Interclusione totale del fondo, interclusione parziale e rinuncia preventiva alla servitù legale di passaggio

Cass.  sez. II, Sent.  n. 29.311, rel. Oliva:

Sentenza impugnata:

<<La Corte di Appello ha accertato che, al momento della divisione del fondo in origine unitario, avvenuta con atto per notar H.H. del 21.11.1987, era stato previsto che “entrambi i lotti vengono sollevati da qualsiasi asservimento e di qualsiasi genere, ivi compresa la captazione e il sollevamento di acqua sorgiva ai quali potessero essere assoggettati sia l’uno che l’altro lotto” (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata). Ha dunque ritenuto che “La rinuncia preventiva alla servitù coattiva non può conciliarsi con l’esercizio del diritto di proprietà, solo nel caso in cui tale diritto verrebbe “irrimediabilmente compromesso” da tale rinuncia. Nel caso de quo la rinuncia avvenne al momento della divisione dei fondi, di talché F.F. (dante causa degli odierni ricorrenti) ben sapeva, non essendo il fondo intercluso ma confinante con la pubblica via, che una rinuncia alla richiesta di vincoli o servitù sul fondo del fratello G.G. (dante causa degli odierni intimati) non avrebbe pregiudicato il suo utilizzo, ma semmai lo avrebbe reso meno agevole. Del resto, da sempre l’attore rivendica la costituzione del chiesto peso, per raggiungere con mezzi meccanici il proprio fondo, rappresentando una situazione, non di totale impossibilità al raggiungimento dello stesso, ma di maggior comodità” (cfr. pag. 5 della sentenza)>>.

Sua critica:

<< La motivazione, particolarmente stringata, valorizza gli effetti della rinuncia preventiva alla costituzione di una servitù di passaggio, in presenza di un fondo preteso dominante che non è intercluso, perché comunque confinante con la pubblica via. Tuttavia, il giudice di merito non affronta ex professo il tema dell’interclusione relativa del fondo predetto, poiché non considera il fatto, potenzialmente decisivo, che tra esso e la strada vi è un dislivello (come accertato dalla C.T.U., i cui passaggi salienti sono riportati a pag. 9 del ricorso ai fini della sua autosufficienza) e che la realizzazione di un accesso diretto alla via pubblica mal si concilia con i costi necessari, quasi corrispondenti all’intero valore del fondo di cui sopra, e con le esigenze legate alla sua conduzione agricola.

Ferma restando l’impossibilità di ipotizzare una rinuncia preventiva alla costituzione di servitù di passaggio a favore di un fondo che risulti assolutamente intercluso, in quanto essa finirebbe per svuotare di contenuto tipico del diritto del proprietario del fondo stesso, che non potrebbe accedervi in alcun modo, occorre evidenziare che, nel caso specifico, il giudice di merito non ha in alcun modo indagato il tema dell’interclusione relativa del fondo degli odierni ricorrenti. Questi ultimi evidenziano che la C.T.U. espletata nel corso del primo grado -della quale, ai fini della specificità del motivo, riportano i passaggi salienti alle pagg. 9 e 10 del ricorso- aveva accertato che il loro fondo, ancorché confinante con la via pubblica, non poteva avervi accesso diretto in funzione del dislivello esistente, variabile da 5 a 6 metri. La Corte di Appello non considera questo elemento, pur emergente dal compendio istruttorio, e si limita ad affermare che il fondo preteso dominante non sarebbe intercluso perché posto a confine con la via pubblica. In tal modo, il giudice di merito da un lato non approfondisce il tema, pur rilevante, dell’ammissibilità di una rinuncia preventiva ai diritti nascenti ope legis, giusta la disposizione di cui all’art. 1051
c.c., a favore del fondo assolutamente intercluso, limitandosi ad affermare, sul punto, che la rinuncia avrebbe avuto ad oggetto un passaggio più comodo: in tal modo, la Corte di Appello sembra presupporre che l’accertamento che il fondo preteso dominante confina con la via pubblica renda comunque possibile un accesso diretto, ancorché maggiormente disagevole rispetto a quello praticabile attraverso il fondo intercludente. Dall’altro lato, la Corte territoriale non esamina affatto la questione della natura disagevole del detto ipotetico accesso diretto dalla via pubblica, in tal modo non affrontando la tematica, pur sollevata dagli odierni ricorrenti, della possibilità di configurare, a vantaggio del loro fondo, un diritto di passaggio coattivo in presenza di interclusione parziale, ai sensi di quanto previsto dall’art. 1052 , primo e secondo comma, c.c.>>

Il fondo intercluso può essere tale anche per disposto di legge o della PA e non solo per ostacolo fisico

Cass. sez. II, ord. 18/09/2024 n. 25.088, rel. Grasso, esprime i seguenti principi di diritto:

” (1) In materia di costituzione di servitù coattiva di passaggio, ai sensi del primo comma dell’art. 1051 cod. civ., costituisce impedimento ad usufruire d’uscita sulla via pubblica la circostanza che un tale accesso risulti precluso dalla legge o dalla pubblica amministrazione.

(2) Spetta a colui che richiede la costituzione della servitù dimostrare la giuridica impossibilità di accesso alla via pubblica; tuttavia, ove il consulente del giudice abbia escluso, sulla base degli accertamenti e delle informazioni ricevute dalla pubblica amministrazione, che dell’accesso l’interessato possa legittimamente fruire, non costituisce argomento che possa ribaltare una tale valutazione tecnica la circostanza che non consti essere stata presentata istanza per l’autorizzazione al passo carrabile”.

Diritto di installazione dell’antenna sulla proprietà altrui come servitù coattiva di passaggio

Cass. Sez. II Sent. del 08/11/2023, n.  31.101, rel. Amato:

propongo due massime sul medesimo insegnamento:

<<In tema di servitù di passaggio di antenna a favore di radioamatore, il diritto all’installazione dell’impianto sulla proprietà esclusiva altrui deriva direttamente dall’art. 21 Cost., di talché, nei casi in cui quest’ultimo non possa utilizzare spazi propri o comuni vi è l’obbligo, da parte dei proprietari di un immobile, di consentire la collocazione di antenne sulle porzioni in loro dominio esclusivo, senza diritto all’indennizzo e senza previa autorizzazione scritta, ma nei limiti del rispetto dei diritti proprietari, ai sensi dell’art. 91, comma 3, 92, comma 7, e 209, comma 2, d.lgs. n. 259 del 2003. (Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO GENOVA, 27/10/2017)>>   (CED Cassazione)

oppure:

<<Con riguardo ad un edificio in condominio ed all’installazione d’apparecchi per la ricezione di programmi radio-televisivi, il diritto di collocare nell’altrui proprietà antenne televisive, riconosciuto dalla L. 6 maggio 1940, n. 554, artt. 1 e 3 e del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 231 (ora assorbiti nel D.Lgs. n. 259 del 2003), è subordinato all’impossibilità per l’utente di servizi radiotelevisivi di utilizzare spazi propri, giacché altrimenti sarebbe ingiustificato il sacrificio imposto ai proprietari. Trattandosi di un fatto costitutivo del diritto all’installazione, l’onere di provare – se del caso anche con una C.T.U. – che non sia possibile utilizzare uno spazio proprio o condominiale per l’installazione, resta a carico del soggetto che intenda effettuarla>> (Massima redazionale: non è specificato di chi,  ma credo di OneLegale, avedola ivi reperita)