Trasferimento titoli di credito tra adempimento (valido) di obbligazione naturale, liberalità indiretta e donazione nulla per macanza di forma

Cass. sez. II, ord. 05/12/2024 n. 31.170, rel. Falaschi:

fatto:

<<con atto di citazione notificato il 25 maggio 2004 , De.Al. evocava, innanzi al Tribunale di Ravenna, Mu.Ma., chiedendo di accertare e dichiarare la nullità per vizio di forma di n. 124 atti di liberalità, sotto forma di trasferimento di titoli di credito, per una somma totale pari a Euro 144.607,93, elargiti durante la vita dall’anziano padre, De.Gi., in favore della convenuta, madre della loro figlia, riconosciuta solo dopo l’introduzione di un contenzioso, sostenendo che tali elargizioni configuravano donazioni nulle, poiché effettuate in assenza della forma prescritta ad substantiam, non al fine di contribuire al mantenimento della nipote, come sostenuto dalla Mu.Ma., ma in virtù della relazione affettiva che lo stesso De.Gi. aveva instaurato con Mu.Ma.;>>

Poi in diritto:

<< Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione degli artt. 769,782 e 2034 c.c., oltre che degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per aver la Corte d’Appello ritenuto che le dazioni di De.Gi. integrassero donazioni nulle ex art. 769 c.c. sulla sola base del quantum dell’attribuzione e delle modalità adottate per il loro trasferimento, piuttosto che un’obbligazione naturale per l’adempimento di doveri morali ex art. 2034 c.c., derivanti dalla solidarietà familiare e, come tali, impassibili di restituzione ai sensi dell’art. 2033 c.c. Secondo la ricorrente, il giudice avrebbe omesso di compiere indagini necessarie ai fini della verifica della proporzionalità ed adeguatezza del valore delle dazioni rispetto alla situazione di ampia e diffusa disponibilità patrimoniale di De.Gi.. Inoltre, il giudice di seconde cure avrebbe giudicato in contraddizione con le prescrizioni dell’art. 115 c.p.c, non ponendo a fondamento delle sue argomentazioni le risultanze istruttorie decisive, come la risultanza istruttoria decisiva del CTP nelle proprie osservazioni del 31 dicembre 2009, formulate in sede di CTU per la sola valutazione del quantum delle dazioni.

Il motivo è privo di pregio.

Occorre preliminarmente rilevare che la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente ribadito che il trasferimento di dossier titoli da parte del beneficiante nei confronti di un beneficiario non configura una liberalità atipica, riconducibile alla disposizione di cui all’art. 809 c.c., per ragioni quali l’entità degli importi, le modalità di trasferimento e la stabilità dell’attribuzione patrimoniale, che presuppongono la stipulazione dell’atto pubblico di donazione, predisposto dall’ordinamento al fine di tutelare il donante e assicurarsi che abbia effettiva contezza del compimento di atti di disposizione del proprio patrimonio, onde evitare scelte affrettate e conseguenze potenzialmente pregiudizievoli, integrando una donazione diretta ad esecuzione indiretta, suscettibile come tale di impugnazione per mancanza del requisito formale dell’atto pubblico (Cass., Sez. Un., n. 18725 del 2017; Cass. n. 23127 del 2021; Cass. n. 527 del 1973).

Orbene, di questo principio ha fatto corretta applicazione la Corte di merito, qualificando l’atto in questione come una donazione diretta ma nulla, poiché sprovvista del requisito di forma scritta ad substantiam, ritenendo che la volontà del nonno fosse quella di attribuire alla nipote risorse adeguate alle sue esigenze di vita futura>>.

Purtroppo mancano dettagli sul tipo di titoli e di trasferimento (124 atti in tale senso!!!).

Ripasso sulla donazione modale e sulla natura liberale dell’erogaszione al terzo beneficiario del modus

Cass. sez. trib., ord. 04/04/2024 n. 8.875, rel. Crivelli:

<<Il modus costituisce un elemento accidentale del contratto di donazione (come anche del testamento), disciplinato per quanto riguarda tale contratto dall’art. 793 cod. civ., caratterizzato dal fatto di non condizionarne (a differenza della condizione) l’efficacia e, pur essendo costituito da un obbligo avente ad oggetto una prestazione di carattere economico-patrimoniale, il relativo valore non può sopravanzare quello dell’oggetto della donazione stessa. Dunque, il modus può consistere sia nell’erogazione di una parte del bene donato (e persino di tutto) per un determinato scopo, sia nel compimento di un’azione od omissione in favore del donante stesso o di un terzo, sempre col limite surriferito.

