Sui rapporti tra fondi vicini (distanza verticale tra costruzioni e sopraelevazione ex art. 1127 c.c.)

Cass. 12.202 del 14.04.2022, sez. 2, rel. Carrato, in un caso di caso di costruzione sul lastrico solare da parte del proprietario di questo  ma avversata dal proprietario dell’appartamento sottostante, ricorda che:

– <<la giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. n. 4797/1988 e Cass. n. 5618/1995) ha più volte precisato – e al relativo principio di diritto dovrà uniformarsi il giudice di rinvio – che la disposizione dell’art. 907 c.c., comma 3, secondo cui le nuove costruzioni in appoggio al muro devono rispettare la distanza di tre metri dalla soglia delle vedute preesistenti, deve essere intesa nel senso che tale distanza opera, anche in senso verticale, nei riguardi delle costruzioni sottostanti non solo le finestre ma anche i balconi con riguardo al loro piano di calpestio. Ed infatti, ai fini della disposizione anzidetta, il termine “costruzione” non va inteso in senso restrittivo di manufatto in calce o in mattoni o in conglomerato cementizio, ma in quello di qualsiasi opera che, qualunque ne sia la forma e destinazione, ostacoli l’esercizio di una veduta. Ed è altrettanto pacifico che la distanza di tre metri dalle vedute prescritta dall’art. 907 c.c., per le nuove costruzioni, al pari di ogni altra distanza prescritta dalla legge per disciplinare i rapporti di vicinato, ha carattere assoluto, essendo stata predeterminata dal legislatore in via generale ed astratta, senza che al giudice sia consentito alcun margine di discrezionalità sia nella valutazione della esistenza della violazione della distanza, sia nella valutazione relativa alla dannosità e pericolosità della posizione della nuova costruzione rispetto alla veduta del vicino (cfr., ex plurimis, Cass. n. 15376/2001, Cass. n. 213/2006 e Cass. n. 8691/2017).>>

– << costituisce sopraelevazione, disciplinata dall’art. 1127 c.c., non solo la realizzazione di nuove opere, consistenti in nuovi piani o nuove fabbriche, bensì anche la trasformazione di locali preesistenti mediante l’incremento di volumi e superfici nell’area sovrastante il fabbricato da parte del proprietario dell’ultimo piano.>>. Per cui <<(e a questo ulteriore principio di diritto dovrà uniformarsi il giudice di rinvio), l’indennità di sopraelevazione è dovuta dal proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale ai sensi dell’art. 1127 c.c., non solo in caso di realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche per la trasformazione dei locali preesistenti mediante l’incremento delle superfici e delle volumetrie indipendentemente dall’aumento dell’altezza del fabbricato, traendo tale indennità fondamento dall’aumento proporzionale del diritto di comproprietà sulle parti comuni conseguente all’incremento della porzione di proprietà esclusiva e, in applicazione del principio di proporzionalità, si determina sulla base del maggior valore dell’area occupata ai sensi del citato art. 1127 c.c., comma 4.>>

Diritti proprietari al rispetto delle distanze e diritti da contratto

Interessante Cass. 15.142 del 31.05.2021, rel. Giannaccari, sul rapporto tra diritto del proprietario al rispetto delle distanze e diritto di credito sorto da convenzione con un vicino.

Il dirito al rispetto delle distanze non si prescrive (salvo l’usucapione): <<I poteri inerenti al diritto di proprietà, tra i quali rientra quello di esigere il rispetto delle distanze, non si estinguono per il decorso del tempo, salvi gli effetti dell’usucapione del diritto a mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella legale. Discende da tale principio che anche l’azione per ottenere il rispetto delle distanze legali è imprescrittibile, trattandosi di azione reale modellata sullo schema dell'”actio negatoria servitutis”, rivolta non ad accertare il diritto di proprietà dell’attore, bensì a respingere l’imposizione di limitazioni a carico della proprietà suscettibili di dar luogo a servitù (Cass. Civ., Sez. II, 23.1.2012, n.871, Cass.Civ., Sez.II, 7.9.2009, n.19289; Cass. Civ., Sez.II, Cass. Civ., Sez. II, 26.1.2000, n.867).>>, § 1.3.

la corte d imerito l’aveva invece ritenuto precritto confondend operò la fonte della pretesa e aserendo che la prescrittiviàità derivasse dal convenzione de l 1996. La quale vas invece intesa come concessione precareia, ben distinta dal diritto domnucale a.l rispetto delle distanze che non si prescrive.

<<La corte di merito non ha fatto corretta affermazione dei citati principi di diritto poiché ha ritenuto che l’azione volta al rispetto delle distanze legali fosse prescritta per decorrenza del termine decennale previsto per l’esercizio del diritto di credito del condominio ad ottenere la prestazione di cui alla convenzione conclusa nel 1966, con la quale i precedenti proprietari si erano accordati perché Ambrogio Angelo, dante causa del convenuto, potesse mantenere le finestre, il cornicione e la gronda ad una distanza inferiore a quella legale, corrispondendo la somma di £5000,00 annui fino alla vendita dell’immobile a terzi. Detta pattuizione non era costitutiva di servitù a carico del fondo concedente in quanto vincolava unicamente le parti che avevano sottoscritto l’accordo ed era soggetta a revoca se il concessionario avesse trasferito a terzi la proprietà. La convenzione del 1966, sottoscritta dalla Compagnia Santa Orsola, dante causa del Condominio, e Angelo Ambrosio, dante causa del convenuto Bortolani, è stata correttamente qualificata dalla corte di merito come “concessione precaria”, vincolante inter partes e, pertanto, inidonea ad imporre servitù prediali. Il diritto di credito nascente dalla convenzione, soggetto all’ordinario termine di prescrizione, non va confuso con il diritto del proprietario a non subire pesi che non siano imposti per legge o per contratto. Conseguentemente, il diritto all’accertamento della violazione delle distanze e della demolizione delle opere illegittimamente realizzate non nasce dalla concessione, ma è connessa alle facoltà relative al diritto di proprietà, che, quale diritto reale, è imprescrittibile, salvo gli effetti dell’usucapione. E’, quindi, errata l’affermazione contenuta a pag.14 della sentenza impugnata secondo cui il diritto di credito del concedente, soggetto a prescrizione, estinguerebbe anche il diritto di chiedere il rispetto delle distanze legali come se il diritto di proprietà traesse origine dalla convenzione >>, § 1.4.

E poi: <<Del resto, le convenzioni costitutive di servitù “personali” o “irregolari”, aventi come contenuto limitazioni della proprietà del fondo altrui a beneficio di un determinato soggetto e non di un diverso fondo, sono disconosciute dal codice vigente, in quanto si concretizzano in una utilità del tutto personale e non in un’utilità oggettiva del fondo dominante (Cass. Civ., Sez.II, 26.2.2019, n.5603)>>, § 1.6.