Sul doppiaggio illecito dei dialoghi di un film (con negazione dell’usucapibilità del diritto nel copyright)

La lite decisa da Trib. Milano 30.04.2020, rel. Marangoni, sent. 2658/2020, RG 70751/2015, Dynit srl c. Yamato srl – Koch Media srl, concerne l’illecito doppiaggio in italiano di dieci film giapponesi per bambini.

Punti salienti del decisum:

. distinzione tra il diritto di proiettare il film e quello sui relativi dialoghi tradotti (e sul  doppiaggio in genere);

– applicazione dell’rt. 1398 cc (falsus procurator) all’atto dispositivo compiuto da soggetto privo dei poteri di impegnare la società titolare di diritto;

  • impssibilità di acquisto per usucapione: <<Del resto, Yamato, terza acquirente dall’originario contraente del negozio inefficace, non potrebbe neppure eccepire l’acquisto a titolo originario in virtu del possesso, essendo inapplciabile ai diritti di autore  la regola del possesso vale titolo.    Tale interpretazione di segno negativo, già ribadita da questo e da altri Uffici di merito (cfr. Corte d’Appello di Torino, sentenza n. 1386 del 14 luglio 2015) nonché dalla Corte di legittimità (cfr. Cass. n. 5359 del 5.3.2010), trova supporto nella considerazione che manca qui “ogni potere sulla cosa, la quale s’identifica nello stesso contesto normativo in una parte, semplice o composta, ma comunque separata e individuale, della realtà materiale, deve negarsi il rilievo del possesso di cui all’art.1140, con esclusione dell’applicabilità dell’usucapione” (cfr. Cass. cit.).

La parte che pretende di vantare diritti autorali non originali per effetto dell’autonoma creazione deve dunque provare lo specifico fatto traslativo. Invero, anche il possesso del “corpus mechanicum” non può legittimare l’acquisto della proprietà autorale -in questo caso delle tracce del doppiaggio- a titolo originario, trattandosi di una mera disponibilità del bene, non accompagnata dall’unicità del godimento medesimo. Il possesso del corpus mechanicum non consente, infatti, a differenza dei beni materiali, di assicurare l’unicità del godimento del bene e la possibilità di possesso esclusivo del bene stesso, presupposto essenziale per poter ragionare di un acquisto a titolo originario della proprietà di un bene>>

  • – elemento soggettivo per il risarcimento del danno: il collegio scrive di <presunzione di colpa> che però è assente dal dettato della legge di autore: <<Quanto al profilo soggettivo della condotta, la presunzione di colpa che assiste l’illecito qui indagato non è stata qui superata, tenuto conto, in generale, della peculiare diligenza richiesta all’operatore di mercato nella collocazione di beni o servizi sul mercato alla salvaguardia di prerogative privatistiche di altri concorrenti.>>.          Probabilmente intendeva <presunzione di negligenza> per la professionalità del convenuto: ma l’affermazione sarebbe di dubbia esattezza, in mancanza di fondamento legislativo. Più semplicemente ricorreva negligenza, senza necessità di ravvisare presunzioni.
  • quantificazione del danno: <<Occorre tenere in conto che si tratta di nove riproduzioni cinematografiche rispetto alle quali il doppiaggio costituisce una sola frazione dei diritti autorali cumulati nel singolo film e che le opere litigiose erano già state riproposte sul mercato nazionale dalla stessa attrice.
    Il Collegio ritiene dunque congruo -pur tenendo conto del criterio  correttivo al rialzo della somma che sarebbe stata pattuita in sede di libera contrattazione anche al fine disincentivante della violazione- riconoscere a titolo risarcitorio complessivo l’importo complessivo di 40.000,00 quale somma complessiva già liquidata in moneta attuale, sulla quale decorrono gli interessi legali dalla pronuncia al saldo
    >.    Errato è invocare il <fine disincentivante>, essendo il risarcimemnto (compansazione) altro dalla sanzione (misura ultracompensativa).

L’embedding di materiale protetto da copyright non costituisce riproduzione e quindi non c’è (co-)violazione da parte della piattaforma social

L’ embedding di materiale altrui nel proprio sito è il meccanismo <<trough which “ind paris can copy the HTML  (typertext Markup Language] code of an Instagram user’s post and paste into the third party’s webssite, causing the photo or video posted to that Instagrama account to be simulancousy displayed on that third party website.”>>.

Così la corte del nord california 1 febbraio 2022, Case 3:21-v-03778-CRB , Hunley c. Instgram.

Hunley agisce contro Instagram per secondary liability rispetto alla violazione primaria commessa dal suo utente tramite l’embedding.

