Protezione di un progetto di architettura d’interni con il diritto di autore: la vertenza Kiko c. Wjcon in Cassazione

Dopo la sentenza di appello (v. mio post 30.01.2019) , la lite è stata decisa in sede di legittimità nella scorsa primavera da Cass. n. 8433 del 30.04.2020, rel. Iofrida.

Si tratta della tutela chiesta da Kiko (k.) contro Wycon (w.) sull’originale soluzione di arredo dei propri negozi  che sarebbe stata copiata da w..

La sentenza rigetta i motivi di da 1 a 6 di Wycon (soccombente in primo e secondo grado) ma accoglie quelli 8-10 sulla concorrenza parassitaria e l’11° sulla liquidazione del lucro cessante. Rinvia poi ad altra sezione (composizione) di corte di appello milanese anche per le liquidazione delle spese di legittimità.

Non ci sono spunti particolarmente interessanti.

La SC ricorda che l’art. 110 l. aut. <<Questa Corte ha, di recente, affermato il principio secondo cui l’art. 110, non è applicabile quando il committente abbia acquistato i diritti di utilizzazione economica dell’opera per effetto ed in esecuzione di un contratto di prestazione d’opera intellettuale concluso con l’autore (Cass. 24 giugno 2016, n. 13171; conf. in materia di appalto relativo ad un format, Cass. 18633/2017): e ciò perchè, in tal caso, non ha luogo un trasferimento per manifestazione di volontà delle parti contraenti, dal momento che tali diritti sorgono direttamente in capo al committente, quale effetto naturale del rapporto di lavoro autonomo o del contratto di opera professionale, salvo patto contrario.

Peraltro, l’art. 110 L.A., in ordine alla necessità di prova scritta della trasmissione dei diritti di utilizzazione, non opera nelle azioni promosse dal titolare del diritto autorale contro i terzi che abbiano utilizzato illecitamente l’opera (cfr. Cass. 3390/2003: “la norma dell’art. 110 della Legge sul diritto d’Autore (L. 22 aprile 1941, n. 633), nel prevedere che la trasmissione dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno deve essere provata per iscritto, si riferisce all’ipotesi in cui il trasferimento viene invocato dal cessionario nei confronti di chi si vanti titolare del medesimo diritto a lui ceduto; essa pertanto non opera al di fuori del conflitto tra titoli, ovvero tra pretesi titolari del medesimo diritto di sfruttamento, allorchè il trasferimento sia invocato dal cessionario del diritto di utilizzazione nei confronti del terzo che, senza vantare una posizione titolata, abbia violato tale diritto, compiendo atti di sfruttamento del medesimo bene, in tal caso l’acquisto potendo, quale semplice fatto storico, essere provato anche mediante mezzi diversi dal documento”)>>, § 3.

W. aevava poi censurato la mancanza di forma espressiva nel progetto di arredo, § 5.

Il motivoi  perla SC è inammibbile, perchè presuppone la censura sull’apporto creativo. Ma questo è oggetto di valutazione <<destinata a risolversi in un giudizio di fatto, come tale sindacabile in sede di legittimità soltanto per eventuali vizi di motivazione >>, § 5.

Soluzione errata: il giudizio sulla creatività è di diritto, consistendo in una (o essendo da equiparare a quello su) clausola generale.

Poi che l’arredo di  interni sia al più tutelabile come design ex arrt .2 n. 10 l. aut. , ma mai come opera dell’architettura, è derrato, dice la SC: ricorrendone i presupposti, infatti, anche quest’ultima tutela  è a disposizione, § 6 (oltre che quella da marchio di forma o diritto connesso ex art. 99 l.aut.)

La SC ha del resto ricordato che per orientamento costante ormai è ammesso il cumulo di tutela tra disegno e modello da un parte e diritto di autore dall’altra, citando giurisorudenz europea.

Lascia il principio di diritto seguente circa la creatività (confermando che si tratta di valutazione in diritto e contraddicendosi con quanto osservato poco prima):  “in tema di diritto d’autore, un progetto o un’opera di arredamento di interni, nel quale ricorra una progettazione unitaria, con l’adozione di uno schema in sè definito e visivamente apprezzabile, che riveli una chiara “chiave stilistica”, di componenti organizzate e coordinate per rendere l’ambiente funzionale ed armonico, ovvero l’impronta personale dell’autore, è proteggibile quale opera dell’architettura, ai sensi dell’art. 5, n. 2 L.A. (“i disegni e le opere dell’architettura”), non rilevando il requisito dell’inscindibile incorporazione degli elementi di arredo con l’immobile o il fatto che gli elementi singoli di arredo che lo costituiscano siano o meno semplici ovvero comuni e già utilizzati nel settore dell’arredamento di interni, purchè si tratti di un risultato di combinazione originale, non imposto dalla volontà di dare soluzione ad un problema tecnico-funzionale da parte dell’autore“.

Il motivo sette (§ 9) riguarda la parzialità della riproduzione. La SC , ricordati i concetti (dottrinali, non legislativi) di contraffazione, plagio e plagio-contraffazione , così osserva: <<per la sussistenza del plagio, che si riferisce alla sola violazione del diritto morale di paternità (allorchè quindi taluno spaccia per propria un’opera altrui), o della contraffazione, che rappresenta una lesione del diritto di proprietà e comprende tutte le forme di utilizzazione economica dell’opera dell’ingegno effettuate senza autorizzazione dell’autore allo scopo di trarne benefici economici, ovvero ancora del plagio-contraffazione, figura questa che implica la lesione contemporanea del diritto patrimoniale e del diritto morale, occorre la coincidenza degli elementi essenziali costituenti la rappresentazione intellettuale dell’opera imitata con quelli dell’opera in cui sarebbe avvenuta la trasposizione e devono essere presi in considerazione non l’idea ispiratrice o i singoli elementi dell’opera ma l’originale composizione ed organizzazione di tutti gli elementi che contribuiscono alla creazione dell’opera stessa e che costituiscono la forma individuale di rappresentazione del suo autore. Va quindi esclusa la sussistenza del plagio o della contraffazione o del plagio-contraffazione, ove l’idea altrui sia utilizzata in una diversa rappresentazione o vengano organizzati in modo nuovo elementi già appartenenti al patrimonio culturale comune e susciti in chi la osserva diverse sensazioni, essendo necessario quindi verificare se siano state introdotte delle mere varianti secondarie inidonee a dare vita ad una nuova opera percepibile come risultato di scelte espressive individuali distinte dalla prima opera ovvero se, per effetto anche di un’elaborazione tecnica, pur all’interno di un percorso ideale già da altri tracciato, valutato l’insieme degli elementi che caratterizzano l’oggetto, muti la capacità espressiva dell’opera ovvero la capacità di suscitare emotività nel pubblico, attraverso le caratteristiche estetiche dell’opera, e si raggiunga una creatività nuova meritevole di autonoma tutela. Il plagio può aversi in caso di riproduzione totale dell’opera ovvero di elaborazione “non creativa”, cioè con utilizzazione di elementi originali di un’altra opera, o “creativa”, ma senza superamento dell’individualità di rappresentazione dell’opera precedente ispiratrice, con conseguente sostanziale identità di rappresentazione, ma abusiva, ovvero ancora di trasformazione da una in altra forma, letteraria o artistica; particolarmente difficile diventa l’accertamento del plagio, nelle forme di elaborazione, laddove si sia in presenza di opere dell’ingegno fortemente stereotipate, nelle quali è complesso distinguere le parti originali da quelle derivanti da consuetudine legata al genere, essendovi possibilità di frequenti coincidenze creative, ed occorrendo allora valutare se non si tratti di veri e propri elementi volgarizzati e non individualizzanti, non meritevoli di tutela sotto il profilo della Legge d’Autore (Cass. n. Euro 7077/1990).>>

Si badi che, in presenza di un livello non particolarmente elevato di creatività presente nell’opera tutelata, <<varianti pur minime possono essere sufficienti ad escludere la contraffazione>>.

