La tutela del software copre solo i codici sorgente e oggetto, non le variabili ulteriori, sulle quali i concorrenti possono apportare modifiche con applicaizoni integrative

Importante (perchè non scontata) ed esatta precisazione di Corte Giust. 17/10/2027, C-159/23, Sony c. DAtel .

Il fatto:

<<15 La Sony commercializza, in qualità di licenziataria esclusiva per l’Europa, consolle per videogiochi Playstation nonché videogiochi per tali consolle. Fino al 2014, la Sony commercializzava, tra l’altro, la consolle PlayStationPortable (in prosieguo: la «consolle PSP») nonché taluni videogiochi per questa consolle, fra cui il videogioco MotorStorm Arctic Edge (in prosieguo: il «videogioco di cui trattasi»).

16 La Datel sviluppa, produce e distribuisce software, in particolare prodotti integrativi delle consolle per videogiochi della Sony, tra cui il software Action Replay PSP nonché un dispositivo, il Tilt FX, corredato di un software avente lo stesso nome, che consente di comandare la consolle PSP mediante movimento nello spazio. Tali software funzionano esclusivamente con i giochi originali della Sony.

17 L’esecuzione del software Action replay PSP avviene collegando la consolle PSP a un elaboratore ed inserendo in tale consolle una chiavetta USB che carica detto software. Dopo il riavvio di detta consolle, l’utilizzatore dispone, nell’interfaccia, di una funzione supplementare «Action replay» che offre all’utilizzatore opzioni di gioco non previste nell’attuale fase del videogioco da parte della Sony. In tale scheda figurano, ad esempio, per quanto riguarda il videogioco di cui trattasi, opzioni che consentono di eliminare qualsiasi restrizione nell’utilizzo del «turbo» (booster) o di disporre non soltanto di una parte dei conducenti, ma anche della parte di essi che, altrimenti, potrebbe essere attivata solo dopo aver ottenuto un determinato punteggio.

18 Per quanto riguarda il Tilt FX, l’utilizzatore dispone di un sensore che è collegato alla consolle PSP e che consente di comandare tale consolle grazie ai movimenti di quest’ultima nello spazio. In tale consolle deve essere introdotta anche una chiave USB allo scopo di predisporre l’intervento del sensore di movimento, il che rende disponibile, nell’interfaccia, una funzione supplementare che elimina, in particolare, talune restrizioni. Così, per il videogioco di cui trattasi, tale funzionalità consente un utilizzo illimitato del turbo>>.

La CG:

37  Risulta quindi dalla formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2009/24, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 37 delle sue conclusioni, che il codice sorgente e il codice oggetto rientrano nella nozione di «forma di espressione» di un programma per elaboratore, ai sensi di tale disposizione, in quanto consentono la riproduzione o la realizzazione di tale programma in una fase successiva, mentre altri elementi di quest’ultimo, quali in particolare le sue funzionalità, non sono tutelati da tale direttiva. Detta direttiva non tutela neppure gli elementi mediante i quali gli utilizzatori sfruttano tali funzionalità, senza tuttavia consentire una simile riproduzione o realizzazione del programma in una fase successiva.

38 Come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 38 e 40 delle sue conclusioni, la tutela garantita dalla direttiva 2009/24 è limitata alla creazione intellettuale quale essa si riflette nel testo del codice sorgente e del codice oggetto e, pertanto, all’espressione letterale del programma per elaboratore in tali codici, che costituiscono rispettivamente una serie di istruzioni in base alle quali l’elaboratore deve svolgere i compiti previsti dall’autore del programma. (…)

50  Nel caso di specie, il giudice del rinvio osserva che il software della Datel è installato dall’utilizzatore sulla consolle PSP ed è eseguito contemporaneamente al software di gioco. Detto giudice aggiunge che tale software non modifica e non riproduce né il codice oggetto, né il codice sorgente, né la struttura interna e l’organizzazione del software della Sony, utilizzato sulla consolle PSP, ma si limita a modificare il contenuto delle variabili temporaneamente inserite dai videogiochi della Sony nella memoria RAM della consolle PSP, che sono utilizzate durante l’esecuzione del videogioco, cosicché quest’ultimo viene eseguito sulla base di tali variabili dal contenuto modificato.

