Continua, anzi si aggrava, la tendenza giudiziaria a penalizzare i figli maggiorennni non autosufficienti economicamente con inrerepretazioni assai restrittive dell’art. 337 septies cc. Così ad es. Cass. Sez. I, Ord. 27/03/2024, n. 8.240, rel. Meloni:
<<Infatti, in ordine al primo e secondo mezzo di cassazione, va premesso che secondo questa Corte (Sez. 1 – , Sentenza n. 26875 del 20/09/2023) ha enunciato la regula iuris secondo cui: “In tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro: di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegua nell’ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa, per il “figlio adulto” in ragione del principio dell’autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa”.
Questa Corte ha più volte affermato che il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, stabilito dall’art. 147 cod. civ., obbliga i coniugi secondo i parametri previsti nel nuovo testo dell’art. 155 cod. civ., come sostituito dall’art. 1 legge 8 febbraio 2006, n. 54, il quale, nell’imporre a ciascuno dei coniugi l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, individua, quali elementi da tenere in conto nella determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze del figlio, le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ciascuno di essi e la valenza economica dei compiti domestici e di cura da loro assunti.
L’ordinanza impugnata non si è uniformata ai principi richiamati ed elaborati da questa Corte e pertanto il ricorso merita accoglimento. E, precisamente, occorre evidenziare che la Corte territoriale, tenuto conto che il A.A. guadagna 39.000,00 euro mentre la Foscarini € 20.000,00, ha valutato che la figlia C.C., laureata in storia dell’arte ed insegnante nella materia, negli anni 2018 e 2019 ha guadagnato, grazie a collaborazioni saltuarie, circa 4.000,00 euro mentre ne ha consumato circa 6.000,00 per spese mediche, in quanto necessitante di assistenza psicologica perché affetta da sindrome delirante, con manie di persecuzione (senza che, tuttavia, ricorra il caso della menomazione psichica e del conseguente regime giuridico del figlio affetto da tali serie patologie).
Tuttavia, seppur Ella ha documentato un modesto guadagno (solo 4.000,00 euro annui), deve ritenersi che la stessa ha comunque incominciato a mettere a frutto le proprie capacità professionali, seppur saltuariamente esercitate, così cominciando a conseguire i propri redditi da lavoro e, anche se in attesa di una migliore e più sicura definizione del suo inserimento nel mondo produttivo, ne consegue che – in ragione dei richiamati principi – si deve seriamente dubitare che vi sia ragione per conservare, in suo favore, l’assegno di mantenimento, ferma la eventuale possibilità di un eventuale soccorso paterno, qualora ne ricorrano i presupposti, e perciò di chiedere e ottenere un assegno alimentare>>.
L’errore è grave: euro 4.000 all’anno (se ben capisco: non in due anni, spererei!) renderebbero il figlio “economicamente indipendente” (art. 337 septies).