REvisione dell’assegno divorzile

Cass. sez. I, ord. 12/03/2024 n. 6.453, rel. Meloni:

<<Occorre premettere che il giudizio riguarda la revisione delle condizioni di divorzio, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 898 del 1970. Orbene, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, la revisione dell’assegno divorzile di cui all’art. 9 della l. n. 898 del 1970 postula l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi idonea a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni suddette di entrambe le parti. In particolare, in sede di revisione, il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto e ad adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertata (Cass. 10133/2007; Cass. 787/2017; Cass. 11177/2019). Appare altresì opportuno rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, nr. 18287 del 11/07/2018) hanno affermato “Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell’art. 5, comma 6, della l. n. 898 del 1970, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi” (sul punto anche Cass. 5603/2020 e 17098/2019).

Ciò premesso nel caso concreto, la censura risulta infondata in quanto la Corte d’appello ha ritenuto correttamente valida ed efficace la pattuizione intervenuta tra i coniugi successivamente alla sentenza di divorzio, trovando essa fondamento nell’art. 1322 c.c. e nel principio di autonomia negoziale ivi stabilito e non costituendo detto accordo una lesione di diritti indisponibili e poi ha osservato che già all’epoca del decreto del 19.03.2021 erano state prese in considerazione tutte le circostanze sopravvenute rispetto al momento della pronuncia della sentenza divorzile e nuovamente riproposte dallo Sc.En. nel procedimento in esame (…), va osservato che l’unica novità e rappresentata dal trasferimento del figlio Fe. presso il padre. Trattasi di circostanza che il Tribunale ha senz’altro considerato, dal momento che ha revocato l’assegno posto a carico del padre per il mantenimento del figlio (pari ad euro 700,00) e ha confermato la contribuzione della madre nella misura del 50% alle spese straordinarie scolastiche e sanitarie del minore. “La revisione dell’assegno divorzile richiede la presenza di “giustificati motivi” e impone la verifica di una sopravvenuta, effettiva e significativa modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi sulla base di una valutazione comparativa delle rispettive situazioni reddituali e patrimoniali. Ove, pertanto, le ragioni invocate per la revisione siano tali da giustificare la revoca o la riduzione dell’assegno divorzile, è indispensabile accertare con rigore l’effettività dei mutamenti e verificare l’esistenza del nesso di causalità tra gli stessi e la nuova situazione economica instauratasi. (Cass. 354/2023)”.

Tale valutazione è stata effettuata – con ampia ed adeguata motivazione – dalla Corte territoriale, che ha tenuto conto anche delle circostanze dedotte dal ricorrente che, per converso, tende a sollecitare un inammissibile riesame di merito>>.

E poi:

<<Nel giudizio di divorzio, al fine di quantificare l’ammontare del contributo dovuto dal genitore per il mantenimento dei figli economicamente non autosufficienti, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto (Cass. 19299/2020; Cass. 4145/2023). Nella specie, la Corte ha preso in adeguata considerazione la situazione economica di entrambe le parti, pervenendo ad una soluzione che tiene conto del fatto che entrambi i figli vivono con il padre, esonerato dal corrispondere per essi un assegno di mantenimento, ponendosi a carico della madre – in considerazione ella sua capacità reddituale inferiore – un contributo per le spese straordinario.

Nel caso in esame la Corte di merito ha adeguatamente ed esaurientemente valutato i singoli elementi e la situazione complessiva ed il motivo si traduce in una inammissibile richiesta di riesame delle circostanze di merito. Il ricorso deve quindi essere respinto>>.

La componente assistenziale e quella compensativa dell’assegno divorzile restano ben distinte per la Cassazione

Cass. Sez. I, Ord. 08/03/2024, n. 6.253, rel. Lamorgese:

Fatti provati:

<<2.2. In relazione alla censura espressa con il primo motivo, occorre rilevare che la Corte di merito ha fondato la prova presuntiva sulla relazione investigativa, il cui contenuto – confermato dal teste, anche se non da lui sottoscritta – è stato riprodotto nel provvedimento impugnato, sull’ammissione della stessa ricorrente di avere una relazione sentimentale, nonché sulla dettagliata dichiarazione della figlia della coppia, che aveva riferito di avere conoscenza della relazione di convivenza della madre con un nuovo compagno dall’anno della separazione.

