Condotta del genitore pregiudizievole al figlio e sospensione della responsabilità genitoriale (art. 333 cc)

Cass. sez. I, Ord. 16/09/2024, n. 24.710, rel. Giusti:

diritto:

<<6. – Questa Corte ha già chiarito che ai fini della sospensione della responsabilità genitoriale ex art. 333 cod. civ., non occorre che la condotta del genitore abbia già causato un danno al figlio, poiché la norma mira ad evitare ogni possibile pregiudizio derivante dalla condotta (anche involontaria) del genitore, rilevando l’obiettiva attitudine di quest’ultima ad arrecare nocumento anche solo eventuale al minore, in presenza di una situazione di mero pericolo di danno (Cass., Sez. I, 11 ottobre 2021, n. 27553).

Avuto riguardo alla formula elastica usata dal codice – il quale ritiene sufficiente, per l’adozione del provvedimento di sospensione della potestà genitoriale, una condotta del genitore che “appare comunque pregiudizievole al figlio” – si è osservato che non occorre, a tal fine, che un tale comportamento abbia già cagionato un danno al figlio minore, potendo il pregiudizio essere anche meramente eventuale per essersi verificata una situazione di mero pericolo di un danno per lo stesso minore. Il legislatore ha, in sostanza, introdotto una disciplina protettiva per il minore allo scopo di evitare, nei limiti del possibile, ogni obiettivo pregiudizio derivante dalla condotta di un genitore, che può essere anche non volontaria, rilevando la mera attitudine obiettiva ad arrecare danno al figlio (Cass., Sez. I, 23 novembre 2023, n. 32537).

Dunque, se non è necessario che un danno si sia già verificato, occorre comunque, affinché si possa adottare il provvedimento di sospensione della responsabilità genitoriale, che vi sia un comportamento del genitore pregiudizievole per il figlio.

Se non vi è un concreto pregiudizio o un pericolo di concreto pregiudizio, l’autorità giudiziaria non può intervenire con misure sospensive, atteso che i provvedimenti modificativi o limitativi della responsabilità genitoriale sono preordinati all’esigenza prioritaria dell’interesse del figlio (Cass., Sez. I, 27 ottobre 2023, n. 29814).

Tali provvedimenti non costituiscono una sanzione a comporta-menti inadempienti dei genitori, ma piuttosto sono fondati sull’accertamento, da parte del giudice, degli effetti lesivi che essi hanno prodotto o possono ulteriormente produrre in danno dei figli, tali da giustificare una limitazione o una sospensione della responsabilità genitoriale (Cass., Sez. I, 7 giugno 2017, n. 14145).

Occorre, dunque, che la condotta del genitore, sebbene non tale da dar luogo ad una pronuncia di decadenza, appaia comunque pregiudizievole al figlio.

Il sistema normativo, d’altra parte, è improntato alla gradualità degli interventi e alla proporzionalità delle misure da adottare. Gradualità e proporzionalità impongono al giudice del merito la ricerca di un equo contemperamento tra l’esigenza, tanto del genitore che del minore, di ricostruire, là dove e fin tanto che sia possibile, la relazione parentale attraverso il sostegno dei servizi sociali, da una parte, e quella di garantire una crescita non traumatica del figlio, dall’altra. )(…).

In particolare, nelle cause in cui gli interessi del minore e quelli dei suoi genitori siano in conflitto, l’art. 8 Cedu esige che le autorità nazionali garantiscano un giusto equilibrio tra tutti questi interessi e che, nel farlo, attribuiscano una particolare importanza all’interesse superiore del minore che, a seconda della sua natura e complessità, può avere la precedenza su quello dei genitori (Corte europea dei diritti dell’uomo, 10 novembre 2022, I.M. e a. contro Italia)>>.

Applicato al caso de quo:

<<In primo luogo, la Sezione minorenni della Corte di Perugia definisce “inadeguate” “alcune condotte poste in essere dalla signora A.A. e costituenti fonte di pregiudizio per i minori”, dà atto di “condotte disfunzionali della madre” e riferisce della segnalazione, da parte dei Servizi, di “ingerenze e comportamenti” della donna “che avevano creato situazioni di tensione”.

Sennonché, la Corte territoriale, quando si tratta di riempire di sostanza e di contenuto tali condotte disfunzionali, si limita a fare un generico riferimento a “comunicazioni denigratorie della madre nei confronti del padre” (che, tra l’altro, sarebbero “ad oggi… diminuite”, secondo quanto riferito dal figlio D.D.), ma non descrive ulteriormente tali condotte e non indica fatti o episodi specifici, omettendo perfino di circostanziare “gli episodi oggetto delle denunce dalle quali è originato il presente procedimento”.

