Cass. sez. I, sent. 16/04/2024 n. 10.278, rel. Reggiani:
<<2.5. Com’è noto, questa Corte (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 230 del 05/01/2023) ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 27, comma 3, L. n. 184 del 1983, proprio con riferimento alla parte in cui è stabilito che il minore adottato non può mantenere legami con la famiglia di origine, in rapporto agli artt. 2,3,30 e 117 Cost. (quest’ultimo in relazione agli artt. 8 CEDU, 24 della Carta di Nizza e 3, 20 comma 3 e 21 della Convenzione sui diritti del fanciullo firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata dall’Italia con legge n. 176 del 1991).
(…)
Secondo la Corte costituzionale, infatti, la cessazione dei rapporti con la famiglia biologica, prevista dalla norma in esame, attiene di necessità e inderogabilmente al piano delle relazioni giuridico-formali. Quanto, invece, alla interruzione dei rapporti di natura socio-affettiva, la norma racchiude una presunzione solo iuris tantum che il distacco di fatto dalla famiglia d’origine realizzi l’interesse del minore. Simile presunzione non esclude che, sulla scorta degli indici normativi desumibili dalla stessa legge n. 184 del 1983, letti nella prospettiva costituzionale della tutela del minore e della sua identità, il giudice possa accertare che la prosecuzione di significative, positive e consolidate relazioni socio-affettive con alcuni componenti della famiglia d’origine realizzi il migliore interesse del minore e, per converso, la loro interruzione sia tale da poter cagionare allo stesso un pregiudizio. Ove, pertanto, sussistano radici affettive profonde con familiari che, tuttavia, non possono condurre all’esclusione dello stato di abbandono, risulta preminente l’interesse dell’adottato a non subire l’ulteriore trauma di una recisione di ogni rapporto con la famiglia di origine, mediante la preservazione di una linea di continuità con il mondo degli affetti che appartiene alla sua memoria e che costituisce un importante tassello della sua identità.
La combinazione di indici astratti e di accertamenti di fatto consente, pertanto, al giudice di vincere la presunzione, sottesa all’art. 27, comma 3, della legge n. 184 del 1983, che la cessazione delle relazioni socio-affettive, in conseguenza della rottura del legame giuridico-parentale, sia in concreto nell’interesse del minore.
2.6. Come già evidenziato, la statuizione della Corte costituzionale (che, pur essendo di rigetto, ha certamente valenza rilevante ai fini interpretativi), si riferisce al disposto dell’art. 27, comma 3, L. n. 184 del 1983, il quale si colloca in una fase successiva alla pronuncia di adottabilità, perché attiene alla pronuncia di adozione.
È, tuttavia, evidente che, laddove risulti conforme all’interesse del minore mantenere rapporti affettivi con alcuni dei componenti della famiglia di origine, tale esigenza non può non essere assecondata già al momento della dichiarazione di adottabilità, mediante l’adozione del provvedimenti di cui all’art. 19 L. cit., proprio in considerazione del successivo esito della procedura di adozione, conseguente alla lettura costituzionalmente orientata dell’art. 27, comma 3, L. cit., offerta dalla sentenza della Corte Costituzionale sopra menzionata.
…
Ciò significa che l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 27, comma 3, L. cit. finisce per dare concreto contenuto anche alle misure che possono essere assunte a seguito della dichiarazione di adottabilità, ove la conservazione dei rapporti affettivi con alcuni dei componenti della famiglia di origine non può non essere consentita a tutela dell’interesse primario del minore.
2.7. Al momento in cui è dichiarato lo stato di adottabilità, l’interesse del minore, che si sostanzi nella conservazione dei contatti con alcuni dei componenti della famiglia di origine, costituisce l’unico criterio da seguire nella valutazione delle misure da assumere ai sensi dell’art. 19 L. cit., senza che siano ravvisabili altri interessi suscettibili di essere considerati e bilanciati.
L’art. 19 L. n. 184 del 1983 è chiaro nel prevedere soltanto che il giudice adotti “gli ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore” e, in effetti, il procedimento volto alla dichiarazione dello stato di adottabilità ha come unica finalità quella di adottare le decisioni migliori nell’esclusivo interesse del minore.
In altre parole, l’evoluzione interpretativa dell’istituto dell’adozione piena, offerta dalla sentenza della Corte costituzionale n. 183 del 2023, sopra illustrata, secondo la quale l’art. 27, comma 3, L. cit. non esclude che, nelle specifiche situazioni del caso concreto, l’interesse superiore del minore sia tale da imporre, al momento della pronuncia di adozione, di conservare rapporti affettivi con alcuni dei componenti della famiglia di origine, comporta la necessità di dare rilievo a tale interesse del minore già al momento della pronuncia che dichiara l’adottabilità, ove l’art. 19 L. cit. consente di adottare “gli ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore” ed, anzi, in tale sede, l’assunzione di tali provvedimenti e l’estensione degli stessi vanno modulate esclusivamente in vista della tutela dell’interesse del minore senza tollerare alcun bilanciamento con altre e diverse esigenze.
In questa esclusiva ottica di massima protezione ed attuazione dell’interesse preminente del minore, le statuizioni relative alla continuità affettiva ed alla non recisione dei rapporti dei minori adottandi non possono che essere dotate di una stabilità relativa e non possono rivestire carattere di immutabilità.
Come sopra evidenziato, si tratta di misure convenienti ex art. 333 c.c., soggette al monitoraggio del giudice specializzato che deve ascoltare le istanze delle parti e disporre, ove necessario, mediante il supporto dei servizi territoriali, modifiche, integrazioni, modulazioni diverse>>