Nuova questione interessante sulla comunicazione al pubblico in diritto d’autore: le conclusioni dell’avvocato generale

Il bravo avvocato generale Szpunar (di seguito: AG) ha depositato il 10.09.2020 le conclusioni nella causa C39 2/19, VG BildKunst contro Stiftung Preußischer Kulturbesitz.

Una collecting society chiedeva , per l’inserimento di opere del proprio catalogo in un database artistico gestito da una Fondazione, che questa si impegnasse ad adottare misure tecnologiche contro il framing da parte di terzi delle immagini in miniatura delle opere così rese accessibili, p. 25.

Il titolare del database non lo ritenne accettabile e chiese in via di accertamento giudiziale che la collecting fosse obbligata a dare licenza anche senza tale clausola.

La questione di rinvio proposta dalla Cassazione tedesca è la seguente: <Se l’incorporazione, mediante framing, di un’opera disponibile su un sito Internet liberamente accessibile con il consenso del titolare del diritto sul sito Internet di un terzo costituisca una comunicazione al pubblico dell’opera, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, qualora ciò avvenga aggirando le misure di protezione contro il framing che il titolare del diritto ha adottato o ha fatto adottare>, p. 29.

I temi toccati dall’AG sono tra i più importanti del diritto d’autore contemporaneo, anche perchè intercettanti profili teorici.

L’AG ricorda tutta la giurisprudenza sul controverso tema della comunicazione al pubblico in internet , comprese le questioni relative alla liceità del linking.

Dà anche qualche notazione tecnica sui concetti di deep Linking, embedding, inline Linking, framing etc., pp. 8 ss

Ricorda ai paragrafi 35 seguenti la giurisprudenza sui link cioè sui collegamenti ipertestuali : se l’opera è stata messa on-line lecitamente, il link non costituisce violazione del diritto. Costituisce sì atto di comunicazione e comunicazione ad un pubblico, ma ad un pubblico “non nuovo”, dal momento che l’iniziale pubblicazione su internet è da intendersi rivolta non solo al pubblico, che frequenta quel sito, ma a tutti gli internauti, paragrafi 35-39

Analisi confermata anche per il framing dalla ordinanza Bestwater nel 2014.

L’AG conferma a sua volta che il collegamento ipertestuale costituisce comunicazione al pubblico, in quanto dà accesso diretto all’opera, paragrafo 49/51.

L’affermazione, pur consolidata in giurisprudenza UE, è però discutibile, perché il link semplicemente indica la localizzazione della pagina web di destinazione: si limita ad indicare l’indirizzo (come succede se il link non è attivo e bisogna ridigitare la stringa nel campo URL del browser). Il fatto che sia attivo non cambia qualificazione giuridica dell’attività di chi pone il link.

Facilmente l’intento delle istituzioni giudiziarie europee è quello di attrarre tale casistica entro l’orbita del diritto armonizzato UE: dal quale invece probabilmente fuoriuscirebbe se si trattasse (come parrebbe semmai più esatto)  di concorso nell’illecito altrui. Ma il tema è complesso (tocca nientemmeno che i rapporti tra ordinamento europeo e ordinamenti nazionali: si v. ad es. la potenzialmente distruttiva -dell’Unione-  sentenza 05 maggio 2020 della Corte Costituzionale tedeca sul Public Sector Purchase Programme (PSPP) della BCE di cui hanno parlato i media di tutta Europa e non solo) : si potrebbe infatti replicare (dando ragione alla Corte UE e all’AG) che in tale modo l’armonizzazione europea del copyright rischierebbe una forte compromissione.

L’AG conferma pure l’elemento soggettivo nella comunicazione al pubblico, ma riconosce che contrasta con la tradizione dei diritti su beni immateriali , p. 52-54: questi infatti normalmente hanno protezione, a prescindere dallo stato soggettivo (dolo, colpa)  di coloro che vi interferiscono.

L’AG contesta pure il concetto del pubblico nuovo e in particolare quello per cui il pubblico, avuto di mira da da chi pubblica, è costituito da tutti i possibili internauti, pp. 55 / 57.

Propone infatti un’interpretazione evolutiva , p. 59 con un § significativo, perché indica qual è l’ambito armonizzato di competenza dell’Unione Europea: <La Corte, pur operando nell’ambito dell’apparato terminologico classico del diritto d’autore, definendo gli atti soggetti al diritto esclusivo dell’autore e distinguendoli da quelli non soggetti ad esso, non fa un’opera di teoria del diritto d’autore. Chiamata a interpretare il diritto dell’Unione, nella fattispecie la direttiva 2001/29, certamente in modo astratto, quindi applicabile erga omnes, ma, comunque, sulla base di una controversia concreta sottopostale da un giudice nazionale, la Corte deve fornire una risposta che consenta a tale giudice di accertare la responsabilità di una parte per violazione del diritto d’autore. Essa deve quindi accertare le condizioni di tale responsabilità, il che va ben oltre la semplice definizione dei contorni dell’atto rientrante nel monopolio dell’autore. Un approccio più restrittivo rischierebbe di compromettere l’effetto utile dell’armonizzazione realizzata dalla direttiva 2001/29, lasciando gli elementi decisivi di tale responsabilità alla valutazione necessariamente eterogenea dei giudici nazionali>.

Data la sua importanza per i passaggi che seguono, avrebbe dovuto essere sviluppato in modo più chiaro.