L’accertamento di una stabile convivenza della donna con un altro uomo è stato, pertanto, effettuato sulla base di diversi elementi indiziari convergenti, tali da dare vita ad una valida prova per presunzioni, sicché non ricorre affatto il vizio di violazione di legge denunciato>>.

Diritto:

<<2.3. Ciò posto, secondo quanto chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di assegno divorzile in favore dell’ex coniuge, qualora sia instaurata una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche nell’attualità di mezzi adeguati e impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, conserva il diritto al riconoscimento dell’assegno di divorzio, in funzione esclusivamente compensativa; a tal fine il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell’apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge e l’assegno, su accordo delle parti, può anche essere temporaneo (Cass. S.U. 32198/2021; Cass. 14256/2022; cfr. pure Cass. 3645/2023).

E’ stato, dunque, precisato che la sussistenza della componente compensativa deve essere specificamente dedotta dalla parte che faccia valere il proprio diritto all’assegno, mentre la Corte d’appello ha affermato che l’odierna ricorrente non aveva provato nulla al riguardo. A fronte di detto assunto, con il secondo motivo la ricorrente, nel richiamare le deduzioni svolte nel giudizio d’appello, anche in ordine alla durata del matrimonio e alla cura delle figlie (pag. 7 e pag. 22 ricorso), in particolare rimarca il proprio contributo alla realizzazione del patrimonio familiare, consistito nell’acquisto della casa familiare, che, tuttavia, in base a quanto si legge nello stesso ricorso, è in comproprietà tra gli ex coniugi pur se abitata dall’ex marito (pag.7), e altresì consistito nell’aver ella prestato in passato attività di lavoro presso terzi (pag.23 ricorso), ossia di collaboratrice domestica, cessata per problemi di salute (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata)>>.

Solo che l’efficacia estintiva del diritto all’assegno, asseritamente prodotta dalla convivenza more uxorio, non è disposta dalla legge.

E  nemmeno vi è ricavabile  interpretativamente, dato che certo non si può equipararla alle “nuove nozze” di cui al medesimo art. 5 l. div. co. 10.

Del resto la legge 76/2016 su unioni civili e convivenze non ha modificato tale disposizione , mentre avrebbe potuto e dovuto dato che si occupava proprio del tema de quo.

Determinazione dell’assegno di mantenimento dei figli da separazione o divorzio: irrilevanti le liberalità ai figli da parte dell’obbligato

Cass. sez. I, ord. 07/03/2024  n. 6.111, rel. Valentino:

<<L’assegno dovuto al coniuge separato o divorziato, per il mantenimento dei figli ad esso affidati, non può subire riduzioni o detrazioni in relazione ad altre elargizioni del coniuge obbligato in favore dei figli medesimi, ove queste risultino effettuate per spirito di liberalità per soddisfare esigenze ulteriori rispetto a quelle poste a base del predetto assegno, sicché restino ricollegabili ad un titolo diverso (Cass., n. 12212/1990). Nella specie, la Corte ha correttamente accertato che si trattava di un mutuo contratto a favore della figlia a scopo di liberalità, vivendo la medesima con il padre.

Inoltre, in assenza di un nuovo matrimonio, il diritto all’assegno di divorzio, in linea di principio, di per sè permane, nella misura stabilita dalla sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, anche se il suo titolare instauri una convivenza “more uxorio” con altra persona, salvo che sussistano i presupposti per la revisione dell’assegno, secondo il principio generale posto dall’art. 9, comma 1, l. 1° dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall’art. 13 l. 6 marzo 1987, n. 74: e cioè che sia data la prova, da parte dell’ex coniuge onerato, che tale convivenza ha determinato un mutamento “in melius” – pur se non assistito da garanzie giuridiche di stabilità, ma di fatto adeguatamente consolidato e protraendesi nel tempo – delle condizioni economiche dell’avente diritto, a seguito di un contributo al suo mantenimento da parte del convivente, o quanto meno di risparmi di spesa derivatigli dalla convivenza. La relativa prova, pertanto, non può essere limitata a quella della mera instaurazione e del permanere di una convivenza “mora uxorio” dell’avente diritto con altra persona, essendo detta convivenza di per sè neutra ai fini del miglioramento delle condizioni economiche del titolare, potendo essere instaurata con persona priva di redditi e patrimonio, e dovendo l’incidenza economica di detta convivenza essere valutata in relazione al complesso delle circostanze che la caratterizzano (Cass., n. 1557/2004; Cass., n. 21080/2004; cfr., da ultimo, Cass. S.U. 32198/2021)>>.

