Gravità dell’inadempimento nella risoluzione del contratto di locazione

Cass. 07.12.2020 n. 27955, rel. Gorgoni, si pronuncia sul tema in oggetto, dando alcuni insegnamenti (parrebbe trattarsi di locazione commerciale, venendo richiamato l’art. 41 l. 392/78).

 1) il fatto che l’art. 41 cit. non richiami l’art. 5 L. 392/78 sui parametri per determinare la gravità dell’inadempmento del cobnduttore,  e che dunque imponga l’applicazione dell’art. 1455 cc, non esclude che la prima norma un qualche rilievo possa averlo in sede interpretativo-determinativa del grave inadampimento ai sensi della seconda norma

2) quanto al profilo soggetivo/oggettivo del giudizio di gravità, la SC osserva:  <<Il fatto che, con riferimento alla fattispecie in esame, il legislatore non abbia predeterminato ex lege i caratteri dell’inadempimento solutoriamente rilevante, impone di tener conto che la gravità dell’inadempimento sotto il profilo oggettivo –per la cui determinazione il giudice può ben avvalersi orientativamente dei parametri valevoli per sciogliere il contratto di locazione ad uso abitativo: la tipizzazione normativa contribuisce a dare concretezza ed oggettività alla valutazione del giudice che, altrimenti, in un ambito nel quale il suo potere discrezionale appare singolarmente ampio e la dialettica tra regole e principi si rivela particolarmente complessa, rischierebbe di restare pericolosamente priva di coordinamento con le direttive del sistema– non è sufficiente, occorrendo parametrarla all’interesse del contraente deluso, e che il fatto che quest’ultimo abbia agito per chiedere la risoluzione del contratto per l’altrui inadempimento o l’aver diffidato l’inadempiente non basterebbero; diversamente si otterrebbe il risultato di rimettere la risoluzione alla scelta dell’adempiente (per Cass. 13/02/1990, n. 1046, “l’interesse dell’altro contraente (…) non deve essere tanto inteso in senso subiettivo, in relazione alla stima che il creditore avrebbe potuto fare del proprio interesse violato, quanto in senso obiettivo in relazione all’attitudine dell’inadempimento a turbare l’equilibrio contrattuale ed a reagire sulla causa del contratto e sul comune interesse>>;

Poi si legge <<Il punto di rottura del rapporto che giustifica la cancellazione del vincolo è dato dall’incrocio tra il grave inadempimento e l’intollerabile prosecuzione del rapporto>>: non chiarissimo il signficato, anche perchè il primo dei due concetti è subito dopo spiegato, mentre il secondo è solo enunciato ma senza spiegazione.

Il primo dunque (grave inadempimento) va sì applicato in base alle circostanze del caso [così come rappresentate alla controparte in trattatia o come documentate nel contratto], ma con parametro oggettivo (ciò che sarebbe “grave” per l’uomo medio: in quella stessa condizione, aggiungerei).

Nulla invece dice sulla intollerabilità della prosecuzione del rapporto.

Poi precisa che:

i) non è necessaria la previa intimazione in mora,

ii) la regola della cristallizzazione delle posizioni delle parti non è applicabile ai rapporti di durata,

iii) va valutata anche la condotta successiva ala proposizione della domanda,  <<giacchè in tal caso, come in tutti quelli di contratto di durata in cui la parte che abbia domandato la risoluzione non è posta in condizione di sospendere a sua volta l’adempimento della propria obbligazione, non è neppure ipotizzabile, diversamente dalle ipotesi ricadenti nell’ambito di applicazione della regola generale posta dall’art. 1453 c.c. (secondo cui la proposizione della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento comporta la cristallizzazione, fino alla pronunzia giudiziale definitiva, delle posizioni delle parti contraenti, nel senso che, come è vietato al convenuto di eseguire la sua prestazione, così non è consentito all’attore di pretenderla), il venir meno dell’interesse del locatore all’adempimento da parte del conduttore inadempiente, il quale, senza che il locatore possa impedirlo, continua nel godimento della cosa locata consegnatagli dal locatore ed è tenuto, ai sensi dell’art. 1591 c.c., a dare al locatore il corrispettivo convenuto (salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno) fino alla riconsegna>>

Immissioni dannose provenienti da cosa oggetto di locazione commerciale: chi risponde? Proprietario, inquilino o comodatario subtitolare ?

Nel caso di immissioni provenienti da attività commerciale esercitata dall’inquiluino (anzi, nel caso ex comodato subconcesso dall’inquilino) che cagionino danno a terzi (ad un condomino), chi risponde? Proprietario dei muri (srl Il Timone), conduttore (srl La Bitta) o il comodatario (srl Sapore di Mare, gestore del ristorante) subtitolato da quest’ultimo?

Questa il tema indagato da Cass. 10.12.2020 n .28.197 rel. Carrato.

Il passo più interssante è quello relativo alla responsabilità del proprietario, spesso fonte di incertezze nella pratica.