La corte aveva già rigettato e ora, dopo l’amendement del complaint,  lo fa nuovamente: l’embedding non costiutisce riproduzione per il copyright. Mancando pertanto la violazione primaria, manca pure quella secondaria della piattaforma: infatti il terzo utente non ne carica copia sul proprio server (<<Hunley had acknowledged tha third parties using the embedding tool display the copyrighted photos and videos without storing them on their own servers or other storage devices>>. INOLTRE HUnley alleges that Instagran’s embedding technology “directs the browser to the Instagram server to retrieve the photo or video’s location on the Instagram server.”).

Si v. la definizione presente nella Conclusioni  dell’AG Szpunar 10.09.2020 nella lite europea, C‑392/19, VG Bild‑Kunst contro Stiftung Preußischer Kulturbesitz (poi decisa da CG 09.03.2021):

<< 9.  Una pagina Internet può contenere risorse diverse dal testo, come file grafici o audiovisivi. Tali file non sono parte integrante del documento HTML che costituisce la pagina, ma sono ad esso collegati. L’incorporazione (embedding) di tali risorse avviene mediante istruzioni specifiche esistenti, a tal fine, in linguaggio HTML. Ad esempio, per incorporare un’immagine, esiste il tag «image» («<img>») (6). Di norma, questo tag viene utilizzato per incorporare in una pagina Internet un file grafico memorizzato nello stesso server di tale pagina (file locale). Tuttavia, è sufficiente sostituire, nell’attributo «source» del tag «image», l’indirizzo di un file locale («URL relativo») con quello di un file contenuto in un altro sito Internet («URL assoluto») per incorporarlo, senza doverlo riprodurre, nella propria pagina Internet (7).

10. .      Questa tecnica utilizza la funzionalità di un collegamento ipertestuale, vale a dire che l’elemento, ad esempio un’immagine, viene visualizzato nel browser a partire dalla sua posizione originaria (il sito Internet di destinazione), e non viene quindi riprodotto sul server del sito sul quale appare. Tuttavia, l’elemento incorporato viene visualizzato automaticamente, senza necessità di cliccare su un qualche link. Dal punto di vista dell’utente, l’effetto è identico a quello di un file contenuto nella stessa pagina in cui appare. Tale pratica è nota con la denominazione di inline linking o di hotlinking.

11.  Il framing è una tecnica che consente di suddividere lo schermo in più parti, ognuna delle quali può visualizzare, in modo autonomo, una pagina o una risorsa Internet diversa. Così, in una parte dello schermo può essere visualizzata la pagina Internet originaria e, nell’altra parte, può essere visualizzata una pagina o un’altra risorsa proveniente da un altro sito. Quest’altra pagina non è riprodotta sul server del sito del framing, ma viene consultata direttamente tramite un deep link. L’indirizzo URL della pagina di destinazione di tale link è spesso nascosto, in modo che l’utente possa avere l’impressione di consultare una singola pagina Internet, quando in realtà ne sta consultando due (o più).

12.  Il framing è attualmente considerato obsoleto ed è stato abbandonato nell’ultima versione del linguaggio HTML (HTML5). Esso è stato sostituito dall’inline frame (8), che consente di inserire una risorsa esterna, come un sito Internet, una pagina, o addirittura un elemento di una pagina Internet proveniente da un altro sito, in un riquadro le cui dimensioni e posizione sono liberamente definite dall’autore della pagina Internet in questione. L’inline frame si comporta come un elemento integrante di tale pagina, poiché detta tecnica, a differenza del framing classico, non è una tecnica di suddivisione dello schermo, ma un mezzo per incorporare (embedding) risorse esterne in una pagina Internet.

13.      Per complicare maggiormente le cose, l’inline frame può essere definito come posizione di apertura di un collegamento ipertestuale (9). In questo modo, dopo che il link è stato attivato (con un click), la risorsa di destinazione si apre in un riquadro (i cui bordi possono essere o meno visibili sullo schermo), nella posizione definita dall’autore della pagina contenente il link>>.

Fotografia c.d. semplice, fotografia creativa e indicazioni sulla stessa ex art. 90 l. aut.

Trib. Milano 3 giugno 2020, n° 3108/2020, RG 9738/2020, decide una lite sulla tutela dlela fotogradia col diritto di autore.

Il fotografo avevca ceduto in vuia no esclusiva i propri diritti su uyno scatto, ritraente il calciatore Donnarimma, al corriere (mreglio al gruppo RCS)

Poi però se lo trova riprodotto dalla RAI (tv e sito web).

Rigettata la difesa di carenza di legittimazione attiva, il Trib. accoglie nel merito.

Interessante pure il ragionamento condotto per dimostrare l’implausibilità della tesi di buona fede in capo a RAI  , per aver reperita in un fantomatico <archivio> (per noi dire di quale sarebbe stato l’effetto giuridico conseguente nel caso di ravvisamento di tale buona fede, probabilmente l’elemento soggettivo per il risarcimento del danno). Importante è la conseguenza tratta: ricorre quindi il dolo eventuale (anche se non si lo scopo di tale affermazione, che costituisce un obiter dictum).

