Opinion della European Copyright Society sulla originalità del design a fini di protezione tramite copyright

Il 3 dicembre 2024 la ECS ha diffuso un suo dettagliato parere sul tema, titolato The Protection of Works of Applied Art under EU Copyright Law . Opinion of the European Copyright Society in MIO/konektra (Cases C-580/23 and C-795/23).

Parere assai articolato e documentato, che si porrà come testo importante per affrontare la non semplice questioni della tutela d’autore per il design.

Riporto solo un pezzo della parte IV Conclusion – Answers to the questions referred to the CJEU:

<<We have explained the approach above at [19]-[51]. As established in the Court’s jurisprudence, for there to be a protectable work, there must be expression (not merely ideas), and that expression needs to involve free and creative choices as a result of which the author has stamped their personality on the work. In general, in the case of works of applied arts, the presence of functional constraints will often severely limit the freedom of choice, and the
utilitarian goals may well mean that the designer will rarely make creative choices. Importantly, the mere presence of alternative choices is not of itself sufficient to show creativity. Even where there is freedom to choose the expressive elements, and that freedom is exercised creatively, it is also possible that the resulting designs will not bear the imprint of the author. As the Court
made clear in Cofemel, just because the production is aesthetically appealing or attractive does not imply either that creative choices have been made, or that the result bears the personal imprint of the author.
In assessing these elements, “factors surrounding the creative process” might offer indications as to what functional constraints existed, how much freedom there was, and whether the decisions made by the author were creative. As explained at [42]-[43], while the author’s explanation of the choices s/he/they made is not irrelevant (and could assist a tribunal in understanding the author’s perception of the design freedom and the character of the choices), it is also not determinative. Ultimately, the tribunal will need to decide whether, as a result of
making creative choices, the objective features of the resulting production reflect the author’s personal touch”

La sentenza della Corte di Giustizia nel caso italiano Jamendo sulle collecting societies nel diritto d’autore UE

C. Giust. C-10/22 del 21.03.2024, Liberi editori e autori LEA c. Jamendo SA., avv. gen. Szpunar, affronta il complicato tema della equiparazione tra organismi di gestione collettiva (OGC; SIAE da noi)  e entità di gestione indipendenti (EGI)  secondo la duplice possibilità offerta dalla direttiva 2014/25.

La radicale esclusione degli EGI non è compatbile con la direttiva, mentre una differenza disciplinare può esserlo (più vincolante per le EGI), in ragione della più lasca disciplina per esse prevista dalla direttiva.

Sintesi finale:

<<96  Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che il trattamento differenziato, operato dalla normativa nazionale di cui trattasi, delle entità di gestione indipendenti rispetto agli organismi di gestione collettiva risponda all’intento di conseguire l’obiettivo di protezione del diritto d’autore in modo coerente e sistematico, dal momento che la direttiva 2014/26 assoggetta le entità di gestione indipendenti ad obblighi meno rigorosi rispetto a quelli degli organismi di gestione collettiva per quanto riguarda, in particolare, l’accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, la concessione delle licenze, le modalità di governance nonché il quadro di sorveglianza cui sono soggette. In dette circostanze, tale trattamento differenziato può essere considerato idoneo a garantire il conseguimento di detto obiettivo.

97 Tuttavia, per quanto concerne, sotto un secondo profilo, la questione se la restrizione consistente nell’escludere le entità di gestione indipendenti dall’attività di intermediazione dei diritti d’autore non vada oltre quanto è necessario per garantire il conseguimento dell’obiettivo di interesse generale connesso alla protezione del diritto d’autore, occorre rilevare che una misura meno lesiva della libera prestazione di servizi potrebbe consistere, segnatamente, nel subordinare la prestazione di servizi di intermediazione dei diritti d’autore nello Stato membro interessato a obblighi normativi specifici che sarebbero giustificati riguardo all’obiettivo di protezione del diritto d’autore.

98 Pertanto, occorre constatare che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, nella misura in cui preclude, in modo assoluto, a qualsiasi entità di gestione indipendente, a prescindere dagli obblighi normativi cui essa è soggetta in forza del diritto nazionale dello Stato membro in cui è stabilita, di esercitare una libertà fondamentale garantita dal Trattato FUE, risulta andare oltre quanto è necessario per proteggere il diritto d’autore.

99 Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 56 TFUE, in combinato disposto con la direttiva 2014/26, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che esclude in modo generale e assoluto la possibilità per le entità di gestione indipendenti stabilite in un altro Stato membro di prestare i loro servizi di gestione dei diritti d’autore nel primo di tali Stati membri>>.

L’art. 180 l. aut. però è stato modificato nel settembre/novembre 2024, nel senso di equiparare i due tipi di enti.

Nel maggio 2024 è stato emanato il regolamento AGCOM sulla rappresentatività e sui doveri delle collecting , delibera 95-24 (v. pag. web del provvedimento  e il link diretto al regolamento, allegato A).

Nel febbraio 2023  il Consiglio di Stato  aveva rigettato il ricorso di SIAE nell’opposiizone da questa fatta all’accertamento AGCM di abuso di posizione dominante (sentenza 15.02.2023, sez. 6, N. 01580/2023 REG.PROV.COLL.) che esamina fra le altre l’ambito soggettivo ed oggettivo di applicaizone dell’art. 180 l. aut. prima e dopo lke modifiche del 2017 (§ 17 ss , p. 732 ss del file).