Sulla determinazione dell’assegno divorzile

Cesare Fossati su Ondif così massima e,  sotto, commenta Cass. Sez. I  Ord. 27 febbraio 2024, n. 5.148, rel. Parise:

<<All’assegno divorzile deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche quella perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate. È inoltre richiesto l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, dovendo trovare applicazione i criteri equi-ordinati di cui alla prima parte dell’art. 5 della Legge 898/1970 e ss.mm.ii>>.

Commento:  “La Corte di Cassazione, nell’ordinanza in oggetto, richiamando i principi affermati dalle Sezioni Unite sul tema (Cass. S.U. 18287/2019 e, ex multis, da ultimo Cass. n. 9144/2023), attribuisce alla funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, assegnata all’assegno divorzile, la finalità di riconoscere il ruolo e il contributo fornito dalla parte economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale di ciascuno degli ex coniugi in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente.

La sentenza impugnata, per non avere accertato lo squilibrio effettivo e di non modesta entità tra le condizioni economico-patrimoniali degli ex coniugi, né se la sperequazione, ove esistente, fosse, o meno, la conseguenza del contributo fornito dall’ex moglie alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei due, né precisato in relazione a quale finalità fosse stato riconosciuto l’assegno divorzile, né se vi fosse già stata “remunerazione” dell’apporto dell’ex moglie, mediante l’attribuzione in suo favore della proprietà di due beni immobili da parte del coniuge obbligato, e per avere, viceversa, attribuito rilevanza al parametro del mantenimento del tenore di vita matrimoniale, viene cassata nei limiti dei motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, a cui viene demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità”.

Mutamento decisionale in corso di causa sul diritto all’assegno di mantenimento e diritto alle restituizioni

Cass. Sez. I, ord. 22 febbraio 2024 n. 4.715 , Rel. Tricomi:

<<In tema di assegno di mantenimento separativo e divorzile, ove si accerti nel corso del giudizio – nella sentenza di primo o secondo grado – l’insussistenza “ab origine”, in capo all’avente diritto, dei presupposti per il versamento del contributo, ancorché riconosciuto in sede presidenziale o dal giudice istruttore in sede di conferma o modifica, opera la regola generale della “condictio indebiti” che può essere derogata, con conseguente applicazione del principio di irripetibilità, esclusivamente nelle seguenti due ipotesi: [1] ove si escluda la debenza del contributo, in virtù di una diversa valutazione con effetto “ex tunc” delle sole condizioni economiche dell’obbligato già esistenti al tempo della pronuncia, ed [2] ove si proceda soltanto ad una rimodulazione al ribasso, di una misura originaria idonea a soddisfare esclusivamente i bisogni essenziali del richiedente, sempre che la modifica avvenga nell’ambito di somme modeste, che si presume siano destinate ragionevolmente al consum<o da un coniuge, od ex coniuge, in condizioni di debolezza economica>>.

(caratteri in rosso da me aggiunti)

(massima di Valeria Cianciolo in Ondif)

Sul dies a quo di efficacia della revisione di assegno divorzile

Cass.  Sez. I ord. 27 febbraio 2024 n. 5.170 , Rel. Pazzi:

<In materia di revisione dell’assegno di divorzio, il diritto a percepirlo di un coniuge ed il corrispondente obbligo a versarlo dell’altro, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di divorzio, conservano la loro efficacia, sino a quando non intervenga la modifica di tale provvedimento, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell’assegno, sicché, in mancanza di specifiche disposizioni, in base ai principi generali relativi all’autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata (“rebus sic stantibus”), del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza anticipata al momento dell’accadimento innovativo, rispetto alla data della domanda di modificazione>.

