Quando la fotografia costituisce opera dell’ingegno

Cass. sez. I, ord. 20/12/2024 n. 33.599, rel. Valentino, sul noto caso della fotografia riproducente Falcone e Borsellino:

<<In generale, una fotografia può essere considerata un’opera fotografica prescindendo dal suo valore artistico se rappresenta una scelta creativa del fotografo.

Il discrimine tra opera protetta e semplice fotografia è incentrato nella capacità creativa dell’autore, vale a dire nella sua impronta personale, nella scelta e studio del soggetto da rappresentare, così come nel momento esecutivo di realizzazione e rielaborazione dello scatto, tali da suscitare suggestioni che trascendono il comune aspetto della realtà rappresentata. Le fotografie semplici, invece, si distinguono dalle precedenti in quanto non richiedono alcun apporto creativo da parte del fotografo, poiché trattasi di mere fotografie, seppur di altissimo livello qualitativo, che si limitano a riprodurre fedelmente la realtà esterna, senza alcuna personale e sostanziale rielaborazione della fotografia da parte dell’autore.

L’apporto creativo deve potersi desumere da una precisa attività del fotografo, volta o a un miglioramento degli effetti ottenibili con l’apparecchio (inquadratura, prospettiva, cura della luce, del tutto peculiari) o dalla scelta del soggetto (intervenendo il fotografo sull’atteggiamento e sull’espressione, se non creando addirittura il soggetto stesso), purché emerga una prevalenza del profilo artistico sull’aspetto prettamente tecnico. La creatività dell’artista può manifestarsi in diverse fasi della produzione fotografica. La scelta delle lenti, la disposizione delle luci, la sistemazione del soggetto o del fotografo, la composizione dell’immagine, il momento dello scatto, la post produzione, la scelta dei toni, la stampa etc.

Rispetto a tale contesto, la censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata e non tiene conto che i principi evocati corrispondono a quanto affermato dalla Corte territoriale.

La Corte d’Appello ha correttamente evidenziato che nella fotografia oggetto del giudizio non è “percepibile l’impronta creativa personale del suo autore ovvero la singolarità della forma richiesta ai fini del riconoscimento della creatività, di talché l’immagine che la fotografia documenta non può dirsi connotata da elementi che la distinguano da altre possibili riproduzioni fotografiche che avrebbero potuto realizzarsi nel medesimo convegno dei due magistrati ripresi, tra l’altro nel momento documentato nella foto in questione”.

La motivazione è cioè fondata sull’assenza dell’apporto creativo e non sul suo valore artistico come la doglianza lamenta.

Di talché la censura si risolve in una deduzione mirata ad una rivalutazione delle valutazioni di merito, non sindacabile in sede di legittimità, nonostante che il ricorrente assuma diversamente.

In linea generale, la protezione del diritto d’autore postula il requisito dell’originalità e della creatività, consistente non già nell’idea che è alla base della sua realizzazione, ma nella forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, presupponendo che l’opera rifletta la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative.

La consistenza in concreto di tale autonomo apporto forma oggetto di una valutazione destinata a risolversi in un giudizio di fatto, come tale sindacabile in sede di legittimità (Cass., n. 10300/2020; Cass. 13524/2014)>>.

E’ utile leggere pure l’analitico ragionameno della corte di appello, come riportato dalla SC:

<<Per quanto qui di interesse, la Corte di merito ha precisato che: a) l’impugnazione ha essenzialmente riguardo all’operato disconoscimento del carattere creativo della fotografia e la conseguente esclusione della stessa dal novero delle “opere fotografiche” che ai sensi dell’art. 2, n.7, L.D.A., ricevono protezione quale oggetto del diritto d’autore, ed all’apprezzamento di essa invece quale “semplice fotografia”, definita dall’art. 57 della stessa legge come ritraente “immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o processo analogo”, talché dirimente nella specie è la valutazione della creatività o meno della riproduzione fotografica in questione; b) il requisito della creatività – sufficiente all’apprestamento della tutela invocata – non consiste nel valore artistico della fotografia, ma ricorre quando l’immagine fotografica ha un proprio contenuto espressivo e presenta tratti individuali marcati, riflettendo la personale visione della realtà del suo autore; c) la creatività ha una dimensione soggettiva che si identifica in una “forma particolare” che la fotografia assume a prescindere dalla sua novità e dal valore intrinseco del suo contenuto; d) la foto, oggetto del giudizio, è, invece, peculiare non per il suo carattere creativo, ma per “l’eccezionalità del soggetto”, ovvero i due magistrati simbolo della lotta contro la mafia; e) non è percepibile l’impronta creativa personale del suo autore ovvero la singolarità della forma richiesta ai fini del riconoscimento della creatività; f) l’immagine che la foto documenta non ha caratteristiche specifiche che possano distinguerla da altre possibili riproduzioni fotografiche che avrebbero potuto realizzarsi nel medesimo convegno dei due magistrati ripresi, tra l’altro, nel preciso momento documentato nella foto in questione; g) la fotografia non presenta una valenza estetica che possa essere apprezzata a prescindere dalle persone dei due magistrati rappresentati e dall’espressione dagli stessi assunta; h) non sussistono neppure i presupposti e le condizioni di cui all’invocato art. 91, comma 3, L. n. 633/1941 per il riconoscimento, in via subordinata, del diritto ad un equo compenso, non versandosi nelle ipotesi di legge, di riproduzione della fotografia in antologie ad uso scolastico o in opere scientifiche o didattiche>>.

Sottrazione sleale di clientela del concorrente tramite l’ex dipendente

Breve passaggio in Cass. sez. I, ord. 29/01/2024 n. 2.586, rel. Catallozzi:

<<- infatti, la concorrenza che si svolge mediante la distrazione di clienti da un altro imprenditore non è illecita, per cui non può essere preclusa al nuovo imprenditore, in assenza di un patto di non concorrenza, pena una menomazione della sua iniziativa imprenditoriale priva di fondamento normativo;

– ciò che è illecito è l’acquisizione sistematica di clientela di altro concorrente realizzata mediante l’uso diretto o indiretto di mezzi non conforme alla correttezza professionale, quale, ad esempio, l’utilizzo di notizie sui rapporti con i clienti di altro imprenditore, acquisite nel corso di una pregressa attività lavorativa svolta alle dipendenze di quest’ultimo, ove trattasi di notizie non destinate ad essere divulgate al di fuori dell’azienda, quando dal loro impiego consegua un vantaggio competitivo (cfr. Cass. 31 marzo 2016, n. 6274; Cass. 30 maggio 2007, n. 12681; Cass. 20 marzo 1991, n. 3011);>>

Il risultato tecnico ostativo alla registrazione del marchio di forma

Eleonora Rosati in IPKat ci notizia di (e ci linka ad) una assai interessante decisione del 4 Board of appeal EUIPO sull’effetto tecnico ostativo alla registrazione dei marchi di forma (6 dicembre 2024, proc. R 12/2024-4, Tetra Laval v. Lami Packaging), tema sempre  un poco complesso.

La norma è l’art. 7.1.e.ii) del reg. 2017/1001.

Il marchio sub iudice è costituito dalla seguente forma del noto contenitore Tetrapack:

Ebbene il Board dice che l’effetto tecnico, oltre a dover concernere tutte le caratteristiche, deve poi essere percepibile dall’utente. Mi pare il punto più interessante.

E’ vero che il parametro sogettivo è dato da quest’ultimo (l’utente medio), secondo la filosofia concorrenziuale alla base della privativa di marchio, Ma perchè mai la privativa va conessa (cioè l’ostacolo noramtivo citato non opera) quando la scelta della forma è dettata solo da ragioni tecniche, anche se a fini di più efficiente produzione e trasporto, ciò di cui l’utente di riferimento non è in grado di avvedersi? Eppure così decide il Board.