Su questa base giustifica la teoria dell’inclusione nella comunuicazione al pubblico del peer to peer (sentenza Stichting Brein contro Ziggo BV e XS4All Internet BV, c.d. The Pirate bay) e della vendita di lettori multimediali con link preinstallati (sentenza Stichting Brein contro Jack Frederik Wullems),  § 60, e dell’elemento soggettivo, paragrafo 62

Il punto di maggior evidenza della nuova teoria proposta dall’AG è che, in adesione alla sentenza Renkhoff, <<si deve pertanto ritenere, come ha fatto la Corte nella sentenza Renckhoff , che il pubblico che è stato preso in considerazione dal titolare dei diritti d’autore al momento della messa a disposizione di un’opera su un sito Internet sia costituito dal pubblico che consulta detto sito. Siffatta definizione del pubblico preso in considerazione dal titolare dei diritti d’autore ben riflette, a mio avviso, la realtà di Internet. Infatti, sebbene un sito Internet liberamente accessibile possa essere, in teoria, visitato da qualsiasi utente di Internet, in concreto, il numero di utenti potenziali che possono accedervi è certamente più o meno elevato, ma è approssimativamente determinato. Il titolare dei diritti d’autore, autorizzando la messa a disposizione della sua opera, prende in considerazione l’ampiezza di tale cerchia di utenti potenziali. Ciò è importante, in particolare, quando tale messa a disposizione viene effettuata in base a una licenza, in quanto il numero potenziale di presunti visitatori può costituire un fattore rilevante nella determinazione del prezzo della licenza.>, paragrafo 73.

L’AG potrebbe avere qualche ragione: realisticamente colui, che carica opere protette in un determinato sito, ne liberalizza l’accesso a tutti gli internauti del mondo?

In sintesi <la giurisprudenza della Corte relativa ai collegamenti ipertestuali, o più in generale alla comunicazione di opere al pubblico su Internet, deve, a mio avviso, essere intesa nel senso che, nell’autorizzare la messa a disposizione del pubblico della sua opera su una pagina Internet, in modo liberamente accessibile, il titolare dei diritti d’autore prende in considerazione tutto il pubblico che può accedere a tale pagina Internet, anche mediante collegamenti ipertestuali. Pertanto, tali link, pur costituendo atti di comunicazione, in quanto danno accesso diretto all’opera, sono in linea di principio coperti dall’autorizzazione del titolare dei diritti d’autore rilasciata al momento della messa a disposizione iniziale e non richiedono un’ulteriore autorizzazione> p. 75

Queste le premesse generali.

Va poi al nocciolo della questione e cioè a quella del se sia lecito o no linkare tramite framing al sito di riferimento, paragrafi 76 seguenti

Qui fa una distinzione molto importante a livello pratico, tra collegamenti cliccabili e collegamenti automatici.

Per i collegamenti cliccabili -p. 81 ss.-  sostiene che non ci sia un ampliamento di pubblico, ma sia sempre quello del sito originario, cioè di quello puntato dai link,  paragrafi 87/88 e 91: per cui non serve ulteriore consenso.

Diversa la risposta per i collegamenti automatici , p. 93 ss. Qui non può dirsi che il pubblico, che acceda al sito originario tramite questo collegamento automatico, sia stato preso in considerazione da chi ha pubblicato sul sito originario, paragrafo 95-98.. Ne segue che serve specifico e nuovo consenso del titolare.

Ai paragrafi 99/105 con tre argomenti replica a chi rigettasse l’invocabiità del precedente Renckhoff per l’esistenza di una differenza tra i due casi : differenza consistente nel fatto che in Renckhoff si trattava di riproduzione, sulla quale il titolare del diritto nulla poteva (perdeva il controllo) , mentre invece nel caso del framing -essendo una riproduzione, che dipende da quella originaria, il titolare del diritto mantiene il controllo.

Ai paragrafi 114 seguenti titolati <<L’equilibrio tre diversi interessi in gioco>>, replica ad altra possibile obezione, secondo cui la distinzione tra collegamenti cliccabili e collegamenti automatici non ha giustificazione sufficiente.

Ed in effetti è proprio questa un’altra obiezione: ai fini dell’individuazione del pubblico nuovo nel caso di collegamento instaurato da terzi, è assai difficile sostenere che il relativo pubblico sia stato preso in considerazione se il link è clicccabile e che invece non lo sia stato se è automatico.

infine (paragrafi 121 seguenti) esamina l’ultima questione qui ricordata  relativa alle misure di protezione. Si chiede cioè se eludere il congegno tecnico, che impedidce il framing, costituisca violazione delle misure di protezione. La risposta è negativa, visto che si tratta solo di una diversa modalità di arrivo al sito originario e non di un allargamento o restrizione del pubblico che vi ha accesso (avrebbe infatti avuto accesso in ogni caso) (spt. §§ 128-129)

“Comunicazione al pubblico” in diritto d’autore e noleggio di veicoli equipaggiati con apparecchi radio

La Corte di Giustizia (d’ora in poi: CG) con una sentenza invero un po’ sbrigativa (molto più dettagliate le conclusioni 15.01.2020 dell’AG Szpunar) decide la questione pregiudiziale, relativa alla qualificabilità come <comunicazione al pubblico> del noleggio di autoveicoli equipaggiati con apparecchi radio. Si tratta della sentenza 2 aprile 2020 C-753/18, Stim e Sami contro Fleetmanager Sweden AB e Nordisk Biluthyrning AB.

Le collecting societies svedesi avevano agito contro due compagnie di autonoleggio per il recupero di diritti non pagati, relativi alla violazione del diritto d’autore: vioolazione che sarebbe consistita nel fatto che offrivano veicoli con autoradio capaci di captare il segnale, ciò che costituirebbe <comunicazione al pubblico>.

Le norme pertinenti sono l’articolo 3 della direttiva c.d. infosoc 2001/29 e relativo il considerando 27 nonchè la Direttiva 2006/115 articolo 8/2.