(massima di Valeria  cianciolo in Ondif)

La funzione perequativa dell’assegno divorzile va attuata anche se non c’è stata rinuncia alla propria carriera ma solo un concordato mero dedicarsi a famiglia e figli

Cass. sez. I, ord. 19/02/2024 n. 4.328, rel. Pazzi:

<<5.1 La Corte d’appello, dopo aver richiamato i principi fissati dalle Sezioni Unite di questa Corte, ha ritenuto che lo squilibrio reddituale, alla luce degli indici di cui all’art. 5, comma 6, prima parte, L. 898/1970, giustificasse pienamente il riconoscimento dell’assegno divorzile, in ragione del contributo dato alla famiglia dalla Ta.La. con la propria attività domestica e di accudimento prevalente della prole (oltre che con l’impegno profuso anche svolgendo attività lavorativa esterna), del fatto che questa condotta aveva consentito al marito di dedicarsi appieno e con soddisfazione economica alla propria attività lavorativa (non escludendosi per questo che anch’egli si fosse potuto interessare al figlio e alle attività domestiche) e della durata ventennale del matrimonio (v. pag. 6 della decisione impugnata). Simili valutazioni non si prestano a censure.

5.2 Le modifiche più significative apportate all’art. 5, comma 6, L. 898/1970 dall’art. 10, comma 1, L. 74/1987 attengono all’accorpamento nella prima parte della norma degli elementi di rilievo – quali “le condizioni dei coniugi”, il “reddito di entrambi” (relativi al criterio assistenziale), “il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune” (attinente al criterio compensativo) e le “ragioni della decisione” (relative al criterio risarcitorio) – di cui il giudice deve “tenere conto”, anche in rapporto alla durata del matrimonio, nel disporre l’assegno di divorzio, quando l’ex coniuge che richieda l’assegno non abbia mezzi adeguati e non possa procurarseli per ragioni obiettive. Questi indicatori prefigurano una funzione, oltre che assistenziale, anche perequativa e riequilibratrice dell’assegno di divorzio che dà attuazione al principio di solidarietà posto a base del diritto del coniuge debole.

Infatti (come ricorda Cass. 35434/2023, pag. 11), “l’autoresponsabilità deve … percorrere tutta la storia della vita matrimoniale e non comparire solo al momento della sua fine: dal primo momento di autoresponsabilità della coppia, quando all’inizio del matrimonio (o dell’unione civile) concordano tra loro le scelte fondamentali su come organizzarla e le principali regole che la governeranno; alle varie fasi successive, quando le scelte iniziali vengono più volte ridiscusse ed eventualmente modificate, restando l’autoresponsabilità pur sempre di coppia. Quando poi la relazione di coppia giunge alla fine, l’autoresponsabilità diventa individuale, di ciascuna delle due parti: entrambe sono tenute a procurarsi i mezzi che permettano a ciascuno di vivere in autonomia e con dignità, anche quella più debole economicamente. Ma non si può prescindere da quanto avvenuto prima dando al principio di autoresponsabilità un’importanza decisiva solo in questa fase, ove finisce per essere applicato principalmente a danno della parte più debole”.

5.3 L’assegno divorzile può certo essere funzionale a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali (che il coniuge richiedente l’assegno ha l’onere di dimostrare nel giudizio) al fine di contribuire ai bisogni della famiglia.

È il caso in cui gli ex coniugi abbiano, di comune accordo, convenuto che uno di essi sacrificasse le proprie realistiche prospettive professionali-reddituali agli impegni casalinghi, così da ritrovarsi, a matrimonio finito, in una condizione menomata da questa scelta e diversa da quella a cui tale coniuge avrebbe potuto ambire.

Il che non significa – a parere di questo collegio – che, sempre in presenza della precondizione di una rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale, l’assegno non possa essere riconosciuto, a prescindere dalla concordata rinuncia a occasioni professionali, anche nelle ipotesi di conduzione univoca della vita familiare, la quale (salvo prova contraria) esprime una scelta comune, anche se tacita, compiuta nei fatti dai coniugi.

Una simile definizione di ruoli all’interno della coppia necessita nella fase post coniugale che sia assicurato, in funzione perequativa, un adeguato riconoscimento del contributo (esclusivo o prevalente) fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e, conseguentemente, alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge (anche sotto forma di risparmio), come espressamente prevede uno dei criteri pari ordinati previsti dall’art. 5, comma 6, L. 898/1970.

