Con sentenza 04.11.2019 n. 28.314 la Corte di Cassazione a sezioni unite ha deciso sul tema in oggetto: precisamente sull’individuazione dei limiti alla propagazione della nullità del contratto quadro ai successivi ordini di acquisto.
La questione di massima sottopostale è quella di cui al secondo motivo di ricorso: <<Il contrasto che si è determinato all’interno della prima sezione riguarda, come già rilevato, la legittimità della limitazione degli effetti derivanti dall’accertamento della nullità del contratto quadro ai soli ordini oggetto della domanda proposta dall’investitore, contrapponendosi a tale impostazione, quella, ad essa alternativa, che si fonda sull’estensione degli effetti di tale dichiarazione di nullità anche alle operazioni di acquisto che non hanno formato oggetto della domanda proposta dal cliente, con le conseguenze compensative e restitutorie che ne possono derivare ove trovino ingresso nel processo come eccezioni o domande riconvenzionali>> (§ 6 , § 11)
Il nucleo centrale della divergenza risiede dunque <<proprio nella diversa declinazione dell’ambito di operatività delle nullità di protezione, in relazione alla correlazione tra legittimazione e propalazione degli effetti. Ove si ritenga che il regime di protezione si esaurisca nella legittimazione esclusiva del cliente (o nella rilevabilità d’ufficio, nei limiti precisati nel par.15.2) a far valere la nullità per difetto di forma, una volta dichiarata l’invalidità del contratto quadro, gli effetti caducatori e restitutori che ne derivano possono essere fatti valere da entrambe le parti. Il principio, posto a base dell’accurata requisitoria dell’Avvocato Generale, è stato così espresso in Cass. n. 6664 del 2018: “una volta che sia privo di effetti il contratto d’intermediazione finanziaria destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti in quanto esso sia dichiarato nullo, operano le regole comuni dell’indebito (art. 2033 c.c.) non altrimenti derogate. La disciplina del pagamento dell’indebito è invero richiamata dall’art. 1422 c.c.: accertata la mancanza di una causa adquirendi- in caso di nullità (…) l’azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione dello stesso è quella di ripetizione dell’indebito oggettivo; la pronuncia del giudice è l’evenienza che priva di causa giustificativa le reciproche obbligazioni dei contraenti e dà fondamento alla domanda del solvens di restituzione della prestazione rimasta senza causa” >> (§ 17.1.1.).
L’opinione contraria si fonda invece <<sull’operatività piena, processuale e sostanziale, del regime giuridico delle nullità di protezione esclusivamente a vantaggio del cliente (nella specie dell’investitore), anche ove l’invalidità riguardi l’intero contratto. L’intermediario non può avvalersi della dichiarazione di nullità in relazione alle conseguenze, in particolare restitutorie, che ne possono scaturire a suo vantaggio, dal momento che il regime delle nullità di protezione opera esclusivamente in favore dell’investitore. Il contraente privo della legittimazione a far valere le nullità di protezione può, di conseguenza, subire soltanto gli effetti della dichiarazione di nullità selettivamente definiti nell’azione proposta dalla parte esclusiva legittimata, non potendo far valere qualsiasi effetto “vantaggioso” che consegua a tale declaratoria. L’indebito, così come previsto nell’art. 1422 c.c., può operare solo ove la legge non limiti con norma inderogabile la facoltà di far valere la nullità ed i suoi effetti in capo ad uno dei contraenti, essendo direttamente inciso dallo “statuto” speciale della nullità cui si riferisce. Le nullità di protezione sono poste a presidio esclusivo del cliente. Egli ex lege ne può trarre i vantaggi (leciti) che ritiene convenienti. La selezione degli ordini sui quali dirigere la nullità è una conseguenza dell’esercizio di un diritto predisposto esclusivamente in suo favore. Una diversa interpretazione del sistema delle nullità di protezione condurrebbe all’effetto, certamente non voluto dal legislatore, della sostanziale abrogazione dello speciale regime d’intangibilità ed impermeabilità proprio delle nullità di protezione (Cass. 8395 del 2016). In particolare, con riferimento alla tipologia contrattuale oggetto del presente giudizio, l’investitore, ove fosse consentito all’intermediario di agire ex art. 2033 c.c., non potrebbe mai far valere il difetto di forma di alcuni ordini in relazione ad un rapporto di lunga durata che abbia avuto parziale esecuzione, perchè le conseguenze economico patrimoniali sarebbero per lui verosimilmente quasi sempre pregiudizievoli, così vanificandosi la previsione legale di un regime di protezione destinato ad operare a suo esclusivo vantaggio>> (§ 17.1.2).