Della ponderosa sentenza ricordo solo l’affermata natura eccezionale dell’esclusiva SIAE , oggi delle collecting in generale (p. 74/5)

Sulla disciplina della fotografia semplice ex art. 87 ss l. aut.

Trib. Milano 31.08.2023 , RG 43030/2019, Appetito c. RSC, rel. Marangoni, sull’uso di una fotografia di Alberto Sordi sscatata nel 1979 durante le riprese di Il malato immaginario.

Il T. qualifica come fotografia semplice:

<<La valutazione della fotografia nel suo complesso non può che condurre ad assegnare alla stessa la più
limitata tutela di cui agli artt. 87 e ss. l.a.
Invero, l’immagine è pacificamente quella eseguita nel corso delle riprese del film “Il malato
immaginario” e rappresenta il protagonista del personaggio principale dell’opera interpretato
dall’attore Alberto Sordi in una posa della narrazione stessa, e cioè in un letto e in camicia da notte.
L’immagine ripresa dall’Appetito costituisce con evidenza la mera ripresa della rappresentazione del
personaggio nei termini e nell’aspetto scelti per la raffigurazione filmica di esso, senza che sia in effetti
individuabile l’aggiunta o l’integrazione in tale fotografia di scena di profili di caratterizzazione o di
creatività specificamente attribuibili al fotografo, al di là cioè di quelli che possono ritenersi pertinenti
alle scelte registiche, comprendenti anche gli aspetti scenografici e i costumi prescelti per la
rappresentazione stessa di quella particolare scena>>

A nulla serve che sia inserita in un Archivio storico: la valtuazione va fatta solo a sensi della l. aut.

Ne segue però che l’usoda parte di RCS, non menzinante il nome del fotografo, essendo avvenuto nel 2018 e cioè decorso il ventennio di protezione ex lege (art. 92), fu lecito.

Innteressante  è l’aggancio a tale temrine anche di quello del diritto morale di essere menzioanto ex art. 90 n. 1 l. aut.:

<<La disposizione dell’art. 90, comma 1 l.a. – che esige che gli esemplari della fotografia debbano essere
diffusi con la menzione dell’autore (o del soggetto titolare dei diritti di utilizzazione economica, quali
ad esempio il committente della stessa) – è evidentemente predisposta al fine di consentire
l’opponibilità dei diritti connessi del fotografo (o dei titolari dei diritti sull’immagine) ai terzi, sicchè –
a mente del secondo comma della medesima disposizione di legge – la mancanza di tali indicazioni
determina la libera riproducibilità dello scatto da parte di terzi.
Se, dunque, tale ipotesi comunque non pare attenere in sé alla tutela del diritto morale dell’autore della
fotografia – in quanto specificamente rivolta a consentire l’opponibilità dei diritti connessi
sull’immagine ai sensi degli artt. 88 e ss. l.a. – deve rilevarsi che l’imporre in epoca successiva alla
scadenza fissata dall’art. 92 l.a. ad un utilizzatore di un’immagine in libera riproduzione l’onere di
menzionare il nome dell’autore, oltre ad non essere stabilito da alcuna disposizione attinente alle
fotografie “semplici”, sarebbe evidentemente eccessivo e di fatto inesigibile, laddove – come nel caso
di specie – l’immagine sembrerebbe essere circolata priva di tale indicazione.
La semplice omissione del nome dell’autore – ove intervenuta la scadenza prevista dall’art. 92 l.a. –
non può costituire dunque fonte di illecito, mentre il richiamo a principi generali che consentono ad
ogni individuo di rivendicare la paternità del frutto delle proprie attività potrebbe trovare un
fondamento nella particolare ipotesi (qui non sussistente) in cui la paternità dell’immagine sia stata attribuita a persona diversa>>

 

La tutela del software copre solo i codici sorgente e oggetto, non le variabili ulteriori, sulle quali i concorrenti possono apportare modifiche con applicaizoni integrative

Importante (perchè non scontata) ed esatta precisazione di Corte Giust. 17/10/2027, C-159/23, Sony c. DAtel .

Il fatto:

<<15 La Sony commercializza, in qualità di licenziataria esclusiva per l’Europa, consolle per videogiochi Playstation nonché videogiochi per tali consolle. Fino al 2014, la Sony commercializzava, tra l’altro, la consolle PlayStationPortable (in prosieguo: la «consolle PSP») nonché taluni videogiochi per questa consolle, fra cui il videogioco MotorStorm Arctic Edge (in prosieguo: il «videogioco di cui trattasi»).

16 La Datel sviluppa, produce e distribuisce software, in particolare prodotti integrativi delle consolle per videogiochi della Sony, tra cui il software Action Replay PSP nonché un dispositivo, il Tilt FX, corredato di un software avente lo stesso nome, che consente di comandare la consolle PSP mediante movimento nello spazio. Tali software funzionano esclusivamente con i giochi originali della Sony.