Pure in questo caso occorre riconoscere – in una certa misura da ritenersi congrua – l’incremento di benessere (“attuale o potenziale, in atto o spendibile” spiega Cass. 35434/2023, pag. 16) concentratosi su uno solo dei due ex coniugi, grazie all’aiuto che egli abbia ricevuto dall’impegno familiare dell’altro.

5.4 Nel caso di specie la Corte di merito ha accertato (a pag. 5) che la Ta.La., nel corso del matrimonio, si era dedicata prevalentemente alla cura della casa e del figlio, consentendo al marito (ferroviere capotreno) di svolgere la propria attività professionale con orari anche notturni e viaggi lontani e di raggiungere così livelli professionali e reddituali di tutto rispetto.

L’assunzione su di sé, da parte della Ta.La., del peso prevalente della cura della casa e del figlio nel corso della vita matrimoniale, così da consentire all’altro coniuge di dedicarsi alla propria carriera e di godere dei correlati vantaggi patrimoniali, comporta ora la necessità, in presenza di una rilevante disparità nella situazione patrimoniale degli ex coniugi, di un riequilibrio delle loro posizioni attraverso il riconoscimento di un assegno divorzile che assolva la funzione perequativa prevista dall’art. 5, comma 6, L. 898/1970>>.

Nuova convivenza more uxorio e revisione dell’assegno divorzile (art. 9 legge divorzio n° 878/1070): va individuato il peso della componente assistenziale dell’assegno

Cass. sez. I  dep. 12/02/2024), n. 3.761, rel. Parise:

<<Occorre rimarcare che, poiché si verte in tema di revisione ex art. 9 citato, la convivenza more uxorio costituisce un fatto sopravvenuto rispetto all’equilibrio anteriore, consegnato, per la sua regolazione, a un giudicato rebus sic stantibus che potrebbe configurarsi come non più attuale e idoneo a regolare il modificato assetto di interessi post-coniugali. E’ stato infatti chiarito da questa Corte, sempre in tema di revisione dell’assegno divorzile, che il giudice, a fronte della prova di circostanze sopravvenute sugli equilibri economici della coppia, non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o dell’entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, ma, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 18287 del 2018 deve verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato gli equilibri sanciti dall’assetto economico patrimoniale dato dalla sentenza di divorzio (Cass. 7666/2022). [cosa ovvia!!!]

7. Tanto precisato, va innanzitutto osservato che, essendo stato l’assegno già riconosciuto in sede di giudizio divorzile, non può mettersi ora in discussione che, in allora, l’assegno non fosse dovuto, e ciò perché ne era stata riconosciuta la debenza con la citata sentenza n.18/2010: sia per la finalità assistenziale, sia per quella perequativa-compensativa, in base a quanto risulta implicitamente accertato dalla Corte di merito con il decreto oggetto dell’odierna impugnazione. Di conseguenza, non può operarsi, nel presente giudizio, una diversa ponderazione dei presupposti necessari per il riconoscimento ab origine dell’assegno divorzile e, anche, delle correlate condizioni economiche delle parti già effettuata, ovviamente con i dati e le risultanze dell’epoca, con la citata sentenza del 2010, con l’ulteriore corollario che il ricorrente non può ora negare il ruolo endo-familiare dell’ex moglie svolto durante la vita matrimoniale.

8. In quest’ottica e così inquadrato l’ambito di cognizione, entro il quale deve svolgersi il presente giudizio, i motivi secondo e terzo, che sono sostanzialmente diretti a contestare la sussistenza e la dimostrazione del contributo familiare dell’ex moglie, sono inammissibili, e così anche il quarto, con il quale il ricorrente, sempre al fine di negare che occorra “compensare” il suddetto contributo, assume anche che debba valorizzarsi il regime patrimoniale scelto dagli ex coniugi in costanza di matrimonio.

9. Per contro, certamente, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenze nn. 18287 del 2018 e 32191 del 2021, il giudice di merito deve verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato gli equilibri sanciti dall’assetto economico patrimoniale dato dalla sentenza di divorzio, nonché deve anche verificare se persista il presupposto indefettibile della mancanza di mezzi adeguati (Cass. S.U. 32191/2021 citata), sempre in dipendenza del fatto sopravvenuto.