La questione pregiudiziale sollevata dalla corte suprema svedese è la seguente <<1) Se il noleggio di autoveicoli equipaggiati con serie con impianti       radio implichi che il noleggiatore dei veicoli medesimi costituisca un utilizzatore che proceda ad una “comunicazione al pubblico” ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 ovvero, rispettivamente, ad una “comunicazione al pubblico ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115. 2)      In qual misura rilevino le dimensioni dell’attività di autonoleggio nonché la durata dei singoli noleggi>>

La Corte ricorda ciò che è comunque di senso comune e cioè che il concetto di comunicazione al pubblico nelle due norme è sostanzialmente uguale, § 28

La Corte ricorda poi che per aversi comunicazione al pubblico la giurisprudenza consolidata alcuni requisiti tra cui <<il ruolo imprescindibile dell’utente e il carattere intenzionale del suo intervento. Questi realizza, infatti, un atto di comunicazione quando interviene, con piena cognizione delle conseguenze del proprio comportamento, per consentire ai propri clienti l’accesso ad un’opera protetta, in particolare quando, in mancanza di tale intervento, i clienti medesimi non potrebbero, in via di principio, fruire dell’opera diffusa.[v., segnatamente, sentenze del 15 marzo 2012, SCF, C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 82 e giurisprudenza citata; del 15 marzo 2012, Phonographic Performance (Ireland), C‑162/10, EU:C:2012:141, punto 31, nonché del 14 giugno 2017, Stichting Brein, C‑610/15, EU:C:2017:456, punto 26 e giurisprudenza citata].>>, § 32

Tuttavia sia il considerando 27 della direttiva infosoc, che l’articolo 8 del Trattato sul Diritto d’autore del Ompi dicono che la mera fornitura di attrezzature fisiche, che permettono di effettuare una comunicazione, non costituisce atto di comunicazione al pubblico, paragrafo 33

Questo, dice la CG, è proprio ciò che succede nella fornitura di un impianto radio integrato in un veicolo dato a noleggio: <<34 … la fornitura d’un impianto radio integrato in un autoveicolo di noleggio, che consenta di captare, senza alcun intervento aggiuntivo da parte della società di noleggio, la radiodiffusione terrestre accessibile nelle zone in cui il veicolo si trova, come parimenti rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 32 delle proprie conclusioni. 35      Una fornitura, del genere indicata al punto precedente, si distingue dagli atti di comunicazione con cui prestatori di servizi trasmettano deliberatamente opere protette alla propria clientela, distribuendo volutamente un segnale a mezzo di ricevitori installati nei loro locali (sentenza del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punti 47 e 54 nonché la giurisprudenza citata).>>

Poi viene il punto più complicato a livello concettuale.

La CG precisa che <<una fornitura, del genere indicata al punto precedente, si distingue dagli atti di comunicazione con cui prestatori di servizi trasmettano deliberatamente opere protette alla propria clientela, distribuendo volutamente un segnale a mezzo di ricevitori installati nei loro locali (sentenza del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punti 47 e 54 nonché la giurisprudenza citata)>>, § 35.

Pertanto <<mettendo a disposizione del pubblico autoveicoli equipaggiati con impianti radio, le società di noleggio di autoveicoli non compiono un «atto di comunicazione» al pubblico di opere protette>>, § 36.

Questo dicevo è il punto nodale.

Secondo la corte e l’avvocato generale (Conclusioni §§ 38-46) bisogna distinguere tra la mera posa di infrastrutture fisiche, che non costituisce comunicazione al pubblico, e l’erogazione del segnale, che invece la costituisce.

Questa distinzione era stata anticipata nella nota sentenza C-306/5 SGAE c. Rafael Hoteles del 7 dicembre 2006, secondo cui << ** La mera fornitura di attrezzature fisiche, come quella di apparecchi televisivi installati nelle camere di un albergo, non costituisce in quanto tale una comunicazione al pubblico ai sensi della direttiva 2001/29, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione. Per contro, la distribuzione di un segnale, che consenta la comunicazione di opere mediante apparecchi siffatti da parte di un albergo ai clienti alloggiati nelle sue camere, indipendentemente dalla tecnica di trasmissione del segnale utilizzata, costituisce un atto di comunicazione al pubblico ai sensi dell’art. 3, n. 1, di tale direttiva.     ** Infatti, come chiarisce la guida alla Convenzione di Berna, per la protezione delle opere letterarie ed artistiche, l’autore, autorizzando la radiodiffusione della sua opera, prende in considerazione solo gli utilizzatori diretti, ossia i detentori di apparecchi di ricezione i quali, individualmente o nella loro sfera privata o familiare, captano le trasmissioni. Una volta che questa ricezione avviene per intrattenere un pubblico più ampio, mediante un atto indipendente col quale l’opera trasmessa viene comunicata ad un nuovo pubblico, tale ricezione pubblica dà adito al diritto esclusivo dell’autore di autorizzarla. Orbene, la clientela di un albergo costituisce un tale pubblico nuovo, in quanto la distribuzione dell’opera radiodiffusa a tale clientela mediante apparecchi televisivi non costituisce un semplice mezzo tecnico per garantire o migliorare la ricezione della trasmissione originaria nella sua zona di copertura.  ** Per contro, l’albergo è l’organismo che interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti accesso all’opera protetta. Il carattere privato delle camere di tale albergo non osta a che il segnale costituisca un atto di comunicazione al pubblico>> (massime ufficiali).

Questa teoria lascia perplessi.

Distinguere tra la posa dell’infrastruttura e l’erogazione del segnale ha poco senso, se -come pare- presuppone che , per non aversi <comunicazione al pubblico>, bisogna che ci sia solo la mera infrastruttura posata senza i cavi di collegamento o senza collegamento con i ponti radio: “erogare il segnale”, pare di capire,  significherebbe proprio questo. Tuttavia per un albergo -come pure per un impresa che voglia noleggiare auto dotate di autoradio- installare l’apparecchiatura senza la possibilità di ricevere il segnale è una insensatezza. L’apparecchiatura ha senso solo per ricevere il segnale e cioè solo se collegata alla rete:  e ciò che serve allo scopo non può che essere realizzato dall’albergo o dalle imprese di autonoleggio (o meglio ancora dal produttore automobilistico).