51 Inoltre, come risulta dalla motivazione della decisione di rinvio, risulta che il software della Datel, modificando unicamente il contenuto delle variabili inserite da un programma per elaboratore tutelato nella memoria RAM di un elaboratore ed utilizzate da tale programma nel corso della sua esecuzione, non consente, in quanto tale, di riprodurre tale programma né una parte di esso, ma presuppone, al contrario, che tale programma sia eseguito in contemporanea. Come sostanzialmente sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 48 delle sue conclusioni, il contenuto delle variabili costituisce quindi un elemento di detto programma, attraverso il quale gli utilizzatori sfruttano le funzionalità di tale programma, elemento che non è protetto in quanto «forma di espressione» di un programma per elaboratore ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2009/24, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare>>.

La tutela concerne le forme diespressioone di unprogramma le quali << sono quelle che consentono di riprodurlo in diversi linguaggi informatici, quali il codice sorgente e il codice oggetto >>, § 34.

Copyright sul design di una lampada oppure solo sull’intero allestimento fieristico in cui è inserita?

La seconda risposta è quella giusta per Cass. sez. I, ord. 29/04/2024 n. 11.413, rel. Caiazzo, in una decisione non particolarmente perspicua. E’ il caso della lampada Castiglioni.

Il Trib. accoglie la domanda solo sulla lampada. L’appello ammette in teoria la tutela solo sull’intero allestimento fieristico ma in pratica poi non la concede.

LA SC  rigetta il ricorso confermando il secondo grado.

Il punto più interssante è il passaggio della corte di appello , riportato dalla SC :

<<In particolare, la Corte d’appello ha evidenziato che “…il tutto non senza considerare, infine, come la rilevante differenza funzionale che connota gli oggetti in questione (faretto illuminante posto all’esterno della lampada nella scenografia della Triennale e corpo illuminante interno al telo nella lampada per cui è qui processo), lungi dal costituire mero elemento “irrilevante” (come asserito dal Tribunale), appaia tale da escludere in radice la stessa ipotesi di plagio evocata da parte appellata, concorrendo a integrare una diversa modalità diffusiva della luce ed un diverso impatto visivo e stilistico.”.

In sostanza, non può condividersi la diversa interpretazione del Tribunale, secondo la quale l’apporto creativo era ravvisabile anche nella sola lampada, sebbene estrapolata dal contesto del più ampio allestimento ove risultava inserita, quale elemento di spicco dello stesso, dotato di piena autonomia. Invero, nell’opera per cui è causa, le differenze che la lampada presenta rispetto al bene esposto alla triennale connota una diversa modalità diffusiva della luce, tale da escludere ogni forma di plagio parziale>>.

Cioè la lampada da sola e l’intero allestimento, in cui è inserita, sono oggetti diversi per la privativa: o l’uno o l’altro.

La scelta della ricorrenza dell’una o dell’altro da parte del giudice è questione di fatto, precisa la SC.

NOnconcordo: il concetto di opera dell’ingegno è giuridico, non fattuale.

Ci son anche dei passaggi generali sul concett di “opera” applicato ai modelli, ma nulla di interssante (<<L’individuazione dell’oggetto è quindi una ricerca necessaria che va svolta su basi oggettive per evitare problemi di certezza del diritto; la percezione e le sensazioni soggettive di coloro che osservano l’opera rappresentano comunque elementi strumentali a tal fine, ma non sono decisivi.

