Diritto di autore su fiabe , anzi su una loro particolare modalità editoriale-rappresentativa

Appello Firenze n. 669/2023 del 03.04.2023, RG 1132/2022, rel. Nicoletti, sul tema in oggetto conferma la sentenza di 1 grado circa la tutela come opera dll’ingegno della innovativa  modalitàò edutoriale di rapprestnazione di fiabe tradizionali:

<<Il giudicante, poi, correttamente, dopo aver esemplificato i dati terminologici di
cui sopra, ha ritenuto che l’oggetto di causa non fosse l’idea, ma l’opera
compiuta. Infatti, ha affermato che “nel caso di specie, l’opera di cui si chiede la
protezione è rappresentata dai cofanetti della collana “Carte in tavola”. Ora, è pacifico
che il contenuto dei cofanetti sia costituito dalle fiabe tradizionalmente raccontate ai
bambini. Tuttavia, applicando i suesposti principi, occorre guardare non all’idea in sé,
al contenuto dell’opera, bensì alla sua forma espressiva. Dalla disamina delle opere, il
cui deposito cartaceo è stato autorizzato in sede istruttoria, emerge come il suo autore abbia voluto rappresentarle mediante una visione personale delle stesse: il cofanetto,
ciascuno avente ad oggetto una fiaba, è composto da una serie di schede sulla quali
da un lato vi è il racconto della storia e, dall’altro, il disegno corrispondente, così che
poi poggiando tutte le carte in sequenza emerge la rappresentazione in disegni
dell’intera fiaba. Ebbene, si ritiene che una tale rappresentazione delle tradizionali
fiabe per bambini sia caratterizzata da innovazione ed originalità, distinguendosi dai
differenti libri con immagini colorate, per essere stampato sui due lati di singole
schede.”.
La ricostruzione del Tribunale, quindi, è del tutto in linea con l’interpretazione
costante fornita dalla giurisprudenza della normativa di riferimento.
E’ poi condivisibile l’affermazione secondo cui l’opera “Carte in tavola” presenta
un contenuto creativo, rappresentato dal fatto che il Faglia ha inteso
rappresentare e narrare delle fiabe tramite una nuova metodologia comunicativa,
ovvero quella della sequenza di carte contenenti delle illustrazioni, che nella loro
successione raccontano la storia. Tale metodologia di racconto, infatti, si presenta
come innovativa rispetto alla tradizione, differenziandosi dalla narrazione tramite libri e manuali.
L’innovazione creativa determinata dalla differente metodologia narrativa,
pertanto, connota il Faglia quale autore dell’opera, in quanto tale legittimato a
richiedere il riconoscimento della paternità della stessa.

E’ poi irrilevante il fatto che altri soggetti siano gli autori del testo e delle
illustrazioni>>

E poi:

<<L’art.  4 della legge sul diritto di autore, infatti, prevede che “senza pregiudizio dei diritti esistenti sull’opera originaria, sono altresì protette le elaborazioni di carattere creativo dell’opera stessa, quali le traduzioni in altra lingua, le trasformazioni da una in altra forma letteraria od artistica, le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell’opera originaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non costituenti opera originale.”.
In tale ambito può essere calata anche l’opera di cui si discute, rientrando nel
concetto di “trasformazione da un’altra forma letteraria o artistica” anche la
narrazione di fiabe tradizionali mediante carte illustrate, in relazione alle quali
l’aspetto di creatività va rinvenuto proprio nella modalità di rappresentazione
della storia.
Quello che viene tutelato nel caso in esame, infatti, non è una mera idea, come
afferma l’appellante, ma l’ideazione di una forma di rappresentazione delle storie avente carattere innovativo>>

interessante applicazione dell’art. 1304 cc, poi , da parte della Corte , avendo l’altro convenuto stipulato in precedenza una transazione con l’attore.

Monoautoralità o coautoralità nella canzone “Cathy’s Clown” degli Everly Brothers

Gli esecutori testametnati dei due fratelli Everly (noto duo statunitense del secondo dopoguerra) litigano sull’autoralità della canzone Cathy’s Clown”.

Ora Mark Jaffe ci dà notizia e offre cortesemente il link alla sentenza di appello 10 febbraio 2023, No. 21-5530 del 6° Circuito.

La sentenza , però,  si incentra solo sulla prescrizione del termine triennale entro cui il contestato deve agire in giudizio in presenza di contestazioni alla sua comproprietà: a pena di perdere l’azione!!!!  (17 US code § 507.b)

Il fratello maggiore , Don , infatti , aveva contestato al  fratello Phil la coautoralità di questi: Phil però non aveva poi agito entro i tre anni seguenti

Intervento romano sulla tutela d’autore per le fotografie

Trib. Roma 22.06.2022 n. 10.041/2022, RG 21.494/2018, riepiloga i termini della tutela delle fotografie con utili precisazioni.

Si trattava di foto caricate su database on line da fotografo professionista e poi offerte in licenza a potenziale interessato, che non le acquista ma le usa uguialmente su propri articoli giornalistici.