Chi comunica il segnale è piuttosto chi lo fa sentire all’esterno della propria sfera, attivando con il pulsante di accensione l’apparecchiatura esistente: non chi si limita a predisporre l’apparecchiatura stessa. Tanto si desume dal sostantivo <<comunicazione>>.

Sotto questo profilo non c’è differenza tra radio-tv, fornite nelle stanze d’albergo, e radio-tv, fornite nell’autoveicolo.

Quindi invocare la sentenza CG Reha Training del 31.05.2016, C-117/15, non è pertinente: in quel caso il centro riabilitativo Reha Training non solo aveva predisposto l’impianto di distribuzione del segnale, ma provvedeva lui stesso a diffonderlo al proprio interno a favore dei clienti tramite altoparlanti.

Nel caso SGAE e nel caso qui esaminato, invece, il segnale viene attivato dal singolo utente, nella sua stanza o all’interno dei veicolo. Dunque non può essere il propreitario dell’ingrastrattura a realizzare la comunicazione al pubblico,  ricorra o meno l’astratta possibilità di un  collegametno radio con l’esterno

Altra sentenza inglese sulla legittimità in diritto di autore del linking (dell’hotlinking, per la precisione)

La Chancery Division inglese in data 15.01.2020 ha deciso una lite sulla liceità dell'<<hotlinking>>: In the High Court Of Justice-Business And Property Courts Of England And Wales- Chancery Appeals (Ch.D.), caso [2020] EWHC 27 (Ch)  Appeal Ref: CH-2018-000224, Christopher Wheat c. Google LLC.

Era capitato che immagini caricate dal titolare su un certo sito (chiamiamolo “sito 1”) venissero postposte dalle query generate da Google Search alle stesse immagini comparenti tramite la tecnica dell’hotlinkinkg. Questa tecnica permette, inserendo opportuni codici, di far apparire sul proprio sito (chiamiamolo “sito 2”) immagini presenti un sito altrui (appunto il sito 1). Sul web si parla di furto di immagini e  l’attore Mr Wheat parlava di “hijacking”/dirottamento delle immagini (§ 11).

Secondo l’attore, Google Search, quando fornisce links alle pagine munite di hotlinking, realizza “comunicazione al pubblico” (art. 3 dir. 29/2001; art. 16 della ns. legge d’autore).

Va notato che: i) le immagini erano caricate dall’attore senza restrizioni; ii) egli non si era opposto all’indicizzazione da parte di Google Search

All’inizio is leggono interessanti considerazioni sul funzionamento del web crawling da parte di Google Search e dell’hotlinking (§§ 9-10).

La lamentela di Mr. Wheat era basata sul fatto che: 1)  Google dava una (errata) attribuzione delle immagini agli hotlinking websites; e che 2) in tal modo i sogetti interessati alle foto non passavano per il suo sito (ma su quello altrui!), con conseguente sua perdita di traffico e profitti publicitari (§ 11) Aggiugeva anzi che Google lo faceva o almeno lo permetteva deliberatamente, perché in tal modo percepiva una parte dei profitti così realizzati da detti siti hotlinkers (ivi).

Il giudice ricorda poi i cinque punti su cui le parti concordavano in causa (§ 27):

<<The following relevant matters are common ground between the parties. First, hotlinking is done by third parties, not by Google, and is anyway lawful. Second, internet users who view the copyright images via the hotlinking websites are in fact directly viewing the content on the Website by means of the server that hosts it. Third, therefore, there has been no infringement of the copyright in the images by copying; those who view the images via the hotlinking websites are doing so lawfully. Fourth, Mr Wheat has consented to Google searching, indexing and caching the content of the Website. Fifth, the Website content was available without restriction to all internet users: there was no payment or subscription requirement and no control on access to the Website.>>

Il giudice quindi non capisce perchè faccia differenza vedere le immagini nel sito 1 o nel sito 2 (§ 28, in fine).

Delle tre ragioni addotte dall’attore a giustificazione della differenza, le prime due sono rigettate con poche righe  perché palesemente infondate (§§ 30-31)

Meno scontata è la terza così riassumibile: “did Mr Wheat’s consent to Google indexing his content include consent to Google redirecting those who clicked on the links to the content to third-party websites?” (§ 32). cioè: l’attore, caricando le foto sul suo sito, aveva forse permesso a Google di reindirizzare agli hotlinkers i navigatori che cliccavano sui links? Certamente no, disse il difensor di mr Wheat (ivi).

A questo punto il giudice si riporta alla ben più approfondita sentenza -di poco precedente- del collega Birss nel caso Warner Music UK Ltd v TuneIn Inc [2019] EWHC 2923 (Ch) oggetto di post in questo blog , riportandone i principali passaggi di esame della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE.

Poi, quasi all’improvviso, abbandona il resoconto dei precedenti inglese ed europei, per motivare in otto righe perchè Google Search non effettua una comunicazione al pubblico: <<In my judgment, the reasoning in Svensson, BestWater and GS Media is determinative of this appeal. The acts complained of against Google cannot be unlicensed communications, because they are not communications to a new public (all potential users of the unrestricted Website constituting one public, so far as concerns a case involving communication via hotlinking) and are not communications by a new technical means (the internet constituting a single technical means). This was in substance the reasoning of the Chief Master on the point that arises on this appeal. Therefore the appeal fails>> (§ 48).

In breve, Google non effettua una comunicazione al pubblico perchè nè si tratta di mezzo tecnico diverso da quello della  prima diffusione (upload nell’ web), né è offerta ad un pubblico nuovo (l’immagine caricata lecitamente è diretta a tutti i potenziali web-naviganti).