In rosso i passaggi più interessanti:  <<Coglie invece nel segno l’eccezione della convenuta circa il difetto della creatività della fotografia,con conseguente esclusione della tutela ex art. 2 l.d.a. e applicazione, invece, dell’art. 87 l.d.a. Nello specifico, sebbene non sia contestata dalla convenuta l’indubbia qualità tecnica e grafica delloscatto, lo stesso si sostanzia in un ritratto effettuato a bordo campo nel corso di una competizionesportiva, con conseguente funzione di mera cronaca dell’evento.

Dal confronto con gli altri ritratti del calciatore Donnarumma prodotti in giudizio sia dallo stesso attore(docc. 53, 55, 56 e 57) sia dalla convenuta (docc. 2, 3, 8, 9 e 10) non si rilevano particolari differenziazioni della fotografia oggetto di causa, tali da attribuire a quest’ultima un carattere distintivoo particolarmente creativo rispetto alle altre immagini del portiere.

Deve pertanto trovare applicazione l’orientamento giurisprudenziale che qualifica come protetti dallapiù ampia tutela autorale ex art. 2 l.d.a. solo gli scatti che trascendono il comune aspetto della realtàrappresentata (Trib. Roma, Sez. Spec. Impresa, 2 maggio 2011; App. Milano, 7 novembre 2000),  laddove, invece, la ‘fotografia semplice’ tutelata dagli artt. 87 e ss. l.d.a. è una mera rappresentazionedi accadimenti della vita, ancorché mediante tecniche fotografiche particolarmente raffinate ocomplesse (Trib. Milano, 17 aprile 2008; Trib. Milano, 21 ottobre 2004).

Nel caso di specie, dunque, può trovare applicazione la più ristretta disciplina di cui agli artt. 87 e ss.4.

Infondata è invece l’eccezione sollevata dalla convenuta circa la libera riproducibilità dello scatto.  RAI – RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A. ha infatti eccepito di avere reperito l’immagine oggetto di causa da un non meglio precisato ‘archivio’, senza però dare prova alcuna di quale sia labanca dati nella quale la fotografia avrebbe trovato collocazione.

L’attore, d’altro canto, ha documentato non solo come sull’immagine fosse espressamente indicata la clausola di riservatezza, così come il nominativo del fotografo (doc. 3), ma anche come, mediante accesso alla fotografia tramite motore di ricerca Google, i link di collegamento all’immagineriportassero chiaramente tutti gli elementi indicati dall’art. 90 l.d.a. (doc. 54 attore).

In assenza quindi di prova da parte della convenuta sulle concrete modalità di reperimento della predetta fotografia mediante produzione in giudizio dell’originale digitale estratto dal non meglio precisato ‘archivio’, non può accordarsi la presunzione di buona fede nella riproduzione, attesa la totale incertezza circa le modalità di estrazione e rielaborazione dell’immagine.

Di contro, invece, l’attore ha assolto al proprio onere probatorio ex art. 90, u.c., l.d.a. dando precisa dimostrazione di come un soggetto professionale avrebbe potuto avvedersi dell’esistenza di privativasullo scatto (doc. 54 attore).

Peraltro, la stessa convenuta afferma in comparsa di risposta che la ripresa del giocatore è, all’evidenza, avvenuta da bordo campo nel corso di una competizione sportiva, con un inquadratura solitamente utilizzata dai fotografi professionisti stazionanti nel recinto di gioco.  L’avere quindi riprodotto l’immagine senza dare dimostrazione della provenienza della stessa o , quantomeno, mediante la produzione in giudizio di documenti finalizzati a dimostrare anche solo l’accertamento della libera riproducibilità dell’opera, dimostrano la piena accettazione del rischio che la fotografia potesse essere protetta da privative concesse dalla legge n. 633/41, a prescinderedall’applicazione dell’art. 2 l.d.a. o della più restrittiva disciplina accordata dagli artt. 87 e ss. l.d.a., con conseguente esclusione della mera colpa, ricadendosi invece nell’elemento psicologico del dolo, ancorché nella sua forma eventuale>>.

Sentenza veneta in tema di tutela del software (sul concetto di diagramma di flusso)

Alcuni medici avevano consegnato a dei programmatori incaricati dalla ULSS delle idee scrtite sulla realizzazione di un software per le gestione e il monitoraggio dei pazienti affetti da dipendenze , per poi crearne una banca dati.

Avevano quindi agito per l’accertamento della titolarità propria, anzichè in capo alla ULSS, della privativa di autore.