Spunti presenti:

  1. consueta triplice distinzione: i) foto protette da diritto pieno, ii) da dir. connesso o iii) solo documetarie ex art. 87.2 l. aut.
  2. sulla distinzione tra i) e ii) , spesso punctum dolens, si dilunga sulla creatività. Precisa che la professionalità del fotograto e la qualità tecnca delle fotografie sono insufficientei: <<Nel caso in esame parte attrice si è limitata sostanzialmente a rivendicare, in generale, la elevata qualificazione professionale dei fotografi e l’elevata qualità tecnica delle fotografie, senza formulare alcuno specifico riferimento ad alcuna di esse, deducendo a riprova il fatto che esse sono destinate alla cessione a terzi, previo compenso, per la pubblicazione su testate giornalistiche.         Ma in base ai principi sopra richiamati la professionalità del fotografo e la qualità tecnica delle fotografie sono insufficienti per il riconoscimento del carattere artistico ed al contrario sono la loro stessa destinazione, al normale circuito dei media, ed il loro genere – personaggi, eventi e tematiche di interesse giornalistico – che le devono fare includere fra le fotografie “semplici”, in assenza di elementi specifici, che dovrebbero essere riferibili singolarmente a ciascuna di esse, che non sono stati neanche dedotti .          Ciò si deve affermare anche per quelle relative non a persone o eventi pubblici, ma a edifici sedi di istituzioni o note società, o alla composizione in studio di oggetti “significativi”, quali il modello 730 o biglietti di banca. Queste ultime in particolare non possono essere ricondotte alle fotografie di “scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili”, prive di tutela ex art.87, 2° comma L.A., ma si riferiscono piuttosto a “fatti della vita sociale”, non avendo la funzione di riprodurre il modo di essere di questi oggetti, ma quella di illustrare le tematiche economiche che essi evocano>>
  3. prova del diritto nelle forme di uso ex ar.t 8 l. aut.: <<Nel sito ciascuna fotografia risulta accompagnata dalle indicazioni prescritte dall’art. 90 L.A. Pare evidente del resto che poiché tale titolarità deriva dall’individuazione dell’autore dello scatto, che parte attrice deduce essere il sig. Canino stesso o un fotografo a lui legato da un rapporto  i committenza (art. 88 comma 2 L.A.), la contestazione deve essere supportata da elementi specifici, risolvendosi altrimenti nel tentativo di onerare l’attore di una probatio diabolica; tali elementi non sono stati dedotti, essendosi parte convenuta limitata ad affermare, in modo del tutto generico, di avere reperito le fotografie sulla rete>>
  4. errata l’invocazione della “esimente” della ripubblicazione ex art. 91.2 l. aut.  di foto tratte da giornali
  5. quantificazione: gli sconti per acquisti cumulativi non contano nella liquidazione del mancato guadagno

Coreografia v. “emotes” nel diritto di autore

Il balletto di Hanagami è stato illecitamente copiato dai c.d. emotes del gioco Fortnite di Epic Games? Dice di no il Central District della California 24 agosto 2022, caso 2: 22-cv-02063-SVW-MRW.

Tutelabili non sono i passi di danza ma solo il prodotto coreografico complessivo (vedilo in youtbue al link indicato dalla corte )

Ed allora gli emotes, strumenti  per personalizzare (a pagamento) i personaggi del gioco Fortnite (sono movimenti animati o danze, spiega la corte) , non costituiscono contraffazione, date le notevoli differenze che la corte va a dettagliare.

Sentenza interessante per novità della materia e approfondimenti sulla protezione di fotografia e coreografia, alla luce dei precedenti richiamati

(notizia e link dal blog del prof Eric Goldman; testo pdf solo grafico, purtroppo)

Contraffazione di opera musicale: analitica sentenza inglese

La lite Ed Sheeran c. Sami Chockri (Sami Switch) è stata decisa in data 6 aprile 2022 dalla UK BUSINESS AND PROPERTY COURTS OF ENGLAND AND WALES INTELLECTUAL PROPERTY LIST, guiduce Zacaroli,[2022] EWHC 827 (Ch) Case No: IL-2018-000095 .

Il secondo lamenta il plagio della propria canzone “Oh why” da parte del primo con la canzone “Shape of you”.

Impressione nella sentenza il grado di analiticità dell’esame fattual-musicale condotto dal gidice.

Il quale alla fine rigetta la domanda ed anzi concede l’accertamento negativo formale di non copiature, § 207 ss.

Premesse di ordine processual-probatorio:

    1. In music cases, it is the sounds that are more important than the notes: see Copinger and Skone James on Copyright (18th ed) at [3-125]. This depends to a large degree on the aural perception of the judge: Francis Day & Hunter v Bron [1963] 1 Ch 587, per Upjohn LJ at p.618.
    2. While the legal burden rests with the person alleging infringement, in the case of conscious copying the evidential burden shifts to the alleged infringer if there is proof of sufficient similarity and proof of access. There was some debate as to whether what was required was proof of access, or proof of the possibility of access.
    3. The weight of authority supports the former: see, for example, Designers Guild (above), per Lord Millett at p.2425E; Baigent v Random House [2007] EWCA Civ 247 at [4], although I do not think anything turns on it in this case. Tens of thousands of new songs are uploaded to internet sites daily. It clearly cannot be enough to shift the burden of proof that a song was uploaded to the internet thereby giving the alleged infringer means of accessing it. In every case, it must be a question of fact and degree whether the extent of the alleged infringer’s access to the original work, combined with the extent of the similarities, raises a sufficient possibility of copying to shift the evidential burden. Where, for example, the original work was highly individual or intricate, and the alleged infringing work was very close to it, then only limited evidence of access may be sufficient in order to shift the burden. The same would not be true, on the other hand, where the original work was simple and involved relatively common elements.
    4. Irrespective of where the burden lies, infringement requires there to have been actual copying, which necessarily entails that the alleged infringer not only had access to the original work, but actually saw or heard it.
    5. The leading case on subconscious copying is Francis Day & Hunter v Bron (above), in which the Court of Appeal established that, although it was possible to demonstrate that a person had infringed copyright without intending to do so, it was nevertheless necessary to establish “proof of familiarity” with the allegedly copied work, as a prerequisite to establishing infringement: and that there was a causal link between the alleged infringing work and the original work: see Wilmer LJ at p.614 (with whom Upjohn LJ agreed). Diplock LJ also spoke of the clear need for a causal connection between the two works (at p.624).
    6. Whether there has been subconscious copying is a question of fact to be determined on the basis of all the evidence (and does not rest on the shifting of an evidential burden: see Mitchell v BBC (above) at [39]). There will rarely, if ever, be direct evidence of subconscious copying, so it is necessary – as with any issue where direct evidence is lacking – to reach a conclusion based on inferences from other evidence. The following direction which the trial judge, Wilberforce J, had given himself was approved by the Court of Appeal in Francis Day (at pp.614-615):

“The final question to be resolved is whether the plaintiffs’ work has been copied or reproduced, and it seems to me that the answer can only be reached by a judgment of fact upon a number of composite elements: The degree of familiarity (if proved at all, or properly inferred) with the plaintiffs’ work, the character of the work, particularly its qualities of impressing the mind and memory, the objective similarity of the defendants’ work, the inherent probability that such similarity as is found could be due to coincidence, the existence of other influences upon the defendant composer, and not least the quality of the defendant composer’s own evidence on the presence or otherwise in his mind of the plaintiffs’ work.”

Conclusioni, prima  parte, § 200 ss:

  1. Mr Sutcliffe urged me to stand back from the detail and focus on the bigger picture. The case, he said, boiled down to four unassailable points: the similarities between the songs, not by a laser-like focus on individual elements (because to do so risked losing the song), but by listening to the sounds as a whole; the “one-in-a-million” chance of two unique sounds correlating with one another within the space of months; the three “fingerprints” in Mr Sheeran’s work; and the lack of credible explanation from the claimants for the creation of the OI Phrase.
  2. Of necessity, in view of the nature of the allegations in this case, I have analysed in some detail the musical elements that went into the creation of Shape, but I agree with Mr Sutcliffe that it is important to stand back from the detail. When I do so, however, I come to the opposite conclusion to him. It is in reality the defendants who have focused on the three points of particular similarity between Oh Why and Shape, while ignoring points of difference, the fact that each element is a common building block in music of this and many other genres, and the use of the same or similar elements in other parts of Shape and in other Ed Sheeran songs.
  3. Having reviewed all the circumstances, their use together in the OI Phrase by the writers of Shape is explained in my judgment by reasons other than copying. The “one-in-a-million” chance of them being used together (and the fact that the precise notes, vocalised and harmonised in the same way has not been found before) is no more than a starting point when considering whether one is copied from the other. While Mr Chokri’s initial reaction to the similarities, posted on Facebook in January 2017, is understandable, coincidences (which, by definition, would not be remarked upon in the absence of marked similarities) are not uncommon.
  4. Listening to the sounds as a whole, as urged by Mr Sutcliffe, the two phrases play very different roles in their respective songs. The OW Hook is the central part of the song, and reflects the song’s slow, brooding and questioning mood. Without diminishing its importance, the OI Phrase plays a very different role: something catchy to fill the bar before each repeated phrase “I’m in love with your body”. The use of the first four notes of the rising minor pentatonic scale for the melody is so short, simple, commonplace and obvious in the context of the rest of the song that it is not credible that Mr Sheeran sought out inspiration from other songs to come up with it. As to the combination of elements upon which the defendants rely, even if Mr Sheeran had gone looking for inspiration, then Oh Why is far from an obvious source, given the stark contrast between the dark mood created by the OW Hook in Oh Why and the upbeat, dance feel that Mr Sheeran was looking to create with Shape

Dispositivo:

205.  Accordingly, for the reasons I have set out above, I conclude as follows:

(1) While there are similarities between the OW Hook and the OI Phrase, there are also significant differences;

(2) As to the elements that are similar, my analysis of the musical elements of Shape more broadly, of the writing process and the evolution of the OI Phrase is that these provide compelling evidence that the OI Phrase originated from sources other than Oh Why;

(3) The totality of the evidence relating to access by Mr Sheeran to Oh Why (whether by it being shared with him by others or by him finding it himself) provides no more than a speculative foundation for Mr Sheeran having heard Oh Why;

(4) Taking into account the above matters, I conclude that Mr Sheeran had not heard Oh Why and in any event that he did not deliberately copy the OI Phrase from the OW Hook;

(5) While I do not need to resort to determining where the burden of proof lies, for completeness:

(a) the evidence of similarities and access is insufficient to shift the evidential burden so far as deliberate copying is concerned to the claimants;

(b) the defendants have failed to satisfy the burden of establishing that Mr Sheeran copied the OI Phrase from the OW Hook; and

(c) even if the evidential burden had shifted to the claimants, they have established that Mr Sheeran did not deliberately copy the OI Phrase from the OW Hook.