<<59 In conclusione, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera e), sub ii), RMC si applica quando la forma in questione ha un effetto diretto sull’utilità che il prodotto in questione è destinato ad avere dal punto di vista del pubblico di riferimento. L’articolo 7, paragrafo 1, lettera e), sub ii), RMC non trova applicazione nel caso di specie perché il risultato tecnico ottenuto dalle prime tre caratteristiche individuate al punto 30 che precede si riferisce semplicemente al processo di fabbricazione del prodotto stesso, senza incidere sulla funzione svolta da tale prodotto.
60 Pertanto, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera e), sub ii), RMC deve essere escluso in casi come quello di specie, in cui la forma in questione non è la causa di un risultato tecnico che influisce sul modo in cui il prodotto è utilizzato, bensì la conseguenza dell’ingegneria industriale sulla sua progettazione eproduzione.
61 Pertanto, il fatto che il marchio contestato consenta un efficace rapporto volumetrico rispetto alla superficie conservando nel contempo la staffabilità, l’immagazzinamento e la manipolazione del prodotto non riguarda un risultato tecnico ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera e), punto ii), RMC. Infatti, la capacità di una forma di contenere più liquidi o prodotti alimentari o di essere facilmente imballata e captata non è un risultato tecnico raggiunto dal prodotto nel normale corso del suo uso. La forma in questione non svolge una funzione intrinseca, né in relazione ad altri prodotti” >>(qui l’originale in inglese stante l’incerta traduzione -forse automatica.- italiana).

Rigettata pure la contestazione di malafede basata sul fatto che il richiedente sarebbe stato consapevole della non registrabilità.

Il secondary meaning si applica ai marchi ma non alll’imitazione servile

App. Milano 31.10.2023, RG 1609/2022, rel. Cortelloni:

<<Sotto altro profilo, la Corte ritiene che non sia meritevole di condivisione l’ulteriore prospettazione, articolata dalla Società appellante, in base alla quale i prodotti Vimar Spa, sebbene in origine privi di capacità individualizzante, l’abbiano acquisita nel tempo, stante la loro ampia e prolungata presenza sul mercato.
L’appellante prospetta l’acquisto di un “secondary meaning” da parte dei propri prodotti e che ciò consentirebbe di ottenere la protezione di cui all’art. 2598 c.c.
La Corte ritiene che la doglianza in esame non sia fondata, per le ragioni che seguono.
Il richiamo al c.d. secondary meaning è evocativo (sebbene l’appellante non vi faccia espresso riferimento) alla disciplina in tema di “marchi” e, segnatamente, all’art. 13, comma 3°, c.p.i.

Invero, tale norma, dopo avere previsto, al primo comma, che non possono costituire oggetto di registrazione – come marchio di impresa – i segni privi di carattere distintivo, al comma 3°, prevede che: “il marchio non può essere dichiarato o considerato nullo, se prima della proposizione della domanda o dell’eccezione di nullità, il segna che ne forma oggetto, a seguito dell’uso che ne è stato fatto, ha acquistato carattere distintivo”.
Secondo la corrente interpretazione, il secondary meaning indica l’acquisizione, da parte del segno sprovvisto in origine di capacità distintiva, in quanto generico o meramente descrittivo, di una tale capacità: “per effetto del consolidarsi del suo uso sul mercato, così l’ordinamento si trova a recepire “il fatto” della acquisizione successiva di una “distintività” attraverso un meccanismo di “convalidazione” del segno”.
Trattasi, pertanto, di un ambito di applicazione diverso da quello oggetto della presente controversia ed avente presupposti differenti.
Tale disciplina (art. 13 cpi) ha ad oggetto il “marchio”, quale segno distintivo di una determinata realtà imprenditoriale e che viene tutelato in quanto tale (cfr. artt. 20 e ss. c.p.i.); al contrario, quella codicistica, in tema di concorrenza sleale per imitazione servile, tutela un “prodotto” nella (sola) misura in cui l’imitazione della sua forma individualizzante risulti idonea a creare confusione nel pubblico di riferimento.
Quindi, mentre l’azione di contraffazione ha natura reale ed è volta a tutelare il diritto all’uso e allo sfruttamento esclusivo del marchio, in sé considerato e nel rispetto delle condizioni e dei limiti temporali previsti dalla tutela brevettuale; l’azione ex art. 2598 n. 1) c.c., invece, tutela il prodotto se ed in quanto l’imitazione possa indurre in inganno circa la sua provenienza>>

Questione interessante ma risposta giudiziale non perspicua ed anzi frettolosa. La applicabilità del S. M. non mi pare esclusa in partenza ma semmai solo dopo approfondito raginamento, valendo la ratio nel marchio forse anche nella condondibilità dell’aspetto.

