Accettare di essere trasportato da un conducente ubriaco non è necessariamente concorso di colpa: opera infatto l’art. 13 della dir. UE 2009/103

Cass. Sez. III, Ord.  17/09/2024, n. 24.920, rel. Rossetti:

<<4. Vanno, in conclusione, affermati i seguenti princìpi di diritto nell’interesse della legge:

(a) “l’art. 1227, comma primo, c.c., interpretato in senso coerente con la Direttiva 2009/103, non consente di ritenere, in via generale ed astratta, che sia sempre e necessariamente in colpa la persona la quale, dopo aver accettato di essere trasportata a bordo d’un veicolo a motore condotto da persona in stato di ebbrezza, rimanga coinvolta in un sinistro stradale ascrivibile a responsabilità del conducente. Una simile interpretazione infatti contrasterebbe con l’art. 13, par. 3, della Direttiva 2009/103, nella parte in cui vieta agli Stati membri di considerare “senza effetto”, rispetto all’azione risarcitola spettante al trasportato, “qualsiasi disposizione di legge (…) che escluda un passeggero dalla copertura assicurativa in base alla circostanza che sapeva o avrebbe dovuto sapere che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell’alcol”. Spetterà dunque al giudice di merito valutare in concreto, secondo tutte le circostanze del caso, se ed in che misura la condotta della vittima possa dirsi concausa del sinistro, fermo restando il divieto di valutazioni che escludano interamente il diritto al risarcimento spettante al trasportato nei confronti dell’assicuratore del vettore”;

(b) “l’accertamento della esistenza e del grado della colpa della persona che, accettando di farsi trasportare da un conducente in stato di ebbrezza, patisca danno in conseguenza d’un sinistro stradale, è apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se rispettoso dei parametri dettati dal primo comma dell’art. 1227 c.c.” >>.

Concorso di colpa del paziente se rifiuta un iutnerevento terapueutico assai probabilmente utuile

Fugace cenno ad un tema importante in Cass. sez. III, ord. del 11/12/2023 n. 34.395, rel. Porreca:

<<la censura è sotto questo profilo ancora una volta aspecifica a mente dell’art. 366 c.p.c., n. 6, il paziente (art. 32 Cost., comma 2) ha il diritto di rifiutare il trattamento medico (al di là del fatto che se ne ipotizzi o meno l’esecuzione ad opera dello stesso medico già intervenuto) ma se il rifiuto è ingiustificato, perché correlato ad attività gravosa o tale da determinare notevoli rischi o rilevanti sacrifici (cfr. Cass., 05/10/2018, n. 24522) [passaggio non cbhiarissimo…., nds], se ne potranno e dovranno trarre le conseguenze a mente del discusso concorso colposo del creditore dell’obbligazione risarcitoria (art. 1227 c.c., comma 2), sicché deve emergere che l’affermato completamento clinico rifiutato avrebbe, più probabilmente che non, portato alla guarigione o ad apprezzabili miglioramenti, senza rischi significativi ovvero estranei a quelli del percorso terapeutico inizialmente, in tesi, compiutamente consentito>>;