17 L’esecuzione del software Action replay PSP avviene collegando la consolle PSP a un elaboratore ed inserendo in tale consolle una chiavetta USB che carica detto software. Dopo il riavvio di detta consolle, l’utilizzatore dispone, nell’interfaccia, di una funzione supplementare «Action replay» che offre all’utilizzatore opzioni di gioco non previste nell’attuale fase del videogioco da parte della Sony. In tale scheda figurano, ad esempio, per quanto riguarda il videogioco di cui trattasi, opzioni che consentono di eliminare qualsiasi restrizione nell’utilizzo del «turbo» (booster) o di disporre non soltanto di una parte dei conducenti, ma anche della parte di essi che, altrimenti, potrebbe essere attivata solo dopo aver ottenuto un determinato punteggio.

18 Per quanto riguarda il Tilt FX, l’utilizzatore dispone di un sensore che è collegato alla consolle PSP e che consente di comandare tale consolle grazie ai movimenti di quest’ultima nello spazio. In tale consolle deve essere introdotta anche una chiave USB allo scopo di predisporre l’intervento del sensore di movimento, il che rende disponibile, nell’interfaccia, una funzione supplementare che elimina, in particolare, talune restrizioni. Così, per il videogioco di cui trattasi, tale funzionalità consente un utilizzo illimitato del turbo>>.

La CG:

37  Risulta quindi dalla formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2009/24, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni, che il codice sorgente e il codice oggetto rientrano nella nozione di «forma di espressione» di un programma per elaboratore, ai sensi di tale disposizione, in quanto consentono la riproduzione o la realizzazione di tale programma in una fase successiva, mentre altri elementi di quest’ultimo, quali in particolare le sue funzionalità, non sono tutelati da tale direttiva. Detta direttiva non tutela neppure gli elementi mediante i quali gli utilizzatori sfruttano tali funzionalità, senza tuttavia consentire una simile riproduzione o realizzazione del programma in una fase successiva.

38 Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 38 e 40 delle sue conclusioni, la tutela garantita dalla direttiva 2009/24 è limitata alla creazione intellettuale quale essa si riflette nel testo del codice sorgente e del codice oggetto e, pertanto, all’espressione letterale del programma per elaboratore in tali codici, che costituiscono rispettivamente una serie di istruzioni in base alle quali l’elaboratore deve svolgere i compiti previsti dall’autore del programma. (…)

50  Nel caso di specie, il giudice del rinvio osserva che il software della Datel è installato dall’utilizzatore sulla consolle PSP ed è eseguito contemporaneamente al software di gioco. Detto giudice aggiunge che tale software non modifica e non riproduce né il codice oggetto, né il codice sorgente, né la struttura interna e l’organizzazione del software della Sony, utilizzato sulla consolle PSP, ma si limita a modificare il contenuto delle variabili temporaneamente inserite dai videogiochi della Sony nella memoria RAM della consolle PSP, che sono utilizzate durante l’esecuzione del videogioco, cosicché quest’ultimo viene eseguito sulla base di tali variabili dal contenuto modificato.

51 Inoltre, come risulta dalla motivazione della decisione di rinvio, risulta che il software della Datel, modificando unicamente il contenuto delle variabili inserite da un programma per elaboratore tutelato nella memoria RAM di un elaboratore ed utilizzate da tale programma nel corso della sua esecuzione, non consente, in quanto tale, di riprodurre tale programma né una parte di esso, ma presuppone, al contrario, che tale programma sia eseguito in contemporanea. Come sostanzialmente sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 48 delle sue conclusioni, il contenuto delle variabili costituisce quindi un elemento di detto programma, attraverso il quale gli utilizzatori sfruttano le funzionalità di tale programma, elemento che non è protetto in quanto «forma di espressione» di un programma per elaboratore ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2009/24, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare>>.

La tutela concerne le forme diespressioone di unprogramma le quali << sono quelle che consentono di riprodurlo in diversi linguaggi informatici, quali il codice sorgente e il codice oggetto >>, § 34.

Il digital lending di e-books da parte di Internet Archive non costituisce “fair use”

Così l’appello del 2° circuito 4 settembre 2024,  Docket No. 23-1260, HACHETTE BOOK GROUP , INC., HARPERCOLLINS PUBLISHERS L.L.C., JOHN WILEY &
SONS , INC., PENGUIN RANDOM HOUSE LLC contro Internet Archive (MENASHI, ROBINSON, and KAHN Circuit Judges), su un tema ancora controverso pure in UE.

Internet Archive (poi: IA) scansiona in toto libri senza fine di lucro (<<is it “fair use” for a nonprofit organization to scan copyright-protected print books in their entirety anddistribute those digital copies online, in full, for free, subject to a one-to-one owned-to-loaned ratio between its print copies and the digital copies it makes available at any given time, all without authorization from the copyright-holding publishers or authors?>>, p. 7; dettagli sul fatto p. 11).

La ratio della tutela da copyright è prevalebntemente pubblicistica: promuovere la creazione di opere. V. : <<The monopoly created by the Copyright Act “rewards the individual author in order to benefit the public”; the idea being that authors and inventors will be more motivated to produce new works if they know those works will be protected, and the public will benefit from both restricted access to those works in the short term and unfettered access in the long term, once the period of exclusive control expires. Harper & Row, 471 U.S. at 546. The Act therefore “reflects a balance of competing claims upon the public interest: Creative work is to be encouraged and rewarded, but private motivation must ultimately serve the cause of promoting broad public availability of literature, music, and the other arts.” Twentieth Century Music Corp. v. Aiken, 422 U.S. 151, 156 (1975)>> p. 18

Dei quattro fattori da conteggiare secondo il § 107, nessuno è a favore di IA,.  Circa il primo, è vero che la commerciality lo è; ma ciò è controbilanciato dalla Transformativeness, che, da un lato, è a favore degli editori e, dall’altro, è più importante, p. 21 e 38/9.