Il dare conto, nel provvedimento del giudice del merito, dei fatti accertati, con la giustificazione su basi logiche e razionali delle scelte operate, è invece essenziale per permettere alla Corte di legittimità di esercitare la verifica se la norma che viene in rilievo sia stata interpretata e applicata in modo corretto.

Secondo la posizione ordinamentale della Corte e il sistema processuale del giudizio di cassazione, non rientra nei compiti istituzionali del giudice di legittimità, che esercita il sindacato di violazione di legge, rinnovare l’accertamento dei fatti compiuto dal giudice del merito né procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze probatorie sulle quali quell’accertamento si fonda.

Ma il giudice del merito deve esporre, sia pure concisamente, le ragioni di fatto della decisione adottata senza omissioni o lacune rilevanti e senza travisamenti.

La prescrizione vale in generale, (ma) tanto più là dove, come nella specie, si sia di fronte all’applicazione di una norma elastica che richiama nozioni (la condotta pregiudizievole del genitore; il pregiudizio per i figlio; il provvedimento conveniente rimesso alla discrezionalità del giudice) per la cui perimetrazione in sede interpretativa appa-re fondamentale l’incontro tra la norma e la realtà effettuale, anche per cogliere la struttura relazionale delle posizioni soggettive coinvolte e l’esigenza di una loro tutela improntata alla ricerca di una soluzione equa.

9. – In secondo luogo, il decreto della Corte territoriale presenta un omesso esame di un dato rilevante, perché, pur dando atto, a livello descrittivo, del fatto che la signora A.A. ha “buone competenze genitoriali”, non considera più questo elemento quando giunge al momento valutativo.

Preme rilevare che dalle conclusioni della relazione della Equipe di valutazione della personalità e delle competenze genitoriali del 14 febbraio 2023, puntualmente richiamato dalla ricorrente nell’atto di impugnazione, è detto espressamente che la A.A. ha “buone competenze genitoriali rispetto alla mentalizzazione degli stati emotivi e dei bisogni dei figli, nelle specifiche funzioni genitoriali di leadership, contenimento e guida, nonché di supporto emotivo”. In particolare, “rispetto a ogni figlio riesce adeguatamente a riconoscere aspetti evolutivi propri di ogni età, leggendone bisogni e aspettative”; “risulta competente nell’affrontare argomenti a carattere riflessivo ed educativo che riguardano la vita dei minori”; “risulta essere competente nella misura in cui riesce a scindere l’aspetto genitoriale dalla vicenda separativa della coppia”.

Dalle relazioni dell’educatore familiare del gennaio e del febbraio 2023 emerge che “non sono stati osservati comportamenti della madre tali da potersi considerare irrispettosi, squalificanti, offensivi, violenti, dal punto di vista fisico o verbale o psicologico verso i minori”. Un altro dato significativo che emerge da quelle relazioni è che “non sono state mai rilevate da parte della madre esplicite e dirette espressioni volte a sminuire o squalificare il padre di fronte ai minori”. Infine, nel susseguirsi degli accessi non si sono osservati da parte dei minori “acting out di valenza critica e problematica tali da far ipotizzare un disagio o malessere rispetto alla loro permanenza presso il contesto materno” e “risulta evidente un forte legame affettivo con la figura materna”.

La mancata considerazione e valorizzazione di questi elementi e, insieme, del dato che entrambi i figli hanno espresso il desiderio di poter trascorrere con tranquillità del tempo con entrambi i genitori, si risolve in un omesso esame di fatti decisivi suscettibile di inficiare la coerenza logica e la plausibilità delle conclusioni della decisione impugnata.

Infatti, il disagio psicologico vissuto dai figli a seguito della disgregazione della coppia genitoriale, della incertezza e della scarsa prevedibilità del contesto ambientale e del permanere di una certa animosità della madre, anche per i suoi limiti caratteriali, nei confronti del padre dei bambini, manifestatasi attraverso “comunicazioni denigratorie”, non presenta la consistenza del pregiudizio legittimante, a norma dell’art. 333 cod. civ., la pronuncia della sospensione della responsabilità genitoriale della madre, in mancanza di accertate carenze d’espressione delle capacità genitoriali, e considerando altresì il profilo, palesemente trascurato dalla stessa Corte di merito, afferente alle conseguenze sui minori della adottata pronuncia di sospensione in un periodo così delicato per il loro sviluppo fisio-psichico nella fase adolescenziale.