(6) Finally, again taking into account all the matters I have considered above, I am satisfied that Mr Sheeran did not subconsciously copy Oh Why in creating Shape.

Pronuncia inglese sulla tutela d’autore del “personaggio”

Eleonora Rosati nel blog IPKat dà notizia della sentenza inglese della Intell. Prop. enterprise court del 8 giugno 2022 [2022] EWHC 1379 (IPEC) , Shazam v. Only Fools ltd e altri, che esamina la tutela d’autore del personaggio letterario creato dall’a. per una serie televisiva di successo.

I punti più interessanti per noi sono:

. proteggibilità dello script (equivale a “copione”, suppergiù) come dramatic work secondo il loro copyright act, § 66;

– proteggibilità del personaggio, §§ 76-113 (secondo il doppio test europeo proposto dalla corte di giustizia in Cofemel), protetto anche in  disciplina basata su tipicità come quella UK qual literary work, § 121/2.

La violazione che discende è evidente, § 127.

E’ rigettata sia l’eccezione di parodia , § 194 ss (v. l’esame preliminare sull’istituto, § 160 ss) che quella di pastiche , § 195 ss

Impressiona l’analiticità e la chiarezza di analisi fattuale per accertare la contraffazione: v. lo schedule of infringement  e l’elenco dei punti copiati fornito dal giudice, § 132. Si v. anche la tabella finale delle conclusioni del giudice, p. 67/8.

Il senso pratico e il fine di immediata utilizzabilità di ogni ragionamento, proprio della cultura inglese, ha ancora molto da insegnarci.

Da noi la tutela del personaggio letteraio è comunemente ammessa. Lo stesso per il copione/script, quantomeno in liena astratta (salva la compiutezza espressiva nel caso specifico).

Sulla tutela dello script è noto il precedente cautelare torinese del 2015 (Trib. TO RG 32855/2014, 31.05.2015, Pagani v. Leo Burnett Company, reperibile in rete, ad es. qui) , il cui passaggio rilevante -in astratto: v. poi la seguente applicazione cocncreta- è :

<< –   Per questa ragione un momento di fondamentale importanza nel processo creativo dello  spot  è  la  sua  progettazione.  E’  in  questa  fase  che  avviene  la  individuazione  degli obbiettivi della pubblicità e del modo in cui conseguirli: la comunicazione che si intende dare, i destinatari,   il   modo   in   cui   raggiungerli.   In   altri   termini:   ciò   che   caratterizza   in modo “decisivo” uno spot è il modo in cui esso sceglie di caratterizzare un certo prodotto, e il  modo  in  cui  intende  comunicare  un  certo  messaggio  (p.es.  creando  sorpresa,  divertimento, simpatia,   complicità,   …).   L’idea   dello   spot,   da   intendersi   come   sua progettazione,  costituisce   quindi   la   sintesi,   destinata   a   essere   sviluppata   nella   fase   di   realizzazione del filmato. Anche quest’ultima fase è connotata (o almeno può esserlo) da attività creativa,
focalizzata  sugli  strumenti  di  realizzazione  della  reclame,  sul  sapiente  utilizzo delle   tecnologie  al  servizio  del  progetto  racchiuso  nell’ideainiziale.
–   Le   parti   hanno   a   lungo   discusso   sul   se   lo   script   di   uno   spot   pubblicitario   costituisca una concreta   espressione   creativa,   tale   da   far   riconoscere   il   suo   autore   come     autore dello stesso  spot.  L.B.C.  ha  sottolineato  la  differenza  fra  lo  script  e  il  bozzetto  pubblicitario (noto  in  gergo  come  storyboard),  ed  ha  richiamato  giurisprudenza  che  accorda  la  tutela  autoriale al   bozzetto   (sottintendendo   che   sia   necessario   “almeno   un   bozzetto”   per   ravvisare un contributo   materiale   all’opera).   Va   peraltro   chiarito   che   la   giurisprudenza   citata dal   convenuto  (Cass.  3390/2003)  ha  riconosciuto  al  bozzetto  il  valore  di  opera  protetta  ai sensi dell’art. 1 l. 633/1941; ma ciò di cui qui si discute non è se lo script realizzato dal P. sia  autonomamente  tutelabile  come  opera;  si  discute  invece  se  il  contributo  dato  dal  P.  con lo  script  gli  dia  titolo  per  qualificarsi  autore  morale  dello spot.
–  Il problema non va posto in termini astratti, ma concreti: non si tratta di affermare in  termini  generali  se  la  realizzazione  di  uno  script  sia  un  contributo  decisivo  alla  creazione di  un   filmato   pubblicitario;   ma   di   verificare   se,   nel   caso   di   specie,   lo   script  
realizzato dal ricorrente, per i suoi contenuti, per la sua relazione con lo spot finale, per il modo in cui è Stato  divulgato  e  recepito  nell’azienda  (Leo  Burnett)  e  al  di  fuori  di  essa,  valga  a individuare  il  suo  autore  come  autore  dell’opera  finale  (e  protetta),  cioè  lo spot.>>

Contraffazione di opera del disegno

Trib. Bologna n. 310/2021 del 11.01.2021, Rg 10415/2016, Benatti c. Tecnotelai srl+1, decide un caso relativo all’oggetto.