Alla luce dell’insieme di tali osservazioni, si arriva ad una prima conclusione e cioè che sono qualificabili come “opere” quei modelli che rappresentano una creazione intellettuale originale propria dell’autore.>>)

Il problema della legittimità dell’uso dei training data per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale

Il Trib. del Northern District della California 11 maggio 2023, Case 4:22-cv-06823-JST, Doe1 ed alktri c. Github e altri, decide (per ora) la lite promosa da titolari di software caricato sulla piattafoma Github (di MIcrosoft) contro la stessa e contro OpenAI per uso illegittimo dei loro software (in violazione di leggi e di clausole contrattuali).

La fattispecie -non è difficile pronostico-  diverrà sempre più frequente.-

I fatti:

<<In June 2021, GitHub and OpenAI released Copilot, an AI-based program that can “assist software coders by providing or filling in blocks of code using AI.” Id. ¶ 8. In August 2021, OpenAI released Codex, an AI-based program “which converts natural language into code and is integrated into Copilot.” Id. ¶ 9. Codex is integrated into Copilot: “GitHub Copilot uses the OpenAI Codex to suggest code and entire functions in real-time, right from your editor.” Id. ¶ 47 (quoting GitHub website). GitHub users pay $10 per month or $100 per year for access to Copilot. Id. ¶ 8.
Codex and Copilot employ machine learning, “a subset of AI in which the behavior of the program is derived from studying a corpus of material called training data.” Id. ¶ 2. Using this data, “through a complex probabilistic process, [these programs] predict what the most likely solution to a given prompt a user would input is.” Id. ¶ 79. Codex and Copilot were trained on “billions of lines” of publicly available code, including code from public GitHub repositories. Id. ¶¶ 82-83.
Despite the fact that much of the code in public GitHub repositories is subject to open-source licenses which restrict its use, id. ¶ 20, Codex and Copilot “were not programmed to treat attribution, copyright notices, and license terms as legally essential,” id. ¶ 80. Copilot reproduces licensed code used in training data as output with missing or incorrect attribution, copyright notices, and license terms. Id. ¶¶ 56, 71, 74, 87-89. This violates the open-source licenses of “tens of thousands—possibly millions—of software developers.” Id. ¶ 140. Plaintiffs additionally allege that Defendants improperly used Plaintiffs’ “sensitive personal data” by incorporating the data into Copilot and therefore selling and exposing it to third parties. Id. ¶¶ 225-39>>.

MOlte sono le vioalazioni dedotte e per cio il caso è interessante. Alcune domande sono però al momento rigettate per insufficiente precisazione dell’allegaizone , ma con diritto di modifica.

La causa prosegue: vedremo

(notizia e link alla sentenza da Kieran McCarthy nel blog di Eric Goldman)

La Corte di Cassazione tedesca sulla protezione del design, dopo la sentenza europea Cofemel

Interessante sentenza del Bundesgerighthof 15.12.2022, n° I ZR 173/21 (citata da post linkedin di Richard Dissmann ove anche link al testo originale e in traduzione inglese)

Riporto i passaggi rilevanti:

“13  b) Pursuant to Section 2 subs. 1 No. 4 UrhG, works of visual art, including works of architecture and applied art, as well as designs of such works, are among the works protected by copyright, provided they are personal intellectual creations pursuant to Section 2 subs. 2 UrhG. A personal intellectual creation is a creation of individual character whose aesthetic content has reached such a degree that, in the opinion of circles receptive to art and reasonably familiar with art appreciation, one can speak of an “artistic” achievement. In this context, the aesthetic effect of the design can only justify copyright protection to the extent that it is based on and expresses an artistic achievement (BGH, judgment of 7 April 2022 – I ZR 222/20, GRUR 2022, 899 [juris, marginal no. 28] = WRP 2022, 729 – Porsche 911, mwN).
14  b) In substance, these standards correspond to the EU law concept of a work protected by copyright within the meaning of Directive 2001/29/EC on the harmonisation of certain aspects of copyright and related rights in the information society (BGH, GRUR 2022, 899 [juris para. 29] – Porsche 911, mwN). This is an autonomous concept of EU law which must be interpreted and applied uniformly throughout the EU (CJEU, Judgment of 13 November 2018 – C-310/17, GRUR 2019, 73 [juris para. 33] = WRP 2019, 55 – Levola Hengelo; Judgment of 12 September 2019 – C-683/17, GRUR 2019, 1185 [juris para. 29] = WRP 2019, 1449 -Cofemel). For an object to be classified as a work, two cumulative conditions must be fulfilled. First, the object in question must be original in the sense that it
constitutes its author’s own intellectual creation (CJEU, GRUR 2019, 73 [juris para. 36] – Levola Hengelo; GRUR 2019, 1185 [juris para. 29] – Cofemel; ECJ, Judgment of 11 June 2020 – C-833/18, GRUR 2020, 736 [juris para. 22] = WRP 2020, 1006 – Brompton Bicycle). An object is an original if it reflects the personality of its author by expressing his free creative choices. This cannot be assumed if the creation of an object was determined by technical considerations, by rules or by other constraints which left no room for the exercise of artistic freedom (CJEU, GRUR 2019, 1185 [juris para. 30 f.] – Cofemel; GRUR 2020, 736 [juris para. 23 f.] – Brompton Bicycle). On the other hand, classification as a work is reserved for elements expressing such creation (CJEU, GRUR 2019, 73 [juris para. 36 f.] – Levola Hengelo; GRUR 2019, 1185 [juris para. 29] – Cofemel; GRUR 2020, 736 [juris para. 22] – Brompton Bicycle).
15   This is in line with the assumption that works of applied art do not have higher requirements as to their level of originality than works of art without a specific purpose (BGH, judgment of 13 November 2013 I ZR 143/12, BGHZ 199, 52 [juris, marginal no. 26] – Geburtstagszug). In the case of objects of everyday use which have design features determined by the purpose of use, the scope for artistic design is only often limited. For this reason, the question arises in particular whether they are artistically designed beyond the form dictated by their function and whether this design reaches a level of originality that justifies copyright protection.
A design level that justifies copyright protection but is nevertheless low leads to a correspondingly narrow scope of protection of the work in question (BGHZ 199, 52 [juris, marginal no. 41] – Geburtstagszug, mwN)”

DA noi però il design industriale deve presentare anche “valore artistico” (art. 2 sub 10, legge aut.)

Un caso di progetto di lavoro di ingegneria/architettura ex art. 99 l. aut.

Trib. Napoli n. 1300/2023 del 6 febbraio 2023, RG 24090/2017, rel. Graziano, decide su una  domdanda di violazione di copyright per illecitamente protratta riproduzione di lavori di architettura/oingegneristici per il festival di Ravello e per loro illecita esecuzione .
Il Trib. rigetta però la qualificazione come opera DELL’INFGEGNO ex art. 2.5 l. aut.  anche se concede quella di progtto di ingegneria ex art. 99 l. aut. e l’equo compenso ivi previsto per euro 17.000,00-

Nega l’applicaizone dell’art. 11.2 l. aut. , non trattandosi di opera dell’ingegno.

Spunti: <<L’atto creativo si atteggia, dunque, come un atto giuridico in senso stretto che determina una modificazione della realtà e produce effetti giuridici, a prescindere dalla direzione della volontà. Sul punto, si osserva che il deposito e la registrazione rilevano ad altri fini, il primo ha generica funzione di controllo; la seconda fa fede fino a prova contraria dell’avvenuta pubblicazione dell’opera e della paternità dell’autore>>.

poi:

<<Pertanto, lo strumento di tutela individuato dall’ordinamento nell’ipotesi in cui un’opera sia qualificata come un progetto di lavoro di ingegneria o di lavoro analogo, secondo la giurisprudenza di legittimità, è costituito dal riconoscimento di un equo compenso, in quanto “L’art. 99 della legge 22 aprile 1941 n. 633 sul diritto dell’autore di progetti di lavori di ingegneria (od analoghi) protegge tanto l’espressione formale dell’idea con il diritto esclusivo di riproduzione dei piani e disegni, quanto il suo contenuto con riguardo alla sua concreta realizzazione, ma la pretesa all’equo compenso per l’utilizzazione dell’idea è riconosciuta al detto autore di progetti di lavori d’ingegneria solo quando il progetto presenta soluzioni originali di problemi tecnici e il terzo, nell’esecuzione della sua opera, sia ricorso a tali soluzioni o manifestamente o utilizzando soluzioni solo apparentemente diverse (cosiddette sostituzioni mediante equivalenze), che non incidono sui punti realmente originali e qualificanti del progetto” (ex multis Cass., Sez. V n. 3933/84, Cass., Sez. V n. 2168/82; Cass., Sez. V n. 773/80)>>

Infine:

<<Sulla base delle osservazioni suindicate, a cui il Collegio aderisce, si ritiene che i progetti in questione vadano ricondotti nella fattispecie dei “progetti di lavori” di cui all’art. 2578 c.c., non a quella dei “disegni e opere dell’architettura” ex art. 2, n. 5 della L. 22 aprile 1941, n. 633, in quanto gli elaborati, oggetto di contestazione, rappresentano soluzioni originali a problemi tecnici, la cui originalità viene pedissequamente traslata dalla peculiare originalità a monte della struttura del palco sospeso di Villa Rufolo da altri progettata, su cui gli progetti incidono>>.

(da www.ilcaso.it)

I passi di un protocollo tecnologico di comunicazione, necessitati in relazione all’obiettivo, non sono proteggibili col diritto di autore

la corte di appello del 3 cirCuito riforma una sentenza di primo grado che aveva accolto nua domanda per presunta illecita riproduizione di un codice di trasmissione tecnologica..

Si tratta di PYROTECHNICS MANAGEMENT, INC. v. *XFX PYROTECHNICS LLC; FIRETEK, 29.06,.2022, No. 21-1695.

Si trattava di tecnologia che regolava l’uso di fuochi di artificio e precisamente:

A Pennsylvania company, Pyrotechnics manufactures
and sells hardware and software that control fireworks displays
under the “FireOne” brand. fireTEK App. 71–72. The FireOne
system includes two main devices: a control panel and a field
module. The control panel accepts user input, creates digital
messages, and converts the digital messages to analog signals
that it sends to a field module over two wires. On receipt of the
analog signal, the field module decodes the message and
performs the assigned task—for example, the message may
instruct the field module to ignite a particular firework.
Sometimes the field module sends a response message to the
control panel. Since around 1995, Pyrotechnics’s control
panels and field modules have used a proprietary protocol to
communicate with each other. Pyrotechnics developed the
protocol to enable the FireOne system to precisely—and
safely—control complex fireworks displays, which can
involve tens or hundreds of field modules.

Il protocollo tecnologico per far comunicare il control panel e il field module (non è chiaro se fosse software in senso tecnico, parrebbe di no)  era stato copiato tramite reverse engineering. Ma il protocollo stesso, secondo la corte di appello, era stato scritto solo in relazione al purpose o function (dialogo tra le due componenti della macchina) e cioè senza margini di libertà espressiva.

Passo centrale:

A work’s idea, we said, is its
purpose or function.” Id. “[E]verything that is not necessary
to that purpose or function [is] part of the expression of the
idea. Where there are various means of achieving the desired
purpose, then the particular means chosen is not necessary to
the purpose; hence there is [protectable] expression, not idea.”
Id. (emphasis omitted) (citations omitted). We observed in
Whelan that, though perhaps “difficult to understand in the
abstract,” the rule becomes clearer in its application.
Id. at 1248
n.28. That is true here.
The District Court identified the “purpose or function”
of the protocol as “to communicate between the FireOne
control panel and . . . field module.”
Pyrotechnics Mgmt., 2021
WL 925812, at *9. But the Court also described the protocol’s
“idea” generically as “controlling pyrotechnics displays.”
Id.
at *3–4, *10. The District Court’s disparate designations
conflict with
Whelan: “the purpose or function of a utilitarian
work [
is] the work’s idea.” 797 F.2d at 1236 (emphasis omitted
in part).
The District Court correctly identified the purpose and
function of the protocol. While the purpose of the
FireOne
system
—including the control panel and the field module,
together—is to control fireworks displays, the
protocol enables
Pyrotechnics’s control panel and field module to communicate
with each other. This purpose is underscored by Pyrotechnics’s
repeated references to the “
communication protocol” and the
communication code.” See, e.g., fireTEK App. 64–65
(statements of Pyrotechnics’s counsel), 73–75 (statements of
Pyrotechnics’s President) (emphasis added). Under
Whelan,
this communicative purpose is also the protocol’s idea.

E’ allora ovvio che in tale contesto fattuale una protezione non era concedibile, pena il cozzare con il § 102.B del tit. 17 US Code per cui <<In no case does copyright protection for an original work of authorship extend to any idea, procedure, process, system, method of operation, concept, principle, or discovery, regardless of the form in which it is described, explained, illustrated, or embodied in such work>>

Da noi non c’è regola generale così esplicita , ma l’esito sarebbe stato uguale.

Si  v. però il cenno nella disciplina del software: << Restano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. >>, ART. 2.8 L. AUT.; e l’art. 64 ter.3)

 

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Marchio di forma e diritto di autore da design a protezione di borsa creata da stilista

Circa l’oggetto, Trib. Milano 13.12.2021 n. 10.280/2021, RG 17345/2019, rel. Barbuto (il convenuto è restato contumace) dà alcuni noti ma sempre utili insegnamenti.

La borsa è oggetto di marchio tridimensionale, ma viene chiesta pure la tutela da autore ex art. 2 n. 10 l. aut.

La violazione di marchio registrato è accertata (i prodotti sono quasi identici: v. foto in sentenza)

E’ negata invece la tutela d’autore per non aver la parte provato la artisticità ( o meglio : fatti sufficienti a persuadere il giudice in tale senso) e si richiama a proprio precedente:

<<Quanto, invece, alla dedotta violazione del diritto d’autore -in linea col precedente di questo Tribunale (n.5443/2017) -non può, qui, ritenersi “applicabile al modello di borsa in questione la tutela autorale di cui all’art.2, comma 1, n.10 L.A. relativa alle opere dell’industrial design, posto che non appare concretamente individuabile nel caso di specie l’effettiva sussistenza del carattere artistico necessario perché dette forme possano godere di tale specifica tutela. In effetti, al di là  dell’innegabile successo commerciale di tale modello di borsa, non risultano nemmeno allegati gli elementi che dovrebbero confermare la presenza di un valore artistico nella creazione dell’aspetto esteriore del modello di borsa in questione, la cui prova spetta alla parte che ne invoca la protezione. Come è noto tale valore artistico può essere desunto da una serie di parametri oggettivi, non necessariamente tutti presenti in concreto, quali il riconoscimento, da parte degli  ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l’esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l’attribuzione di premi, l’acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità ovvero la creazione da parte di un noto artista”. Infatti, nessuno di tali profili risulta
allegato dalle attrici. Inoltre, “tenuto conto del grande successo del modello di borsa delle parti  attrici, della sua ampia diffusione e del fatto che esso certamente appare distaccarsi dal contesto del settore come si manifestava all’epoca della sua immissione in commercio, originalità consolidata e sviluppata a seguito dell’apprezzamento del pubblico dei consumatori –la comparazione tra la borsa “Le Pliage” e i modelli che sono stati acquistati dalle attrici presso le
parti convenute dimostri con tutta evidenza la riproduzione del tutto fedele sia della forma generale del prodotto delle attrici che di tutti i suoi particolari, anche non necessariamente determinanti  rispetto alla sua forma esteriore”>>.