Infatti, come in ogni altra ipotesi di revisione dell’assegno divorzile, si richiede la presenza di “giustificati motivi” e si impone la verifica di una sopravvenuta, effettiva e significativa modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi sulla base di una rinnovata valutazione comparativa delle rispettive situazioni reddituali e patrimoniali (cfr. Cass. 354/2023).

Ove, pertanto, le ragioni invocate per la revisione siano tali da giustificare la revoca o la riduzione dell’assegno divorzile, è indispensabile accertare con rigore l’effettività dei mutamenti e verificare l’esistenza del nesso di causalità tra gli stessi e la nuova situazione economica instauratasi.

10. Nel caso di specie, la Corte d’appello si è limitata ad effettuare un’operazione matematica di dimezzamento dell’assegno divorzile originariamente riconosciuto, senza precisare quale fosse il “peso” della componente assistenziale non più dovuta, ove individuabile in base alla sentenza di divorzio [nds: e se non lo è? l’art. 5 l. div. non lo prevede come obbligarorio], ma, soprattutto e prima ancora, senza accertare quale fosse l’incidenza della sopravvenienza sull’adeguatezza dei mezzi della beneficiaria e quale la rinnovata comparazione delle rispettive situazioni reddituali e patrimoniali degli ex coniugi.

Resta da aggiungere che l’aspetto della nuova condizione economica dell’ex moglie, come fatto impeditivo derivante dalla sopravvenuta convivenza more uxorio, doveva essere specificamente allegato e dimostrato dall’ex marito, poiché l’onere probatorio sul punto grava sulla parte che neghi il diritto all’assegno (Cass.3645/2023). Pertanto, la Corte di merito, una volta ritenuta provata la sussistenza di un nuovo progetto di vita del beneficiario con il nuovo partner, avrebbe dovuto accertare, in presenza di allegazioni e offerta di prova dell’ex marito, se e in che termini fossero discese, dalla nuova relazione more uxorio, reciproche contribuzioni economiche (Cass.3645/2023). A tale riguardo l’odierno ricorrente deduce, con sufficiente specificità, di aver fornito, nel giudizio di merito, indizi ed elementi istruttori sintomatici di una più che ampia disponibilità di mezzi adeguati in capo alla richiedente l’assegno (cfr. pag.7 ricorso per i riferimenti a vacanze, crociere, frequenti viaggi in aereo per far visita al figlio – residente in Spagna alle Isole Canarie -, acquisto, in proprietà piena ed esclusiva, di un immobile produttivo di reddito, in quanto già locato a terzi).>>

V, poi stesso relatore, Cass.  Sez. I, Ord. 08 marzo 2024 n. 6.250, rel. Parise:

<<Va rilevato che, nel giudizio relativo alla negazione o alla revoca dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, a causa dell’instaurazione da parte di quest’ultimo di una convivenza more uxorio, il giudice deve procedere al relativo accertamento tenendo conto, quale elemento indiziario, dell’eventuale coabitazione con l’altra persona, in ogni caso valutando non atomisticamente, ma nel loro complesso, l’insieme dei fatti secondari noti, acquisiti al processo nei modi ammessi dalla legge, e gli eventuali ulteriori argomenti di prova, rilevanti per il giudizio inferenziale in ordine alla sussistenza della detta convivenza, intesa quale legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale
e materiale (Cass. 14151/2022)>>

Ancora sulla determinazione dell’assegno divorzile

Cass. Sez. I, Sent. 19/12/2023, n. 35.434, rel. Ioffrida:

<<Sul tema della pariordinazione dei criteri di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, si sofferma poi Cass. 17 febbraio 2021, n. 4215, a mente della quale, posto che l’assegno divorzile svolge una funzione sia assistenziale che perequativa e compensativa, il giudice:   a) attribuisce e quantifica l’assegno alla stregua dei parametri pari ordinati di cui all’art. 5, 6 comma, prima parte, tenuto conto dei canoni enucleati dalle Sezioni Unite del 2018, prescindendo dal tenore di vita godibile durante il matrimonio;   b) procede pertanto ad una complessiva ponderazione “dell’intera storia familiare”, in relazione al contesto specifico e, in particolare, atteso che l’assegno deve assicurare all’ex coniuge richiedente – anche sotto il profilo della prognosi futura – un livello reddituale adeguato allo specifico contributo dallo stesso fornito alla realizzazione della vita familiare e alla creazione del patrimonio comune e/o personale dell’altro coniuge, accerta previamente non solo se sussista uno squilibrio economico tra le parti, ma anche se esso sia riconducibile alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli all’interno della coppia e al sacrificio delle aspettative di lavoro di uno dei due e verifica, infine, se siffatto contributo sia stato già in tutto o in parte altrimenti compensato, fermo che, nel patrimonio del coniuge richiedente, l’assegno non devono computarsi anche gli importi dell’assegno di separazione, percepiti dal medesimo in unica soluzione, in forza di azione esecutiva svolta con successo, in ragione dell’inadempimento dell’altro coniuge.

4.3. In definitiva, occorre un rigoroso accertamento del fatto che lo squilibrio, presente al momento del divorzio, fra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti è l’effetto del sacrificio da parte del coniuge più debole a favore delle esigenze familiari, il che giustifica il riconoscimento di un assegno “perequativo”, cioè di un assegno tendente a colmare tale squilibrio reddituale e a dare ristoro, in funzione riequilibratrice, al contributo dato dall’ex coniuge all’organizzazione della vita familiare, senza che per ciò solo si introduca il parametro, in passato utilizzato e ormai superato, del tenore di vita endoconiugale, mentre in assenza della prova di questo nesso causale, l’assegno può essere solo eventualmente giustificato da una esigenza strettamente assistenziale, la quale tuttavia consente il riconoscimento dell’assegno solo se il coniuge più debole non ha i mezzi sufficienti per un’esistenza dignitosa o non può procurarseli per ragioni oggettive. L’assegno divorzile, infatti, deve essere anche adeguato sia a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per avere rinunciato, in particolare, a realistiche occasioni professionali-reddituali – che il coniuge richiedente l’assegno ha l’onere di dimostrare nel giudizio – al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, sia ad assicurare, in funzione perequativa, sempre previo accertamento probatorio dei fatti posti a base della disparità economico-patrimoniale conseguente allo scioglimento del vincolo, un livello reddituale adeguato al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e, conseguentemente, alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge, rimanendo, in tal caso, assorbito l’eventuale profilo prettamente assistenziale.

Sciolto il vincolo coniugale, in linea di principio ciascun ex coniuge deve provvedere al proprio mantenimento, ma tale principio è derogato, in base alla disciplina sull’assegno divorzile, oltre che nell’ipotesi di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall’uno all’altro coniuge, “ex post” divenuto ingiustificato, spostamento patrimoniale che in tal caso deve essere corretto attraverso l’attribuzione di un assegno, in funzione compensativo-perequativa>>.

Si noti bene: son due ipotesi autonome, non cumulate.

Decorrenza della revisione dell’assegno divorzile: mai da prima della domanda di revisione

Cass. Civ., Sez. I, ord. 18 gennaio 2024 n. 1890 – Pres. Genovese, Cons. Rel. Caiazzo

<<In materia di revisione dell’assegno di mantenimento, il diritto a percepirlo di un coniuge ed il corrispondente obbligo a versarlo dell’altro, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di separazione o dal verbale di omologazione, conservano la loro efficacia, sino a quando non intervenga la modifica di tali provvedimenti, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell’assegno, con la conseguenza che, in mancanza di specifiche disposizioni, in base ai principi generali relativi all’autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata (“rebus sic stantibus”), del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza anticipata al momento dell’accadimento innovativo, rispetto alla data della domanda di modificazione.
In sede di revisione dell’assegno di divorzio (o delle altre condizioni economiche) il giudice può stabilire che il nuovo importo dello stesso decorra dalla data della domanda di revisione, anzichè da quella della decisione su di essa, ma resta sempre salva la facoltà del giudice, in relazione alle circostanze emergenti dall’istruttoria, di statuirne l’efficacia, in tutto o in parte, da momenti posteriori e anche dalla data della decisione>>.

(notizia e testo da Ondif; massima ivi di Valeria Cianciolo)

Si v. in termini Cass. sez. I del 26.04.2023 n. 10.974, rel. Iofrida, circa l’assegno per i figli.