Da ultimo, la SC censurala sentenza per la superficialità nel giudizio essitenza di di concorrenza parassitaria (§ 11 e segg.)

Anche qui c’è un errore sul giudizio di fatto: << la valutazione complessiva delle singole condotte del concorrente e della loro idoneità, sulla base di una considerazione cumulativa, al fine di evidenziare la sussistenza o meno di un disegno unitario volto a sfruttare sistematicamente l’altrui lavoro, implica un tipico apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità>> § 11.3.  Il fatto è solo il fatto storico; il suo inquadramento nei concetti giuridici (dottrinali o legislativi) è giudizio di diritto.

Quanto alle spese, ricorre l’ultima censura. La liqudazione, anche se equitativa, non può essere irrazionale: come invece nel caso de quo in cui il lucro cessante è stato dalla C. di A. stimato pari al decuplo della parcella dello studio d’architettura che aveva elaborato il progetto di arredo.

Siti web di storage e scambio file piratati nonchè siti di stream ripping/destreaming realizzano una comunicazione al pubblico

Breve cenno a due recenti sentenze inglesi su temi di attualità.

L’ottimo blog IPKat a firma di Eleonora Rosati dà notizia che per l’Alta corte inglese il sito  Nitroflare.com , sito c.d. cyberlocker (siti di stoccaggio e scambio file, spesso piratati), realizza un’atto di comunicazione al pubblico, per cui è soggetto ad injunction secondo il § 97A del copyright act inglese (che recepisce l’art. 8/3 dir. UE 29/2001.

Si tratta di High Court of Justice 25.02.2021, IL-2018-000221, [2021] EWHC 409 (Ch), Capitol records e altri c. British Telecommunications , Sky e altri.

Gli attori qualificano <<Nitroflare a cyberlocker site: that is a file storage site which makes available unlicenced commercial content, including music files, by allowing users to upload and download unlicensed content to and from its servers. As the Claimants accept, the cyberlocker tag is pejorative and potentially tendentious. I shall therefore look beyond the label and consider the substance of how the Site operates and the services it offers to users>>, § 3.

Secondo la loro versione, accettata dal giudice, <<the Site is deliberately designed to encourage the uploading and downloading of copyright material. They say that it is different from legitimate file storage or file sharing sites. This is why they use the cyberlocker tag. As I said at the outset, the court needs to look beyond the labels and consider the substance of the services offered by the Site.  I shall turn to specific features of the Site in a moment but, in general terms, the Site encourages the sharing of links which it has generated and the downloading of content which it stores. It does this by allowing users to upload content to the Site’s servers for free. Downloads can then be made for free by the Site’s ‘premium’ and ‘non-premium’ users, with download speeds being faster if a user pays for a premium account. The Site also offers an ‘Affiliate Programme’ which rewards users who upload content. It enables those users to earn money each time their uploaded content is downloaded by another user.>> §§ 13-14 (segue descrizione analitica del sito al § 15)

Per gli attori la violazine del sito riguarda sia la comnunicaizone al pubblico (c.a.p.) che l’ <<authorising or acting as joint tortfeasor with the users of the Site in their commission of infringing acts as described below>>, § 21

La c.a.p. ricorre se si risolvono <<three main questions. (a) Is there a communication of copyright works by way of electronic transmission? (b) Is the communication to the public? (c) Does the act of communication to the public take place in the UK? If the communication originates from outside the UK, that depends on whether it is targeted at the public in the UK>> § 22.

Il giudice le ravvisa tutte.

Soprattutto sub a), la posizione della Corte euroepa <<(illustrated by Brein) is that deliberate facilitation of a communication is sufficient to establish an act of communication and that this is shown if the operator had an intention when providing the service to facilitate infringements. I am satisfied that this requirement has been established here. The operator of the Site must know that much of the content on the Site comprises commercially released music and videos and that this is protected by copyright. It must be obvious to the operator that the download and copying of commercially released music requires a licence. Its revenue is derived from advertising and the more downloading takes place, the greater its advertising revenue. The clear inference is that the operator intends to facilitate infringement of copyright. In this regard I also consider that it is telling that the operator of the Site has sought to conceal its identity and has thereby shielded itself from legal process. This adds to the inference that it knows that that the Site is being used to infringe and (given the business structure) intends that it be so used. >> § 27.

La Corte si pone in esplicito contrasto cone le conclusioni 16.07.2020 dell’AG SAUGMANDSGAARD   nel caso Peterson c. Google – Youtube e Elsevier c. Cyando, cause riunite C-682/18 e C-683/18, ritenendo improbabile che verranno seguite dalla Corte, § 26 (conclusioni che invece paiono preferibili in linea teorica).

Interessante è poi la questione sub c) relativa al profilo territoriale, §§ 31-33-

La corte esamina poi la seconda violazione allegata, relativa all’aver autorizzato altri a violare, invocado il precedente del 2010  Twentieth Century Fox v Newzbin [2010] EWCH 608 (Ch)  <<“…The grant or purported grant to do the relevant act may be express or implied from all the relevant circumstances. In a case which involves an allegation of authorisation by supply, these circumstances may include the nature of the relationship between the alleged authoriser and the primary infringer, whether the equipment or other material supplied constitutes the means used to infringe, whether it is inevitable it will be used to infringe, the degree of control which the supplier retains and whether he has taken any steps to prevent infringement. These are matters to be taken into account and may or may not be determinative depending upon all the other circumstances”.>>, § 43.

Non è chiarito il reciproco rapporto tra le due allegate violazioni per gli stessi fatti.

Ne ricorrono tutti i presupposti ivi delineati, §§ 44-63.

In particolare è interessante a livello pratico il ragionamentoe sulla reale assenza, solo declamata , di una policy per prevenire le violazioni (§§ 53 ss).

Ancora, sulla contitolarità dell’atto ilecito, § 64 ss: <<Many of the same factual conclusions that I have set out above are material in this context. I can therefore be brief in enumerating the key features of the Site which are relevant to joint wrongdoing. First, the Site has features which show that it is deliberately structured for the purpose of inducing users to upload commercial content. Users are offered a financial incentive to upload popular content which large numbers of other users are likely to wish to download. This is most likely to consist of commercial content and that in turn is likely to be subject to copyright. Second, the service is provided in a user-friendly fashion. It is free of charge; allows effectively unlimited capacity; and gives uploading users the ability to promote their own uploads by providing them with links which they can supply to others. Third, once content has been uploaded it is freely available to users. There is no restriction (say by password protection) on site-users’ access. Fourth, the reach of the Site is amplified by the referrer sites. Fifth, the evidence summarised earlier shows that very large amounts of protected content is available for download from the Site; and that commercial material accounts for the vast preponderance of the content on the Site. This is not accidental: the Site is, for the reasons already given, designed and structured to facilitate the sharing of commercial (and therefore, probably protected) content. Sixth, the greater the amount of popular, commercial, content on the Site available for downloading, the greater the prospects of profits for the operator (through advertising and subscriptions). Seventh, the steps taken by the Site to remove infringing content are, as already explained, wholly inadequate. The operator has clearly not adopted an effective policy to remove copyright protected content. The reasonable inference is that it would be contrary to the operator’s financial interests to do so (see the sixth point above). The Site does not merely make available the means of infringement; it thrives on infringement. This explains the incentives given to users to upload popular content>>, § 65

Di conseguenza per il giudice i gestori del sito <<have induced, incited or procured users of the Site to commit infringements of copyright (profiting from so doing) and that they and the users act pursuant to a common design to infringe. The operators are therefore jointly liable for the infringements committed by users>> § 65.