Rilevante a fini pratici, stante l’incerttezza anche teorica che regna in proposito , il rigetto della domanda circa la slealtà ex art. 2598 cc, in quanto assorbita dalla tutela da marchio.

La somma liquidata è di 200,00 euro sia per giorno di ritardo nell’adempimento che per ogni violazione successiva.

(notizia e link alla sentenza da Eleonora Rosati in IPkat  blog)

Sentenza veneta in tema di tutela del software (sul concetto di diagramma di flusso)

Alcuni medici avevano consegnato a dei programmatori incaricati dalla ULSS delle idee scrtite sulla realizzazione di un software per le gestione e il monitoraggio dei pazienti affetti da dipendenze , per poi crearne una banca dati.

Avevano quindi agito per l’accertamento della titolarità propria, anzichè in capo alla ULSS, della privativa di autore.

In primo grado il Tribunale rigetta la domanda , osservando che  <la documentazione dimessa non integrasse il c.d. “materiale preparatorio” del software successivamente sviluppato, oggetto di tutela ai sensi dell’art. 2 c.p.i., dovendo esso intendersi solo come quel materiale che consenta ad un programmatore di passare alla successiva fase di stesura del codice sorgente del programma. Precisava che tale definizione poteva essere attribuita solo a diagrammi di flusso o a blocchi completi, mentre il materiale fornito dagli attori, di cui i convenuti comunque avevano tempestivamente eccepito l’assenza di data e di sottoscrizione, non poteva essere qualificato come tale>.

Va però male pure l’appello, deciso da App. Venezia 07.06.2021, sent. 1665/2021, RG 636/2019, est. Micochero.

La corte veneziana infatti conferma con questo passaggio motivatrio: <<Nel caso di specie gli appellanti, nell’atto introduttivo del presente grado di giudizio, compiono un’opera di confronto grafico tra la documentazione dimessa e le interfacce del programma in questione. Tale documentazione viene corredata da una descrizione avente ad oggetto la paternità del documento, che non era stata compiuta in alcun modo nel corso del primo grado, per cui essa costituisce nuova allegazione, inammissibile nel presente grado di giudizio.

Anche prescindendo da tale descrizione e dalla effettiva paternità dei disegni e degli schemi (oggetto del secondo motivo di gravame), va comunque evidenziato che gli schemi e i disegni riprodotti non possono essere qualificati come materiale preparatorio della fase di progettazione, come asserito dagli appellanti. Va infatti evidenziato che il software “….” è il risultato di un progetto denominato “….” voluto dalla Regione Veneto con delibera n. ….seguendo le linee guida dell’Osservatorio Europeo sulle droghe e tossicodipendenze, e affidato, per il suo sviluppo, alla ULSS ……. per migliorare il trattamento dei pazienti affetti da tossicodipendenze e ottimizzare le attività assistenziali del …. Ai tre medici che lavoravano presso il Dipartimento per le dipendenze della suddetta ULSS fu dato l’incarico di seguire il progetto, ed, in particolare, al ….,  fu attribuita la qualifica di direttore tecnico scientifico e di coordinamento del progetto. Risulta quindi evidente che i tre medici abbiano posto in evidenza quale dovesse essere lo scopo e l’utilità del programma, indicando ai programmatori (……) quali dovevano essere le informazioni che lo stesso doveva fornire, giungendo anche a suggerire la veste grafica più idonea allo scopo.

