazione -anche in fase statica, preliminare o successiva-, nonché del tipo di uso (cfr., con riferimento all’apertura degli sportelli, cfr. Cass. 29/2/2008, n. 5505; Cass., 6/6/2002, n. 8216; relativamente alla posizione di arresto del veicolo sul quale sia in atto il compimento, da parte del conducente, di operazioni prodromiche alla messa in marcia, Cass., 21/9/2005, n. 18618; Cass., 5/7/2004, n. 12284. E già Cass., 24/7/1987, n. 6445) che del mezzo (v. con riferimento anche ai locomobili, ai trattori, ai carri-attrezzi, ai compressori e simili, Cass., 16/6/1953, n. 1783) si faccia (cfr. Cass., Sez. Un., 29/4/2015, n. 8620, e, da ultimo, Cass., 28/5/2020, n. 10024), è allora l’utilizzazione del veicolo in modo conforme alla sua funzione abituale ad assumere fondamentale rilievo costituendo, in luogo di quello del “numero indeterminato di persone”, il criterio di equiparazione alle strade di uso pubblico di ogni altra area o spazio ove sia avvenuto il sinistro.>>

Il criterio discretivo cui assegnare rilievo ai fini della determinazione dell’estensione della copertura assicurativa per la r.c.a. <<deve dunque rinvenirsi nell’uso del veicolo conforme alla sua funzione abituale>>.

Aveva poco sopra detto la SC che già in base alla giurisprudenza anteriore [spt. Cass. s.u,.29.04.2015 n. 8620] <<risulta invero superata la possibilità di escludersi l’applicabilità dell’azione diretta come affermato, con riferimento alla L. n. 990 del 1969, artt. 1 e 18, da Cass. n. 8090 del 2013 in relazione a sinistro verificatosi sulla rampa di accesso ad un garage, in ragione del ravvisato -a prescindere dalla natura pubblica o privata dell’area di relativa collocazione- numero determinato di persone aventi titolo (v. Cass., 3/4/2013, n. 8090. Cfr. altresì Cass., 6/6/2006, n. 13254, con riferimento ad area cortilizia interna adibita a servizio dei condomini. Per l’affermazione, in applicazione di tale principio, della copertura assicurativa relativamente ad area di parcheggio per gli utenti di ipermercato v. Cass., 23/7/2009, n. 17279).

La qualità di proprietario o comproprietario o avente diritto ad altro titolo, e le particolari finalità e particolari condizioni dell’accesso e dell’utilizzazione escludono infatti il venir meno del requisito di indeterminatezza in argomento (cfr., con riferimento a cantiere ove potevano accedere coloro che vi lavoravano e chi aveva rapporti commerciali con l’impresa, Cass., 28/6/2018, n. 17017; si pensi altresì all’ospite o a chi sia per errore entrato in un garage condominiale privato e cagioni colposamente un sinistro)>>.

Si noti che non conta più il criterio numero determinato o indeterminato delle persone che possono accedervi, per parificare i luoghi privati a quelli pubblici.

Assicurazione sulla vita per il caso di morte e designazione dei beneficiari negli “eredi legittimi”

Arriva Cass. sez. un. n. 11.421 del 30.04.2021, BNP PARIBAS CARDIF VITA COMPAGNIA DI ASSICURAZIONE E RIASSICURAZIONE S.p.A c. ALESSANDRO BIAGIO GAETANO, rel. Antonio Scarpa, a dirimere la questione della valenza dell’espressione “Beneficiari in caso di morte dell’assicurato: eredi legittimi“, quale designazione dei beneficiari, contenuta in una polizza sulla vita per il caso di morte (si legge che tale tipo di designazione sarebbe alquanto diffuso)

La SC conferma l’indirizzo maggioritario (§ 6.1): l’espressione va intesa solo come mezzo per identificare i soggetti, senza diventare negozio mortis causa, e dunque senza dare rilevanza alle quote ereditarie.

Vediamo i principali passaggi:

  1. può dirsi ormai del tutto preponderante l’esegesi <<che ravvisa nell’atto di designazione del beneficiario dei vantaggi di un’assicurazione sulla vita, quale che sia la forma prescelta fra quelle consentite dell’art. 1920 c.c., comma 2, un negozio inter vivos con effetti post mortem: la morte dell’assicurato segna, cioè, il riferimento cronologico di differimento dell’esecuzione della prestazione assicurativa e di consolidamento del diritto già acquistato dal beneficiario in forza della designazione, restando la somma assicurata comunque estranea al patrimonio del de cuius che cade in successione (come può desumersi altresì dell’art. 1920 c.c., comma 2, ultimo periodo)>>
  2. L’assicurazione a favore di terzo per il caso di morte dello stipulante assicurato <<resta riconducibile, quindi, alla categoria del contratto a favore di terzi, ex art. 1411 c.c.>>
  3. la designazione del terzo è elemento <<strutturale essenziale, o comunque normale, dell’assicurazione sulla vita per il caso morte, dovendo la prestazione essere attribuita a persona diversa dallo stipulante, il cui interesse è implicito nella funzione assistenziale e previdenziale dell’operazione. Dalla mancanza della designazione discenderebbero, altrimenti, l’ingresso del credito nel patrimonio dell’assicurato e la successiva devoluzione agli eredi iure successionis.>>
  4. Essendo la designazione del beneficiario dei vantaggi di un’assicurazione sulla vita, quale che sia la forma prescelta fra quelle previste dell’art. 1920 c.c., comma 2, atto inter vivos con effetti post mortem, da cui discende l’effetto dell’immediato acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione, <<la generica individuazione quali beneficiari degli “eredi (legittimi e/o testamentari)” ne comporta l’identificazione soggettiva con coloro che, al momento della morte dello stipulante, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione ereditaria prescelto dal medesimo contraente, indipendentemente dalla rinunzia o dall’accettazione della vocazione. Deve invero sempre rammentarsi che qui il termine “eredi” viene attribuito dalla designazione allo scopo precipuo di fornire all’assicuratore un criterio univoco di individuazione del creditore della prestazione, e perciò prescinde dall’effettiva vocazione.>>
  5. L’eventuale istituzione di erede per testamento compiuta dal contraente assicurato dopo aver designato i propri “eredi (legittimi)” quali beneficiari della polizza <<non rileva, pertanto, nè come nuova designazione per attribuzione della somma assicurata, nè come revoca del beneficio, agli effetti dell’art. 1921 c.c., ove non risulti una inequivoca volontà in tal senso, operando su piani diversi l’intenzione di disporre mortis causa delle proprie sostanze e l’assegnazione a terzi del diritto contrattuale alla prestazione assicurativa>>
  6. la natura inter vivos del credito attribuito per contratto agli “eredi” designati quali beneficiari dei vantaggi dell’assicurazione <<esclude l’operatività riguardo ad esso delle regole sulla comunione ereditaria, valevoli per i crediti del de cuius, come anche l’automatica ripartizione dell’indennizzo tra i coeredi in ragione delle rispettive quote di spettanza dei beni caduti in successione. La qualifica di “eredi” rivestita al momento della morte dello stipulante sopperisce, invero, con valenza meramente soggettiva, alla generica determinazione del beneficiario, in base al disposto dell’art. 1920 c.c., comma 2, che funziona soltanto al fine di indicare all’assicuratore chi siano i creditori della prestazione, ma non implica presuntivamente, in caso di pluralità di designati, l’applicazione tra i concreditori delle regole di ripartizione dei crediti ereditari>>
  7. Rimane ovviamente ferma <<la libertà del contraente, nel designare gli eredi quali beneficiari dei vantaggi dell’assicurazione, di indicare gli stessi nominativamente o di stabilire in quali misure o proporzioni debba suddividersi tra loro l’indennizzo, o comunque di derogare all’art. 1920 c.c. (arg. dall’art. 1932 c.c.)>>
  8. In forza della designazione degli “eredi” quali beneficiari dell’assicurazione sulla vita a favore di terzo, <<la prestazione assicurativa vede quali destinatari una pluralità di soggetti in forza di una eadem causa obligandi, costituita dal contratto. Rispetto alla prestazione divisibile costituita dall’indennizzo assicurativo, come in ogni figura di obbligazione soggettivamente complessa (secondo quanto si argomenta in via di generalizzazione dall’art. 1298 c.c., comma 2 e dall’art. 1101 c.c., comma 1), ove non risulti diversamente dal contratto, a ciascuno dei beneficiari spetta una quota uguale (in conformità a quanto sostenne la sentenza n. 9388 del 1994), il cui pagamento ciascuno potrà esigere dall’assicuratore nella rispettiva misura.>>
  9. <<L’attribuzione del diritto iure proprio al beneficiario per effetto della designazione giustifica altresì l’applicabilità all’assicurazione sulla vita per il caso morte dell’art. 1412 c.c., comma 2, secondo il quale “la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purchè il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente”, con conseguente trasmissibilità agli eredi del terzo premorto della titolarità dei vantaggi dell’assicurazione. In tal caso, l’acquisto del diritto alla prestazione assicurativa in favore degli eredi del beneficiario premorto rispetto allo stipulante opera, peraltro, iure hereditatis, e non iure proprio, e quindi in proporzione delle rispettive quote ereditarie, trattandosi di successione nel diritto contrattuale all’indennizzo entrato a far parte del patrimonio del designato prima della sua morte, nella medesima misura che sarebbe spettata al beneficiario premorto, secondo la logica degli acquisti a titolo derivativo. (…) La premorienza di uno degli eredi del contraente, già designato tra i beneficiari dei vantaggi dell’assicurazione, comporta, quindi, non un effetto di accrescimento in favore dei restanti beneficiari, ma, stando l’assenza di una precisa disposizione sul punto ed in forza dell’assimilabilità dell’assicurazione a favore di terzo per il caso di morte alla categoria del contratto a favore di terzi, un subentro per “rappresentazione” in forza dell’art. 1412 c.c., comma 2 (senza che la comune denominazione delle fattispecie obliteri le evidenti differenze di ambito soggettivo ed oggettivo correnti tra detta norma e l’istituto previsto dall’art. 467 c.c.). Beninteso, il contraente potrebbe avere altrimenti espresso in sede di designazione una diversa volontà per il caso di premorienza di uno dei beneficiari, come potrebbe, a seguito della stessa, revocare il beneficio con le forme e nei limiti di cui all’art. 1921 c.c.>>