Infine il ragionamento condotto per dire che la misura inibitoria è “proportionate”:

<<I consider that the order sought is proportionate for the following reasons.

  • First, the Defendants do not oppose the making of the order. It can therefore be taken that it is proportionate as between the parties.
  • Second, I am satisfied that the order is necessary to protect the rights of the Claimants and the other record company Members of BPI and PPL. The Site is being used to infringe those rights on a large scale (see above).
  • Third, the Claimants’ Recordings and more generally the copyright recordings of the Members are available to be enjoyed by ISP subscribers using legal digital music services.
  • Fourth, the Site is not only being used to infringe the copyrights in music recordings (and the musical and literary copyrights embodied in them). Mr Walsh’s evidence shows that over 90% of the links on the Site are to content which is likely to be copyright-controlled.
  • On the other hand, it is possible that the Site could be used for some legitimate storage purposes, which will be adversely affected by any blocking order. However I am satisfied that users are highly unlikely to be using the Site in this way on a significant scale. There are a number of features including the automatic deletion policy and the lack of password protection, encryption or syncing functions, which render the Site unsuitable for cloud storage. I therefore consider that the risk of interfering with legitimate storage of data is negligible.
  • Fifth, the Order has been carefully drafted (following judicial guidance in earlier authorities) so as to ensure that it does the minimum necessary to achieve its objective.
  • Sixth, as the Courts have repeatedly noted in the cases I have already referred to, such orders are effective. The evidence shows that blocking orders have proved effective, notwithstanding attempts to circumvent them: following the making of previous blocking orders on the application of BPI, UK visitors to those websites have been drastically reduced. For the 38 websites for which data was available in the month prior to their being blocked, the data shows an average reduction of UK visitors of 98%.
  • Seventh, to the extent that rights of users or operators of the Site are engaged, given my conclusions on infringement, their interests are outweighed by the interests of the Claimants and of the Members in enforcing their copyrights: cf. FAPL v Sky at [59]>> § 70 ss

Purtroppo, l’ordine, che verrà poi  concretamente impartito, pare non sarà reso pubblico, ma che resterà confidenziale.

Il medesimo blog , poi, riferisce dell’altra sentenza con stessa data, corte e giudice relatore,  Young Turks Recordings, Warner recordings e altri c. British Telecommunication , Sky UK ed altri, case n° IL-2020-000223,  [2021] EWHC 410 (Ch).

La fattispecie è analoga , ma  non uguale, differendo per la modalità tecnologica adottata dai siti pirata.

Queste le domande e allegazioni attoree: <<requiring them to take measures to block their subscribers’ access to certain websites (“the Infringing Sites” or “the Sites”). The Claimants submit that the operators of the Infringing Sites are directly infringing and/or jointly and severally liable for the infringement of copyrights owned by/exclusively licensed to Members. The Claimants also submit that the infringement they allege involves wholesale circumvention of technological protection measures (“TPMs”)>>, § 2.

La modalità tecnica per la riproduzione/comunicaizone al pubblico era lo stream ripping anche detto destreaming: <<the Claimants submit that all of the Infringing Sites have participated in and/or have enabled a process called “stream ripping”, i.e. the “ripping” of audio files used with music videos that are offered on streaming services, in particular YouTube. Stream ripping is a process whereby streamed audio content is converted into permanent audio downloads which can be stored for future consumption and/or shared with others. The Claimants’ evidence explains that this is one of the fastest growing forms of online infringement of copyright in sound recordings and the most prevalent>>, § 4.

E poi: <<Streaming content is different from permanently downloading it. Streaming involves the contemporaneous digital transmission of content via the internet to the user’s device for real-time viewing or listening. No permanent download is made and if the user wishes to access the content again he or she has to stream it again. Permanent downloading results in the user having a digital version of the content which (once the download is complete) can be used as often as the user wants and (subject to copyright protection measures) shared with others.  There are different business models and pricing systems for streaming and downloading. Streaming is normally funded by advertising or user subscription. A permanent download is a one-off transaction.>>, §§ 19-20.

In breve con lo stream ripping si possono memorizzare su supporto stabile tramite l’app. Downloader App i dati arrivati in strraming , sì da poterne fare download in qualunque momento successivo.

 I siti convenuti erano responsabili (anche di elusione delle technological protection measures (“TPMs”, § 39) della predisposizione dlele possibilità di violazione: v. dettagli tecnici ai §§ 35-37: <<the evidence establishes that each of the Infringing Sites has been involved in the provision of stream-ripping functionality. The present activities of the active sites can be summarised as follows:  i) Flvto, Flv2mp3, 2Conv and H2Converter each provide a stream ripping service to visitors to the site.  ii) MP3Studio provides the Downloader App. Flvto, Flv2mp3 and 2Conv (which are closely connected) also make the Downloader App available by linking to MP3Studio. MP3Studio does not provide a stream ripping service to visitors to the site.    As I mentioned in [3(i)] above, there are four other sites which do not appear to be operating at the moment. Flvtool was used by other Infringing Sites as a “back end” server and provided the Downloader App. 2Convert provided the Downloader App. H2Download and Ytbapi operated as back end domains for H2Converter, assisting in the conversion process and storing ripped content.    There are thus some differences in the functionality of the Infringing Sites. However each site:

i) provides a stream ripping service by a simple and convenient user interface which enables users to obtain downloads ripped from YouTube (and other platforms); and/or

ii) provides or promotes the Downloader App; or

iii) provides back-end facilities to assist in the operation of the Infringing Sites and the Downloader App>>

Qui interessa il ruolo dei providers (operators) , giudicati respnsabili sia di violazione diretta per aver autorizzato la violazione ex s. 16 copyright act, § 52 ss, sia per correponsabilità (tortfeasors), § 68 ss: <<First, I am satisfied that the Infringing Sites are designed to provide a service which enables users to make infringing copies. The whole purpose of the technology they provide is to circumvent the copyright-protecting safeguards built into the streaming services. Second, the service is provided in a user-friendly fashion. Third, users have access to massive amounts of protected, commercial, material. Fourth, the greater the amount of activity on the Sites and the Downloader App the greater the prospect of profits (through advertising and payment for conversions). Fifth, the steps taken by the Sites to prevent copying of infringing content are, as already explained, wholly inadequate. The operators have clearly not adopted an effective policy to prevent copying of protected content. Sixth, the ownership and control of the Sites is deliberately obscure and confusing which leads to an inference they wish to avoid protective steps being taken by commercial rights holders >>, § 70.

In particolare il diritto(facoltà  violato è la comuncazione al pubblico, § 72 ss.

Va quindi concessa la inibitoria chiesta, § 103.

Anche qui non è chiaro il reciproco rapporto tra le due violazioni contestate ai provider.