Dunque è indiscutibile che con esso il donatario diventi soggetto passivo di un’obbligazione, sempre nel limite cui si è detto, rientrando l’onere tra le fonti tipiche delle obbligazioni ai sensi dell’art. 1173 cod. civ., ed essendo quindi suscettibile di adempimento forzato, ma ciò non ha alcun rapporto con la posizione del beneficiario.

Con tale strumento infatti può ben essere realizzato un contratto a favore del terzo, con applicazione della relativa disciplina, e lo stesso può avere benissimo la consistenza di donazione indiretta, ove l’istituzione dell’onere sia determinato da spirito di liberalità da parte del disponente, cioè nella specie della donante.

Così come ove la causa dell’attribuzione sia di diversa natura (ad esempio l’adempimento di un’obbligazione gravante sul disponente e di cui sia creditore il beneficiario del modus) potrà ritenersi la natura non liberale della disposizione medesima.

In particolare, nello schema della donazione modale a favore di un terzo determinato caratterizzato da spirito liberale, il donante realizza l’arricchimento patrimoniale del beneficiario (arg. ex art. 769 cod. civ.) attraverso l’intermediazione materiale del donatario, che agisce come sua longa manus (alla stregua di un mero ausiliario) per eseguire l’attribuzione o la prestazione costituente l’oggetto dell’onere.

Che poi il beneficiario del modus, nell’ipotesi più sopra indicata, possa essere considerato indiretto donatario, lo chiarisce la stessa legislazione tributaria, laddove l’art. 58, comma 1, del D.Lgs. 31 ottobre 1990 n. 346 prevede che “Gli oneri di cui è gravata la donazione, che hanno per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore dei beneficiari”.

Non è dunque vero che la donazione presuppone sia solo il donante a “erogare” il bene al donatario, perché appunto è proprio della donazione indiretta che invece il beneficio sia ricevuto attraverso il terzo (o perché questi versa una somma al beneficiario, o perché questi riceve denaro dovuto dal beneficiario allo stesso, come nell’esempio classico della donazione indiretta immobiliare).

Si può anzi dire che la donazione modale avente un destinatario determinato costituisca una doppia donazione, una eseguita a favore del donatario e l’altra eseguita a favore del beneficiario dell’onere (Cass. 24 dicembre 2020, n. 29506; Cass.17 giugno 2022, n. 19561).

Che nella specie si sia inteso proprio disporre una donazione indiretta della moglie a vantaggio del marito discende dalle stesse parole usate dalla CTR, laddove la stessa chiarisce come l’intento della Pi.Lu. era quello di “riequilibrare i rapporti economici familiari, in modo da beneficiare non solo il figlio, ma anche altri membri della famiglia”.

Ora l’intento “riequilibratore” è costituito proprio dall’animo liberale, visto che la farmacia, come incontestato, non era della famiglia, ma della donante>>.

La Cassazione su qualificazione e impugnazione del trust inter vivos da parte del legititmario leso

Interessanti e importanti precisazoni sull’oggetto in Cass. sez. 2 n° 5073 del 17.02.2023, rel. Criscuolo.

Era un trust estero (non di diritto interno), tra vivi e discrezionale nella individuazione dei beneficiari (entro una cerchia di parenti) e degli ammontari a ciascun   (entro però i seguenti 80 anni)

1) si tratta di liberalità indiretta ex art. 809 cc

2) il reale trasferimento di ricchezza avviene solo verso i beneficari, non il trustee