Per il diritto d’autore costituisce “comunicazione al pubblico” noleggiare veicoli con radio preinstallate?

La Corte di Giustizia è chiamata a rispondere alla domanda del giudice svedese concernente il se noleggiare autoveicoli con sistemi radio preinstallati costituisca comunicazione al pubblico per il diritto di autore (e quindi se via vietata, tranne consenso dei titolari).

Sono state pubblicate le conclusioni dell’Avvocato Generale (A.G.) Szpunar 15 gennaio 2020 in causa C-753/18 Stim-SAMI c. Fleetmanager Sweden-Nordisk Biluthyrning.

La lite era nata dalla pretesa delle collecting society svedesi di ottenere il pagamento dei diritti per il loro repertorio a carico delle società che noleggiavano veicoli con sistemi radio preinstallati

Viene naturalmente alla mente il noto caso Sgae c. Rafael Hoteles SA del 2006, in cui la stessa domanda era stata avanzata nei confronti di un albergo che aveva installato apparecchi radiotelevisivi nelle stanze dei clienti

L’A.G. fa presente la ricchezza notevole di giurisprudenza in tema di comunicazione al pubblico  nel diritto di autore (§ 1).

Dopo un veloce sunto delle principali decisioni (§§ 24/30), egli ricorda che per la comunicazione al pubblico è necessario il ruolo dell’utente, che <<intervenga con piena cognizione di causa>> (§ 31).

In particolare il punto in comune alle varie fattispecie, in cui la comunicazione al pubblico è stata ravvisata, è <<il nesso diretto tra l’intervento dell’utente e il materiale protetto in tal modo comunicato. Tale punto in comune rappresenta l’elemento centrale in assenza del quale non si può parlare di un atto di comunicazione>> (§ 35)

In questo senso, dice l’AG, nel caso più vicino (che -come detto- è il caso Sgae c. Rafael Hoteles SA) , quello che contò non fu l’installazione di apparecchi televisivi nelle camere d’albergo ma la distribuzione del segnale (§ 37). Precisamente il punto richiamato (§ 46) di questa sentenza del 2006  dice così…<<Orbene, anche se la mera fornitura di attrezzature fisiche, che coinvolge, oltre all’albergo, abitualmente imprese specializzate nella vendita o nella locazione di apparecchi televisivi, non costituisce, in quanto tale, una comunicazione ai sensi della direttiva 2001/29, tuttavia tale istallazione può rendere tecnicamente possibile l’accesso del pubblico alle opere radiodiffuse. Pertanto, se, mediante apparecchi televisivi in tal modo installati, l’albergo distribuisce il segnale ai suoi clienti alloggiati nelle camere dello stesso, si tratta di una comunicazione al pubblico, senza che occorra accertare quale sia la tecnica di trasmissione del segnale utilizzata.>>.

Mi pare dubbia l’esattezza dell’affermazione dell’AG, dato che non è preminente la sola distribuzione del segnale, ma la combinazione <<apparecchi+segnale>>: i primi senza il secondo non svolgono la loro funzione e sono economicamente un non senso.

Ne segue che <<le imprese di autonoleggio non effettuano alcun intervento direttamente concernente le opere o i fonogrammi che vengono radiodiffusi e che possono essere eventualmente ascoltati dai loro clienti tramite gli apparecchi radio in dotazione degli autoveicoli noleggiati. Tali società si limitano a fornire ai loro clienti veicoli equipaggiati dai produttori con impianti radio. Sono i clienti delle società medesime a decidere se ascoltare o meno le trasmissioni radiofoniche>> ( § 38).  Tali apparecchi radio <<sono concepiti per poter captare, senza alcun ulteriore intervento, la radiodiffusione terrestre accessibile nelle zone in cui si trovano. L’unica comunicazione al pubblico che si verifica è, quindi, la comunicazione effettuata dagli organismi di radiodiffusione. Non sussiste, invece, alcuna comunicazione al pubblico successiva, segnatamente da parte delle società di autonoleggio>> (§ 39).

Il ruolo delle società di autonoleggio  <<si limita quindi alla mera fornitura di attrezzature atte a rendere possibile una comunicazione al pubblico, il che, in forza del considerando 27 della direttiva 2001/29, non costituisce una comunicazione di tal genere si limita La mera fornitura di attrezzatura>> (§ 40).

Al § 42 dice però che non è rilevante il fatto che gli apparecchi radio siano installati dai fabbricanti.

L’affermazione è discutibile, poichè è invece proprio questo a differenziare il caso odierno dal caso SGAE cit. Mentre nel secondo era stato l’albergatore a creare la possibilità recettiva del segnale, installando apparecchi e posando cavi in hotel, nel caso odierno l’impresa di autonoleggio si è limitata a comperare i veicoli così come già erano; né si può ragionevolmente pretendere che, dopo l’acquisto, esse rimuovano gli apparecchi radio che trovano preinstallati.

Si potrebbe allora pretendere che li acquistassero senza radio (scelta un tempo possibile al momento dell’acquisto: da vedere se ancora oggi). Tale pretesa sarebbe però economicamente irrazionale e quindi assurda (“inesigibile”). A quesrto punto , tuttavia, anche per gli albergatori varrebbe la stessa considerazione: il fatto che la prassi sia tale da prevedere sempre le televisioni nelle stanze, fa sì che nessun albergatore possa ragionevolmente offrire stanze senza TV, se vuole stare nel mercato. Per cui anche la scelta dell’albergatore, sul se offrire o meno l’apparecchio radio televisivo, praticamente è necessitata e quindi non libera: per cui non c’è intrervento sufficiente per ravvisare una comunicazione al pubblico.