Opinion della European Copyright Society sulla originalità del design a fini di protezione tramite copyright

Il 3 dicembre 2024 la ECS ha diffuso un suo dettagliato parere sul tema, titolato The Protection of Works of Applied Art under EU Copyright Law . Opinion of the European Copyright Society in MIO/konektra (Cases C-580/23 and C-795/23).

Parere assai articolato e documentato, che si porrà come testo importante per affrontare la non semplice questioni della tutela d’autore per il design.

Riporto solo un pezzo della parte IV Conclusion – Answers to the questions referred to the CJEU:

<<We have explained the approach above at [19]-[51]. As established in the Court’s jurisprudence, for there to be a protectable work, there must be expression (not merely ideas), and that expression needs to involve free and creative choices as a result of which the author has stamped their personality on the work. In general, in the case of works of applied arts, the presence of functional constraints will often severely limit the freedom of choice, and the
utilitarian goals may well mean that the designer will rarely make creative choices. Importantly, the mere presence of alternative choices is not of itself sufficient to show creativity. Even where there is freedom to choose the expressive elements, and that freedom is exercised creatively, it is also possible that the resulting designs will not bear the imprint of the author. As the Court
made clear in Cofemel, just because the production is aesthetically appealing or attractive does not imply either that creative choices have been made, or that the result bears the personal imprint of the author.
In assessing these elements, “factors surrounding the creative process” might offer indications as to what functional constraints existed, how much freedom there was, and whether the decisions made by the author were creative. As explained at [42]-[43], while the author’s explanation of the choices s/he/they made is not irrelevant (and could assist a tribunal in understanding the author’s perception of the design freedom and the character of the choices), it is also not determinative. Ultimately, the tribunal will need to decide whether, as a result of
making creative choices, the objective features of the resulting production reflect the author’s personal touch”

La sentenza della Corte di Giustizia nel caso italiano Jamendo sulle collecting societies nel diritto d’autore UE

C. Giust. C-10/22 del 21.03.2024, Liberi editori e autori LEA c. Jamendo SA., avv. gen. Szpunar, affronta il complicato tema della equiparazione tra organismi di gestione collettiva (OGC; SIAE da noi)  e entità di gestione indipendenti (EGI)  secondo la duplice possibilità offerta dalla direttiva 2014/25.

La radicale esclusione degli EGI non è compatbile con la direttiva, mentre una differenza disciplinare può esserlo (più vincolante per le EGI), in ragione della più lasca disciplina per esse prevista dalla direttiva.

Sintesi finale:

<<96  Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che il trattamento differenziato, operato dalla normativa nazionale di cui trattasi, delle entità di gestione indipendenti rispetto agli organismi di gestione collettiva risponda all’intento di conseguire l’obiettivo di protezione del diritto d’autore in modo coerente e sistematico, dal momento che la direttiva 2014/26 assoggetta le entità di gestione indipendenti ad obblighi meno rigorosi rispetto a quelli degli organismi di gestione collettiva per quanto riguarda, in particolare, l’accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, la concessione delle licenze, le modalità di governance nonché il quadro di sorveglianza cui sono soggette. In dette circostanze, tale trattamento differenziato può essere considerato idoneo a garantire il conseguimento di detto obiettivo.