In primo grado il Tribunale rigetta la domanda , osservando che  <la documentazione dimessa non integrasse il c.d. “materiale preparatorio” del software successivamente sviluppato, oggetto di tutela ai sensi dell’art. 2 c.p.i., dovendo esso intendersi solo come quel materiale che consenta ad un programmatore di passare alla successiva fase di stesura del codice sorgente del programma. Precisava che tale definizione poteva essere attribuita solo a diagrammi di flusso o a blocchi completi, mentre il materiale fornito dagli attori, di cui i convenuti comunque avevano tempestivamente eccepito l’assenza di data e di sottoscrizione, non poteva essere qualificato come tale>.

Va però male pure l’appello, deciso da App. Venezia 07.06.2021, sent. 1665/2021, RG 636/2019, est. Micochero.

La corte veneziana infatti conferma con questo passaggio motivatrio: <<Nel caso di specie gli appellanti, nell’atto introduttivo del presente grado di giudizio, compiono un’opera di confronto grafico tra la documentazione dimessa e le interfacce del programma in questione. Tale documentazione viene corredata da una descrizione avente ad oggetto la paternità del documento, che non era stata compiuta in alcun modo nel corso del primo grado, per cui essa costituisce nuova allegazione, inammissibile nel presente grado di giudizio.

Anche prescindendo da tale descrizione e dalla effettiva paternità dei disegni e degli schemi (oggetto del secondo motivo di gravame), va comunque evidenziato che gli schemi e i disegni riprodotti non possono essere qualificati come materiale preparatorio della fase di progettazione, come asserito dagli appellanti. Va infatti evidenziato che il software “….” è il risultato di un progetto denominato “….” voluto dalla Regione Veneto con delibera n. ….seguendo le linee guida dell’Osservatorio Europeo sulle droghe e tossicodipendenze, e affidato, per il suo sviluppo, alla ULSS ……. per migliorare il trattamento dei pazienti affetti da tossicodipendenze e ottimizzare le attività assistenziali del …. Ai tre medici che lavoravano presso il Dipartimento per le dipendenze della suddetta ULSS fu dato l’incarico di seguire il progetto, ed, in particolare, al ….,  fu attribuita la qualifica di direttore tecnico scientifico e di coordinamento del progetto. Risulta quindi evidente che i tre medici abbiano posto in evidenza quale dovesse essere lo scopo e l’utilità del programma, indicando ai programmatori (……) quali dovevano essere le informazioni che lo stesso doveva fornire, giungendo anche a suggerire la veste grafica più idonea allo scopo.

Tuttavia detta attività ancora non integra il concetto di lavoro preparatorio di progettazione perché, come correttamente spiegato nei considerando sopra riportati [N.d.s.: cons. 7 e 11 della dir. Ue 24 del 2009] , in quanto esso già presuppone l’utilizzo di un linguaggio tecnico che permetta al programmatore di procedere immediatamente alla realizzazione successiva dei codici sorgente. Rientrano in detto ambito i “flowchart” – diagrammi di flusso –   che già presuppongono una dimestichezza con il linguaggio informatico (algoritmi) e che permettono al programmatore di realizzare direttamente le stringhe nel linguaggio informatico, essendo diretti a creare una rappresentazione grafica delle operazioni da eseguire per l’esecuzione di un algoritmo. I documenti dimessi non sono, all’evidenza, diagrammi di flusso, ma costituiscono nient’altro che una spiegazione del risultato che si voleva attenere con il programma, una indicazione specifica ai programmatori su ciò che il programma doveva fornire all’utente. Ne consegue che essi non possono assurgere alla qualità di “lavori preparatori”, anche se riferibili ai tre medici>>.

Tutela delle ricette culinarie tramite diritto di autore? Pare difficile …

Un tribunale newyorkese decide sulla copiatura di ricette da cucina (vegana) sotto vari profili , tra qui quello -unico qui richiamato- del copyright (è il count 14 della domanda introduttiva, p. 17-18)

Si tratta di United States District Court, S.D. New York, Coscarelli v. Esquared Hosp., Decided Nov 24, 2021, n° 18-CV-5943 (JMF) (letta in casetext.com).

<<Applying the fact/expression dichotomy to recipes, courts have held that “the lists of required ingredients and the directions for combining them to achieve the final products” are not eligible for copyright protection, although original elementsreflecting the author’s creative expression – such as“musings about the spiritual nature of cooking, ”“reminiscences [the author] associate[s] with thewafting odors of certain dishes in various stages ofpreparation, ” and “suggestions for presentation,advice on wines to go with the meal, or hints onplace settings and appropriate music” – may be protectible . Publ’ns Int’l, Ltd. v. Meredith Corp.,88 F.3d 473, 480-81 (7th Cir. 1996); accordLambing v. Godiva Chocolatier, 142 F.3d 434 (6thCir. 1998); see also 37 C.F.R. § 202.1(a)(providing that the “mere listing of ingredients orcontents” 33 is “not subject to copyright”); seealso LaPine, 2009 WL 2902584, at *7 (noting that“individual recipes do not necessarily qualify forcopyright protection” (citing Publ’ns. Int’l, 88 F.3dat 481)), af ‘d, 375 Fed.Appx. 81 (2d Cir. 2010)(summary order).