Banca dati scandagliata da motore di ricerca specializzato (aggregatore di contenuti?)

Può un motore di ricerca specializzato scandagliare i siti e relative banche dati di suo interesse , proponendone i risultat agli utenti tramite link? O viola il diritto del costitutore sulla banca dati?

Questo il quesito posto alla Corte di Giustizia (CG) , proveniente dalla Lituania, cui ha offerto il proprio (interessante, come sempre) parere l’avvocato generale (AG) Szpunar il 14.01.2021, C-762/19, SIA «CV-Online Latvia» contro SIA «Melons».

La normativa rilevante è data dalla direttiva UE 96/9 dell’11.03.1996 e , da noi, dagli artt. 102 bis-102 ter l. aut. (ma potrebbe essere un’opera dell’ingegno, artt. 64 quinquies-64 sexies l. aut.)

Una società lettone (CV) gestisce un sito con banca dati contenente annunci di lavoro.  Un’ altra società (SIA Melons) gestisce un motore di ricerca specializzato negli annunci d ilavoro che opera scandagliando i siti ad hoc e dunque i loro database, generando gli esiti tramite link offerti ai suoi utenti. La ricerca avviene soprattutto sui  meta tag per ciascun annuncio di lavoro vacante, contenuti nella banca dati scandagliata, costituiti dalle seguenti parole chiave: «denominazione del posto di lavoro», «nome dell’impresa», «luogo di lavoro» e «data di pubblicazione dell’annuncio», § 10

In linea di massima l’aggregatore di notizia opera effettuando uin <reimpiego> e/o un'<estrazione>: dunque invadendo la privativa altrui:

<<36.   Orbene, come risulta dalle informazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale e nelle osservazioni delle parti, la stessa capacità di esplorazione dell’intero contenuto di una banca dati (o, più precisamente, di più banche dati contemporaneamente) è offerta da un motore di ricerca specializzato, come quello della Melons. Tale motore di ricerca permette di effettuare ricerche in vari siti Internet di annunci di lavoro, secondo i criteri pertinenti e senza passare attraverso i moduli di ricerca propri di tali siti. Il risultato di tale ricerca fornisce all’utente l’accesso ad annunci di lavoro selezionati secondo detti criteri. Atteso che detti siti Internet sono qualificabili come banche dati protette dal diritto sui generis previsto dalla direttiva 96/9, il motore di ricerca in questione permette di esplorare l’intero contenuto di tali banche dati, procedendo al suo reimpiego, nel senso attribuito al termine «reimpiego» dalla Corte nella sentenza Innoweb. Inoltre, indicizzando e copiando sul proprio server il contenuto dei siti Internet, il motore di ricerca della Melons effettua un’estrazione del contenuto delle banche dati che costituiscono tali siti. La fornitura dei collegamenti ipertestuali verso gli annunci che compaiono nel sito Internet della CV‑Online e la riproduzione delle informazioni contenute nei meta tag di tale sito, menzionate nelle questioni pregiudiziali, sono soltanto manifestazioni esterne, d’importanza secondaria, di tale estrazione e di detto reimpiego. La situazione oggetto del procedimento principale dunque non differisce sostanzialmente da quella della causa che ha dato luogo alla sentenza Innoweb.    37.       Si deve dunque concludere che un motore di ricerca che copia e indicizza la totalità o una parte sostanziale delle banche dati liberamente accessibili in Internet e successivamente permette ai propri utenti di effettuare ricerche in tali banche dati secondo criteri pertinenti dal punto di vista del loro contenuto procede all’estrazione e al reimpiego di tale contenuto, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 96/9. Ciò premesso, non ritengo che l’analisi debba fermarsi qui. Infatti, il diritto di vietare una simile estrazione ed un simile reimpiego, a mio avviso, deve soddisfare condizioni aggiuntive>>.

L’AG si confronta con la decisione Innoweb 19 dicembre 2013, C‑202/12,  relativa a motori di ricerca per veicoli  usati, e coglie poi le differenze tra il motore di ricerca sub iudice e quello di Innoweb , <metamotore di ricerca>, §§ 33-35.

Il punto interessante è quello in cui l’AG introduce un limite (meglio, un presupposto) al diritto del costitutore: non basta l’estrazione o reimpiego di <parte sostanziale> della banca dati, ma bisogna pure che <<l’estrazione o il reimpiego in questione rappresenti un pregiudizio per l’investimento relativo alla costituzione o al funzionamento della banca dati che si intende proteggere, nel senso che esse costituiscono un rischio per le possibilità di ammortizzare tale investimento, in particolare minacciando i proventi derivanti dallo sfruttamento della banca dati in questione. Infatti, lo scopo perseguito limitando la protezione alle sole banche dati che hanno dato luogo ad investimenti rilevanti sarebbe raggiunto soltanto in parte se tale protezione potesse essere fatta valere contro condotte che non arrecano pregiudizio all’investimento in questione.>>, § 46.

La ragione è evidentemente quella di conciliare il diritto del costitutore con l’esigenza collettiva di non inibire iniziative concorrenziali di terzi, soprattutto consistenti nel creare prodotti innovativi a valore aggiunto, § 40.   Del resto CV è il più importante portale del settore in Lituannia, § 55. Inoltre, CV si oppone solo ai motori di ricerca specializzati , non a quelli generalisti come Google, § 56: per cui l’AG sospetta che la ragione vera sia quella di inibire pericolosi concorrenti, dato che opera nel medesimo settore dei metamotori di ricerca tramite altra società del gruppo, § 57.

Tale requisito (<pregiudizio all’investimento impedendone l’ ammortamento>) , però,  non sta nelle disposizioni di legge: pertanto l’AG arricchisce la fattispecie costitutiva del diritto, senza alcun appiglio testuale. E’ una sorta di limitazione teleologica della fattispecie o di fair use pretorio (da vedere poi se sia proprio un fatto costititutivo del diritto del costitutore -come parrebbe- oppure fatto impeditivo , il cui onere allegativo-probatorio incomba sul terzo utilizzatore della banca dati).

Si v. però le sue consisderazioni sul profilo concorrenziale ai §§ 51-58

Privacy, libertà di informazione e copyright nel caso Meghan Markle c. Daily Mail

Si pronuncia l’Alta Corte inglese sul caso Meghan Markle (MM) c. Daily Mail e Mail on Sunday (poi anche : l’Editore).

Precisamente si tratta di HIGH COURT OF JUSTICE CHANCERY DIVISION BUSINESS AND PROPERTY COURTS INTELLECTUAL PROPERTY LIST,  The Duchess of Sussex c. Associated Newspapers Limited, 11.02.2021, [2021] EWHC 273 (Ch) Case No: IL-2019-000110 .

Di fronte alla pubblicazione non autorizzata da parte del Mail della propria lettera al proprio genitore (i rapporti non erano facili) , MM cita l’editore per  violazione di privacy e di copyright., § 61

I fatti sono esposti ai §§ 1 ss.