Caso frequente: l’estinzione di un iniziale rapporto con l’artista non trattiene l’impresa dal continuare ad usare le sue opere.

I  passaggi su creatività e  contraffazione:

1) Sulla creatività: <<Le ampie produzioni documentali, e la relazione del Ctu arch.Castagnetti confermano quanto è già stato
apprezzato in sede cautelare, ovvero in primo luogo le qualità artistiche della attrice, che, seppure
sensibile ai movimenti artistici ed in particolare influenzata dalle correnti dell’arte astratta
contemporanea, utilizza un linguaggio espressivo ben delineato, frutto dell’opera svolta e affinata nel
corso degli anni.
Il carattere originale, e personale si esprime tra l’altro con l’utilizzo di tecniche miste ereditate da varie
discipline, e la scelta preferenziale del vetro, come supporto; si manifesta nella complessità
compositiva e nella estemporaneità gestuale, caratteristiche riscontrabili nell’opera della artista e quindi
stilemi propri di Vanda Benatti.
Di queste qualità artistiche vi sono riconoscimenti esterni, come risulta dai doc.ti da 1 a 6 di parte
attrice, atteso che Vanda Benatti oltre ad avere venduto le proprie opere a clienti privati ed istituzioni,
ha esposto in diverse mostre, a Bologna, in altri luoghi di Italia e all’estero: documentazione
fotografica delle sue vetrate si trova, in particolare, presso il Centre International du Vitrail a Romont
(Svizzera); è anche documentato l’evento denominato “Oro”, tenutosi a Bologna nell’ottobre 2000
presso la Galleria “Ennevu”, mostra personale ed esclusiva dell’artista, pubblicizzata all’epoca sul
quotidiano La Repubblica (cfr. la locandina “Oro” Anno 2000 – doc. 5, e l’estratto archivio on line del
quotidiano “La Repubblica” – doc. 6); nel sito della attrice si rinvengono poi recensioni e segni di
apprezzamento provenienti da plurime personalità del mondo artistico e culturale, e il riconoscimento
delle sue qualità espressive, e della sua unicità sta alla base del rapporto di collaborazione (termine che
si usa qui in senso lato, e senza dedurne dirette conseguenze, quanto alla controversa cessione dei diritti
d’autore) protrattosi tra Silvia Mazzolini, e la Tecnotelai srl, (che alla famiglia Mazzolini fa capo), da
una parte, e l’artista dall’altra.
Dunque sussistono nelle opera in tesi contraffatte e plagiate i caratteri della originalità creativa
riconoscibile, cui fa riferimento l’art. 1 L. 633 del 1941, creatività intesa come personale e individuale
espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell’art. 1
legge citata, secondo i canoni interpretativi giurisprudenziali (vedi Cass, n.25173 del 2011; n. 5089 del
2004>>.

2) Sulla mancanza di scarto semantico tra le riproduzioni censburate e le opere azionate:

<<Per indagare con maggiori strumenti il delicato tema della contraffazione o plagio, è stata svolta una
Ctu, e il consulente dell’uffico ha in primo luogo – sotto il profilo operativo- ottenuto dalla attrice, nel
costante confronto diretto con le parti, un riepilogo delle potenziali violazioni, da utilizzare come
traccia univoca e base di lavoro, accettata da tutti, per eseguire i vari raffronti tra le opere di parte
attrice ed i prodotti di parte convenuta, giungendo così all’apprezzabile risultato di limitare,
concordemente, le operazioni di analisi a circa 50 casi in contestazione (pag.3 della relazione). Così opportunamente chiarito l’ampiezza del campo di indagine, il Ctu svolge alcune considerazioni di
carattere generale, e metodologico, rilevando che il confronto richiesto corre tra opere d’arte (di Vanda
Benatti) e prodotti di design, (di Tecnotelai) e sostenendo che tale diversa natura non comporta
concrete conseguenze, in ordine al criterio di accertamento della contraffazione. Aggiunge che pure il
fatto che la comparazione spesso corra tra elementi di natura diversa, realizzati con tecniche e materiali
diversi, talora bidimensionali, talora tridimensionali, e talora mere elaborazioni digitali, non esclude la
possibilità di confronto, posto che in ogni caso lo sforzo di comprensione passa dalla individuazione
della creatività ed originalità dell’opera.
Si tratta di affermazioni non oggetto di contestazione in causa, cosicchè possono ritenersi un dato
pacifico; si tratta inoltre di giudizi pienamente condivisibili, anche per quanto dianzi detto, circa il
valore essenziale della forma espressiva, come oggetto di indagine: il punto di contatto tra tutti i mezzi
semantici utilizzati è infatti indubbiamente, (come afferma anche l’artista, nelle sue osservazioni alla
Ctu), il disegno esecutivo, che costituisce il primo passaggio creativo che traduce l’idea in espressione
esterna, per poi giungere, con la scelta dei diversi supporti, tecniche ed i materiali, alla forma finale
impressa dall’artista.
Quindi il Ctu, nella relazione depositata, rende possibile in concreto il raffronto tra le opere della
artista, di cui è dedotta la contraffazione, (realizzate o in forma progettuale) con i correlati elementi di
arredo di Tecnotelai, formando delle schede di comparazione, che il Collegio può esaminare, per
compiere direttamente, quale peritus peritorum l’analisi delle opere, ricercando l’idea alla base
dell’opera e valutando la sua originalità, poi individuando la forma, analizzando la struttura della
composizione, i dettagli caratterizzanti delle opere, e le eventuali operazioni di manipolazione delle
immagini digitali svolte, per esprimere infine il giudizio conclusivo, che pur in presenza di una ripresa
di elementi secondo i passaggi esposti, può escludere la contraffazione, laddove verifichi l’esistenza di
un apporto creativo capace di trasformare gli elementi in una opera originale.
Ciò premesso, e in esito alla analisi così descritta, condotta su un numero di opere individuate
concordemente, che ricomprendono quelle oggetto del provvedimento cautelare, pare molto evidente
che oltre ad avere tratto complessivamente una larga ispirazione dall’opera artistica di Vanda Benatti,
la Tecnotelai ne ha contraffatto in più occasioni le forme>>

