DA App. Milano 26 maggio 2021, sent. n. 1669/2021-RG 1926/2019, graziano re c. roberto re, rel. Bonaretti, due spunti utili:
1) definizioni di negozio fiducuario – il giudice di primo grado aveva equivocato su interposizione fittizia e reale e la CdA insegna: <<L’operazione fiduciaria consta tipicamente di due negozi: l’uno reale, finalizzato al trasferimento della proprietà, e l’altro obbligatorio, efficace soltanto tra le parti (pactum fiduciae romanistico5 ). Nello schema di tale operazione l’alienante (fiduciante) trasferisce un diritto per uno scopo ulteriore al trasferimento della proprietà, scopo che l’acquirente (fiduciario) si obbliga a rispettare e a realizzare in forza del pactum fiduciae. Da tale patto sorge, dunque, l’obbligo del fiduciario di esercitare il diritto secondo le modalità pattuite e nell’interesse del fiduciante, nonché di retrocedere il bene allo stesso fiduciante o a un terzo. Pertanto, gli obblighi di amministrare e di retrocedere il bene, assunti dal fiduciario, realizzano una scissione tra la proprietà formale (posta temporaneamente in capo al fiduciario) e la titolarità del bene (gestito per l’appunto nell’interesse del fiduciante e destinato ad essere a lui restituito). Dunque, tale scissione tra proprietà e titolarità, propria del pactum fiduciae, configura una interposizione reale di persona (e non fittizia, come nel caso della simulazione6 ), in quanto l’acquirente diviene a tutti gli effetti proprietario del bene, esercitando a nome proprio un diritto acquistato dall’alienante, nel cui interesse tuttavia gestisce lo stesso bene, con l’obbligo di retrocederlo secondo le modalità pattuite. Orbene, tale è stato il negozio accertato dalla sentenza d’appello n. 117/2011 (come riconosciuto dalla sentenza della Suprema Corte e dalle successive pronunce emesse all’esito dei procedimenti ex art. 98 L. Fall.), che nella “convenzione” del 1983 ha ravvisato l’interposizione reale dell’arch. Roberto Re nell’intestazione della quota de qua, consentendo il trasferimento temporaneo della proprietà della stessa dal sig. Guerino Re al figlio Roberto Re, con il relativo obbligo di restituire la quota quando a ciò richiesto dal padre, unico sostanziale ed esclusivo titolare della quota in ragione dell’accordo negoziale intervenuto con il figlio fiduciario>>
2) quantificazione del danno da violazione del patto: <<Se dunque, come già accennato, il rifiuto del fiduciario di restituire la quota ha integrato una violazione degli obblighi assunti nella “convenzione” del 1983, i possibili rimedi contro tale violazione riconosciuti dall’ordinamento al sig. Guerino Re (e all’odierno appellante, suo erede) consistevano, almeno, nella possibilità di agire
(i) per la restituzione coattiva della quota ex art. 2932 cod. civ. o
(ii) per il risarcimento del danno, dato dalla diminuzione del valore della quota successivo alla mancata restituzione (che, in tesi, sarebbe stato ovviato dalla tempestiva disponibilità della stessa).
Come già evidenziato, risulta ex actis che, da un lato, un’azione volta alla restituzione della quota controversa non è mai stata esperita; dall’altro lato, che la Corte non dispone degli elementi sufficienti ad accertare esistenza ed entità del lamentato danno.>>