Proprio tali limiti caratteriali della madre avrebbero dovuto essere affrontati e valutati nella prospettiva di un’offerta di opportunità diretta a migliorare i rapporti con i figli, in un percorso scevro da pregiudizi originati da postulate e non accertate psicopatologie.

La Corte territoriale ha considerato le asprezze caratteriali della ricorrente in senso fortemente stigmatizzante, come espressione di un’incapacità di esprimere le capacità genitoriali nei confronti dei figli, pur in mancanza di condotte di oggettiva trascuratezza o incuria; e non ha tenuto conto delle evidenziate buone competenze genitoriali della madre, anche sotto il profilo del supporto emotivo, unite alla sua capacità di interpretare e dare una risposta ai bisogni e alle aspettative dei figli.>>.

Segue cassazione del decreto impugnato

Affidamento in prova ai servizi sociali e limitazione della potestà genitoriale

Cass. sez. I, ord. 30/04/2024 n. 11.624, rel. Parise:

<<4.1. Secondo l’orientamento più recente di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità (cfr. da ultimo Cass. 32290/2023), l’affidamento ai servizi sociali, oggi specificamente disciplinato dall’art. 5-bis della legge 4 maggio 1983 n. 184 (norma inserita dall’art. 28, comma 1, lett. d, del d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, con effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023) costituisce una species del più ampio genus dell’affidamento a terzi, ma presenta alcune peculiarità, in ragione della natura e delle funzioni dei servizi sociali ed anche delle ragioni che determinano il giudice della famiglia a scegliere un soggetto pubblico, avente compiti istituzionali suoi propri, prefissati per legge, e non una persona fisica individuata in ambito familiare. Qualora sia disposto l’affidamento del minore ai servizi sociali occorre distinguere, anche nel regime previgente all’entrata in vigore dell’art. 5-bis della legge 184/1983 (che trova la sua base normativa negli artt. 25 e 26 r.d.l. 1404/1934, conv. nella l. 835/1935, e succ. modif.), l’affidamento con compiti di vigilanza, supporto ed assistenza senza limitazione di responsabilità genitoriale (c.d. mandato di vigilanza e di supporto) dall’affidamento conseguente a un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale. Nel primo caso, si tratta del conferimento da parte del giudice di un mandato con l’individuazione di compiti specifici per assicurare la funzione di supporto ed assistenza ai genitori ed ai figli e per vigliare sulla corretta attuazione dell’interesse del minore. Questa tipologia di “affidamento” ai servizi, da definire come mandato di vigilanza e supporto, non incidendo per sottrazione sulla responsabilità genitoriale, non richiede, nella fase processuale che precede la sua adozione, la nomina di un curatore speciale, salvo che il giudice non ravvisi comunque, in concreto, un conflitto di interessi, e non esclude che i servizi possano attuare anche altri interventi di sostegno rientranti nei loro compiti istituzionali; richiede, tuttavia, che il provvedimento del giudice sia sufficientemente dettagliato sui compiti demandati – con esclusione di poteri decisori- e che siano definiti i tempi della loro attuazione, che devono essere il più rapidi possibili. Nel secondo caso, il provvedimento di affidamento consegue ad un provvedimento limitativo (anche provvisorio) della responsabilità genitoriale. Esso costituisce un’ingerenza nella vita privata e familiare (similmente all’affidamento familiare, sul punto v. Cass. 16569/2021) e, pertanto, deve essere giustificato dalla necessità di non potersi provvedere diversamente all’attuazione degli interessi morali e materiali del minore, non avendo sortito effetto i programmi di supporto e sostegno già svolti in favore della genitorialità; l’adozione di questo provvedimento presuppone la sua discussione nel contraddittorio, esteso anche al minore, i cui interessi devono essere imparzialmente rappresentati da un curatore speciale; i contenuti del provvedimento devono essere conformati al di proporzionalità tra la misura adottata e l’obiettivo perseguito e il giudice deve esercitare un’adeguata vigilanza sull’operato dei servizi. Pertanto si richiede, anche nel regime previgente alla entrata in vigore dell’art. 5-bis l. 184/1983, che i compiti dei servizi siano specificamente descritti nel provvedimento, in relazione a quelli che sono i doveri e i poteri sottratti dall’ambito della responsabilità genitoriale e distinti dai compiti che sono eventualmente demandati al soggetto collocatario se questi è persona diversa da i genitori; i servizi non possono svolgere funzioni e compiti propri della responsabilità genitoriale se non specificamente individuati nel provvedimento limitativo; deve essere necessariamente nominato, nella fase processuale che precede la sua adozione, un curatore speciale del minore, i cui compiti vanno pure precisati>>.