Marchio di forma e diritto di autore da design a protezione di borsa creata da stilista

Circa l’oggetto, Trib. Milano 13.12.2021 n. 10.280/2021, RG 17345/2019, rel. Barbuto (il convenuto è restato contumace) dà alcuni noti ma sempre utili insegnamenti.

La borsa è oggetto di marchio tridimensionale, ma viene chiesta pure la tutela da autore ex art. 2 n. 10 l. aut.

La violazione di marchio registrato è accertata (i prodotti sono quasi identici: v. foto in sentenza)

E’ negata invece la tutela d’autore per non aver la parte provato la artisticità ( o meglio : fatti sufficienti a persuadere il giudice in tale senso) e si richiama a proprio precedente:

<<Quanto, invece, alla dedotta violazione del diritto d’autore -in linea col precedente di questo Tribunale (n.5443/2017) -non può, qui, ritenersi “applicabile al modello di borsa in questione la tutela autorale di cui all’art.2, comma 1, n.10 L.A. relativa alle opere dell’industrial design, posto che non appare concretamente individuabile nel caso di specie l’effettiva sussistenza del carattere artistico necessario perché dette forme possano godere di tale specifica tutela. In effetti, al di là  dell’innegabile successo commerciale di tale modello di borsa, non risultano nemmeno allegati gli elementi che dovrebbero confermare la presenza di un valore artistico nella creazione dell’aspetto esteriore del modello di borsa in questione, la cui prova spetta alla parte che ne invoca la protezione. Come è noto tale valore artistico può essere desunto da una serie di parametri oggettivi, non necessariamente tutti presenti in concreto, quali il riconoscimento, da parte degli  ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l’esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l’attribuzione di premi, l’acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità ovvero la creazione da parte di un noto artista”. Infatti, nessuno di tali profili risulta
allegato dalle attrici. Inoltre, “tenuto conto del grande successo del modello di borsa delle parti  attrici, della sua ampia diffusione e del fatto che esso certamente appare distaccarsi dal contesto del settore come si manifestava all’epoca della sua immissione in commercio, originalità consolidata e sviluppata a seguito dell’apprezzamento del pubblico dei consumatori –la comparazione tra la borsa “Le Pliage” e i modelli che sono stati acquistati dalle attrici presso le
parti convenute dimostri con tutta evidenza la riproduzione del tutto fedele sia della forma generale del prodotto delle attrici che di tutti i suoi particolari, anche non necessariamente determinanti  rispetto alla sua forma esteriore”>>.

Rilevante a fini pratici, stante l’incerttezza anche teorica che regna in proposito , il rigetto della domanda circa la slealtà ex art. 2598 cc, in quanto assorbita dalla tutela da marchio.

La somma liquidata è di 200,00 euro sia per giorno di ritardo nell’adempimento che per ogni violazione successiva.

(notizia e link alla sentenza da Eleonora Rosati in IPkat  blog)

Anche la regia di opera lirica costituisce opera protetta dalla legge di autore

Cass. 17.565 del 18.06.2021, rel. Nazzicone, RCS Mediagroup c. De Bosio, afferma la proteggibilità  d’autore della regia teatrale o meglio di opera lirica.

RCs aveva pubblicato su Sette del Corsera una fotografia dell’Arena di Verona dall’alto e conseguente riproduzione della scenografia dell’Aida ivi presente, affemando  trattarsi di quelle predisposte dal regista Zeffirelli .

Si trattava invece di quelle prèedisposte dal regista De Bosio Gianfranco, il quale agì dunque per danni patrimoniali e non.

La SC conferma la corte di appello che aveva accertato la proteggibilità e condannato RCS a risarcire un danno di euro 5.200,00.

la SC premette qualche considerazione sull’interpretazione letterale e sistematica, ricordando la inaccettabilità del canone per cui in claris non fit interpretaio (considerazioni forse necessarie).

Poi entra in medias res.

<<2.5. orbene, l’opera dell’ingegno consistente nella regia teatrale di opera lirica a contenuto creativo è ricompresa nella nozione generale dell’art. 1, l.a.: il quale, al pari del sopraggiunto art. 2575 c.c., e con proclama di principio, dispone che sono protette le opere dell’ingegno di carattere creativo, enumerando i campi della letteratura, della musica, delle arti figurative, dell’architettura, del teatro e della cinematografia, in qualunque forma di espressione.