PRIVACY

Le difese dell’Editore sono:
<<It maintains that the contents of the Letter were not private or confidential as alleged, and that the claimant had no reasonable expectation of privacy. Further or alternatively, any privacy interest she enjoyed was slight, and outweighed by the need to protect the rights of her father and the public at large. The defendant’s pleaded case is diffuse and hard to summarise. But prominent features are contentions that, even if the claimant might otherwise have had any privacy rights in respect of the Letter,

(1) such rights were (a) limited, given the legitimate public interest in the activities of the Royal family and the claimant’s status as a “high-ranking member” of that family, and (b) destroyed, weakened or compromised by (i) her knowledge of her father’s propensity to speak to the media about their relationship, (ii) the fact that publication of the existence and contents of the Letter was lawful in the US, (iii) her own conduct in causing, authorising, or intending publicity about the Letter and/or her relationship with her father more generally, and/or (iv) the publication of information about the Letter;

(2) the People Article gave a misleading account of the father-daughter relationship, the Letter and Mr Markle’s letter in response, such that (in all the circumstances) public disclosure of the contents of the Letter in the Mail Articles was justified to protect the rights and interests of Mr Markle and the public at large>> (§ 6).

Si noti sub 2) : il Mail pretende di fondare la liceità della pubblicazione di ampi brani (v. sotto) della lettera, per corregere l’errore in cui potrebbe cadere il pubblico in base a precedente pubblicazione (da parte di altro gionale: The People) di un articolo sul rapporto padre figlia, a suo dire distorcente la verità.

Ai §§ 28 ss i fondamenti del diritto alla privacy.

Al § 45 il testo integrale della lettera  e al § 46 di quello della replica (di tre righe) del padre a MM.

A § 47 ss trovi  la pubblicazione pretesamente distorcente del People.

Che esista un diritto alla privacy sulla lettera è esaminato a accertato ai §§ 64-95 <<Stage one: reasonable expectation of privacy>>).

Punto interessante è quello per chui è irrilevante l’inclinazione del padre (destinatario della missiva) a violare la privacy altrui: <<But even assuming the facts to be as pleaded, they are not capable of defeating the claimant’s case that, objectively speaking, she had a right to expect her father to keep the contents of the Letter private. A person’s rights against another are not defeated by the prospect that those rights may be ignored or violated. A high level of risk-taking might be capable of affecting the assessment of damages, but does not excuse an intrusion into privacy: see Mosley v News Group Newspapers Ltd [2008] EWHC 1777 (QB) [2008] EMLR 20 [225-226] (Eady J).>>, § 78.

Affermazione importante e condivisibile.

Al § 86 (e § 98) l’affermzione (scontata) per cui la pubblicizzazione di alcuni aspetti della propria vita non autorizza i terzi a pubblicizzarne altri: il controllo riamane in toto in capo all’interessato.

Lo stage 2 , § 96 ss, esamina il bilanciamento con la liberà di espressione, tra cui quella di correggere false impressioni nel pubblico (punto centrale: § 104).

La risposta è negativa nel caso de quo: la pretesa correzione tramite la pubblicazione di quasi metà lettera di un eventuale errore di minima entità  è sproporzionata (§ 120)

La conclusione è dunque questa:

<<The claimant [cioè MM] had a reasonable expectation that the contents of the Letter would remain private. The Mail Articles interfered with that reasonable expectation. The only tenable justification for any such interference was to correct some inaccuracies about the Letter contained in the People Article. On an objective review of the Articles in the light of the surrounding circumstances, the inescapable conclusion is that, save to the very limited extent I have identified, the disclosures made were not a necessary or proportionate means of serving that purpose. For the most part they did not serve that purpose at all. Taken as a whole the disclosures were manifestly excessive and hence unlawful. There is no prospect that a different judgment would be reached after a trial. The interference with freedom of expression which those conclusions represent is a necessary and proportionate means of pursuing the legitimate aim of protecting the claimant’s privacy.>>, § 128.

COPYRIGHT

Sul copyright la quesrtione più interssante è l’eccezione di carenza di legittimazione attiva, dato che la lettera sarebbe stata scritta non da MM (o da lei sola) ma da quattro membri dell’Ufficio segretariale di  Kensington Palace Communications Team, (the “Palace Four”), in realtà poi da uno solo d iquesti, Mr. Knauf.

Resta invece assodato che ricorra la originnalità, § 139-149, ove riepilogo delle principali teorie e dei principali precedenti anche europei (si noti che le allegazioni processuali distinguono tra la lettera realmente inviata e una sua previa Electronic Draft, che  è quella in realtà azionata in causa, § 136)..

Pure la violazione del copyright è accertata, vista la copiatura di 585 parole su 1250 ( § 150).

Sono respinti due motivi di legittimuità della pubblicazione (fair dealing in news reporting, data la concorenza all’eventuale sfruttamento del diritto di autore da parte di MM, e  un altro, § 152-158).

Infine la titolarità, § 159 ss

Che dei quattro ve ne sia uno che collaborò, Mr Knauf, pare probabile (§ 135-138), anche se non in solitaria ma semmai come coautore.

Ma su questo proseguirà il processo, § 169-170.

Commento sostanzialmente favorevole da parte dell’ex direttore del Guardian, Alan Rusbridger, in It will come as a surprise to some, but even Meghan has a right to her privacy del 14.02.2021.

Copiare post di una community da un social ad un altro , per evitare di sottostare a condizioni d’uso non gradite: è lecito sotto il profilo copyright?

Un gestore/moderatore di una pagina , relativa ad una comunità locale, su un social (LiveJournal) non accetta che il social cambi le condizioni d’uso per adeguarle al diritto russo . Per questo si sposta su altro social (Dreamwith).

Un follower, però, gli fa causa, dicendo che tale riproduzione viola il copyright sui suoi post.

La corte distrettuale del Massachusetts nega che vi sia violazione, affermando il ricorrere del fair use (17 US COde § 107): si tratta di US D.C. of Mass., 21.01.2021, Monsarrat c. Newman, civ. act. n. 20-10810-RGS (sub Discussion.a, p. 3 ss). Sopratutto perchè è rispettato il criterio più imporante dei quatro (l’ultimo, quello relativo all’effetto economico-concorrenziale, pp. 7/8.

Sul fair use v. lo studio “quantitativo” della giurisprudenza 1978-2019 in <<An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions Updated, 1978-2019>>, di Barton Beebe, NEW YORK UNIVERSITY JOURNAL OF INTELLECTUAL PROPERTY & ENTERTAINMENT LAW, vol.10/1, 2020 .

Viene anche proposta una domanda ex diffamazione , a causa della ripubblicazione di vecchi messaggi diffamatori (parrebbe, non è chiarissimo; sub Discussion.b, p. 8 ss.; il republishing è citato a p. 10). Pertanto il moderatore con ciò sarebbe divenuto <publisher>, non più mero <host> di informazioni altrui : in breve, l’informazione sarebbe propria (anche) del moderatore, invece che (solo) di chi a suo tempo la caricò.

Il moderatore covneuto invoca tuttavia il § 230 CDA.

La Corte accoglie l’eccezione, non avcendo l’attore provato un coinvolgimento del moderatore nella produzione della notizia diffamatoria, p. 10-11.

La decisione è interessante: amplia assai il concetto di <internet service provider> , che in tali termini potrà probabilmente essere usato anche nel diritto nazionale ed euroipeo.

(notizia e link alla sentenza dal blog di Eric Goldman)

Risarcimento del danno e violazione di software: interessante caso di “colosso” che copia il concorrente “piccolo”

Altro passo in avanti verso la definizione del rapporto processuale  nella lite Facebook c. Business Competence circa il software <<Faround>> (il primo: Fb; il secondo: Bc).