Da ultimo (§ 43-44), secondo  l’AG, è errato sostenere che induca a ravvisare comunicazione al pubblico il fatto che l’offerta dell’apparecchio radiotelevisivo renda più attrattiva e quindi più redditizia l’attività di autonoleggio. Evidentemente le collecting societies, sollevando questo punto, si riferivano alla nutrita giurisprudenza europea, secondo cui il fine di lucro è rilevante per la <<valutazione individualizzata>> da condurre per ravvisare la comunicazione al pubblico. Questa opinione è stato resa nota ai più soprattutto con il caso sulla liceità dei links GS Media 08.09.2016 C‑160/15  (ivi v. § 47), anche se le sue radici affondano in sentenze più risalenti (ad es. già in  Società Consortile Fonografici (SCF) c. Del Corso, 15.03.2012 C‑135/10, §§ 76 e 78).

Questa valutazione non è condivisibile, dato che immotivatamente inserisce nella fattispecie l’elemento dell’intento lucrativo (soggettivamente o oggettivamente determinato, è indifferente), che però la legge non prevede. Nemmeno è ammissibile considerandolo indice di consapevolezza dell’illiceità, come spesso pure soi è affermato: la necessità dell’elemento soggettivo infatti oblitera immotivatamente la distinzione tra lesione del diritto (che non lo richiede) e sua dannosità (che invece lo richiede), distinzione cui fanno capo rimedi diversi (restitutorio-ripristinatori nel primo caso, risarcitori e penali nel secondo).

Tuttavia , se si accetta tale diffusa opinione , l’allegazione delle collecting svedesi era pertinente.

La risposta dell’AG  non è soddisfacente perché non chiara. Sembra di capire che egli escluda la rilevanza dell’elemento lucrativo , dal momento che in ogni caso l’attività delle imprese di autonoleggio non costituisce nulla più che una mera fornitura di infrastrutture fisiche (§ 44). In senso contrario va osservato che la valutazione individualizzata  e quindi anche il giudizio sulla lucrosità, se è necessaria per giudicare se ricorra o meno <<comunicazione al pubblico>>, non può essere esclusa a priori dicendo che si tratta di mera fornitura di infrastruttura. Questo potrà essere l’esito del giudizio, non il punto di partenza per escludere il requisito della lucrosità-.

Un’importante sentenza inglese sulla comunicazione al pubblico effettuata da aggregatore di radio internet (Warner e Sony v. TuneIn)

Con l’importante sentenza del 1 novembre 2019, [2019] EWHC 2923 (Ch) Case No: IL-2017-000025, la High Court of Justice-Business & Property Courts of England and Wales. Intellectual Property List, a firma del giudice Birss , interviene sul dibattito inerente la comunicazione al pubblico di opere già rese pubbliche in precedenza (esiste poi una seconda sentenza parallela nella medesima lite,  [2019] EWHC 3374 (Ch) – claim No. IL-2017-000025, relativa solo ad inibitoria e costi, qui non esaminata). Ne dà notizia

Nella fattispecie Warner Music e Sony Music Entertainment sostenevano che la TuneIn Incorporated, quale aggregatore di internet radio stations, dovesse ottenere da loro licenza (§ 11), come avviene quando le radio si rivolgono a collecting societies per diffondere musica dei loro repertori (§§ 3-4). TuneIn lo contestava, affermando di limitarsi a fornire hyperlinks ad opere già rese pubbliche.

La Corte (EWHC) affronta la questione con pregevole approfondimento, tutto concentrato sui fatti e sulla giurisprudenza, come nella prassi anglosassone.

Prima compare un’introduzione sui fatti (§§ 1-10: v. spt. quelli che descrivono l’attività di TuneIn) e l’esame della (fondamentale, per gli operatori) questione di giurisdizione, c.d. audience targeting test (§§ 12-34), usato in common  law (v. ad es. Belfield, Establishing personal jurisdiction in an internet context: reconciling the fourth circuit “targeting” test with Calder v. Jones using awareness, in UNIVERSITY OF PITTSBURGH LAW REVIEW vol. 80, winter 2018).

Poi il giudice Birss affronta la questione relativa alla comunicazione al pubblico. Inizia ricordando la normativa rilevante (§§ 35 ss) e poi -con un apprezzabile dettaglio- la giurisprudenza europea (§§ 48 ss)

In particolare come ovvio si riferisce essenzialmente ai casi Svensson del 2014 e GS Media del 2016: si v. ad es. § 66 dove coglie la novità costituita dalla rilevanza dello stato soggettivo di conoscenza in capo alla persona che crea il link per capire se o meno ha commesso comunicazione al pubblico , rilevanza propria della accessory tort liability (corresponsabilità aquiliana), che non è armonizzata in UE.

Al § 90 esamina la sentenza Renckhoff del 2018, che potrebbe essere ritenuta confliggente con GS Media . La  conciliazione da parte del giudice è trovata nei §§ 101-102. Il punto è molto importante: quando taluno acconsente alla pubblicazione su un sito, è vero che prende in considerazione tutti i potenziali utenti del web, ma solo come destinatari di link al sito stesso, non dei file ivi presenti (si v. al § 109 la sintesi di altra sentenza inglese del 2013 sull’acquis europeo in tema di comunicazione al pubblico ).

Questo passo centrale della motivazione è però di dubbia esattezza: si v. in senso contrario le conclusioni dell’Avvocato Generale Sanchez-Bordona nella causa  Renckhoff , andate disattese dalla Corte europea.

Il giudice Birss ricorda che la differenza tra Renckhoff e Soulier del 2016, da una parte, e Svensson, dall’altra, sta nel fatto che la divulgazione tramite link permette al titolare di rimuovere da internet il materiale, quando lo voglia; il che invece non è possibile se la divulgazione è avvenuta riproducendo il file su un nuovo sito (§ 104).