Ne dà notizia Ars Technica che offre pure il link diretto al documento .

Sentenza interessante, anche se la disciplina del fair use è un pò diversa da quella nazionale/europea.

Da noi v. gli ottimi lavori si Caterina Sganga sull’esaurimento digitale nel copyright UE (ad es. in Diritto dell’informazione e dell’informatica 2020-3  e 2019-1).

Installare televisioni in albergo, portanti segnale tv fatto circolare via cavo, costituisce comunicazione al pubblico

L’annoso tema , che non cessa di porre dubbi, è esaminato da Corte di Giustizia 11.04.2024. C-11-04.2024, Citadines Betriebes GmbH c. MPLC MPLC Deutschland GmbH (AG è Szpunar).

Riporto tutto il passo rilevante

<<35   Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 debba essere interpretato nel senso che la fornitura di apparecchi televisivi installati nelle camere o nella palestra di un albergo, qualora un segnale sia, inoltre, ritrasmesso a tali apparecchi mediante una rete di distribuzione via cavo propria di tale albergo, costituisca una «comunicazione al pubblico» ai sensi di tale disposizione.

36      A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, «[g]li Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente».

37      Come ripetutamente dichiarato dalla Corte, in forza di tale disposizione, gli autori dispongono di un diritto di natura precauzionale che consente loro di frapporsi tra eventuali utenti della loro opera e la comunicazione al pubblico che detti utenti potrebbero voler effettuare, e ciò al fine di vietare quest’ultima (sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 30, e del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

38      Per quanto concerne il contenuto della nozione di «comunicazione al pubblico», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, essa deve essere intesa, come indicato al considerando 23 della direttiva 2001/29, in senso ampio, quale comprendente qualsiasi comunicazione al pubblico non presente nel luogo di origine della comunicazione e quindi qualsiasi trasmissione o ritrasmissione, di tale natura, di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, compresa la radiodiffusione. Dai considerando 4, 9 e 10 di detta direttiva emerge, infatti, che obiettivo principale di quest’ultima è la realizzazione di un elevato livello di protezione a favore degli autori, consentendo a questi ultimi di ricevere un adeguato compenso per l’utilizzo delle loro opere, in particolare in occasione di una comunicazione al pubblico (sentenza del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

39      A tal proposito, come ripetutamente dichiarato dalla Corte, tale nozione consta di due elementi cumulativi, vale a dire un atto di comunicazione di un’opera e la comunicazione di quest’ultima a un pubblico, e implica una valutazione individualizzata (sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 37; del 2 aprile 2020, Stim e SAMI, C‑753/18, EU:C:2020:268, punto 30, e del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

40      Ai fini di una tale valutazione è necessario tener conto di svariati criteri complementari, di natura non autonoma e interdipendenti tra loro. Poiché tali criteri possono essere presenti, nelle diverse situazioni concrete, con intensità molto variabile, occorre applicarli sia individualmente sia nella loro reciproca interazione (sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 35, e del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).

41      Tra tali criteri la Corte, da un lato, ha messo in evidenza il ruolo imprescindibile dell’utente e il carattere intenzionale del suo intervento. Esso realizza infatti un «atto di comunicazione» quando interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti accesso a un’opera protetta, in particolare quando, in mancanza di detto intervento, tali clienti non potrebbero, in linea di principio, fruire dell’opera diffusa (v. in tal senso, sentenza del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

42      Inoltre, la Corte ha dichiarato che il carattere lucrativo di una comunicazione al pubblico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, non è privo di rilevanza (sentenza dell’8 settembre 2016, GS Media, C‑160/15, EU:C:2016:644, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

43      D’altronde, per rientrare nella nozione di «comunicazione al pubblico», ai sensi di tale disposizione, occorre inoltre che le opere protette siano effettivamente comunicate a un pubblico [sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 40, e del 28 ottobre 2020, BY (Prova fotografica), C‑637/19, EU:C:2020:863, punto 25 e giurisprudenza ivi citata].

44      A tal riguardo, la Corte ha precisato che la nozione di «pubblico» riguarda un numero indeterminato di destinatari potenziali e implica, peraltro, un numero di persone abbastanza rilevante (sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 41, e del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

45      Parimenti, secondo costante giurisprudenza, un’opera protetta, per essere qualificata come «comunicazione al pubblico», deve essere comunicata secondo modalità tecniche specifiche, diverse da quelle fino ad allora utilizzate o, in mancanza, deve essere rivolta ad un «pubblico nuovo», vale a dire a un pubblico che non sia già stato preso in considerazione dal titolare del diritto nel momento in cui egli ha autorizzato la comunicazione iniziale della sua opera al pubblico (sentenza del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

46      È alla luce, in particolare, di tali criteri, e conformemente alla valutazione individualizzata ricordata al punto 39 della presente sentenza, che occorre valutare se, in una causa quale quella oggetto del procedimento principale, il gestore di un albergo che fornisce nelle camere e nella palestra dello stesso apparecchi televisivi e/o radiofonici ai quali ritrasmette un segnale di radiodiffusione realizzi un atto di comunicazione al pubblico ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29.