Il che condanna la domanda attorea;: <That is because the elements that Defendants allegedly copied from Coscarelli’s cookbooks are primarily lists of ingredients and directions for combining them. For example, Plaintiffs allege thatDefendants copied, nearly verbatim, the ingredients and steps in the recipe for peanut butter dog treats that Coscarelli published in her Chloe’s Kitchen cookbook. But – critically – theymake no argument that the commentary (stating,“Now, something for our furry friends! There’s a whole lot of tail-waggin’ and lip-smackin’ whenmy pups smell these all-natural treats baking.These also make great gifts: Wrap these treats and,when you tie them off, attach a dog-bone cookiecutter and a copy of this recipe”) was copied. FAC¶¶ 192(e), 192(f). Whereas the latter may be entitled to copyright protection, the former plainly is not. 

Plaintiffs seek to distinguish Coscarelli’s “exciting, unique – and above all – original” recipes from the cases cited above, arguing that her recipes “bear no resemblance” to the “simple – and unoriginal -recipes not protected by copyright.” Pls.’ MSJMem. & Opp’n 28.

But the Supreme Court has held that “[n]o matter how much originalauthorship the work displays, the facts and ideas itexposes are free for the taking. The very samefacts and ideas may be divorced from the contextimposed by the author, and restated or reshuffledby second comers, even if the author was the firstto discover the facts or to propose the ideas.”Feist, 499 U.S. at 349 (cleaned up). It is the“selection and arrangement” of factual materialsthat may be subject to copyright. Id. Here, thelayout and color scheme of the two sets ofpublications of recipes are entirely different.  Defendants’ online version of the recipes features a two-column layout with the 34 ingredients shown on the left and the steps on the right andblack and white lettering, while Plaintiffs’ versionuses a single column and colorful lettering for thetitle and section headers. Cf. Boisson, 273 F.3d at274 (“In particular, the overwhelming similaritiesin color choices lean toward a finding ofinfringement”). And Plaintiffs’ failure to submit complete copies of her cookbooks and Defendants’online recipe collection prevents a reasonable jury from making the requisite finding of substantial similarity between the collections to support aclaim based on the selection or arrangement of acompilation. See Matthew Bender & Co.. v. WestPub. Co., 158 F.3d 674, 681-82 (2d Cir. 1998) (“If originally combined, a selection or arrangement ofunderlying materials that are themselvesunoriginal may support copyright protection.”).

Plaintiffs therefore fail to allege that Defendants copied any protectible elements of Coscarelli’s recipes. Cf. Barbour v. Head, 178 F.Supp.2d 758,764 (S.D. Tex. 2001) (denying summary judgmenton a claim of copyright infringement with respectto “recipes [that] contain[ed] more thanmechanical listings of ingredients and cookingdirections, ” including original “commentary” and“suggestions on the presentation of food”(emphasis added))>>

In breve n short, il claim 14 va respinto <<because Plaintiffs fail to allege that Defendants copied any protectible materia>>

Giudice USA sulla illecita estrazione di audio da un audiovisivo su Youtube (c.d. stream ripping)

Interessante il Report and Recommendations del giudice Buchanan della Virginia per la District Court  sulla pratica di business in oggetto, attuata da tal sig. Kurbanov, titolare e creatore dei siti www.FLVTO.biz e www.2conv.com .

La proposta segue un precedente contenzioso, reperibile in rete.

Si tratta di East. Dist. of Virginia, Alexandria Division, 16 dicembre 2021, Case 1:18-cv-00957-CMH-TCB, UMG Recordings e altri c. Kurbanov.

Interessante non è tanto il giudizio di illiceità (violazine del diritto di riproduzione e di distribuzione), che è ovvio; quanto invece, da un lato,  la descrizione della pratica del ripping (stream-ripping, con circonvenzione delle misure di sicurezza predisposte da Youtube) dell’audio dall’audiovisivo e, dall’altro,  la quantificazione dei danni ($ 1.250,0 per ogni violazione, che , moltiplicate per 1.618 violazioni, danno un totale di $ 2.022.500).

Da segnalare pure che viene accertata sia una violazione diretta che in compartecipazione alla violazione altui (contributory infringement), laddove incitava gli utenti a procedere in tale senso.

Ciò in base al DMCA.

In base al copyright act, poi, liquida aggiuntivi $ 80.990, dati da $ 50 per ogni violazione.   I criteri sono i soliti, parzialmente simili al ns. art. 158 l. aut.: spese risparmiate, profitti maturati , elemento soggettivo etc. (v. IV requested relief, sub A e sub B).

