La sentenza della Corte di Giustizia nel caso italiano Jamendo sulle collecting societies nel diritto d’autore UE

C. Giust. C-10/22 del 21.03.2024, Liberi editori e autori LEA c. Jamendo SA., avv. gen. Szpunar, affronta il complicato tema della equiparazione tra organismi di gestione collettiva (OGC; SIAE da noi)  e entità di gestione indipendenti (EGI)  secondo la duplice possibilità offerta dalla direttiva 2014/25.

La radicale esclusione degli EGI non è compatbile con la direttiva, mentre una differenza disciplinare può esserlo (più vincolante per le EGI), in ragione della più lasca disciplina per esse prevista dalla direttiva.

Sintesi finale:

<<96  Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che il trattamento differenziato, operato dalla normativa nazionale di cui trattasi, delle entità di gestione indipendenti rispetto agli organismi di gestione collettiva risponda all’intento di conseguire l’obiettivo di protezione del diritto d’autore in modo coerente e sistematico, dal momento che la direttiva 2014/26 assoggetta le entità di gestione indipendenti ad obblighi meno rigorosi rispetto a quelli degli organismi di gestione collettiva per quanto riguarda, in particolare, l’accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, la concessione delle licenze, le modalità di governance nonché il quadro di sorveglianza cui sono soggette. In dette circostanze, tale trattamento differenziato può essere considerato idoneo a garantire il conseguimento di detto obiettivo.

97 Tuttavia, per quanto concerne, sotto un secondo profilo, la questione se la restrizione consistente nell’escludere le entità di gestione indipendenti dall’attività di intermediazione dei diritti d’autore non vada oltre quanto è necessario per garantire il conseguimento dell’obiettivo di interesse generale connesso alla protezione del diritto d’autore, occorre rilevare che una misura meno lesiva della libera prestazione di servizi potrebbe consistere, segnatamente, nel subordinare la prestazione di servizi di intermediazione dei diritti d’autore nello Stato membro interessato a obblighi normativi specifici che sarebbero giustificati riguardo all’obiettivo di protezione del diritto d’autore.

98 Pertanto, occorre constatare che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, nella misura in cui preclude, in modo assoluto, a qualsiasi entità di gestione indipendente, a prescindere dagli obblighi normativi cui essa è soggetta in forza del diritto nazionale dello Stato membro in cui è stabilita, di esercitare una libertà fondamentale garantita dal Trattato FUE, risulta andare oltre quanto è necessario per proteggere il diritto d’autore.

99 Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 56 TFUE, in combinato disposto con la direttiva 2014/26, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro che esclude in modo generale e assoluto la possibilità per le entità di gestione indipendenti stabilite in un altro Stato membro di prestare i loro servizi di gestione dei diritti d’autore nel primo di tali Stati membri>>.

L’art. 180 l. aut. però è stato modificato nel settembre/novembre 2024, nel senso di equiparare i due tipi di enti.

Nel maggio 2024 è stato emanato il regolamento AGCOM sulla rappresentatività e sui doveri delle collecting , delibera 95-24 (v. pag. web del provvedimento  e il link diretto al regolamento, allegato A).

Nel febbraio 2023  il Consiglio di Stato  aveva rigettato il ricorso di SIAE nell’opposiizone da questa fatta all’accertamento AGCM di abuso di posizione dominante (sentenza 15.02.2023, sez. 6, N. 01580/2023 REG.PROV.COLL.) che esamina fra le altre l’ambito soggettivo ed oggettivo di applicaizone dell’art. 180 l. aut. prima e dopo lke modifiche del 2017 (§ 17 ss , p. 732 ss del file).

Della ponderosa sentenza ricordo solo l’affermata natura eccezionale dell’esclusiva SIAE , oggi delle collecting in generale (p. 74/5)

Anche le “entità di gestione indipendente”, e non solo gli “organismi di gestione collettiva”, possono operare in Italia: importante pronuncia della Corte dui Giustizia sul copyright europeo e in particolare sulla direttiva 2014/26

La corte di giustizia UE 21.03.2024, C-10/22, LEA c. Jamendo SA, scrive una pag. importante della gestione collettiva dei diritti di autore europei, applicando la dir. 2014/26.

Non solo gli OGC ma anche le EGI (v. le sette differenze elencate ai §§ 87-95) devono potere operare parimenti nel trerritorio naizonale come intermediari nello sfruttamento dei dirittti: quindi l’art 180 l. aut. è illegittimo (rectius: incompatibile col diritto UE).

La discrminazione è vietata dalla regola di libera prestazione dei servizi posta non tanto dalle direttive 2000/31 e 2006/31 (che eccettuano il copyright), quanto direttamente dall’art. 56 TFUE, rispetto al quale la radicale esclusione delle EGI manca della proporzinalità.