3) L’azione a tutela dieventuali lesioni rimane costituita non dalla nullità dell’atto ma dall’azione di riduzione verso il medesimo: <<La tesi dottrinale cui fa richiamo la ricorrente parte dalla considerazione secondo cui il ricorso all’azione di riduzione sarebbe molto problematico, soprattutto nel caso di trust discrezionale, nelle ipotesi in cui la successione del disponente si apra quando il trust è ancora “in esecuzione”, e dunque i beni, che ne formano oggetto, si trovino nella sfera giuridica del trustee.
A fronte della difficoltà di individuazione del destinatario dell’azione di riduzione, secondo tale dottrina, occorrerebbe fare applicazione della norma di chiusura dell’art. 13 della Convenzione, negando il riconoscimento al trust contrastante con l’ordine pubblico interno. Infatti, se è vero che l’art. 15 della Convenzione dispone che il riconoscimento del trust non preclude l’applicazione delle norme inderogabili, tra le quali quelle a protezione dei legittimari, è pur vero che tali norme, una volta applicate, non raggiungerebbero il risultato voluto. Si sostiene quindi che il rimedio offerto al legittimario sia quello del mancato riconoscimento del trust, cui consegue il difetto di una giustificazione causale dell’attribuzione dal disponente al trustee e, dunque, la declaratoria di nullità>>
4)  <<Non risulta, invero, accoglibile la tesi, pur prospettata indottrina che, sia pure per evidenti ragioni di semplificazione, individua sempre nel trustee il destinatario dell’azione diriduzione, trattandosi peraltro, soprattutto laddove ibeneficiari abbiano già ricevuto assegnazioni dal trustee, diconclusione che contrasta con il fatto che, come sopraricordato anche alla luce della giurisprudenza tributaria diquesta Corte, sono i beneficiari a fruire dell’arricchimentoscaturente dal complessivo ricorso al meccanismo del trust, edebbono quindi essere le disposizioni dai medesimi ricevute adover essere rese inefficaci.Come sostenuto da autorevole dottrina, è viceversa unprincipio di ragionevolezza a dover ispirare l’interprete adeguando la risposta alla mutevolezza delle vicendesuscettibili di verificazione.

In particolare, se il trustee abbia già provveduto ad eseguire il programma del disponente, e ad esercitare, in caso di trust discrezionale, il proprio potere, allora l’azione di riduzione andrà rivolta nei confronti dei beneficiari.     Ove invece il trust sia ancora “in fase di esecuzione”, non essendosi esaurito il programma destinatorio, di talché il trustee è ancora titolare del trust fund, al fine di ovviare alle difficoltà sopra evidenziate, appare ragionevole ammettere l’esercizio dell’azione di riduzione nei confronti dello stesso trustee (per alcuni in analogia con la soluzione suggerita per il caso in cui ad essere oggetto dell’azione di riduzione sia una disposizione fiduciaria, prima dell’adempimento del pactum fiduciae)>>

<<Deve quindi ritenersi che, ove alla morte del disponente il trust abbia avuto completa esecuzione, il legittimato passivo dell’eventuale azione di riduzione sarà il beneficiario finale, mentre in ipotesi di trust ancora “in esecuzione” l’azione andràrivolta nei confronti del trustee.

Occorre però altresì reputarsi che sia del pari legittimato il beneficiario, anche in caso di trust non ancora completamente eseguito, nel caso in cui sia certa l’individuazione del beneficiario, perché in ipotesi già operata dal disponente, essendo solo differito il momento della concreta attribuzione del vantaggio al beneficiario, atteso che in tal caso il legittimario leso potrà agire in riduzione aggredendo immediatamente le attribuzioni liberali delle quali èavvantaggiato il beneficiario, senza quindi dover attendere l’attivazione del trustee, la cui partecipazione al giudizio di riduzione sarebbe giustificata al fine di renderne al medesimo opponibile l’esito.

Resta invece ferma la legittimazione del trustee, oltre che nei cd. trust di scopo, nei quali manca una specifica individuazione dei beneficiari (si pensi ad un trustgenericamente destinato a favore dei poveri di una città), nel caso di trust discrezionale, che non abbia ancora ricevuto attuazione, dovendosi contemperare la certezza dell’esistenza di una liberalità lesiva, con l’incertezza del beneficiario finale, senza però che ciò possa andare a discapito del legittimarioche intende perseguire il proprio diritto alla quota di riserva>>

E’ il passaggio sub 4) naturallmente il più importante

 

Lesione della legittima, ordine di riduizione delle donaizni e non impugnabilità delle donazioni indirette

Interessanti insegnamenti in Cass. sez. 2 n° 35.461 del 2 dicembre 2022, rel. Tedesco, circa l’azione di reintegrazione della quota riservata ai legitimari (artt. 553 ss c,c,)