97 Tuttavia, per quanto concerne, sotto un secondo profilo, la questione se la restrizione consistente nell’escludere le entità di gestione indipendenti dall’attività di intermediazione dei diritti d’autore non vada oltre quanto è necessario per garantire il conseguimento dell’obiettivo di interesse generale connesso alla protezione del diritto d’autore, occorre rilevare che una misura meno lesiva della libera prestazione di servizi potrebbe consistere, segnatamente, nel subordinare la prestazione di servizi di intermediazione dei diritti d’autore nello Stato membro interessato a obblighi normativi specifici che sarebbero giustificati riguardo all’obiettivo di protezione del diritto d’autore.

98 Pertanto, occorre constatare che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, nella misura in cui preclude, in modo assoluto, a qualsiasi entità di gestione indipendente, a prescindere dagli obblighi normativi cui essa è soggetta in forza del diritto nazionale dello Stato membro in cui è stabilita, di esercitare una libertà fondamentale garantita dal Trattato FUE, risulta andare oltre quanto è necessario per proteggere il diritto d’autore.

99 Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 56 TFUE, in combinato disposto con la direttiva 2014/26, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che esclude in modo generale e assoluto la possibilità per le entità di gestione indipendenti stabilite in un altro Stato membro di prestare i loro servizi di gestione dei diritti d’autore nel primo di tali Stati membri>>.

L’art. 180 l. aut. però è stato modificato nel settembre/novembre 2024, nel senso di equiparare i due tipi di enti.

Nel maggio 2024 è stato emanato il regolamento AGCOM sulla rappresentatività e sui doveri delle collecting , delibera 95-24 (v. pag. web del provvedimento  e il link diretto al regolamento, allegato A).

Nel febbraio 2023  il Consiglio di Stato  aveva rigettato il ricorso di SIAE nell’opposiizone da questa fatta all’accertamento AGCM di abuso di posizione dominante (sentenza 15.02.2023, sez. 6, N. 01580/2023 REG.PROV.COLL.) che esamina fra le altre l’ambito soggettivo ed oggettivo di applicaizone dell’art. 180 l. aut. prima e dopo lke modifiche del 2017 (§ 17 ss , p. 732 ss del file).

Della ponderosa sentenza ricordo solo l’affermata natura eccezionale dell’esclusiva SIAE , oggi delle collecting in generale (p. 74/5)

La rappresentazione del disegno o modello in domanda deve essere univoca, pena la nullità

Marcel Pemsel su IPKat ci notizia di un particolare ma interessante caso  deciso da Trib. UE 23.10.2024, T-25/23, Orgatex c. EUIPO+Lawrence Longtont.

Il ricorrente aveva chiesto la registrazione di un segnale orizzontale, ma con rappresentazioni grafiche, che non era chiaro se concernessero il medesimo oggetto.

Non c’è bisogno di soffermarsi sull’esigenza che nella domanda di registrazione invece dette rapresentazioni devono concernere proprio un solo oggetto, dato che su quello vanno resi i giudizi  di novità e carattere individuale (v. § 36 ss sulla ratio di questa ovvia regola).

Ebbene il Trib. conferma che non paiono riguardare il medesimo oggetto e quindi conferma pure il rigetto amministrativo

Quindi fare mlta attenzione nella redazione della domanda.

Marcel offre due saggie indicazioni: <<1. Simple means: Show only the product or product part that incorporates the design to be protected. Avoid including additional items, a background, any stylistic means (such as lighting or reflections) or trade marks (in particular figurative marks).

Also, unless necessary to obtain the desired scope of protection, filing a single view can be sufficient. In the case above, it seems that views 1.2 or 1.4 would have adequately protected Orgatex’ interest in the designs.

2. Consistent means: If you are a lawyer and get pictures of the goods from your client, play a complex version of the game ‘spot the difference’ between all views. If put together in one’s mind, the representations must form a coherent product design.

Even minor discrepancies between the views should be avoided, even though they do not necessarily lead to the invalidity of the design, provided they can be explained, for instance by different lighting (for an example see here).>>

Mancanza di distintività del noto marchio figurativo CHIQUITA

Questo il marchio chiesto in registrazione da Chiquita Brands per alimenti.

 TRIB UE 13.11.2024 , T-426/23, Chiquita Brands v. EUIPO, rigetta la domanda perchè privo di distintività.