Questo però -preciso io- non toglie che i pubblici considerati siano i medesimi: allora la differenza non è tra i pubblici considerati in assoluto , ma tra pubblici considerati a seconda del possibile successivo mezzo di diffusione del materiale e o della notizia. Si tratta di fictio iuris. Il punto -centrale, lo ripeto- richiederebbe approfondimento.

Al § 113 il giudice categorizza le internet radio stations in quattro tipi, per poi analizzarli partitamente:

i) music radio stations which are licensed in the UK (Category 1);

ii) music radio stations which are not licensed in the UK or elsewhere (Category 2);

iii) music radio stations which are licensed for a territory other than the UK (Category 3); and

iv) Premium music radio stations (Category 4).

Ssuccessivamente valuta l’applicabilità della comunicazione al pubblico al servizio di TuneIn ( § 120 ss.).

Al § 121 esamina i normali motori di ricerca e quindi afferma che Tunein non  è equiparabile ad un ordinario search engine ( § 121) :

<<In argument neither party put it this way but it seems to me that when making a comparison with internet search engines it is necessary to identify the appropriate comparator. The relevance of the comparison is to illuminate where the balance lies between the functioning of the internet and the freedoms associated with that on the one hand, and the high protection to be afforded to intellectual property rights on the other. The issue is whether TuneIn does something different from the kind of search engine service which is a necessary part of the normal functioning of the internet. I call that a conventional search engine. A conventional search engine provides a service which the functioning of the internet depends on. It has a database with a search facility. It will no doubt have a prominent box for search on its home page. It will (internally) have structured indices of what is on the database. It may use fuzzy logic and automatic completion of text strings. When a search term is entered, the engine simply provides links to other websites in response to search terms. If a user selects the link then, at least from their point of view, the user is taken to that other website and the involvement of the search engine ceases. The search function is optimised in all sorts of ways to try and offer users what the search engine provider thinks the user really wants, nevertheless the search results provided are essentially neutral. Sponsored links (i.e. advertisements) may also be provided, reflecting a direct relationship between the search engine and particular websites or advertisers, but that sort of material is provided alongside the search results, not instead of them>>

Al § 123 elenca le caratteristiche del servizio Tunein: aggregation, categorization, curation of stations Lists, personalisation of content, search functionality, Station information, Artist information:

i) Aggregation: TuneIn collates and provides access to a vast array of international radio station streams. It essentially acts as a ‘one-stop shop’ for users, who are easily able to browse, search for and listen to stations in one place. The alternative for users is to use a standard internet search engine to locate a webcast / simulcast station by using tailored search terms, and then click-through to their websites to listen to the specific stream. One aspect of the difference there is that in the latter case the advertising targeted to the user once they access the stream will be entirely distinct in the two cases.

ii) Categorisation: TuneIn Radio enables users to browse by categories of music, such as location, genre and language, including sub-categories within those categories. This is the most commonly used method for users to find audio content. Music stations are placed in categories based on information provided by the stations and factors such as geographical location.

iii) Curation of station lists: In addition to categorising stations, TuneIn curates lists of radio stations and programmes to present them to users as part of the browsing experience on its website and via the apps. These stations are collated by factors such as location and language or themed around current events. For example, TuneIn promotes lists of stations to users, such as “Spin the Globe” (comprising international music stations) and “Editor’s Choice – Music” (a hand-curated list of music stations). Certain stations are also listed in a “Featured” section, which is frequently updated by TuneIn to keep content relevant and non-repetitive.

iv) Personalisation of content: TuneIn Radio provides a personalised service to users, which facilitates their ability to find and listen to radio stations. TuneIn recommends stations to users based on their location, the reliability of audio streams and (in respect of registered users) the user’s listening history. Registered users are also able to view their listening history and tag their ‘favourite’ stations and/or artists, which enables them to quickly access radio stations they have previously listened to via TuneIn Radio or their favourite stations and artists.

v) Search functionality: Users are able to search TuneIn Radio for specific radio stations and artists by name. The search functionality prioritises inter alia reliable station streams and stations which are popular at that time.

vi) Station information: TuneIn collates information about music stations, which is presented on individual station pages. This includes the genre of the station and, where available, the artist and track currently playing, the station’s show timetable and related podcasts or featured shows.

vii) Artist information: TuneIn also collates information about artists on dedicated artist pages, which can be accessed by searching for the particular artist. The artist pages include a list of stations which play the particular artist (based on metadata provided by the stations) and a list of the artist’s albums. Users are also able to click-through to each album page, which displays the individual tracks on each album.

Ai §§ 127-128 indica perché TuneIn non è paragonabile al motore di ricerca che fornisce link. Si tratta del punto centrale della sentenza (§ 128):

i) The fact that TuneIn aggregates links to audio streams as opposed to links to some other form(s) of content is relevant. The audio streams carry music and as a result they engage various intellectual property rights, as TuneIn is well aware.

ii) The data collected and curated by TuneIn allows for searches of stations to be carried out by artist. Such a search returns internet radio stations which are playing music by the artist at that moment. As I understand it this is only possible as a result of TuneIn’s own monitoring stream metadata and the AIR APIs. There was evidence about what a search for internet radio stations would produce on the commonly used Google search engine but, as far as I am aware, there is no evidence that a similar search on that search engine would produce results of the same kind as TuneIn.

iii) The fact that when a station is selected, although a hyperlink to the stream is provided at a technical level, from the user’s point of view content is provided to them at the TuneIn site. In effect this is a kind of framing. The fact that framing was not relevant to answer the questions posed in Svensson (para 29) does not mean it is irrelevant to considering the nature of TuneIn’s activity.

iv) The persistent nature of the content to which the user wishes to link. This is connected to (iii) but is a different point. One of the consequences of providing streams is that they persist over time as the user listens to them. In a conventional search engine, once a user has clicked on a link, they go to the new website and the involvement of the search engine is over. That is not how TuneIn’s service works and if it was then TuneIn would not be able to provide its own visual advertisements while the user was listening.