Il Collegio ricorda che c’è una terza opinione: <<18. Vi è una terza opzione che rinviene nel principio della buona fede, variamene declinato, lo strumento più adeguato, per affrontare il tema dell’uso eventualmente distorsivo dello strumento delle nullità di protezione in funzione selettiva, perchè, senza alterarne il regime giuridico ed in particolare l’unilateralità dello strumento di tutela legislativamente previsto, consente, per la sua adattabilità al caso concreto, di ricostituire l’equilibrio effettivo della posizione contrattuale delle parti, impedendo effetti di azioni esercitate in modo arbitrario o nelle quali può cogliersi l’abuso dello strumento di “protezione” ad esclusivo detrimento dell’altra parte>>
In breve, il dubbio è se il favor per il cliente/investitore è solo processuale nel senso che riguarda solo la legittimazione a sollevare la nullità (con la conseguenza che anche l’intermdiario può chiedere le restituzioni conseguenti) oppure riguarda anche gli effetti di diritto sostanziale (per cui le restituzioni disponibili dal giudice son solo quelle a favore del cliente).
Il testo applicabile ratione temporis dell’art. 23 TUF è: <<1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La CONSOB, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo. 2. E’ nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tal casi nulla è dovuto. 3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente>>.
Il Collegio iniziando ad affrotnare la questione, ritiene <<che la questione della legittimità dell’uso selettivo delle nullità di protezione nei contratti aventi ad oggetto servizi d’investimento debba essere affrontata assumendo come criterio ordinante l’applicazione del principio di buona fede, al fine di accertare se sia necessario alterare il regime giuridico peculiare di tale tipologia di nullità, sotto il profilo della legittimazione e degli effetti, per evitare che l’esercizio dell’azione in sede giurisdizionale possa produrre effetti distorsivi ed estranei alla ratio riequilibratrice in funzione della quale lo strumento di tutela è stato introdotto>> (§ 17).
Opta quindi preliminarmente per <<escludere entrambe le opzioni che prescindono del tutto dalla considerazione del principio di buona fede o perchè negano la legittimità dell’uso selettivo delle nullità di protezione fino al riconoscimento del diritto a richiedere la ripetizione dell’indebito in relazione agli investimenti non selezionati dall’investitore ma travolti dalla nullità del contratto quadro, o perchè ne considerano legittima l’azione senza alcun limitazione, ritenendo tale soluzione l’unica coerente con l’operatività ad esclusivo vantaggio del cliente delle nullità di protezione. In contrasto con le tesi criticate, il Collegio reputa che la questione della legittimità dell’uso selettivo delle nullità di protezione nei contratti aventi ad oggetto servizi d’investimento, possa essere risolta ricorrendo, come criterio ordinante, al principio di buona fede, da assumere, tuttavia, in modo non del tutto coincidente con le illustrate declinazioni dell’exceptio doli generalis e dell’abuso del diritto>> (§ 22)
Ritiene allora di dover ribadire <<22.1 … che, in relazione ai contratti d’investimento che costituiscono l’oggetto del presente giudizio, della dichiarata invalidità del contratto quadro, ancorchè accertata con valore di giudicato, come già rilevato nei par.13 e 13.1, può avvalersi soltanto l’investitore, sia sul piano sostanziale della legittimazione esclusiva che su quello sostanziale dell’operatività ad esclusivo vantaggio di esso. 22.2 L’uso selettivo del rilievo della nullità del contratto quadro non contrasta, in via generale, con lo statuto normativo delle nullità di protezione ma la sua operatività deve essere modulata e conformata dal principio di buona fede secondo un parametro da assumersi in modo univoco e coerente. Ove si ritenga che l’uso selettivo delle nullità di protezione sia da stigmatizzare ex se, come contrario alla buona fede, solo perchè limitato ad alcuni ordini di acquisto, si determinerà un effetto sostanzialmente abrogativo del regime giuridico delle nullità di protezione, dal momento che si stabilisce un’equivalenza, senza alcuna verifica di effettività, tra uso selettivo delle nullità e violazione del canone di buona fede. Deve rilevarsi, tuttavia, l’insufficienza anche della esclusiva valorizzazione della buona fede soggettiva, ove ravvisabile solo se si dimostri un intento dolosamente preordinato a determinare effetti pregiudizievoli per l’altra parte>>.
Ed allora se nè l’uso selettivo della nullità è di per sè contrario a buona fede, nè rileva l’intento soggettivo di dannegiare la controparte, come si potrà distinguere la domanda conforme a buona fede da quella ad essa contraria?