Dal comunicato stampa del Trib.:

<<Nella sua sentenza, il Tribunale respinge il ricorso e conferma quindi la nullità del marchio per la frutta fresca.
Il Tribunale ritiene che né la forma né lo schema di colori blu e giallo del marchio gli conferiscano carattere distintivo. Infatti, la forma del marchio corrisponde a quella di una semplice figura geometrica (una variazione di un ovale), senza caratteristiche facilmente e immediatamente memorizzabili. Inoltre, le etichette di forma ovale sono comunemente utilizzate nel settore delle banane, in quanto sono facili da applicare su frutti incurvati. Di conseguenza, tale forma non sarà idonea ad attirare l’attenzione del pubblico né permetterà a quest’ultimo di identificare l’origine commerciale della frutta fresca contrassegnata dal marchio.
Quanto allo schema dei colori, il Tribunale rileva che si tratta di una combinazione di colori primari frequente nel commercio della frutta fresca e il suo uso nel marchio non la rende particolarmente caratteristica o significativa. Tali colori non sarebbero quindi idonei a individualizzare detti prodotti.

Secondo il Tribunale, la Chiquita Brands non è riuscita a dimostrare che il suo marchio, così come è stato registrato, avesse acquisito in tutto il territorio dell’Unione un carattere distintivo in seguito all’uso che gli avrebbe consentito di identificare l’origine commerciale dei prodotti in parola. Infatti, da un lato, la maggior parte delle prove presentate si riferisce solo a quattro Stati membri, e non è stato dimostrato che la situazione del mercato della frutta fresca in tali paesi sarebbe stata la stessa negli altri Stati membri. Dall’altro, nella quasi totalità delle prove, il marchio appare assieme ad  elementi figurativi o denominativi aggiuntivi, in particolare la parola «chiquita» >>

Lo slogan politico non è segno sufficientemente distintivo dell’origine per potere essere registrato come marchio

Trib. UE 13.11.2024, T-82/24, Administration of the State Border Guard Service of Ukraine, con sede in Kiev (Ucraina) c. EUIPO affronta un interessante quesito.

<<35  (…) la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di diritto ritenendo che il principio generale secondo cui il pubblico di riferimento è poco attento nei confronti di un segno che non gli fornisce immediatamente un’indicazione sulla provenienza dei prodotti e dei servizi di cui trattasi, dato che non lo percepirebbe né lo memorizzerebbe come marchio, si applichi anche a segni il cui messaggio principale è di natura politica.

36 Orbene, tenuto conto della funzione essenziale di un marchio, quale ricordata al precedente punto 16, un segno non è in grado di svolgere tale funzione se il consumatore medio non percepisce, in sua presenza, l’indicazione dell’origine del prodotto o del servizio, bensì unicamente un messaggio politico.

(…)

38 Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha considerato, ai punti 34 e 37 della decisione impugnata, che il marchio richiesto non sarebbe percepito dal pubblico di riferimento come indicativo di un’origine commerciale. Peraltro, essa ha precisato, al punto 36 della decisione impugnata, che la frase ripresa nel marchio richiesto sarebbe interpretata anzitutto come un messaggio politico e che tale percezione sarebbe identica per tutti i prodotti o i servizi designati da tale marchio.

39 Conseguentemente la commissione di ricorso ha ritenuto che i prodotti e i servizi oggetto del marchio richiesto costituissero un gruppo sufficientemente omogeneo, tenuto conto dell’impedimento assoluto alla registrazione in cui ricadeva, a suo avviso, la registrazione di detto marchio.

40 Avendo, correttamente, considerato che il marchio richiesto non sarebbe percepito dal pubblico di riferimento come indicativo di un’origine commerciale, ma come un messaggio politico che promuove il sostegno alla lotta dell’Ucraina contro l’aggressione militare della Federazione russa, la commissione di ricorso poteva validamente raggruppare tutti i prodotti e i servizi oggetto del marchio richiesto in un’unica categoria, sebbene essi presentassero caratteristiche intrinseche diverse.