Date queste differenze il giudice Birss conclude che << For all these reasons I find that TuneIn intervenes directly in the provision of the links to the streams in a manner which neither conventional search engines nor hyperlinks on conventional websites do. TuneIn’s service is not the same as either a conventional search engine or the conventional hyperlinks considered in Svensson and GS Media.                 Before getting to individual categories, I find therefore that the activity of TuneIn does amount to an act of communication of the relevant works; and also that that act of communication is to a “public”, in the sense of being to an indeterminate and fairly large number of persons (see Arnold J’s summary at paragraph >> (§§ 130/131)

La, pur pregevole ed accurata, disamina non riesce però persuasiva. TuneIn non appare nulla più che un fornitore di link, per quanto tailorizzato e customizzato in base ad algoritmi magari autoapprendenti, non sostanzialmente diverso -sotto il profilo della comunicazione al pubblico- da un normale motore di ricerca

Il giudice deve quindi esaminare se l’atto sub iudice, accertato come di comunicazione al pubblico,  era rivolta ad un pubblico nuovo (§ 132 seguenti, soprattutto §§ 135/136), secondo l’elaborazione giurispruedneziale europea della comunicazione al pubblico di opere già pubblicate in precedenza (quando si tratti di uso del medesimo mezzo diffusivo).

La risposta è positiva: << Therefore it is appropriate to analyse the facts on the footing that the whole internet public, insofar as they encounter a link to a Category 3 station which is provided either by a conventional search engine or some other conventional sort of website, has been taken into account. It is an inherent aspect of making this material available on the internet that that sort of linking is likely to happen.       On the other hand, absent evidence to the contrary, there is no reason why the kind of public to whom TuneIn’s system is addressed should have been taken into account. TuneIn’s activity is a different kind of act of communication and is targeted at a particular public, i.e. users in the UK>> ( §§ 139-140)

Questo per la categoria di Radio Station numero 3. Le altre categorie non le esamino ma comunque seguono subito dopo: v. §§ 143 160 per la categoria 2, §§ 161 163 per la categoria 4, §§ 164 171 per la categoria 1.

Successivamente esamina la qualificazione giuridica del servizio Premium cioè senza pubblicità (§§ 172 e seguenti)

Interessante anche la disamina sulla responsabilità di coloro che forniscono i servizi radio cioè delle singole radio (§§ 192 e seguenti) : circa la categoria 3 (condivisibilemtne) afferma che c’è comunicazione al pubblico (§ 193).

Infine ai §§  205 ss nega l’applicazione della direttiva e-commerce n. 31 del 2000 nella parte in cui concede il safe harbour agli internet providers (artt. 12-15).

La conclusioni sono al paragrafo 213:

i) TuneIn’s service (web based or via the apps), insofar as it includes or included the sample stations in Categories 2, 3, and 4, infringes the claimants’ copyright under s20 of the 1988 Act.

ii) TuneIn’s service (web based or via the apps), insofar as it includes the sample stations in Category 1, does not infringe the claimants’ copyright under s20 of the 1988 Act.

iii) TuneIn’s service via the Pro app when the recording function was enabled infringed the claimants’ copyright under s20 of the 1988 Act insofar as it included the sample stations in Categories 1, 2, 3, and 4.

iv) Individual users of the Pro app who made recordings of sound recordings in claimants’ repertoire will themselves have committed an act of infringement under s17 of the 1988 Act. Some but not all will have fallen within the defence in s70.

v) The providers of sample stations in Categories 2, 3, and 4 will (or did) infringe when their station was targeted at the UK by TuneIn.

vi) TuneIn is liable for infringement by authorisation and as a joint tortfeasor.

vii) TuneIn cannot rely on the safe harbour defences under Arts 12, 13 and 14 of the E-Commerce Directive.

caso Bastei Lubbe, CG 18.10.2018, C-149/17 (diritto di comunicazione al pubblico vs. protezione della vita familiare)

1) La regola , per cui il titolare di una connessione internet, attraverso cui siano state commesse violazioni del diritto d’autore e di diritti connessi  su fonogramma contenente audiolibro (un perito ha attribuito con esattezza al convenuto l’indirizzo IP interessato) mediante una condivisione di file (peer-to-peer), possa non essere considerato responsabile (pur in presenza di presunzione giurisprudenziale -BGH- di essere l’autore) , qualora indichi almeno un suo familiare che avesse la possibilità di accedere alla suddetta connessione, senza fornire ulteriori precisazioni quanto al momento in cui la medesima connessione è stata utilizzata da tale familiare e alla natura dell’utilizzo che quest’ultimo ne abbia fatto, confligge col combinato disposto degli artt. 8/1-2 (sanzioni e mezzi di ricorso) e 3/1 (comunicazine al pubblico) dir. 2001/29  e art. 3/2 dir. 2004/48 (<< Le misure, le procedure e i mezzi di ricorso sono effettivi, proporzionati e dissuasivi e sono applicati in modo da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da prevedere salvaguardie contro gli abusi»).

2) Però la conclusione sarebbe diversa se, per evitare un’ingerenza ritenuta inammissibile nella vita familiare, i titolari di diritti potessero disporre di un’altra forma di ricorso effettivo, che in un simile caso consentisse loro, in particolare, di far riconoscere la responsabilità civile del titolare della connessione internet di cui trattasi” (§ 53)

Queste le parole della CG, più o meno. Il rimedio di cui al punto 2 potrebbe da noi essere costituito dalla compartecipazione all’illecito da parte del titolare della connessione internet ex art. 2043 (magari come titolare di attività pericolosa ex art. 2050)? E’ un’ <<attività>> gestire una connessione internet? E’ possibile costruire una presunzione per il cui il titolare della connesione è considerato resposnabile della violazione, similmente a quella del BGH tedesco (§ 20)?