La lettera della norma, laddove con ampia previsione contempla il prodotto della creatività umana, in una con la ratio della disciplina, volta a tutelare il diritto morale e patrimoniale di autore – diritto soggettivo assai peculiare, connesso a quanto di più tipico ed imponderabilmente prezioso scaturisca dall’intelletto umano, autentico valore per l’umanità presente e futura – inducono a ricondurre all’enunciato anche l’opera di regia

La regia, invero, quale “reggenza” o “direzione”, per definizione “tiene insieme” l’intero spettacolo: sia esso cinematografico, teatrale o lirico, si tratta della decisione ultima su tutte le componenti che contribuiscono al risultato definitivo, dall’a scenografia ai costumi, dal ritmo ai movimenti sul palco, dai toni alle pause, dai colori alle luci. Come tale, essa è suscettibile del più alto contenuto creativo, secondo la fattispecie normativa ricordata..

La mancata esplicita menzione nelle norme dalla ricorrente richiamate, dunque, non è significativa del principio opposto.>>

Seguono precisazione di storia dell’arte: <<Sotto il profilo storico, si può osservare altresì come, all’epoca della approvazione del R.D. n. 633 del 1941, la notorietà raggiunta specialmente dal cinema americano (le Major) ed Europeo aveva reso ormai palese la rilevanza della regia cinematografica, sorte non ancora occorsa a quella teatrale, all’epoca forse ancora non ben percepita come autonomo ed originale contributo, atteso il predominante rilievo degli attori protagonisti, con la loro personalità ed anche con i loro capricci, sulle scelte artistiche.

Nondimeno, l’ampia previsione letterale e la ratio ricordate sono certamente idonee ad estendere la protezione alla regia teatrale, sia essa di sole parole o di quella particolare forma espressiva che coniuga musica e teatro, qual è l’opera lirica.

Se, nel corso dell’Ottocento, quando fu per la prima volta siglata la Convenzione di Berna del 1887, e poi nella prima metà del Novecento, allorchè furono emanati il regio decreto sul diritto d’autore ed il codice civile, l’opera lirica era affidata spesso allo stesso autore delle musiche, donde la preponderanza assoluta del musicista e del librettista, nonchè degli interpreti, in seguito, allontanandosi nel tempo la prima rappresentazione, è stato via via più chiaro l’apporto determinante, soggettivo ed ampiamente personale e creativo delle diverse “letture” di un testo o di un’opera da parte di una figura a sè stante, il regista.

Onde, da una sorta di presunzione di mera diligente o puramente “descrittiva” messa in scena da parte del regista – figura, per vero, spesso rimasta sconosciuta nelle rappresentazioni di quelle epoche è stato gradualmente più chiaro come soprattutto dai caratteri della “lettura registica” dipenda il risultato ultimo di questi spettacoli: la capacità di suscitare emozione.

Ecco, dunque, che un testo, pur toccante, può alla prova dei fatti lasciare indifferenti, mentre un altro, all’apparenza neutrale, può invece indurre a commozione: ciò che fa la differenza è l’interpretazione artistica di chi abbia il compito di mettere in scena il testo, di trovare il “tono” mediante le scelte di orientamento e di governo di tutti i complessi fattori sopra ricordati.

Pertanto, qualora tale apporto creativo sussista, l’attività di regia è tutelata dalla disciplina sul diritto d’autore.>>

principio di diritto: <<“L’opera dell’ingegno, consistente nella regia teatrale di opera lirica, è ricompresa nella nozione generale del R.D. n. 633 del 1941, art. 1, in forza dell’ampia lettera della disposizione, la quale, al pari di quella del sopraggiunto art. 2575 c.c., ed in piena coerenza con la ratio della disciplina, contempla il prodotto della creatività umana quale oggetto di tutela, non potendo valorizzarsi, in contrario, la mancanza di esplicita menzione della regia predetta nella legge sul diritto d’autore o nella Convenzione di Berna, entrata in vigore il 5 dicembre 1887, e ciò tutte le volte che si debba riconoscere un apporto personale e creativo della “lettura” dell’opera da parte del regista, come è compito del giudice del merito accertare”.>>

Privacy, libertà di informazione e copyright nel caso Meghan Markle c. Daily Mail

Si pronuncia l’Alta Corte inglese sul caso Meghan Markle (MM) c. Daily Mail e Mail on Sunday (poi anche : l’Editore).

Precisamente si tratta di HIGH COURT OF JUSTICE CHANCERY DIVISION BUSINESS AND PROPERTY COURTS INTELLECTUAL PROPERTY LIST,  The Duchess of Sussex c. Associated Newspapers Limited, 11.02.2021, [2021] EWHC 273 (Ch) Case No: IL-2019-000110 .

Di fronte alla pubblicazione non autorizzata da parte del Mail della propria lettera al proprio genitore (i rapporti non erano facili) , MM cita l’editore per  violazione di privacy e di copyright., § 61

I fatti sono esposti ai §§ 1 ss.

