Revocazione della donazione per ingratitudine: un caso applicativo

Cass. sez. II, ord. 16/12/2024 n. 32.682, rel. Criscuolo, ravvisa l’ingratitudine del convivente, donatario di immobile, nell’aver fatto cessare la convivenza subito dopo la stipula della donazione:

<<1. Co.Gi., precisando di avere intrapreso una lunga relazione sentimentale, sfociata nella convivenza, con Ca.Ma. a far data dall’aprile del 2008, deduceva che in data 17 marzo 2016 aveva donato alla stessa un appartamento, da lui in precedenza acquistato, e che era stato adibito a casa comune. Tuttavia, a distanza di pochi giorni dalla donazione, aveva appreso che la Ca.Ma. aveva intrapreso una relazione sentimentale con un altro uomo, al quale era affettivamente legata da tempo, e che era stato quindi invitato ad allontanarsi dall’appartamento, aggiungendo che dopo la sua fuoriuscita dalla casa, la nuova relazione era divenuta di dominio pubblico, in quanto la coppia aveva iniziato a frequentarsi anche all’interno del bene donato.

Tanto premesso, ha chiesto pronunziarsi la revocazione per ingratitudine della donazione immobiliare. (….)

Rapportando tali principi alla fattispecie in esame, ancorché l’assenza di un vincolo matrimoniale attenui il dovere di fedeltà tra conviventi, ed anche a voler reputare lecita la condotta del convivente che decida di intraprendere una nuova relazione, la liceità di tale condotta non esime però dal dovere compiere una valutazione complessiva del comportamento tenuto onde apprezzare le modalità con le quali tale nuova relazione sia stata poi portata alla luce, considerando altresì anche le ulteriori condotte dalle quali possa ricavarsi un contegno irriguardoso nei confronti del donante, in avversione al sentimento di rispetto che deve invece connotare i rapporti tra donante e donatario.

La Corte d’Appello ha riformato la decisione di primo grado, imputando al Tribunale l’errore di avere valutato in maniera parcellizzata la condotta della convenuta, e procedendo correttamente ad una valutazione unitaria della sua condotta, onde verificarne l’idoneità a pregiudicare la dignità dell’attore.

Non si è quindi soffermata sulla sola liceità o meno della relazione successivamente intrapresa dalla convenuta, ma al fine di riscontrare una condotta successiva alla donazione idonea a concretare la grave ingiuria richiesta dall’art. 801 c.c., ha valorizzato la relazione intrapresa, sottolineando come la lesione della dignità del donante scaturiva dal fatto che la stessa, sebbene anteriore alla donazione, gli era stata taciuta e, sebbene il motivo della donazione fosse quello di rassicurare la Ca.Ma. circa la solidità del rapporto affettivo che avrebbe accomunato le parti, che a distanza di pochi giorni la Ca.Ma. (che aveva nella sostanza sollecitato la donazione, pur avendo già instaurato la relazione con un terzo) aveva troncato il rapporto di convivenza, invitando in pratica il Co.Gi. a trovare una nuova abitazione, salvo poi, a distanza di poco più di un mese rendere manifesta la nuova relazione, coabitando con il nuovo compagno proprio in quella casa, che nell’intento originario del controricorrente era destinata ad essere l’ambiente nel quale coltivare il progetto di vita comune dei conviventi.

Non è quindi la nuova relazione in sé ad essere stata reputata offensiva della dignità del Co.Gi., ma le modalità con le quali la stessa è stata resa palese, sebbene già intrapresa in epoca anteriore alla donazione, ed essendo stata poi esternata con modalità evidentemente irriguardose nei confronti dell’ex compagno.

Né può sostenersi, come pur trapela dalla lettura del ricorso, che le condotte della Ca.Ma. possano essere giustificate dal fatto che il Co.Gi. non abbia mai reciso il pregresso vincolo matrimoniale, in quanto, come sottolineato dalla Corte distrettuale, il progetto di vita comune intrapreso tra le parti era frutto, dal lato della ricorrente, di una scelta operata da un soggetto adulto che consapevolmente aveva inteso instaurare una convivenza con l’attore, accettando quindi la condizione di quest’ultimo, non potendo quindi essere così legittimata una condotta obiettivamente irriguardosa, a maggior ragione una volta che la convenuta era stata beneficiata con la donazione oggetto di causa>>.

La revocazione della donazione per sopravvenenza di figli spetta solo se per il primo figlio, non per i successivi

Cass. sez. II, ord. 16/12/2024 n. 32.672, rel. Criscuolo:

<<È sicuramente erronea l’affermazione del giudice di appello che ritiene che la revocazione possa essere disposta anche nel caso in cui sopraggiunga un secondo figlio, e ciò in quanto si tratta di affermazione in contrasto con quanto affermato da questa Corte che ha sostenuto che la revocazione della donazione per sopravvenienza di figli o discendenti, rispondendo all’esigenza di consentire al donante di riconsiderare l’opportunità dell’attribuzione liberale a fronte della sopravvenuta nascita di un figlio, ovvero della sopravvenuta conoscenza della sua esistenza, in funzione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione che derivano da tale evento, è preclusa ove il donante avesse consapevolezza, alla data dell’atto di liberalità, dell’esistenza di un figlio ovvero di un discendente legittimo. Né tale previsione contrasta con gli artt. 3,30 e 31 Cost., non determinando alcuna ingiustificata disparità di trattamento o lesione del diritto dei figli sopravvenuti, i quali sono tutelati solo in via mediata ed indiretta, in quanto l’interesse tutelato dalla norma è quello di consentire al genitore di soddisfare le esigenze fondamentali dei figli, sicché è proprio l’assenza in assoluto di discendenti al momento della donazione che legittima la revocazione, al fine di assicurare rilevanza giuridica ad un intimo e profondo sentire dell’essere umano, che può non essere stato valutato adeguatamente dal donante che non abbia ancora avuto figli, diversamente da quello che, avendo già provato il sentimento di amore filiale, si è comunque determinato a beneficiare il donatario, benché conscio degli oneri scaturenti dalla condizione genitoriale (Cass. n. 5345/2017, che ha reputato anche manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 803 c.c., in relazione agli artt. 3 e 30 Cost., nella parte in cui preclude la revocazione per sopravvenuta nascita di un figlio nel caso al momento della donazione il donante abbia già la consapevolezza dell’esistenza di un altro figlio, non determinandosi alcuna ingiustificata disparità di trattamento o lesione del diritto dei figli sopravvenuti, in quanto è proprio l’assenza in assoluto di discendenti al momento della donazione che legittima la revocazione, al fine di assicurare rilevanza giuridica ad un intimo e profondo sentire dell’essere umano, in quanto il donante che non abbia ancora alcun figlio non può valutare adeguatamente l’interesse alla cura filiale, non avendo ancora provato il sentimento di amor filiale con la dedizione che esso determina ed il superamento che esso provoca di ogni altro affetto, viceversa non sussiste il fondamento applicativo della revocazione, allorché l’atto di liberalità sia stato compiuto da chi già aveva avuto modo di provare l’affetto filiale, e che, quindi, si è determinato a beneficiare il donatario pur nella consapevolezza degli oneri scaturenti dalla condizione genitoriale)>>.