Tuttavia detta attività ancora non integra il concetto di lavoro preparatorio di progettazione perché, come correttamente spiegato nei considerando sopra riportati [N.d.s.: cons. 7 e 11 della dir. Ue 24 del 2009] , in quanto esso già presuppone l’utilizzo di un linguaggio tecnico che permetta al programmatore di procedere immediatamente alla realizzazione successiva dei codici sorgente. Rientrano in detto ambito i “flowchart” – diagrammi di flusso –   che già presuppongono una dimestichezza con il linguaggio informatico (algoritmi) e che permettono al programmatore di realizzare direttamente le stringhe nel linguaggio informatico, essendo diretti a creare una rappresentazione grafica delle operazioni da eseguire per l’esecuzione di un algoritmo. I documenti dimessi non sono, all’evidenza, diagrammi di flusso, ma costituiscono nient’altro che una spiegazione del risultato che si voleva attenere con il programma, una indicazione specifica ai programmatori su ciò che il programma doveva fornire all’utente. Ne consegue che essi non possono assurgere alla qualità di “lavori preparatori”, anche se riferibili ai tre medici>>.

Software, decompilazione e tutela d’autore in sede europea (dopo le conclusioni dell’A.G., arriva la C.G.)

E’ messa la parola fine alla lite intorno al diritto di intervenire sul software quando sia necessario per rimediare ad errori, <<anche quando la correzione consista nel disattivare una funzione che incide sul corretto funzionamento dell’applicazione di cui fa parte il programma stesso.>>

Dopo le conclusioni 10.03.21 dell’avvocato generale accennate in mio post,  interviene la CG con sentenza 06.10.2021, C-13/20, Top System c. Stato belga.

La CG risponde positivamente al quesito del giudice belga: l’acquirente del software può decompilarlo quando necessario per rimediare ad errori e ciò  anche si deve  disattivarne un afunzione.

Interpretazione non molto difficile, peraltro: il concetto di <<correzione di errori>> (art. 5.1 dir. 1991 n. 250) porta tranquillamente a ciò.

Nè vi osta la disciplina sulla decompilazione ex art. 6 dir. cit., che si limita a regolarne un’ipotesi di liceità: non c’è alcun motivo per ritenerla l’unica (§§ 48-50). L’intepretazione complessiva degli artt. 5 e 6 lo conferma senza esitazione.

Ne segue che non ha alcuna base testuale nè logica pretendere per il caso di correzione degli errori i requisiti pretesi per la diversa ipotesi di decompilabilità ex citato art. 6.1 (§§ 68).

Tutto sommato decisione facile.

La CG accenna poi alla regolabilità contrattuale dell’evenienza di errori, § 66-67: non può portare all’esclusione totale del diritto di decompilazione. In altre parole questo è indisponibile, perchè posto da norma imperativa.

Infine sarà importante capire quando la decompilazione è realmente <necessaria> alla correzione.

Copyright, fair use e Application Programming Interfaces (APIs) alla Corte Suprema (fine della lite Oracle v. Google?)

La Suprema Corte (SC) ha deciso la causa Oracle v .Google reltiva al copiaggio della seconda dilinee di codice della prima proprie di Application Programming Interfaces (APIs) : Supreme Court No. 18–956, April 5, 2021, GOOGLE LLC v. ORACLE AMERICA, INC.

Molti i commenti : ad es. v. la sintesi di  Bernardini-Borgogno in www.lavoce.info del 4 agosto 2021    e l’approfondito esame di Lemley-Samuelson, Interfaces and Interoperability After Google v. Oracle, Texas Law review, 2021, vol. 100/1 .

Ricordo poi il più approfondito lavoro di Lemley-Samuelson, Interfaces and Interoperability After Google v. Oracle, luglio 2021, per cui la SC ha errato nel non esaminare la questione della proteggibilità o meno delle Sun Java Application Program Interface (API), limitandosi a dar ragione a Google in base al fair use (per la ragine più liquida in sostanza; ). Meglio, più che <non esaminando>, si dovrebe dire <ipotizzandone la proteggibilità: “assume[d], but purely for argument’s sake, that the entire Sun Java API falls within the definition of that which can be copyrighted”. Metodo decisionale incomprensibile, dovendosi decidere via via le questioni secondo l’ordine logico, che prevede l’anteriorità di quella sulla proteggibilità rispetto a quella sulla difesa da fair use.

Per gli aa. invece la proteggibilità via copyright va negata.