Il riconoscimento di debito non è negozio giuridico per cui non richiede specifico intento negozial-ricognitivo (actus legitimus?)

Cass. sez. III, ord. 20/08/2024  n. 22.948, rel. Tassone, circa l’asserito ricoscimento della dovutezza del canone locatizio implicito nel suo pagamento:

<<Questa Corte ha già avuto modo di affermare che il riconoscimento di un debito non esige formule speciali e può essere contenuto in una dichiarazione di volontà diretta consapevolmente all’intento pratico di riconoscere l’esistenza di un diritto, ma può risultare, implicitamente, anche da un atto compiuto dal debitore per una finalità diversa e senza la consapevolezza dell’effetto ricognitivo (Cass., 9097/2018).

L’atto di riconoscimento, infatti, non ha natura negoziale, né carattere recettizio e non deve necessariamente essere compiuto con una specifica intenzione riconoscitiva. Ciò che occorre è che esso rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito e riveli i caratteri della volontarietà (Cass., 30/10/2002, n. 15353).

8.1. Orbene, nel caso di specie, la corte di merito ha fatto corretta applicazione di tali principi, dal momento che ha rilevato che la volontarietà del pagamento non era finalizzata a riconoscere l’esistenza e, soprattutto, l’entità dei debiti, ma era, piuttosto, quella di evitare lo sfratto per morosità, tanto che, del resto, nel giudizio di opposizione alla convalida sono state espletate ben due consulenze tecniche d’ufficio per accertare i rapporti di dare ed avere tra le parti.

Inoltre, diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente, che sostanzialmente lamenta di essere stata condannata a pagare canoni e spese che aveva già corrisposto (v. p. 39 del ricorso), nella sentenza impugnata non è ravvisabile alcuna contraddizione nella motivazione dell’impugnata sentenza, che, invece, ricostruisce i rapporti di dare ed avere tra le parti e condanna la società conduttrice a pagare “i canoni e gli oneri accessori ancora da onorare” (così p. 11 dell’impugnata sentenza).

8.2. In ultima analisi, dunque, va rimarcato che la corte territoriale ha espresso una valutazione di idoneità del pagamento a seguito dell’intimazione di sfratto come diretta ad evitare la convalida e che tale valutazione è stata giustificata con una motivazione che, a tutto voler concedere, si sarebbe potuto criticare in iure sub specie di c.d. vizio di sussunzione, critica questa che tuttavia il motivo non svolge e che avrebbe, fra l’altro, richiesto l’indicazione, ove dedotti nel giudizio di merito, delle circostanze specifiche del pagamento, in modo da evidenziare il vizio>>.