47      Sebbene spetti, in linea di principio, al giudice nazionale stabilire se ciò si verifichi in una particolare fattispecie e apportare al riguardo tutte le valutazioni di fatto definitive, la Corte è competente a fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi di interpretazione attinenti al diritto dell’Unione per valutare se esista un tale atto di comunicazione al pubblico.

48      Nel caso di specie, in primo luogo, occorre considerare che il gestore di un albergo realizza un atto di comunicazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, qualora trasmetta deliberatamente opere protette alla sua clientela, distribuendo volutamente un segnale a mezzo di apparecchi televisivi installati in detto albergo (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

49      In secondo luogo, la Corte ha già dichiarato che i clienti di un siffatto albergo costituiscono un numero indeterminato di destinatari potenziali, nella misura in cui l’accesso di tali clienti ai servizi dell’albergo in parola è frutto, in via di principio, della scelta specifica di ciascuno di essi e non è soggetto ad altro limite se non la capacità ricettiva dell’albergo, e che i clienti di un albergo costituiscono un numero di persone abbastanza rilevante, e di conseguenza queste ultime devono essere ritenute un «pubblico» [sentenza del 15 marzo 2012, Phonographic Performance (Ireland), C‑162/10, EU:C:2012:141, punti 41 e 42].

50      In terzo luogo, la Corte ha dichiarato che, perché sussista la comunicazione al pubblico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, occorre che l’utente interessato, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, dia accesso a una trasmissione radiodiffusa contenente un’opera protetta a un pubblico ulteriore e che risulti che, in assenza di tale intervento, le persone che costituiscono tale pubblico «nuovo», pur trovandosi all’interno della zona di copertura di detta trasmissione, non possano, in via di principio, usufruire di tale opera. Pertanto, qualora il gestore di un albergo trasmetta deliberatamente alla sua clientela una tale opera, distribuendo volontariamente un segnale a mezzo di ricevitori televisivi o radiofonici installati in tale albergo, egli interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti accesso a tale opera. Infatti, in assenza di questo intervento, tali clienti, pur trovandosi all’interno di una tale zona di copertura, non potrebbero, in via di principio, usufruire di detta opera (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punti 46 et 47 e giurisprudenza ivi citata).

51      In quarto luogo, secondo la giurisprudenza della Corte, affinché vi sia comunicazione al pubblico, ai sensi di tale disposizione, è sufficiente che l’opera sia messa a disposizione del pubblico in modo che coloro che compongono tale pubblico possano avervi accesso (v., in tal senso, sentenza del 7 dicembre 2006, SGAE, C‑306/05, EU:C:2006:764, punto 43). Ne consegue che è irrilevante la circostanza, menzionata dal giudice del rinvio, che gli apparecchi televisivi non siano stati accesi dalla Citadines, bensì dai clienti dell’albergo gestito da tale società.

52      In quinto luogo, per quanto riguarda il carattere lucrativo di cui al punto 42 della presente sentenza, dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’atto con il quale il gestore di un albergo dà ai suoi clienti accesso a un’opera radiodiffusa costituisce una prestazione di servizio supplementare che incide sullo standing di tale albergo e, quindi, sul prezzo delle camere di quest’ultimo, di modo che tale atto riveste carattere lucrativo [v., in tal senso, sentenze del 7 dicembre 2006, SGAE, C‑306/05, EU:C:2006:764, punto 44, nonché del 15 marzo 2012, Phonographic Performance (Ireland), C‑162/10, EU:C:2012:141, punti 44 e 45].

53      In sesto e ultimo luogo, non si può ritenere che la fornitura di apparecchi televisivi nelle camere e nella palestra dell’albergo oggetto nel procedimento principale costituisca una «mera fornitura di attrezzature fisiche» ai sensi del considerando 27 della direttiva 2001/29.

54      Infatti, per quanto concerne gli alberghi, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, anche se la mera fornitura di attrezzature fisiche, che coinvolge, oltre a detto albergo, abitualmente imprese specializzate nella vendita o nella locazione di apparecchi televisivi, non costituisce, in quanto tale, un atto di comunicazione ai sensi della direttiva 2001/29, tuttavia tali installazioni possono rendere tecnicamente possibile l’accesso del pubblico alle opere radiodiffuse. Pertanto, se, mediante apparecchi televisivi in tal modo installati, tale albergo distribuisce il segnale ai suoi clienti alloggiati nelle camere di quest’ultimo, si tratta di una comunicazione al pubblico ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, senza che occorra accertare quale sia la tecnica di trasmissione del segnale utilizzata (v., in tal senso, sentenza del 7 dicembre 2006, SGAE, C‑306/05, EU:C:2006:764, punto 46).

55      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 dev’essere interpretato nel senso che la fornitura di apparecchi televisivi installati nelle camere o nella palestra di un albergo, qualora un segnale sia, inoltre, ritrasmesso a tali apparecchi mediante una rete di distribuzione via cavo propria di tale albergo, costituisce una «comunicazione al pubblico» ai sensi di tale disposizione.>>

§§ centrali sono i 50 e 54.