Mentre ancora pende (in Cassazione) l’impugnazione sulla sentenza non definitiva circa l’an della violazione (dopo due gradi di merito sfavorevoli a Fb), viene definita in appello la sentenza definitiva sul risarcimento del danno. Si tratta di Appello Milano 5 gennaio 2021 n. 9/2021, RG 3878/2019.

E’ appellante Bc poiché aveva ottenuto in primo grado un risarcimento di €350.000,00 capitali , ritenuto molto riduttivo. Csì stimò il tribunale sia per la fase iniziale di sviluppo software in cui si trovava Bc, sia perché il prodotto contraffattore di Facebook (Nearby) veniva concesso a titolo gratuito e quindi non era possibile valutare i benefici economici per Facebook stesso (nella sentenza d’appello è riportato il passaggio motivatorio centrali di quella di primo grado, v.  sub 4).

Trattandosi di sentenza sulla liquidazione del danno, la parte centrale e più interessante dell’iter motivatorio riguarda i metodi di liquidazione: è la questione tre. Vale la pena riproporre i passaggi dei CTU a cui la Corte aderisce:

<<il pregiudizio economico subito da parte attrice per effetto delle condotte illecite delle convenute ricomprende sia i danni correlati allo svilimento di valore dell’intangibile (Faround), sia i mancati guadagni relativi al periodo 2013-2016;

. sulla base dei dati disponibili (Investor Memorandum), è congruo, per la valutazione dei suddetti valori, l’utilizzo di un income approach, attraverso il metodo dell’attualizzazione delle royalties presunte con valore terminale a capitalizzazione perpetua;

. il metodo reddituale delle c.d. “royalties presunte”, che il titolare di un’app avrebbe richiesto per autorizzare dei terzi allo sfruttamento della stessa (detto anche metodo del “prezzo di consenso”) è, infatti, particolarmente indicato laddove si voglia arrivare alla determinazione di un valore di scambio della risorsa immateriale; il presumibile valore di mercato di una risorsa immateriale è pertanto stimabile come somma delle royalties presunte (che l’impresa licenziataria pagherebbe, se la risorsa immateriale non fosse di sua proprietà), attualizzate, in un orizzonte temporale tendenzialmente di 3-5 anni, oltre a un terminal value;

. questa metodologia di stima di un intangibile, ampiamente riconosciuta dalla prassi professionale e dalla dottrina, nel caso di specie consente di limitare i profili di incertezza insiti nella valutazione, in quanto non considera i costi previsti nel suddetto Investor Memorandum (come nel caso dei metodi finanziari o reddituali) o altri parametri non facilmente verificabili (come nel caso di metodi empirici basati sugli utenti giornalieri);

. per la determinazione della royalty equitativa è congrua una percentuale del 5% dei ricavi, percentuale che si colloca nei dintorni del limite superiore della royalty proposta da Facebook ed è sensibilmente inferiore a quanto indicato da Business Competence, con il richiamo alla c.d. regola del 25%, tenuto conto che anche la Circ. Min. del 22.9.1980, n. 32 (“Prezzo di trasferimento e valore normale nella determinazione dei redditi di imprese assoggettate a controllo estero”), in attuazione dei principi generali, da ultimo rivisti dall’OCSE nel luglio 2010, indica, come canoni congrui, percentuali fino al 5% del fatturato.>>

Sulla base di ciò , la stima del danno proposta dai CTU è articolata. A fronte di un minimo e un massimo, propongono una soluzione intermedia:

<<. l’ipotesi A), formulata sulla base dei ricavi, indicati da Business Competence nell’ipotesi più conservativa (c.d. “seconda stima”), portava alla individuazione del valore complessivo di € 18.805.000;

. l’ipotesi B), formulata sulla base dei correttivi, proposti a titolo esemplificativo dai C.T.P. di Facebook secondo “ipotesi ottimistiche”, ai ricavi indicati da parte attrice, portava all’individuazione del valore complessivo di € 1.614.000.

I CTU hanno evidenziato che l’intervallo considerato tra l’ipotesi massima A) e quella minima B) era ampio e ogni valore contenuto al suo interno poteva essere preso in considerazione per la stima del danno, graduando diversamente i parametri relativi ai ricavi; pertanto hanno ritenuto equo formulare l’ulteriore ipotesi C), ricompresa nel predetto intervallo, che portava all’individuazione del valore di € 3.831.000, avendo positivamente valutata l’attendibilità dei dati previsionali proposti da Business Competence, ancorché considerata con l’applicazione di scenari particolarmente conservativi, che tenevano conto di un profilo di rischio adeguato al caso di specie e della sostenibilità del modello di business, ed evidenziando che le rettifiche prudenziali adottate, che avevano fortemente ridotto il petitum di parte attrice, trovavano la loro ragione d’essere in un insieme di elementi e concause, in cui rilevava, in senso lato, anche la giovane età di Faround e il suo modello di business promettente, ma ancora in fieri.

Infatti, a parere dei CTU, in questa fase – in buona parte, peraltro, da ritenersi successiva a quella che nelle start up viene definita “valle della morte” – la trasformazione dell’idea in applicazione commerciale era già cominciata, ma non ancora consolidata attraverso una stabilità dei flussi reddituali/finanziari e quindi soggetta ad un rischio, che, anche in prospettiva, rimaneva elevato>>

La Corte aderisce alla soluzione intermedia.

E’ poi molto interessante esaminare le tre obiezioni di Fb e la replica della Corte. Ecco quanto eccepisce Fb:

<<1) I CTU hanno fondato la propria valutazione del lucro cessante su di un documento, l’Investor Memorandum, di provenienza di parte (essendo stato redatto da Business Competence) e quindi, come tale del tutto inattendibile.

2) I CTU hanno utilizzato per la determinazione dei ricavi presumibili, delle royalty richiedibili e del terminal value, dati e criteri ipotetici e del tutto irrealistici.

3) I CTU hanno errato nel ritenere che l’app Faround avrebbe avuto una vita utile, cioè produttiva di vantaggi economici, di durata indeterminata, circostanza che risulterebbe smentita:

. dal fatto che, se avessero considerato la struttura del mercato, i CTU avrebbero agevolmente concluso che Faround non poteva avere alcuna vita utile o che avrebbe avuto, al più, una vita utile molto ridotta, pari al massimo a qualche mese;

. dal fatto che, a partire da settembre 2016, dopo l’emanazione della sentenza non definitiva, Business Competence avrebbe potuto riavviare il progetto Faround e rendere l’app profittevole, ma non lo ha fatto, sebbene la “concorrente” di Faround, cioè Nearby Places, non fosse più attiva;

. dal fatto che eventuali e potenziali clienti non avrebbero avuto alcuna ragione per pagare per l’utilizzo di Faround, quando vi erano sul mercato altre e ben più consolidate realtà, come Yelp, che offrivano sostanzialmente lo stesso servizio gratuitamente.>>

Sarebbe istruttivo analizzarle partitamente, cosa qui non possibile. Vediamo solo la 1, cui la Corte così replica:

<<1) In ordine all’obiezione sub. 1), già formulata nelle osservazioni alla relazione preliminare della consulenza, la Corte ritiene condivisibile quanto evidenziato nella CTU: “In assenza di altri dati (che ben avrebbero potuto essere forniti dai convenuti, dotati di strutture organizzative intrinsecamente orientate alla raccolta e gestione capillare di dati sugli utenti, che per Facebook costituiscono l’essenza del vantaggio competitivo aziendale), la stima del pregiudizio economico subito dall’attore si è basata sull’Investor Memorandum di Business Competence; come già evidenziato infra nel par. 8.3., ‘l’attendibilità dei dati previsionali proposti da parte attrice è stata positivamente valutata (…) ancorché considerata con l’applicazione di scenari particolarmente conservativi, che tengano conto di un profilo di rischio adeguato al caso di specie e della sostenibilità del modello di business. Le rettifiche prudenziali adottate, che hanno fortemente ridotto il petitum di parte attrice, trovano la loro ragione d’essere in un insieme di elementi e concause in cui rileva, in senso lato, anche la giovane età di Faround e il suo modello di business promettente ma ancora in fieri’.