Contratto di edizione musicale e sua prova ex art. 110 l.aut.: che rilevanza hanno i bollettini SIAE firmati dalle parti?

Cass. n° 36.753 del 25.11.2021 affronta il tema.

Non ci sono passagi di rilievo se non quello in cui riepiloga il decisum dell’appello, che poi conferma.

E in particolare così al § 2.4:

<< Invero la Corte d’appello, nel pronunciarsi sulla contestata idoneità dei bollettini SIAE a costituire prova scritta della cessione dei diritti di sfruttamento economico delle opere musicali, con chiare e logiche argomentazioni ha confermato la valutazione del giudice di primo grado affermando che:

a) il contratto atipico di edizione musicale (con cui l’autore o compositore di un’opera musicale trasferisce all’editore i diritti di utilizzazione economica, riservandosi una quota dei proventi che maturano in conseguenza della sua utilizzazione) può essere concluso anche verbalmente, sebbene tra le parti la conclusione debba essere provata per iscritto, ai sensi dell’art. 110 L.d.a.;

b) nel caso di specie, la sottoscrizione dei bollettini SIAE da parte di autore ed editore attestava l’avvenuta conclusione del contratto di edizione, poichè in essi era chiaramente “riportato lo schema del riparto dei proventi” – comunicato alla SIAE affinchè vi desse esecuzione in forza del mandato congiunto ricevuto – e, nel sottoscriverli, autori ed editori avevano espressamente dichiarato che “le indicazioni e i dati contenuti nel presente bollettino corrispondono a verità”, sicchè fu lo stesso D.S. a dare atto della qualifica di editore delle società cofirmatarie, e dunque “implicitamente, ma inequivocabilmente, dichiarò di aver trasferito i propri diritti di utilizzazione economica delle due opere, con conseguente loro diritto a percepire i relativi proventi nella misura concordata”;

c) era quindi lo stesso contenuto dei bollettini a provare per iscritto la conclusione del contratto (e non la deduzione del fatto ignoto della previa stipula del contratto di edizione dal fatto noto della loro sottoscrizione);

d) a tal fine non rilevava la Delib. Commissione SIAE 3 luglio 2007 (che inserì nei bollettini la dicitura “non sostituisce il contratto di edizione”) perchè i bollettini in esame furono depositati il 13/01/2000 e comunque non valevano a sostituire il contratto di edizione, bensì a fornirne la prova scritta;

e) peraltro, alla data del 13/01/2000 l’album era stato già pubblicato e sino al 2003 il D.S. non lamentò alcunchè a fronte della disposta ripartizione dei proventi, “il che – prosegue il giudice di secondo grado – conferma ulteriormente che egli fosse ben consapevole dell’avvenuta conclusione del contratto di edizione musicale”;

f) non vi è nemmeno contestazione che gli editori abbiano concretamente impegnato la loro attività imprenditoriale per promuovere la diffusione delle opere, ottenendo – com’è pacifico un grande successo, di cui ha indubbiamente beneficiato il D.S.;

g) nè vi è incertezza sull’oggetto del contratto, i cui contenuti essenziali sono menzionati nel bollettino (segnatamente: titolo delle opere, nomi degli autori, ragioni sociali degli editori, quote di ripartizione tra autori ed editori, proventi relativi allo sfruttamento fono-meccanico e alla pubblica esecuzione delle opere, territorio di riferimento “tutto il mondo”)>>.

Tutto bene; c’è però un grave errore.         La prova per iscritto , quando serve, deve riguardare tutti gli elementi essenziali del contratto: qui invece riguarda molto meno e cioè solo l’accordo sul riparto dei proventi.

Ideazione di concorsi a pronostico e protezione come progetto di lavoro d’ingegneria ex art. 99 l. aut.

Sul tema interviene (sinteticametn) Cass. 21.564 del 27.07.2021, Vanni c. CONI ed altri, rel. Terrusi.

Per l’originario attore, la sua idea di concorso a pronostico <Zeronovanta> sarebbe stato plagiato da quello denominato <Totobingol> proposto dal CONI .

Spunti  dall’ordinanza:

  • <<Questa Corte, in lontani ma sempre condivisibili precedenti, ha stabilito che la suddetta disciplina può estendersi ai progetti relativi ai concorsi a pronostici.

    Tuttavia, poichè i progetti di lavoro tecnico-scientifici possono formare oggetto di diritti connessi con il diritto di autore e godere dell’afferente protezione soltanto quando comportino la soluzione originale di problemi tecnici, è stato affermato che la tutela del diritto d’autore non assiste l’inventore di un gioco per pronostici che non concreti nè un’opera dell’ingegno, nè – per quanto qui interessa – la soluzione originale di un problema tecnico, ma che, al contrario, si colleghi a concorsi già noti, mutandone semplicemente gli eventi da pronosticare o i relativi simboli o la schedina di gioco (v. Cass. n. 4625-77, Cass. n. 3097-75 e finanche la remota Cass. n. 143-54)>>, III.