Le sezioni unite provano a rispondere così:
<< 22.3 Al fine di modulare correttamente il meccanismo di riequilibrio effettivo delle parti contrattuali di fronte all’uso selettivo delle nullità di protezione, non può mancare un esame degli investimenti complessivamente eseguiti, ponendo in comparazione quelli oggetto dell’azione di nullità, derivata dal vizio di forma del contratto quadro, con quelli che ne sono esclusi, al fine di verificare se permanga un pregiudizio per l’investitore corrispondente al petitum azionato. In questa ultima ipotesi deve ritenersi che l’investitore abbia agito coerentemente con la funzione tipica delle nullità protettive, ovvero quella di operare a vantaggio di chi le fa valere. Pertanto, per accertare se l’uso selettivo della nullità di protezione sia stato oggettivamente finalizzato ad arrecare un pregiudizio all’intermediario, si deve verificare l’esito degli ordini non colpiti dall’azione di nullità e, ove sia stato vantaggioso per l’investitore, porlo in correlazione con il petitum azionato in conseguenza della proposta azione di nullità. Può accertarsi che gli ordini non colpiti dall’azione di nullità abbiano prodotto un rendimento economico superiore al pregiudizio confluito nel petitum. In tale ipotesi, può essere opposta, ed al solo effetto di paralizzare gli effetti della dichiarazione di nullità degli ordini selezionati, l’eccezione di buona fede, al fine di non determinare un ingiustificato sacrificio economico in capo all’intermediario stesso. Può, tuttavia, accertarsi che un danno per l’investitore, anche al netto dei rendimenti degli investimenti relativi agli ordini non colpiti dall’azione di nullità, si sia comunque determinato. Entro il limite del pregiudizio per l’investitore accertato in giudizio, l’azione di nullità non contrasta con il principio di buona fede. Oltre tale limite, opera, ove sia oggetto di allegazione, l’effetto paralizzante dell’eccezione di buona fede. Ne consegue che, se, come nel caso di specie, i rendimenti degli investimenti non colpiti dall’azione di nullità superino il petitum, l’effetto impeditivo è integrale; [in realtà qui c’è una virgola ma è un errore] ove invece si determini un danno per l’investitore, anche all’esito della comparazione con gli altri investimenti non colpiti dalla nullità selettiva, l’effetto paralizzante dell’eccezione opererà nei limiti del vantaggio ingiustificato conseguito.>>
Nel § seguente la S.C. sintetizza così l’insegnamento appena offerto: <<23. Anche in relazione al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, comma 3, il regime giuridico delle nullità di protezione opera sul piano della legittimazione processuale e degli effetti sostanziali esclusivamente a favore dell’investitore, in deroga agli artt. 1421 e 1422 c.c. L’azione rivolta a far valere la nullità di alcuni ordini di acquisto richiede l’accertamento dell’invalidità del contratto quadro. Tale accertamento ha valore di giudicato ma l’intermediario, alla luce del peculiare regime giuridico delle nullità di protezione, non può avvalersi degli effetti diretti di tale nullità e non è conseguentemente legittimato ad agire in via riconvenzionale od in via autonoma ex artt. 1422 e 2033 c.c.. I principi di solidarietà ed uguaglianza sostanziale, di derivazione costituzionale (artt. 2,3,41 e 47 Cost., quest’ultimo con specifico riferimento ai contratti d’investimento) sui quali le S.U., con la pronuncia n. 26642 del 2014, hanno riposto il fondamento e la ratio delle nullità di protezione operano, tuttavia, anche in funzione di riequilibrio effettivo endocontrattuale quando l’azione di nullità, utilizzata, come nella specie, in forma selettiva, determini esclusivamente un sacrificio economico sproporzionato nell’altra parte. Limitatamente a tali ipotesi, l’intermediario può opporre all’investitore un’eccezione, qualificabile come di buona fede, idonea a paralizzare gli effetti restitutori dell’azione di nullità selettiva proposta soltanto in relazione ad alcuni ordini. L’eccezione sarà opponibile, nei limiti del petitum azionato, come conseguenza dell’azione di nullità, ove gli investimenti, relativi agli ordini non coinvolti dall’azione, abbiano prodotto vantaggi economici per l’investitore. Ove il petitum sia pari od inferiore ai vantaggi conseguiti, l’effetto impeditivo dell’azione restitutoria promossa dall’investitore sarà integrale. L’effetto impeditivo sarà, invece, parziale, ove gli investimenti non colpiti dall’azione di nullità abbiano prodotto risultati positivi ma questi siano di entità inferiore al pregiudizio determinato nel petitum.
L’eccezione di buona fede operando su un piano diverso da quello dell’estensione degli effetti della nullità dichiarata, non è configurabile come eccezione in senso stretto non agendo sui fatti costitutivi dell’azione (di nullità) dalla quale scaturiscono gli effetti restitutori, ma sulle modalità di esercizio dei poteri endocontrattuali delle parti. Deve essere, tuttavia, oggetto di specifica allegazione>>.
A chiusura della sentenza, la SC formula il principio di diritto ex art. 384 cpc: << “La nullità per difetto di forma scritta, contenuta nel D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, comma 3, può essere fatta valere esclusivamente dall’investitore con la conseguenza che gli effetti processuali e sostanziali dell’accertamento operano soltanto a suo vantaggio. L’intermediario, tuttavia, ove la domanda sia diretta a colpire soltanto alcuni ordini di acquisto, può opporre l’eccezione di buona fede, se la selezione della nullità determini un ingiustificato sacrificio economico a suo danno, alla luce della complessiva esecuzione degli ordini, conseguiti alla conclusione del contratto quadro” >> (§ 24).
La sintesi operativa dovrebbe allora essere la seguente:
A) qualora il guadagno derivante dagli investimenti, di cui non è chiesta la nullità, sia (pari o) maggiore della perdita relativa a quelli, di cui invece è chiesta, l’intermediario può paralizzare integralmente la domanda del cliente perchè contraria a buona fede;
B) nel caso opposto, può paralizzare la domanda di nullità solo fino a concorrenza dei guadagni ottenuti dagli investimenti, per cui la nullità non è chiesta; in tal caso allora la domanda di nullità e restituzione potrà essere accolta solo per il supero.