<< 96  Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che il trattamento differenziato, operato dalla normativa nazionale di cui trattasi, delle entità di gestione indipendenti rispetto agli organismi di gestione collettiva risponda all’intento di conseguire l’obiettivo di protezione del diritto d’autore in modo coerente e sistematico, dal momento che la direttiva 2014/26 assoggetta le entità di gestione indipendenti ad obblighi meno rigorosi rispetto a quelli degli organismi di gestione collettiva per quanto riguarda, in particolare, l’accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, la concessione delle licenze, le modalità di governance nonché il quadro di sorveglianza cui sono soggette. In dette circostanze, tale trattamento differenziato può essere considerato idoneo a garantire il conseguimento di detto obiettivo.

97 Tuttavia, per quanto concerne, sotto un secondo profilo, la questione se la restrizione consistente nell’escludere le entità di gestione indipendenti dall’attività di intermediazione dei diritti d’autore non vada oltre quanto è necessario per garantire il conseguimento dell’obiettivo di interesse generale connesso alla protezione del diritto d’autore, occorre rilevare che una misura meno lesiva della libera prestazione di servizi potrebbe consistere, segnatamente, nel subordinare la prestazione di servizi di intermediazione dei diritti d’autore nello Stato membro interessato a obblighi normativi specifici che sarebbero giustificati riguardo all’obiettivo di protezione del diritto d’autore.

98 Pertanto, occorre constatare che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, nella misura in cui preclude, in modo assoluto, a qualsiasi entità di gestione indipendente, a prescindere dagli obblighi normativi cui essa è soggetta in forza del diritto nazionale dello Stato membro in cui è stabilita, di esercitare una libertà fondamentale garantita dal Trattato FUE, risulta andare oltre quanto è necessario per proteggere il diritto d’autore>>.

Trib. Roma sul ruolo di SIAE e sulla “bollinatura” dei supporti digitali

Trib. Roma n° 9315/2023 del 12.06.2023, RG 57860/2018, rel. Garrisi:

<<La funzione del contrassegno è quello di autenticazione del prodotto ai fini della sua commercializzazione, in modo da garantire il consumatore, attraverso
uno strumento di immediata verificabilità, che il prodotto acquistato è legittimo e non un c.d. “prodotto pirata”. Si tratta di una funzione eminentemente pubblica a vantaggio della collettività e  non del richiedente che ne sopporta il costo: il che spiega l’obbligatorietà ex lege del contrassegno
e la sanzione penale per l’ipotesi della mancata apposizione del medesimo sul prodotto (L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. d), come modificata dal D.Lgs. n. 68 del 2003, art. 26). (…)

A norma dell’art. 180 della legge sul diritto d’autore, l’oggetto principale dell’attività della SIAE, quale Organismo di Gestione Collettiva, è l’intermediazione per l’esercizio dei diritti di rappresentazione, esecuzione, recitazione, radiodiffusione e riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate dalla legge d’autore, connotata dai seguenti tre contenuti:
– la stipulazione, per conto e nell’interesse degli aventi diritto, dei necessari negozi privatistici, che la legge definisce licenze ed autorizzazioni, con i grandi e piccoli utilizzatori delle opere ad essa affidate per la gestione dei vari diritti;
– l’incasso delle royalties versate per l’utilizzazione delle opere;

– la ripartizione dei proventi di cui sopra tra gli aventi diritto.
L’attività della SIAE non pregiudica tuttavia la facoltà dell’autore dell’opera di esercitare direttamente i propri diritti. (…)

Con l’introduzione dell’obbligo di apporre il contrassegno si è, infatti, voluto consentire di effettuare una rapida verifica sulla produzione e sulla commercializzazione dei supporti nel rispetto dei diritti dell’autore dell’opera riprodotta. Il contrassegno consente, inoltre, ai consumatori di accertare la provenienza lecita del prodotto acquistato, tutelando in tal modo anche il consumatore in ordine alla liceità della produzione e della vendita del prodotto
acquistato.(…)

Nel caso di specie, premesso in fatto e diritto quanto sopra, non è configurabile alcun rapporto negoziale tra le parti, atteso che l’attività accertativa da parte della convenuta consistente nella apposizione del contrassegno su ogni supporto su cui viene impressa un’opera tutelata dalla legge sul diritto d’autore discende direttamente dalla legge, segnatamente dal citato articolo 181-bis L.A., senza che possa considerarsi instaurato tra l’attrice e la convenuta alcun contratto da cui far discendere l’obbligo in capo a quest’ultima di apporre i contrassegni su cui si
controverte.
La natura tributaria del contrassegno predicata dalla giurisprudenza prevalente esclude la sinallagmaticità del rapporto inter partes, non essendo quindi configurabile alcun obbligo contrattuale a carico della convenuta.
Quanto alla pretesa risarcitoria, non è ravvisabile la condotta illecita da parte della SIAE.
L’attrice deduce di aver inviato, in data 23/8/2016, le richieste di rilascio dei contrassegni (cfr. doc. 1 allegato all’atto di citazione).
Tuttavia la convenuta ha dato ampia prova documentale del fatto che le richieste inviate erano irregolari in relazione alla compilazione di modelli appositi, con la conseguenza che ciò ha reso necessaria una interlocuzione tra le parti ed il compimento di una ulteriore attività accertativa da parte della convenuta.
L’ampia corrispondenza intercorsa tra le parti dimostra che la convenuta, riscontrata l’irregolarità nella compilazione dei moduli di richiesta di rilascio dei contrassegni – con particolare riferimento alla sottoscrizione mediante scansione anziché in via telematica, all’incompletezza dei moduli e delle varie sezioni – ha sempre e tempestivamente richiesto le necessarie modificazioni o integrazioni (cfr. doc. da 5 a 7 e da 17 a 30 allegati alla comparsa di costituzione)>>.