Al solito, non convince il requisito della lucrosità, assente nella fattiusopecie legale.

E’ comunicazine al pubblico (art. 3 dir. Infosoc. 2001/29 sul copyright) predisporre antenne nei vari appartamenti di un condominio?

Si , se vengono dati in affitto, ricorrendo in tale caso il pubblico “nuovo” richiesto dalla fattispecie (euro)normativa.

Così la corte di Giustizia  UE , C-135/23, del 20.06.2024, GEMA v. GL, sulla annosa questione interpretativa del concetto di “comunicazione al pubblico” (v. ora la sintetica ma precisa esposizione di Cogo, in AA.VV., Lineamenti di diritto industriale,. Wolters Kluwer, 2024, 560 ss):

<< 33   A tal riguardo, in primo luogo, si deve considerare, al pari dell’avvocato generale ai paragrafi 40 e 50 delle sue conclusioni, e fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, che il gestore di un condominio, dotando gli appartamenti di apparecchi televisivi e di antenne da interno che, senza che siano necessari ulteriori interventi, ricevono segnali e consentono la diffusione di trasmissioni, in particolare di musica, in detti appartamenti, realizza intenzionalmente un intervento al fine di consentire ai propri clienti l’accesso a tali emissioni, all’interno degli appartamenti locati e durante il periodo di locazione, senza che sia determinante che questi ultimi si avvalgano o meno di tale possibilità (v., in tal senso, sentenza del 14 giugno 2017, Stichting Brein, C‑610/15, EU:C:2017:456, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

34 Inoltre, l’intervento di tale gestore che dà accesso ad opere radiotelevisive ai suoi clienti deve essere considerato come una prestazione di servizi supplementare fornita al fine di trarne un certo utile.

35 L’offerta di questo servizio influisce infatti sulla categoria degli appartamenti di cui si tratta nel procedimento principale e quindi sul prezzo dell’affitto di tali appartamenti (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2012, SCF, C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 90 e giurisprudenza ivi citata) o, come rilevato al punto 25 della presente sentenza, sulla loro attrattiva e, pertanto, sulla loro frequentazione. Si deve quindi ritenere che l’offerta di siffatto servizio consenta di dimostrare il carattere lucrativo della comunicazione, ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 24 e 25 della presente sentenza.

36 Ai fini dell’esame che deve essere effettuato dal giudice del rinvio, è irrilevante la circostanza, evidenziata da tale giudice, che gli apparecchi televisivi di cui si tratta nel procedimento principale siano collegati a un’antenna «interna» piuttosto che a un’antenna «centrale», come quella oggetto della causa che ha dato luogo all’ordinanza del 18 marzo 2010, Organismos Sillogikis Diacheirisis Dimiourgon Theatrikon kai Optikoakoustikon Ergon (C‑136/09, EU:C:2010:151).

37 Infatti, una distinzione siffatta tra antenne centrali e interne non sarebbe conforme al principio di neutralità tecnologica, in forza del quale la legge deve enunciare i diritti e gli obblighi delle persone in modo generico, al fine di non privilegiare il ricorso a una tecnologia rispetto a un’altra (v., in tal senso, sentenza del 24 marzo 2022, Austro-Mechana, C‑433/20, EU:C:2022:217, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

38 In secondo luogo, perché venga in considerazione la nozione di «comunicazione al pubblico», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, è necessario che le opere protette siano effettivamente comunicate a un pubblico. A tal riguardo, la Corte ha precisato che la nozione di «pubblico» riguarda un numero indeterminato di destinatari potenziali e comprende, peraltro, un numero di persone piuttosto considerevole (sentenza del 20 aprile 2023, Blue Air Aviation, C‑775/21 e C‑826/21, EU:C:2023:307, punti 51 e 52, nonché giurisprudenza ivi citata).

39 Pertanto, la nozione di «pubblico» comporta una certa soglia de minimis, il che esclude da detta nozione un numero di interessati troppo esiguo, se non addirittura insignificante. Per determinare tale numero, occorre tener conto, in particolare, del numero di persone che possono avere accesso contemporaneamente alla medesima opera, ma altresì di quante tra di loro possano avervi accesso in successione (v., in tal senso, sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punti 43 e 44, nonché del 19 dicembre 2019, Nederlands Uitgeversverbond e Groep Algemene Uitgevers, C‑263/18, EU:C:2019:1111, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

40 Nel caso di specie, il giudice del rinvio non fornisce indicazioni quanto al numero di persone che possono avere accesso alle opere, parallelamente o in successione, limitandosi ad affermare che l’immobile di cui si tratta nel procedimento principale è composto da 18 appartamenti. Tale giudice non indica, in particolare, se gli appartamenti siano oggetto di locazioni di breve durata, segnatamente a titolo di alloggio turistico, il che può incidere sul numero di persone che possono avere accesso in successione alle opere di cui si tratta.

41 Conformemente alla giurisprudenza citata al punto 31 della presente sentenza, spetta, rispettivamente, al giudice nazionale stabilire se opere protette siano effettivamente comunicate a un «pubblico», ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 38 e 39 di tale sentenza, e alla Corte fornirgli indicazioni utili al riguardo.