  • <<In sostanza ciò vuol dire che di per sè non costituisce soluzione originale di problemi tecnici un’applicazione mera di calcolo di combinazioni matematiche già note rispetto a concorsi a pronostici in competizioni sportive>>, ivi
  • <<L’elemento decisivo della controversia, dunque, riposava (e riposa) nell’interrogativo se il concorso progettato presentasse caratteristiche tali da presupporre l’applicazione di regole tecniche nuove e aggiornate a problemi già noti, ovvero l’applicazione di regole già note a settori nuovi con estensione di conoscenze tecnologiche>>, ivi
  • la corte di appallo ha ben giudicato, negando ogni tutela: infatti <<ha accertato che nessun elemento di novità caratterizzava il gioco “Zerovanta”, poichè il gioco – secondo l’ideatore incentrato sul far pronosticare il minuto esatto di cui viene fatto il primo goal nelle partite di calcio comprese in un elenco ufficiale, esclusi i minuti di recupero di fine tempo (primo e secondo) – implica uno schema tecnico analogo a quello attuato dalla formula del “Superenalotto”, senza effettiva rilevanza dell’ambito distintivo degli eventi sportivi. E questo perchè è da escludere, nella formula impiegata, ogni effettivo collegamento della soluzione tecnica con le partite di calcio. Difatti, come ammesso dallo stesso V., pronosticare il minuto in cui in un gruppo predeterminato di partite verrà segnato il primo goal “è quasi tanto azzardato quanto pronosticare quali numeri usciranno per primi su un gruppo predeterminato di ruote del lotto”>>
  • Un ultimo interessante profilo, processuale. Male ha fatto l’attore a censurare il termine di paragone del Superanalotto, introdotto d’ufficio dalla corte di appello, dicendo che si trattava di scienza privata e non di fatto notorio (come affermato dalla corte).  Doveva piuttosto , ciò che però non ha fatto , affermare che era erronea la nozione di fatto notorio adoperata: <<Non può seguirsi il ricorrente in ordine alla affermata violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2, di riflesso all’uso della scienza privata del giudice, per l’elementare ragione che nel caso concreto il giudice ha fatto ricorso non alla scienza privata ma a nozioni di fatto di comune esperienza. Le quali riguardano fatti acquisiti alla conoscenza della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabili e incontestabili, a fronte invece degli elementi valutativi che implicano cognizioni particolari ovvero nozioni che per avvenuta rientrino giustappunto nella scienza privata del giudice.

    E’ decisivo constatare che la decisione non è stata impugnata deducendo invece l’assunzione, da parte del giudice di merito, di una inesatta nozione di fatto notorio, da intendersi come fatto oggettivamente conosciuto da un uomo di media cultura in un dato tempo e luogo (ex aliis Cass. n. 3550-19, Cass. n. 442820). Cosicchè la circostanza che quello relativo al “Superenalotto” fosse da considerare uno schema tecnico oggettivamente conosciuto da persone di media cultura rimane intonsa, e rende legittima la parametrazione a tale schema dell’ideazione messa in atto dal V., a prescindere dalle allegazioni comparative fatte dalle parti nella fase del processo di primo grado di cui all’art. 183 c.p.c..>>

 

Il diritto intertemporale circa la durata della protezione del diritot di autore : il caso Electa c. Disney torna in Cassazione

La lite Electa-martinenghi c. Disney torna avanti alla nostra Cassazione con l’ordinanza n. 33.598 del 11.11.2021, rel. Di Marzio Mauro.

Ci sono passaggi processuali su notifica e redazione del ricorso alla Sc, scritti  bene e con senso pratico dal relatore, utili al pratico.

Qui invece ne riporto  due con diverso oggetto.

Uno riguarda l’estensione da 50 a 70 della durata della protezione, disposta dall’art. 17 c. 1 e 2 della L. 52 del 06.02.1996 (ove però la SC non offre spunti nuovi , limitandosi a far proprio un suo  precedente): << Sul prolungamento di cui al citato art. 17, che ha poi per così dire “trascinato” l’applicazione dell’art. 32 della legge sul diritto d’autore come modificato, occorre dire che la sentenza d’appello è conforme alla giurisprudenza di questa Corte, che ha già avuto modo di pronunciarsi sul tema, sebbene con riguardo alle opere fonografiche (ma la questione, in iure, è la stessa), evidenziando che la norma (con le salvezze ivi contemplate, cui nuovamente si accennerà tra breve) è espressamente retroattiva: “La disposizione, essendo tesa a recuperare la protezione anche per le opere e per i diritti già caduti in pubblico dominio, ha effetto retroattivo, purché quelle opere e quei diritti rientrino, alla data del 30 giugno 1995, nel predetto prolungato termine di cinquant’anni a decorrere dal momento in cui iniziava la loro protezione” (Cass. 25 gennaio 2017, n. 1935). Affermazione, questa, condivisa del resto dalle stesse Sezioni Unite penali, nella sentenza poc’anzi citata, le quali, come si diceva, hanno tratto argomento dall’art. 17, espressamente retroattivo, per affermare la non retroattività, in mancanza di una chiara formulazione in tal senso, del D.P.R. 8 gennaio 1979, n. 19. >>, § 13.1.