Da vedere se la non contrattualità vale anche dopo la dir. 26 del 2014 il cui art. 5.2 recita: <<I titolari dei diritti hanno il diritto di autorizzare un organismo di gestione collettiva di loro scelta a gestire i diritti, le categorie di diritti o i tipi di opere e altri materiali protetti di loro scelta, per i territori di loro scelta, indipendentemente dallo Stato membro di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva o del titolare dei diritti. A meno che non abbia ragioni oggettivamente giustificate per rifiutare la gestione, l’organismo di gestione collettiva è obbligato a gestire tali diritti, categorie di diritti o tipi di opere e altri materiali protetti, purché la gestione degli stessi rientri nel suo ambito di attività>>.

Contratto di edizione musicale e sua prova ex art. 110 l.aut.: che rilevanza hanno i bollettini SIAE firmati dalle parti?

Cass. n° 36.753 del 25.11.2021 affronta il tema.

Non ci sono passagi di rilievo se non quello in cui riepiloga il decisum dell’appello, che poi conferma.

E in particolare così al § 2.4:

<< Invero la Corte d’appello, nel pronunciarsi sulla contestata idoneità dei bollettini SIAE a costituire prova scritta della cessione dei diritti di sfruttamento economico delle opere musicali, con chiare e logiche argomentazioni ha confermato la valutazione del giudice di primo grado affermando che:

a) il contratto atipico di edizione musicale (con cui l’autore o compositore di un’opera musicale trasferisce all’editore i diritti di utilizzazione economica, riservandosi una quota dei proventi che maturano in conseguenza della sua utilizzazione) può essere concluso anche verbalmente, sebbene tra le parti la conclusione debba essere provata per iscritto, ai sensi dell’art. 110 L.d.a.;

b) nel caso di specie, la sottoscrizione dei bollettini SIAE da parte di autore ed editore attestava l’avvenuta conclusione del contratto di edizione, poichè in essi era chiaramente “riportato lo schema del riparto dei proventi” – comunicato alla SIAE affinchè vi desse esecuzione in forza del mandato congiunto ricevuto – e, nel sottoscriverli, autori ed editori avevano espressamente dichiarato che “le indicazioni e i dati contenuti nel presente bollettino corrispondono a verità”, sicchè fu lo stesso D.S. a dare atto della qualifica di editore delle società cofirmatarie, e dunque “implicitamente, ma inequivocabilmente, dichiarò di aver trasferito i propri diritti di utilizzazione economica delle due opere, con conseguente loro diritto a percepire i relativi proventi nella misura concordata”;

c) era quindi lo stesso contenuto dei bollettini a provare per iscritto la conclusione del contratto (e non la deduzione del fatto ignoto della previa stipula del contratto di edizione dal fatto noto della loro sottoscrizione);

d) a tal fine non rilevava la Delib. Commissione SIAE 3 luglio 2007 (che inserì nei bollettini la dicitura “non sostituisce il contratto di edizione”) perchè i bollettini in esame furono depositati il 13/01/2000 e comunque non valevano a sostituire il contratto di edizione, bensì a fornirne la prova scritta;

e) peraltro, alla data del 13/01/2000 l’album era stato già pubblicato e sino al 2003 il D.S. non lamentò alcunchè a fronte della disposta ripartizione dei proventi, “il che – prosegue il giudice di secondo grado – conferma ulteriormente che egli fosse ben consapevole dell’avvenuta conclusione del contratto di edizione musicale”;

f) non vi è nemmeno contestazione che gli editori abbiano concretamente impegnato la loro attività imprenditoriale per promuovere la diffusione delle opere, ottenendo – com’è pacifico un grande successo, di cui ha indubbiamente beneficiato il D.S.;

g) nè vi è incertezza sull’oggetto del contratto, i cui contenuti essenziali sono menzionati nel bollettino (segnatamente: titolo delle opere, nomi degli autori, ragioni sociali degli editori, quote di ripartizione tra autori ed editori, proventi relativi allo sfruttamento fono-meccanico e alla pubblica esecuzione delle opere, territorio di riferimento “tutto il mondo”)>>.

Tutto bene; c’è però un grave errore.         La prova per iscritto , quando serve, deve riguardare tutti gli elementi essenziali del contratto: qui invece riguarda molto meno e cioè solo l’accordo sul riparto dei proventi.