La stima dei ricavi può, in assenza di ulteriori elementi, essere basata su scenari probabilistici, che i C.T.U. ritengono nel caso di specie verosimili. Si noti come i convenuti rappresentino una delle più note società a livello mondiale per la produzione ed elaborazione di big data che, nel caso di specie (si vedano i due affidavit) solo in minima parte sono risultati ancora disponibili. Quanto alla lamentata assenza di dati storici, si rileva che essa non è certo imputabile a parte attrice, né che essa sia necessaria per confortare ipotesi, che comunque mantengono la loro validità e che sono tipiche di start up. Contrariamente a quanto affermato, l’Investor Memorandum è stato verificato da un soggetto terzo indipendente (i sottoscritti C.T.U.), che ha formulato numerosi rilievi critici, pervenendo a soluzioni, in termini di stima del quantum, ben diverse e assai più conservative rispetto a quelle prospettate dagli attori.”

Alla chiarezza e correttezza degli argomenti sopra riportati, la Corte ritiene solo di aggiungere che:

. la valutazione dell’entità di un mancato guadagno di una parte non può che fondarsi su una previsione in ordine a ciò che sarebbe ragionevolmente potuto accadere, qualora non fosse intervenuto il fatto illecito della controparte, che ha impedito il successivo concretizzarsi dell’attività progettata;

. nel caso in cui si tratti di valutare il ritorno economico, ragionevolmente prevedibile, derivante dall’attuazione di un progetto innovativo, è pertanto indispensabile assumere come dato di partenza, da sottoporre ad esame, proprio la previsione di ricavo formulata dal soggetto nel momento in cui intraprende l’esecuzione del progetto ipotizzato;

. nella fattispecie in esame, come evidenziato dai CTU, Facebook (rifugiandosi nell’inverosimile dichiarazione di conservare solo per 90 giorni, e quindi di non averne più la disponibilità nel momento in cui le sono stati richiesti, i dati inerenti la sua attività, cioè proprio quei dati da cui trae tutti i suoi ricavi aziendali) ha fatto del tutto mancare la sua collaborazione nel fornire dati che avrebbero potuto rivelarsi utili per valutare la correttezza delle previsioni di ritorno economico formulate da Business Competence, ad esempio anche solo comunicando se e in che misura fossero eventualmente aumentati (ovviamente fornendo i dati relativi e non limitandosi ad affermazioni unilateralmente definiteinconfutabili) i suoi utenti e/o i suoi inserzionisti in seguito all’introduzione della funzionalità Nearby, che come accertato, forniva le medesima utilità, che era previsto sarebbero state fornite da Faround;

. ciò che rileva, in ogni caso, è il fatto che, come accaduto nella fattispecie in esame, la previsione di ritorno economico, formulata dal soggetto interessato, sia sottoposta alla valutazione di un soggetto tecnicamente competente e terzo indipendente rispetto alle parti interessate.>>

In  conclusione, arriviamo alla liquidazione del danno nel dispositivo: <<Condanna Facebook Inc., Facebook Ireland Ltd. e Facebook Italy s.r.l. a pagare, a titolo di risarcimento del danno, in solido tra loro, a Business Competence s.r.l. la somma di € 3.831.000, con interessi legali dal 17.9.2019 (data della sentenza impugnata) al saldo>> (oltre il decuplo della liquidazione di primo grato)..

(liquidazione spese per il giduzio di appello non particolarmente alta: euro 29.792 oltre spese generali 15% e accessori di legge).

Ancora su IP e Intelligenza Artificiale

Nuovo documento sul rapporto tra IP e Artificial Intelligence (poi: AI).

E’ lo studio  edito da The Joint Institute for Innovation Policy (Brussels) e da IViR – University of Amsterdam , autori Christian HARTMANN e Jacqueline E. M. ALLAN nonchè rispettivamente P. Bernt HUGENHOLTZ-João P. QUINTAIS-Daniel GERVAIS, titolato <<Trends and Developments in Artificial Intelligence Challenges to the Intellectual Property Rights Framework, Final report>>, settembre 2020.

Lo studio si occupa in particolare di brevetti inventivi e diritto di autore.

V.  la sintesi e le recommendations per diritto diautore sub § 5.1, po. 116 ss :

  • Current EU copyright rules are generally sufficiently flexible to deal with the challenges posed by AI-assisted outputs.
  • The absence of (fully) harmonised rules of authorship and copyright ownership has led to divergent solutions in national law of distinct Member States in respect of AI-assisted works, which might justify a harmonisation initiative.
  • Further research into the risks of false authorship attributions by publishers of “work-like” but “authorless” AI productions, seen in the light of the general authorship presumption in art. 5 of the Enforcement Directive, should be considered.
  • Related rights regimes in the EU potentially extend to “authorless” AI productions in a variety of sectors: audio recording, broadcasting, audivisual recording, and news. In addition, the sui generis database right may offer protection to AI-assisted databases that are the result of substantial investment.
  • The creation/obtaining distinction in the sui generis right is a cause of legal uncertainty regarding the status of machine-generated data that could justify revision or clarification of the EU Database Directive.
  • Further study on the role of alternative IP regimes to protect AI-assisted outputs, such as trade secret protection, unfair competition and contract law, should be encouraged.

Si vedano poi quelle per il diritto brevettuale: sub 5.2, p. 118 ss:

  • The EPC is currently suitable to address the challenges posed by AI technologies in the context of AI-assisted inventions or outputs.
  • While the increasing use of AI systems for inventive purposes does not require material changes to the core concepts of patent law, the emergence of AI may have practical consequences for national Intellectual Property Offices (IPOs) and the EPO. Also, certain rules may in specific cases be difficult to apply to AI-assisted outputs and, where that is the case, it may be justified to make minor adjustments.
  • In the context of assessing novelty, IPOs and the EPO should consider investing in maintaining a level of technical capability that matches the technology available to sophisticated patent applicants.
  • In the context of assessing the inventive step, it may be advisable to update the EPO examination guidelines to adjust the definition of the POSITA and secondary indicia so as to track developments in AI-assisted inventions or outputs.
  • In the context of assessing sufficiency of disclosure, it would be useful to study the feasibility and usefulness of a deposit system (or similar legal mechanism) for AI algorithms and/or training data and models that would require applicants in appropriate cases to provide information that is relevant to meet this legal requirement, while including safeguards to protect applicants’ confidential information to the extent it is required under EU or international rules [forse il punto più interessante in assoluto!]
  • For the remaining potential challenges identified in this report arising out of AI-assisted inventions or outputs, it may be good policy to wait for cases to emerge to identify actual issues that require a regulatory response, if any.

Copyright, fair use e riproduzione di post contenente fotografia protetta

Un’editore di notizie sportive, che in un articolo riproduce un post su Instagram della tennista Caroline Wozniacki , annunciante il suo ritiro e contenente una fotografia che la rappresenta, viola il copyright sulla foto o invece costituisce fair use?