41 Pertanto, tenuto conto della specificità del marchio richiesto e della sua identica percezione da parte del pubblico di riferimento rispetto all’insieme dei prodotti e dei servizi oggetto della domanda di registrazione, la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione nel ritenere che detti prodotti e servizi facessero parte di un solo gruppo al quale si applicava, alla stessa maniera, l’impedimento alla registrazione da essa individuato.

42 In terzo luogo, secondo una giurisprudenza costante, il carattere distintivo di un marchio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 dev’essere valutato in funzione, da un lato, dei prodotti o dei servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall’altro, della percezione che ne ha il pubblico di riferimento (v. sentenza del 29 aprile 2004, Henkel/UAMI, C‑456/01 P e C‑457/01 P, EU:C:2004:258, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

(…)

44 Da quanto precede risulta che la commissione di ricorso ha correttamente concluso che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001>>.

Problem- solution approach in una valutazione veneziana di originalità dell’invenzione

Trib. Venezia 15.03.2024, RG 3212/2021, rel. Guzzo, Vem spa v. SACCARDO ELETTROMECCANICA s.r.l.u. :

<<Il metodo problem- solution approach, prevede che si debba procedere dopo l’
individuazione dell’arte nota più vicina (closest prior art) che nel caso di specie è
proprio l’elettromandrino EFL , all’identificazione del problema tecnico affrontato dal brevetto e alla valutazione circa il fatto se, partendo dall’anteriorità più prossima e dalla considerazione del problema tecnico, il trovato fatto oggetto del brevetto sarebbe risultato ovvio o meno per la persona esperta del ramo.

Quanto al problema tecnico le stesse linee Guida dell’EPO prevedono che debba essere individuato il problema tecnico che effettivamente l’invenzione risolve sulla base dell’effetto tecnico delle caratteristiche distintive del trovato; di tal che qualora emerga come nel caso di specie che l’ arte nota più vicina al brevetto non sia stata considerata nel brevetto, il problema tecnico non potrà essere confinato necessariamente al problema tecnico “soggettivamente” ivi indicato ma dovrà esser “riformulato” al fine di individuare il problema tecnico oggettivo che l’invenzione è idonea a risolvere sulla base delle sue caratteristiche distintive.
In tal senso è corretto e ben motivato l’operato del CTU che proprio in base alle caratteristiche distintive del trovato brevettuale già sopra illustrate ha individuato il problema tecnico oggettivo identificato “ in come montare in maniera semplice la testa  portautensile sull’albero motore 3 dell’elettromandrino con l’impiego di un inserto 10, il quale possa essere realizzato in materiale differente dal materiale, con il quale è realizzato l’albero motore 3, e possa preservare questo da possibili danneggiamenti legati all’uso dell’elettromandrino”.
Non è abbisognevole di ulteriori chiarimenti la individuazione del problema tecnico da risolvere effettuata dal CTU non essendo condivisibile il rilievo di parte attrice secondo cui le caratteristiche distintive non risolverebbero detto problema tecnico (che sarebbe dunque non correttamente formulato) stanti altri inconvenienti presenti (“il vincolo indiretto della testata all’albero motore tramite l’inserto” comporta lo svantaggio di richiedere “la rimozione dell’intera testata quando si deve rimuovere l’inserto in caso sia necessaria la sua sostituzione”) : invero non è raro che la soluzione al problema tecnico oggettivo, possa introdurre inconvenienti di diversa natura ma la presenza di altri inconvenienti- che potrà esser se del caso ovviata da altre soluzioni – non esclude
che le nuove caratteristiche trovate sia solutive di quel problema.
Infine è stato adeguatamente utilizzato il c.d. “could – would approach“, per verificare se alla luce dell’arte nota e della anteriorità più prossima l’esperto del ramo sarebbe stato spinto logicamente e quasi certamente (“would”), a risolvere il problema tecnico oggettivo come rivendicato in IT027 ovvero avrebbe solo potuto (“could”) giungere a detta soluzione>>.