Applicazione al caso in esame:

<<4.2 Nel caso di specie la Corte distrettuale ha riscontrato in entrambi i genitori “carenze e capacità genitoriali limitate e in parte compromesse, nel caso del padre a causa di atteggiamenti violenti e note caratteriali”, mentre nei confronti della madre è stato espresso un giudizio di “fragilità per una sua certa immaturità e la sua conseguente difficoltà a gestire in maniera equilibrata la difficile situazione familiare”, determinata dall’aspra conflittualità con il marito e dalla conseguente incomunicabilità tra i genitori. La Corte di merito ha, pertanto, confermato la statuizione del Tribunale, che aveva disposto l’affidamento dei minori ai Servizi Sociali, e detto provvedimento ha connotazioni certamente limitative, quantomeno, della responsabilità genitoriale del padre, al quale sono consentiti incontri con i figli solo con modalità protette e rigidamente regolamentate, benché, invero, non risultino specificamente descritti nella sentenza impugnata i compiti dei Servizi.

L’adozione di questo provvedimento di affidamento limitativo, tuttavia, non è avvenuta all’esito di una discussione in un contraddittorio complesso esteso anche ai minori, i cui interessi fossero adeguatamente rappresentati da un curatore speciale processuale.

L’emersione nel corso del giudizio di comportamenti dei genitori pregiudizievoli degli interessi dei figli, costituiti dall’elevato livello di conflittualità tra loro esistente e dal conseguente profondo coinvolgimento dei bambini nel dissidio, poneva in capo ai giudici distrettuali il dovere di provvedere a tale nomina, in ragione del sopravvenuto conflitto di interessi con i genitori, non più idonei a rappresentare i minori. L’inottemperanza a questo dovere, il difetto di interlocuzione che ne è derivato e il difetto di rappresentanza dei minori hanno determinato, in applicazione dei principi in precedenza richiamati, la nullità della decisione impugnata in relazione alle statuizioni che riguardano la regolamentazione dei rapporti genitoriali e di ogni aspetto agli stessi connesso, sicché si impone la cassazione della sentenza, limitatamente a dette statuizioni, con rinvio alla Corte di merito>>

Sulla condotta pregiudizievole ex art. 333 c.c. che può far limitare la responsabilità genitriaLE

Cass.  Sez. I, Ord. 19/01/2024, n.  2.021, rel. Caiazzo:

<<Ora, ai fini della sospensione della responsabilità genitoriale ex art. 333 c.c. non occorre che la condotta del genitore abbia causato danno al figlio, poiché la norma mira ad evitare ogni possibile pregiudizio derivante dalla condotta (anche involontaria) del genitore, rilevando l’obiettiva attitudine di quest’ultima ad arrecare nocumento anche solo eventuale al minore, in presenza di una situazione di mero pericolo di danno (Cass., n. 27533/21).

Nella specie, il ricorso, con il quale sono criticate le statuizioni del provvedimento impugnato che hanno regolamentato l’esercizio della responsabilità genitoriale, attiene proprio alla asserita violazione del diritto alla genitorialità, a causa della mancata previsione dell’affidamento del minore al padre.

Il ricorso è, pertanto, da ritenersi ammissibile, ma va rigettato. Nel caso concreto, invero, è stata statuita una sospensione provvisoria che non preclude un pieno recupero delle capacità genitoriali del padre, il quale conserva la facoltà d’incontrare il figlio con le modalità stabilite, anche in ragione della pendenza dell’impugnazione proposta dal ricorrente avverso la condanna penale in primo grado. Ne consegue che le doglianze espresse circa il mancato esame delle capacità genitoriali del ricorrente non sono accoglibili, appunto perché la provvisorietà della predetta sospensione della responsabilità genitoriale, è stata fondata sul disvalore intrinseco alla condanna ed anche sul rilievo della pericolosa spendita di attività criminale in ambito domestico; del resto, in seguito, potranno essere compiuti accertamenti in rapporto alla capacità di superare questa condizione di persona dedita a gravi reati qualità a cui consegue la qualificazione di figura genitoriale nociva e pericolosa per la stessa crescita filiale.>>