Del resto il tenore della disposizione citata (<<I termini di durata di protezione disciplinati nel  comma  1  si applicano anche alle opere ed ai diritti non piu’ protetti sulla base dei termini previgenti, sempreche’, per effetto  dell’applicazione di tali termini, detti opere e diritti ricadano  in  protezione  alla data del 29 giugno 1995>>, comma 2)  è inequivoco.

Sottolineo il dies a quo: <<nel prolungato termine di cinquant’anni a decorrere dal momento in cui iniziava la loro protezione>>. Anche qui, non potevano esserci dubbi di diversa decorrenza.

L’altro passaggio riguarda il nesso di causalità tra la denuncia penale e il danno cagionato al denunciato, quando sia stato poi assolto. Esso può esistere solo in caso di calunnia : <<l’affermazione della Corte territoriale, nella sua prima parte, è conforme all’insegnamento di questa Corte in tema di denuncia penale infondata, la quale, in caso di assoluzione del denunciato, può dar luogo a responsabilità del denunciante solo in ipotesi di calunnia (di recente, tra le tante, Cass. 30 novembre 2018, n. 30988), ipotesi che nella specie non pare neppure prospettata, che non emerge dalla sentenza delle Sezioni Unite penali, e che non è presa in considerazione dalla Corte d’appello, la quale ha anzi escluso “un atteggiamento persecutorio da parte della Disney” come pure “un abuso del suo diritto di agire”, discorrendo invece, come si è visto, di iniziativa legittima>>, § 13.2.

Miramax c. Tarantino: sull’utilizzo da parte del regista tramite NFT (non fungible token) di scene ed altri dettagli del film PULP FICTION

E’ pubblicato il testo dell’atto di citazione del titolare dei diritti contro il regista per la sua dichiarazione di prossima messa in vendita di NFT contenenti scene del film.

A Tarantino spettano solo i diritti di <<“soundtrack album, music publishing, live performance, print publication (including without limitation screenplay publication, ‘making of’ books, comic books and novelization, in audio and electronic formats as well, as applicable), interactive media, theatrical and television sequel and remake rights, and television series and spinoff rights.”>> (§ 21).

Secondo lui,  gli NFT rientrano nel diritto alla <<screenplay publication> (§ 46), che però gli viene attribuito solo come esempio di <print publication>. Ogni altro diritto spetta a Miramax e soprattutto <<all rights (including all copyrights and trademarks) in and to the Film (and all elements thereof in all stages of development and production) now or hereafter known including without limitation the right to distribute the Film in all media now or hereafter known (theatrical, non-theatrical, all forms of television, home video, etc.)>>, § 20 e § 52.

Riassumendo: gli NFT rientrano nel conectto di <print publication> (tra cui quello di <screenplay>)? Oppure: <The question is whether selling “1 of 1” digital scans of pages from the screenplay falls within Tarantino’s publication rights or, conversely, constitutes the sale of something else, such as merchandise, that he assigned to Miramax> (così Aaron Moss).

Dal ns. punto di vista, un ottimo case study:

– circa l’art. 119 l. aut.,  (“transtipico”, applicabile a tutti i contratti dispositivi), riferito a modalità di sfruttamento inesistenti all’epoca degli accordi (1993).

– circa la duplice possibilità di azione in corte i) per violazione contrattuale, e ii) per violazione di diritto d’autore (v. First claim-Breach of Contract , § 51,  e Second claim-Copyright Infringement Under 17 U.S.C. § 501, § 54).   Come ovvio, del resto, dato che il contratto conforma il diritto assoluto (d’autore) nei confronti della controparte (v. da noi  le elaborazioni intorno all’art. 23/3 cpi, relativo alla licenza di marchio).

(link preso dal post 1 dic. 2021 di C. Rimmer in The Columbia Journal of Law & the Arts   sul tema).

Ora è resa nota la memoria di costituzione di Tarantino (oppure qui) , depositata il 9 dicembre 2021 (si noti il difensore, David Nimmer, autore di uno dei più citati trattati di copyright).    Qui però non è praticamente sviluppata alcuna difesa in diritto (allega il fair use, § 75, senza motivazione): forse è uno stadio processuale troppo iniziale per la relativa esternazione, secondo le strategie difensive consentite o suggerite dalla procedura USA