42 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 36 delle sue conclusioni, se il giudice del rinvio dovesse constatare che gli appartamenti dell’immobile di cui si tratta nel procedimento principale sono oggetto di locazioni di breve durata, segnatamente a titolo di alloggio turistico, i loro locatari dovrebbero essere qualificati come «pubblico», dato che essi costituiscono insieme, al pari dei clienti di un albergo, un numero indeterminato di potenziali destinatari [v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2012, Phonographic Performance (Ireland), C‑162/10, EU:C:2012:141, punti 41 e 42].

43 In terzo luogo, da una giurisprudenza costante risulta che, un’opera protetta, per essere qualificata come «comunicazione al pubblico», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, deve essere comunicata secondo modalità tecniche specifiche, diverse da quelle fino ad allora utilizzate o, in mancanza, deve essere rivolta ad un «pubblico nuovo», vale a dire a un pubblico che non sia già stato preso in considerazione dal titolare del diritto nel momento in cui egli ha autorizzato la comunicazione iniziale della sua opera al pubblico (sentenza del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

44 Come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni, i locatari di appartamenti di un immobile oggetto di locazioni di breve durata, segnatamente a titolo di alloggio turistico, possono costituire un siffatto pubblico «nuovo», dal momento che tali persone, pur trovandosi all’interno della zona di copertura di detta trasmissione, non potrebbero fruire dell’opera diffusa senza l’intervento del gestore di tale immobile, mediante il quale quest’ultimo installa, in tali appartamenti, apparecchi televisivi muniti di un’antenna da interno (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punti 46 e 47).

45 Per contro, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, se il giudice del rinvio dovesse constatare che gli appartamenti di cui si tratta sono dati in locazione a locatari per uso residenziale, questi ultimi non possono essere considerati un «pubblico nuovo», ai sensi della giurisprudenza citata al punto 43 della presente sentenza.

La CG si adegua alle Conclusioni del bravo A.G. SZpunar.

Fair use (negato) sull’uso non autorizzato in campagna elettorale di fotografia di bambino

Lo US 8th circuit of appeal con sentenza 7 giugno 2024, No. 22-3623 e No. 23-2117 , Griner c. King +1 , sull’uso indebito in campagna elettorale della famosa fotografia cd Success kid, qui sotto riprodotta:

Il centro della sentenza è la ricorrenza o meno di fair use (essendo stato azionato il diritto di autore sulla fotografia registrata dal papà al Copyright Office): fair fair use che non viene ravvisato.

(dal blog di Eric Goldman)

Trib Bologna su concorrenza parassitaria e sul rapporto tra tutela d’autore ex art. 2.4 l. aut., da una parte, e art. 2.10 l. aut., dall’altra.

In un caso di pretesa copiatura di decorazioni su mattonelle, Trib. Bologna n. 747/2023 del 03.04.2023, Rg 1234/2019, rel. Romagnoli, segnalato da giurisprudenzadelleimprese.it, affronta i due temi.

Sul primo:

<< estrema sintesi, la concorrenza parassitaria consiste nella imitazione sistematica e protratta nel tempo
dell’attività imprenditoriale del concorrente, laddove ciò che distingue tale fattispecie di modalità
scorretta di concorrenza (ex art. 2598 n. 3 c.c.) rispetto ai casi tipici di cui ai nn. 1 e 2 dell’art. 2598 c.c.
è il continuo e sistematico operare sulle orme dell’imprenditore concorrente attraverso l’imitazione non
tanto dei prodotti ma piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali in un contesto temporale prossimo,
così da rivelare l’intento di avvantaggiarsi sul mercato sfruttando il lavoro e gli sforzi altrui (cfr. ex
multis Cassazione civile, sez. I, 12/10/2018, n. 25607); in altre parole, la concorrenza parassitaria
consiste nel comportamento dell’imprenditore che in modo sistematico e continuo segue le orme di un
imprenditore concorrente, ne imita le iniziative con assiduità e costanza, non limitandosi a copiare un
unico oggetto (cfr. Cass. civ. sez. I, 29/10/2015, n. 22118) e dunque pur senza confusione di attività e
di prodotti (cfr. Trib. Napoli 18.2.2014) sicché, ove si sia correttamente escluso nell’elemento
dell’imitazione servile dei prodotti altrui il centro dell’attività imitativa (requisito pertinente alla sola
fattispecie di concorrenza sleale prevista dal n. 1 dello stesso art. 2598 c.c.), debbono essere indicate le
attività del concorrente sistematicamente e durevolmente plagiate, con l’adozione e lo sfruttamento, più
o meno integrale ed immediato, di ogni sua iniziativa, studio o ricerca (Cass. n. 25607 cit.).
In ultima analisi, nella concorrenza parassitaria l’attività commerciale dell’imitatore si traduce in un
cammino continuo e sistematico, anche se non integrale, essenziale e costante sulle orme altrui, giacché
l’imitazione di tutto o di quasi tutto quello che fa il concorrente, nonché l’adozione più o meno
immediata di ogni sua nuova iniziativa, seppure non realizzi una confusione di attività e di prodotti, è
contraria alle regole che presiedono all’ordinato svolgimento della concorrenza (Tribunale Milano, Sez. Proprieta’ Industriale e Intellettuale, 02/05/2013, n. 6095)”.