PRIVACY

Le difese dell’Editore sono:
<<It maintains that the contents of the Letter were not private or confidential as alleged, and that the claimant had no reasonable expectation of privacy. Further or alternatively, any privacy interest she enjoyed was slight, and outweighed by the need to protect the rights of her father and the public at large. The defendant’s pleaded case is diffuse and hard to summarise. But prominent features are contentions that, even if the claimant might otherwise have had any privacy rights in respect of the Letter,

(1) such rights were (a) limited, given the legitimate public interest in the activities of the Royal family and the claimant’s status as a “high-ranking member” of that family, and (b) destroyed, weakened or compromised by (i) her knowledge of her father’s propensity to speak to the media about their relationship, (ii) the fact that publication of the existence and contents of the Letter was lawful in the US, (iii) her own conduct in causing, authorising, or intending publicity about the Letter and/or her relationship with her father more generally, and/or (iv) the publication of information about the Letter;

(2) the People Article gave a misleading account of the father-daughter relationship, the Letter and Mr Markle’s letter in response, such that (in all the circumstances) public disclosure of the contents of the Letter in the Mail Articles was justified to protect the rights and interests of Mr Markle and the public at large>> (§ 6).

Si noti sub 2) : il Mail pretende di fondare la liceità della pubblicazione di ampi brani (v. sotto) della lettera, per corregere l’errore in cui potrebbe cadere il pubblico in base a precedente pubblicazione (da parte di altro gionale: The People) di un articolo sul rapporto padre figlia, a suo dire distorcente la verità.

Ai §§ 28 ss i fondamenti del diritto alla privacy.

Al § 45 il testo integrale della lettera  e al § 46 di quello della replica (di tre righe) del padre a MM.

A § 47 ss trovi  la pubblicazione pretesamente distorcente del People.

Che esista un diritto alla privacy sulla lettera è esaminato a accertato ai §§ 64-95 <<Stage one: reasonable expectation of privacy>>).

Punto interessante è quello per chui è irrilevante l’inclinazione del padre (destinatario della missiva) a violare la privacy altrui: <<But even assuming the facts to be as pleaded, they are not capable of defeating the claimant’s case that, objectively speaking, she had a right to expect her father to keep the contents of the Letter private. A person’s rights against another are not defeated by the prospect that those rights may be ignored or violated. A high level of risk-taking might be capable of affecting the assessment of damages, but does not excuse an intrusion into privacy: see Mosley v News Group Newspapers Ltd [2008] EWHC 1777 (QB) [2008] EMLR 20 [225-226] (Eady J).>>, § 78.

Affermazione importante e condivisibile.

Al § 86 (e § 98) l’affermzione (scontata) per cui la pubblicizzazione di alcuni aspetti della propria vita non autorizza i terzi a pubblicizzarne altri: il controllo riamane in toto in capo all’interessato.

Lo stage 2 , § 96 ss, esamina il bilanciamento con la liberà di espressione, tra cui quella di correggere false impressioni nel pubblico (punto centrale: § 104).

La risposta è negativa nel caso de quo: la pretesa correzione tramite la pubblicazione di quasi metà lettera di un eventuale errore di minima entità  è sproporzionata (§ 120)

La conclusione è dunque questa:

<<The claimant [cioè MM] had a reasonable expectation that the contents of the Letter would remain private. The Mail Articles interfered with that reasonable expectation. The only tenable justification for any such interference was to correct some inaccuracies about the Letter contained in the People Article. On an objective review of the Articles in the light of the surrounding circumstances, the inescapable conclusion is that, save to the very limited extent I have identified, the disclosures made were not a necessary or proportionate means of serving that purpose. For the most part they did not serve that purpose at all. Taken as a whole the disclosures were manifestly excessive and hence unlawful. There is no prospect that a different judgment would be reached after a trial. The interference with freedom of expression which those conclusions represent is a necessary and proportionate means of pursuing the legitimate aim of protecting the claimant’s privacy.>>, § 128.

COPYRIGHT

Sul copyright la quesrtione più interssante è l’eccezione di carenza di legittimazione attiva, dato che la lettera sarebbe stata scritta non da MM (o da lei sola) ma da quattro membri dell’Ufficio segretariale di  Kensington Palace Communications Team, (the “Palace Four”), in realtà poi da uno solo d iquesti, Mr. Knauf.

Resta invece assodato che ricorra la originnalità, § 139-149, ove riepilogo delle principali teorie e dei principali precedenti anche europei (si noti che le allegazioni processuali distinguono tra la lettera realmente inviata e una sua previa Electronic Draft, che  è quella in realtà azionata in causa, § 136)..

Pure la violazione del copyright è accertata, vista la copiatura di 585 parole su 1250 ( § 150).

Sono respinti due motivi di legittimuità della pubblicazione (fair dealing in news reporting, data la concorenza all’eventuale sfruttamento del diritto di autore da parte di MM, e  un altro, § 152-158).

Infine la titolarità, § 159 ss

Che dei quattro ve ne sia uno che collaborò, Mr Knauf, pare probabile (§ 135-138), anche se non in solitaria ma semmai come coautore.

Ma su questo proseguirà il processo, § 169-170.

Commento sostanzialmente favorevole da parte dell’ex direttore del Guardian, Alan Rusbridger, in It will come as a surprise to some, but even Meghan has a right to her privacy del 14.02.2021.