Intreressante fattispecie decisa da una approfondita ed esatta Cass. 13.09.2023 n. 26.450, sez. 3, rel. Spaziani sull’art. 2560 c.2 cc.
RAgionamento astratto:
<<1.1.f. L’individuazione del differente fondamento dogmatico dei due orientamenti induce, tuttavia, anche l’evidenziazione del presupposto fondamentale della fattispecie regolata dall’art. 2560 c.c., in entrambi i capoversi in cui esso si articola.
Essa fattispecie – sia che la si ricostruisca, in termini soggettivi, come successione nell’impresa, sia che la si ricostruisca, in termini oggettivi, come trasferimento di beni e di rapporti giuridici (nella prima ipotesi, coinvolgente tutti i debiti di cui si provi che il cessionario abbia conoscenza; nella seconda ipotesi, coinvolgente i soli debiti risultanti dai libri contabili obbligatori) – postula, in ogni caso, una reale dualità di soggetti e, dunque, una effettiva alterità tra il cedente e il cessionario.
Questo presupposto fondamentale della fattispecie è stato, del resto, posto in evidenza dalle Sezioni Unite di questa Corte con la pronuncia 28/02/2017, n. 5054.
Questa pronuncia – peraltro diretta a dirimere la specifica questione se ed, eventualmente, a quali condizioni, il cessionario di un’azienda commerciale risponda, a norma dell’art. 2560 c.c., comma 2, ovvero ad altro titolo, del debito restitutorio che consegue alla revoca fallimentare di un pagamento ricevuto dal cedente – pur escludendo, in relazione alla peculiare fattispecie, che, ai fini dell’insorgenza della responsabilità solidale prevista dalla norma, sia sufficiente la conoscibilità, tramite i libri contabili obbligatori, del precedente rapporto contrattuale intrattenuto dal dante causa con un imprenditore, divenuto poi insolvente alla data del pagamento – e pur osservando, in linea generale, che la responsabilità solidale del cessionario di azienda va ricondotta “nell’alveo dell’evidenza diretta, risultante dai libri contabili obbligatori dell’impresa, a tutela del suo legittimo affidamento, essenziale per il corretto svolgimento della circolazione di beni di particolare rilievo commerciale” – ha, peraltro, affermato, sia pure in obiter dictum, che l’operatività dell’art. 2560 c.c., comma 2, “incontra un limite solo nella carenza di un’effettiva alterità soggettiva delle parti titolari dell’azienda” (Cass., Sez. Un., 28/02/2017, n. 5054).
Le Sezioni unite, esemplificando, hanno osservato che il difetto di alterità soggettiva si riscontra nel caso di trasformazione, anche eterogenea, della forma giuridica del soggetto e nel caso del conferimento dell’azienda di una impresa individuale in una società unipersonale.
Queste indicazioni vanno ritenute meramente esemplificative e non tassative, per modo che deve reputarsi che il difetto di dualità soggettiva, che esclude l’applicazione della norma codicistica in esame, sussista in tutti i casi in cui, in seguito al trasferimento dell’azienda, al di là della diversa forma o denominazione giuridica, la compagine sociale dell’impresa e gli organi amministrativi della stessa siano rimasti immutati, poiché in tali casi il trasferimento dell’azienda è solo formale.
In queste ipotesi, non vi è spazio per l’applicazione dell’art. 2560 c.c., comma 2, poiché la norma non potrebbe esplicare la funzione che si riconduce alla sua ratio, ovverosia la salvaguardia dell’interesse dell’acquirente dell’azienda, quale accollante dei relativi debiti, ad avere precisa conoscenza degli stessi; interesse che si correla a quello, superindividuale, alla certezza dei rapporti giuridici e alla facilità di circolazione dell’azienda>>.
Applicazione al caso sub iudice:
<<1.1.g. Nel caso di specie è stato accertato in sede di merito – ed è incontroverso tra le parti – che il sig. R.F. era socio di maggioranza ed amministratore unico della cedente Intercontinentale Organizzazione Turismo s.r.l., ma anche amministratore unico della cessionaria Iottour Viaggi s.r.l., nonché socio di maggioranza e presidente del consiglio d’amministrazione di IOT – Intercontinental Organization of Tourism, a sua volta socia unica della cessionaria.
E’ stato, poi, altresì accertato – ed anche questa circostanza è incontroversa – che la compagine sociale della società cedente era formata dallo stesso R.F. (per una quota pari al 72,17%) e da G.A. (per la rimanente quota del 27,83%), i quali, dal 2011, erano divenuti, rispettivamente, presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato di IOT – Intercontinental Organization of Tourism.
In tale situazione, a prescindere dalla circostanza se la “cessione” fosse connotata, o no, dalla finalità fraudolenta accertata dal giudice d’appello, non si poneva il problema di tutelare l’interesse del cessionario alla conoscenza dei debiti dell’azienda acquistata, poiché mancava in radice, nella sostanza, l’alterità soggettiva del cessionario medesimo rispetto al cedente, che quei debiti aveva assunto.
Inoltre, diversamente da quanto reputato dal giudice di primo grado (e conformemente, invece, a quanto ritenuto da quello d’appello), nessun rilievo poteva attribuirsi, in senso favorevole alla società debitrice, alla circostanza che il debito verso la sig.ra M. non risultasse nella relazione di stima di cui all’art. 2465 c.c. (tra l’altro, specificamente prescritta dalla legge con riguardo ai conferimenti dei beni in natura e dei crediti, non anche dei debiti), mentre l’ulteriore circostanza che esso debito risultasse invece nel bilancio finale di liquidazione della società cedente, lungi dall’essere assunta a presupposto dell’accoglimento dell’opposizione a precetto, avrebbe dovuto essere valorizzata in funzione dell’affermazione della responsabilità dell’opponente>>.