Sul secondo:

<<Innanzi tutto, va correttamente individuato l’ambito di tutela autorale tra le opere del disegno
industriale ex art. 2 n. 10 L.A. e le opere dell’arte figurativa di cui al n. 4 dell’art. 2 L.A., che si
pongono su un piano di reciproca esclusione (cfr. Cass. civ. sez. I, 23.3.2017 n. 7577 in motivazione)
essendo, in particolare, protette come disegno industriale le opere che trovano la loro collocazione
“nella fase progettuale di un oggetto destinato ad una produzione seriale, a condizione che siano
dotate di carattere creativo e valore artistico”, mentre ricadono nell’ambito di tutela dell’arte
figurativa le opere riprodotte “in un solo esemplare o in un numero limitato di esemplari […] e
destinato a un mercato differente, sicuramente più ristretto, rispetto a quello cui sono indirizzati i beni
oggetto della produzione industriale” (cfr. ex multis Cassazione civile, sez. I, 12.1.2018, n. 658).
Nella fattispecie, il motivo decorativo delle piastrelle non è opera figurativa, neppure nel caso, non
provato, della trasposizione/incorporazione di opera figurativa dell’artista sulla piastrella: non si dubita
del contributo artistico dello stilista, che si concretizza nel motivo decorativo della piastrella, ma la
destinazione alla produzone industriale è incompatibile con la tutela autorale ex art. 2 n. 4 L.A.
D’altronde, la destinazione all’industria e alla riproduzione seriale, non fa della decorazione della
piastrella un’opera del design industriale ex art. 2 n. 10 L.A., non solo perché il carattere creativo e la
novità sono elementi costitutivi anche dell’opera del design industriale, ma soprattutto perché l’opera
del design industriale è quella che presenta “di per sé carattere creativo e valore artistico”, laddove
tale quid pluris è ricavabile da indicatori oggettivi, quali il riconoscimento da parte degli ambienti
culturali ed istituzionali di qualità estetiche ed artistiche, l’esposizione in mostre o musei, la
pubblicazione su riviste specializzate ecc. (cfr. Tribunale Torino, Sez. spec. Impresa, 31.1.2019, n.
482); prove che spettano alla parte che invoca la tutela e che fanno difetto nella fattispecie che occupa.
Nella fattispecie trattasi, in definitiva, di mera decorazione della piastrella, che non assurge né ad opera
dell’arte figurativa né a design industriale per il fatto di essere il risultato della collaborazione con
l’artista che ne ha disegnato il motivo ornamentale>>

Copyright sul design di una lampada oppure solo sull’intero allestimento fieristico in cui è inserita?

La seconda risposta è quella giusta per Cass. sez. I, ord. 29/04/2024 n. 11.413, rel. Caiazzo, in una decisione non particolarmente perspicua. E’ il caso della lampada Castiglioni.

Il Trib. accoglie la domanda solo sulla lampada. L’appello ammette in teoria la tutela solo sull’intero allestimento fieristico ma in pratica poi non la concede.

LA SC  rigetta il ricorso confermando il secondo grado.

Il punto più interssante è il passaggio della corte di appello , riportato dalla SC :

<<In particolare, la Corte d’appello ha evidenziato che “…il tutto non senza considerare, infine, come la rilevante differenza funzionale che connota gli oggetti in questione (faretto illuminante posto all’esterno della lampada nella scenografia della Triennale e corpo illuminante interno al telo nella lampada per cui è qui processo), lungi dal costituire mero elemento “irrilevante” (come asserito dal Tribunale), appaia tale da escludere in radice la stessa ipotesi di plagio evocata da parte appellata, concorrendo a integrare una diversa modalità diffusiva della luce ed un diverso impatto visivo e stilistico.”.

In sostanza, non può condividersi la diversa interpretazione del Tribunale, secondo la quale l’apporto creativo era ravvisabile anche nella sola lampada, sebbene estrapolata dal contesto del più ampio allestimento ove risultava inserita, quale elemento di spicco dello stesso, dotato di piena autonomia. Invero, nell’opera per cui è causa, le differenze che la lampada presenta rispetto al bene esposto alla triennale connota una diversa modalità diffusiva della luce, tale da escludere ogni forma di plagio parziale>>.

Cioè la lampada da sola e l’intero allestimento, in cui è inserita, sono oggetti diversi per la privativa: o l’uno o l’altro.

La scelta della ricorrenza dell’una o dell’altro da parte del giudice è questione di fatto, precisa la SC.

NOnconcordo: il concetto di opera dell’ingegno è giuridico, non fattuale.

Ci son anche dei passaggi generali sul concett di “opera” applicato ai modelli, ma nulla di interssante (<<L’individuazione dell’oggetto è quindi una ricerca necessaria che va svolta su basi oggettive per evitare problemi di certezza del diritto; la percezione e le sensazioni soggettive di coloro che osservano l’opera rappresentano comunque elementi strumentali a tal fine, ma non sono decisivi.

Alla luce dell’insieme di tali osservazioni, si arriva ad una prima conclusione e cioè che sono qualificabili come “opere” quei modelli che rappresentano una creazione intellettuale originale propria dell’autore.>>)