E’ giusta : costituisce fair use, secondo la U.S. D.C. Easter Distric di N.Y,, 02.11.2020, M. Barrett Boesen c. United Sports Publications, n°20-CV-1552 (ARR) (SIL) .

Ne ricorrono i requisiti:

  1. non è  pedissequa riproduzione ma tranformative use, Discusssion I.A;
  2. la natura dell’opera, informativa e creativa, induce a tanto, ivi, sub B;
  3. quantità della riprduzione: l’editore si è limitato a riprodurre tutto il post, che a sua volta tagliava la foto originale, ivi sub C;
  4. non cè concorrenza tra l’uso censurato e quello che può fare l’autore, ivi sub D.

La domanda del fotografo danese Boesen, dunque,. va rigettata.

L’articolo incriminato dovrebbe essere questo .

La disposizione sul fair use è il § 107 del titolo 17 del US Code.

Produzione documentale in giudizio e comunicazione al pubblico: un interessante dubbio di diritto di autore

Avevo già segnalato con mio post 12.10.2020 le conclusioni 03.09.2020 dell’AG  in questa lite avanti la Corte di Giustizia (CG) .

La questione è se costituisca <comuncazione al pubblico> ex art. 3 dir. 2001/29 la produzione in giudizio (via email) di un documento riproducente opera dell’ingegno (fotografia, tra l’altro scaricata dal sito di controparte).

Ora è stata pronunciata la sentenza della CG, 28.10.2020, C-637/19,  BY c. CX.

La Corte, come già l’AG, nega che ricorra comunicazione al pubblico. O meglio, ricorre certamente un atto di comunicazione, ma non diretto <al pubblico>.

Per la CG infatti con tale ultimo concetto si vuole <rendere un’opera percepibile in modo adeguato dalla gente in generale, vale a dire senza limitazioni ad individui specifici appartenenti ad un gruppo privato (sentenze del 15 marzo 2012, SCF, C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 85, e del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 42)>, § 27.  E nel caso specifico ricorre <una comunicazione …  rivolta ad un gruppo chiaramente definito e limitato di persone che esercitano le loro funzioni nell’interesse pubblico, in seno ad un organo giurisdizionale e non ad un numero indeterminato di destinatari potenziali>, § 28.

Pertanto, tale comunicazione è da ritenersi effettuata <non ad un gruppo di persone in generale, bensì a professionisti individuali e determinati. In tal contesto, si deve considerare che la trasmissione per via elettronica di un’opera protetta ad un organo giurisdizionale, come elemento di prova nell’ambito di un procedimento giudiziario tra privati, non può essere qualificata come «comunicazione al pubblico», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 (v., per analogia, sentenza del 19 novembre 2015, SBS Belgium, C‑325/14, EU:C:2015:764, punti 23 e 24)>, § 29.

A nulla osta -precisazione non secondaria- che in Svezia sia previsto l’accesso civico (cioè da parte del quisque del populo) ai documenti di causa. La soluzione non cambia poichè <tale accesso viene concesso non dall’utilizzatore che ha trasmesso l’opera all’organo giurisdizionale, ma da quest’ultima ai singoli che ne fanno domanda, in forza di un obbligo e secondo un procedimento previsti dal diritto nazionale, relativo all’accesso ai documenti pubblici, sulle cui disposizioni la direttiva 2001/29 non ha alcuna incidenza, come espressamente previsto dal suo articolo 9>, § 30.

La tutela d’autore infatti non è assoluta ma va contemperata con diritto confliggenti, come quello di difesa in giudizio (art. 47 Carta di Nizza: ad un ricorso effettivo), § 32.    Considerazione però non coordinata con le precedenti, le quali bastano da sole alla decisione della lite nel senso indicato. In altre parole, la mancanza del <pubblico> e la tutela del diritto di difesa sono due rationes distinte di decisione della lite.

Diritto di autore su fotografie realizzate “amatorialmente” per organizzazione non profit

La Corte distrettuale della Pennsylvania (Hubay, Losieniecki e altri c. Mendez, Heal e MSTM, 13.11.2020, Case 2:19-cv-01327-NR) , decide il seguente caso.

Un gruppo di membri dell’assocazine non profit Military Sexual Trauma Movement (MSTM; associazione di ex militari che affronta il problema delle violenze sessuali nell’esercito) fa una gita a Washington nel settembre 2019 per conoscersi di persona dopo contatti sui social.

Qui il sig. Losieniecki (poi <L.>) , marito di una delle associate, si incarica di fare delle fotografie al gruppo.

Capita però che l’organizzatrice , modificando il programma, volle anche andare a manifestfare davanti alla casa del  <Commandant of the United States Marine Corps>. Alcuni associati tuttavia non sono d’accordo , temendo ritorsioni, e le intimano di non pubblicare loro fotografie o dati che possano renderle riconoscibili.

Ciò nonostante 26 fotografie scattate da L. vengono ugualmente pubblicate da MSTM ed anzi registrate per copyryght allo US copyright Office. Analoga registrazione viene chiesta e ottenuta pure da L.

L. (con altri), allora, agisce a vario titolo contro MTSM e o dirigenti , tra cui il in base alla causa petendi del copyright sulle foto.

MTSM eccepisce  su questo ultimo punto che i diritti sono stati acquisiti dalla  MTSM , avendo L. fatto foto per la stessa: invocando cjoè la fattispecie del work made for hire (contratto di opera o lavoro subordinato).

La Corte accoglie la domanda di L. e altri.

Intanto è indiscusso che L. sia l’autore e per questo c’è una presunzione di sua titolarità-

Poi,  non ci sono i requisiti del work made for hire: <<a “work for hire” is “either (1) a work created by an employee within the scope of his employment, or (2) a ‘specially ordered or commissioned’ work if it falls within nine enumerated categories of works and the parties agree in writing to designate it as a work for hire.” >>, p. 16 (la disposizione di riferimento è la § 101 of the Copyright Act (title 17 of the U.S. Code).

Dice la corte che L.:

1° non era <hired party> (v. CONCLUSIONS OF LAW / ANALYSIS sub I, 17 ss) ; e comunque che

2° non era <employee> in base alla disposizione stessa (v. CONCLUSIONS OF LAW / ANALYSIS sub II, p. 21 ss) ma semmai un mero independent unpaid contractor. La Corte conclude così soppesando 13 fattori alla luce del precedente della Corte Suprema  Cmty. for Creative Non-Violence v. Reid, 490 U.S. 730, 737 (1989).

Pertanto, <<weighing these considerations in a holistic manner, the Court finds that, on balance, they weigh against finding that Mr. Losieniecki was an employee. Indeed, to the extent Mr. Losieniecki’s volunteer status could be analogized to an employment relationship at all, it would be that of a “non-agent independent contractor” (albeit without a contract), hired “to perform a particular, discrete task.” … Ultimately, nothing about Mr. Losieniecki’s relationship with MSTM approximates that of a traditional employee>>.

Dalle circostanze di fatto esposte (in dettaglio) dal giudice,  la soluzione sarebbe probabilmente stata uguale nel nostro ordinamento: ove manca sì una norma generale, ma ci sono diversi indizi particolari (artt. 12 bis, 88 e 98 l. aut. nonchè art. 64 cod. propr. ind.).

(notizia della sentenza e link alla stessa presi dal blog di Eric Goldman)