Riporto due passaggi:

1° sull’ordine delle riduzioni (artt. 555, 558 e 559 cc):

<<Consegue dalla inderogabilità dell’ordine di riduzione che:

a) il legittimario, il quale non abbia attaccato tutte le disposizioni testamentarie lesive, non potrà recuperare, a scapito dei convenuti, la quota di lesione a carico del beneficiario che egli non abbia voluto o potuto convenire in riduzione (ad esempio perché, trattandosi di legato, questo sia stato fatto a persona non chiamata come coerede e il legittimario non abbia accettato l’eredità con beneficio di inventario, mancando quindi la condizione prevista dall’art. 564 c.c., comma 1: Cass. n. 1562/1964);

b) il legittimario può pretendere dai donatari solo l’eventuale differenza fra la legittima, calcolata sul relictum e sul donatum, e il valore dei beni relitti: se questi sono sufficienti i donatari sono al riparo da qualsiasi pretesa, qualunque sia stata la scelta del legittimario nei riguardi dei coeredi e beneficiari di eventuali disposizioni testamentarie;

c) il legittimario non può recuperare a scapito di un donatario anteriore quanto potrebbe prendere dal donatario posteriore (Cass. n. 3500/1975; n. 22632/2013): se la donazione posteriore è capiente le anteriori non sono riducibili, anche se la prima non sia stata attaccata in concreto con l’azione di riduzione (Cass. n. 17926/2020)>>.

2° sulla non aggredibilità (e quindi sulla sicura circolabilità dei relativi beni) delle donazioni indirette:

<< Invero, se il donatario beneficiario della disposizione lesiva abbia alienato l’immobile donatogli, il legittimario, se ricorrono le condizioni stabilite dall’art. 563 c.c., può chiederne la restituzione anche ai successivi acquirenti, che sono invece al riparo da ogni pretesa restitutoria del legittimario nella diversa ipotesi di riduzione di una donazione indiretta (ad esempio nell’intestazione di beni in nome altrui); infatti nella donazione indiretta, come chiarito da questa Suprema Corte nel 2010, poiché l’azione di riduzione “non mette in discussione la titolarità del bene (…) il valore dell’investimento finanziato con la donazione indiretta dev’essere ottenuto dal legittimario leso con le modalità tipiche del diritto di credito” (così testualmente Cass. n. 11496 del 2010; contra Cass. n. 4523/2022, nella quale è data per scontata l’applicabilità dell’art. 563 c.c. anche alle c.d. donazioni indirette, senza tuttavia confrontarsi con Cass. n. 11496 del 2010 cit., che, recependo le indicazioni espresse in dottrina, tale applicabilità aveva motivatamente escluso).>>

Donazione indiretta e azione di simulazione esperita quando il donante è ancora in vita (sull’art. 563 u.c. cc)

Importante sentenza sul tema da parte di Cass. 4.533 del 11.02.2022, rel. Oliva.

Due le questioni decise:

  1. l’azione di simulaizone in vita del donante è ammissibile anche verso le donazioni indirette , seppur al solo fine di accertare la donazione e permettere poi l’opposizione ex art. 563 u.c.  cc.              In tale caso , però , quando si tratti di donazione di denaro/immobile in sede di acquisto immobiliare, il (futuro) legittimario deve dimostrare che si tratta di donazione di immbile e non di denaro (altrimenti non potendosi fare alcuna opposizione ex 563 u.c.)
  2. tale azione è possibile bensì anche  contro donaizoni anteriori al 2005, purchè però venga svolta  entro il ventennio dalla loro trascrizione. Non è invece possibile se tale ventennio è già decorso.

C’è da capire quale sarà la posizione del terzo che acquista dall’acquirente/donatario, qualora la vendita/donazione (poi impugnata e opposta) sia stata trascritta prima della trascrizione della domanda di accertamento della simulazione.       Probabilmente l’impugnante dovrà chiedere l’accertamento della simulazione anche verso il terzo acquirente, perchè sia efficace anche verso di lui: il terzo infatti al momento dell’acquisto ha trovato il bene libero da vincoli e (apparentemente) acquistato a titolo oneroso (vendita) anzichè donatorio.