La SC enuncia il seguente principio:

<< Osserva, però, il collegio che sul piano generale è, invece, da ritenersi che in tema di danni da cose in custodia, ai fini della configurabilità della responsabilità ex art. 2051 c.c., è sufficiente la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa con il conseguente potere-dovere di intervento su di essa, e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore. Pertanto, con riferimento alla locazione di immobile, che comporta il trasferimento della disponibilità della cosa locata e delle sue pertinenze, pur configurandosi ordinariamente l’obbligo di custodia del bene locato in capo al conduttore, dal quale deriva altresì la responsabilità a suo carico – salva quella solidale con altri soggetti ai quali la custodia faccia capo in quanto aventi pari titolo o titoli diversi che importino la coesistenza di poteri di gestione e di ingerenza sul bene – ai sensi del suddetto art. 2051 c.c., per i danni arrecati a terzi dalle parti ed accessori del bene locato, tuttavia rimane in capo al proprietario la responsabilità per i danni arrecati dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, delle quali conserva la disponibilità giuridica e, quindi, la custodia (cfr. Cass. n. 16231/2005 e Cass. n. 21788/2015).

Era, quindi, necessario che la Corte di appello valorizzasse l’aspetto della collocazione della canna fumaria (dalla quale provenivano le esalazioni) nella struttura muraria dell’immobile di proprietà della s.r.l. Il Timone, verificando, sul piano giuridico, se la stessa avesse assolto al suo obbligo specifico di procedere alla relativa manutenzione onde evitare – accertando la sussistenza del relativo nesso causale – la possibile propagazione delle illecite immissioni.

L’omissione delle altre possibili condotte omissive a carico della citata società (da ricondursi alla indispensabile osservanza di un obbligo di diligente vigilanza sull’attività della società conduttrice), in concreto eventualmente concorrenti nella determinazione dell’evento dannoso, risulta obliterata dalla Corte territoriale, ai fini della possibile affermazione della (solidale) responsabilità per violazione degli artt. 844,2043 o 2051 c.c. (e art. 2055) e, per tale ragione, la censura coglie nel segno.

Occorre, quindi, nel caso di specie, che il giudice di rinvio – uniformandosi al principio di diritto prima enunciato con riguardo alle condizioni per la configurabilità della responsabilità concorrente del proprietario dell’immobile locato – proceda anche agli specificati ulteriori accertamenti per verificare la sussistenza o meno delle condizioni per escludere ogni responsabilità (anche concorrente), con particolare riferimento ai presupposti di applicabilità dell’art. 2043 o dell’art. 2051 c.c., della società s.r.l. Il Timone, quale proprietaria dei locali, della struttura muraria e della canna fumaria.>>

Locazioni commerciali e recesso per “gravi motivi” (art. 27 u.c. L. 392/1978)

La Corte di Cassazione effettua alcune utili precisazioni sul tema in oggetto (Cass., III, 24.09.2019 n. 23.639).

  1. la disdetta scritta deve indicare il grave motivo alla base del recesso, anche se non deve spiegare le ragioni giuridico-economiche sottostanti, nè tanto meno darne prova. Tale indicazione nella disdetta inerisce al  perfezionamento dell’atto di recesso e non può intervenire in un secondo momento [dunque va ivi inserita a pena di nullità del recesso]:  <<ai fini del valido ed efficace esercizio del diritto potestativo di recesso del conduttore, a norma della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 27 è sufficiente che egli manifesti al locatore, con lettera raccomandata o altra modalità equipollente, il grave motivo per cui intende recedere dal contratto di locazione, senza avere anche l’onere di spiegare le ragioni di fatto, di diritto o economiche su cui tale motivo è fondato, nè di darne la prova, perchè queste attività devono esser svolte in caso di contestazione da parte del locatore. Trattandosi di recesso titolato, la comunicazione del conduttore non può, tuttavia, prescindere dalla specificazione dei motivi, con la conseguenza che tale requisito inerisce al perfezionamento della stessa dichiarazione di recesso e, al contempo, risponde alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo (Sez. 3, Sentenza n. 549 del 17/01/2012, Rv. 620955 – 01), dovendo conseguentemente escludersi che il conduttore possa esplicitare successivamente le ragioni della determinazione assunta (Sez. 3, Sentenza n. 13368 del 30/06/2015, Rv. 635800 – 01)>> (§ 8).
  2. il grave motivo può essere di natura economica, anche se almeno tale da rendere assai gravosa la prosecuzione del rapporto: le ragioni del recesso devono essere state  <<determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto, estranei alla volontà del conduttore e imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa per quest’ultimo la sua prosecuzione (Sez. 3, Sentenza n. 12291 del 30/05/2014 (Rv. 631034 – 01). La gravosità della prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva, non può risolversi nell’unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, e dev’essere, non solo tale da eccedere l’ambito della normale alea contrattuale, ma anche consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie, tale da incidere significativamente sull’andamento dell’azienda globalmente considerata e, quindi, se di rilievo nazionale o multinazionale, anche nel complesso delle sue varie articolazioni territoriali (Sez. 3, Sentenza n. 26711 del 13/12/2011, Rv. 620662 – 01).>> (§ 9)
  3. nel caso di più rami di azienda utilizzanti più immobili, <<i gravi motivi, giustificativi del recesso anticipato di cui all’art. 27 cit., debbano essere accertati in relazione all’attività svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso, senza possibilità per il locatore di negare rilevanza alle difficoltà riscontrate per tale attività in considerazione dei risultati positivi registrati in altri rami aziendali (Sez. 3, Sentenza n. 14365 del 14/07/2016, Rv. 640522 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 7217 del 27/03/2014, Rv. 630201 – 01).>>