Protezione d’autore ex art. 2 n. 10 degli stivali da neve Moon Boot

Il Trib. Milano con sent. 493/2021 del 25.01.2021, RG 30937/2018, conferma la protezione d’autore come opera di design ex art. 2 n. 10 dello stivale da neve Moon Boot della Tecnica Group spa, già affermata nel 2016.

Il punto significativo è naturalmente spt. il concetto di <valore artistico>

A tale proposito, osserva il collegio riprendendo passaggi dalla sua sentenza del 2016 , <non potendo il giudice arrogarsi il compito di stabilire l’esistenza o meno in una determinata opera di un valore artistico – occore rilevare nella maniera più oggettiva possibile la percezione che di una determinata opera del design possa essersi consolidata nella collettività ed in particolare negli ambienti culturali in senso lato, estranei cioè ai soggetti più immediatamente coinvolti nella produzione e commercializzazione per un verso e nell’acquisto di un bene economico dall’altro. In tale prospettiva ha ritenuto questo Tribunale di dare rilievo – al fine di riconoscere una positiva significatività della qualità artistica di un’opera del design – al diffuso riconoscimento che più istituzioni culturali abbiano espresso in favore dell’appartenenza di essa ad un ambito di espressività che trae fondamento e che costituisce espressione di tendenze ed influenze di movimenti artistici o comunque della capacità dell’autore di interpretare lo spirito dell’epoca, anche al di là delle sue intenzioni e della sua stessa consapevolezza, posto che l’opera a contenuto artistico assume valore di per sé e per effetto delle capacità rappresentative e comunicative che essa possiede e che ad essa vengono riconosciute da un ambito di soggetti più ampio del solo consumatore di quello specifico oggetto.
In tale contesto il giudice dunque non attribuisce all’opera del design un “valore artistico” ex post in quanto acquisito a distanza di tempo, bensì ne valuta la sussistenza con un procedimento che in qualche modo richiede un apprezzamento che contestualizzi l’opera nel momento storico e culturale in cui è stata creata, di cui assurge in qualche modo a valore iconico, che può richiedere (come per tutti i fenomeni artistici) una qualche sedimentazione critica e culturale.>, p. 17.

Vi aggiunge alcuni successivi riconoscimenti artistici, p. 18-19.

Irrilevante è la preesistenza di altri modelli: <Né particolare rilievo sembrano assumere – al fine di sostenere una pretesa mancanza di novità dei Moon Boots – le pretese anteriorità costituite dalle calzature utilizzate dagli astronauti nella missione Apollo, cui il modello dell’attrice traeva diretto ed esplicito spunto ma dando luogo ad una del tutto autonoma e diversa autonomia di forme avente indubbio carattere creativo, o di altri modelli di calzature da neve per le quali tuttavia non è stata fornito alcun elemento in base al quale poter confermare la loro preesistenza rispetto all’immissione in commercio dei Moon Boots originali.> p. 19.

Sulla elaborazione creativa, diversa dalla contrraffazione: <l’elaborazione creativa si differenzia dalla contraffazione, in quanto mentre quest’ultima consiste nella sostanziale riproduzione dell’opera originale, con differenze di mero dettaglio che sono frutto non di un apporto creativo ma del mascheramento della contraffazione, la prima si caratterizza per un’elaborazione dell’opera originale con un riconoscibile apporto creativo. Ciò che rileva, pertanto, non è la possibilità di confusione tra due opere, alla stregua del giudizio d’impressione utilizzato in tema di segni distintivi dell’impresa, ma la riproduzione illecita di un’opera da parte dell’altra, ancorché camuffata in modo tale da non rendere immediatamente riconoscibile l’opera originaria (così Cass. 9854/12)…Al di là dell’inconferenza alla tematica del plagio/contraffazione di un’opera del design tutelata dal diritto d’autore della presenza di un marchio sul prodotto, la pretesa autonomia creativa si ridurrebbe di fatto all’estrosità conferita ai modelli dall’uso del glitter.     Ritiene il Collegio che tale profilo sia del tutto inessenziale a conferire l’autonomia ed originalità creativa necessaria per conferire al modello “glitterato” dignità di opera autonoma, tenuto presente l’assoluta identità delle forme della calzatura – come si rileva facilmente dal confronto tra le immagini innanzi riportate – con il Moon Boots originale>, p. 21/2.

Afferma anche la violazione di un obbligo contrattuale di non contestzione, il cui danno è però risarcito dalla pronuncia sulle spese, p. 24.

Non c’è spazio per autonomo danno da concorrenza sleale, che non ha autonomia rispetto alla violazione di autore, p. 24.

Sul profilo soggettivo: <Quanto all’illecito consistito nella lesione dei diritti di utilizzazione economica del design dei Moon Boots esistenti in capo a TECNICA GROUP s.p.a., deve confermarsi l’orientamento costante della giurisprudenza in ordine al fatto che nei confronti di tale titolare ogni soggetto che abbia partecipato alla filiera produttiva e distributiva del prodotto contraffatto debba risponderne in via solidale con gli altri appartenenti a tale filiera, avendo essi posto in essere un contributo causale comunque rilevante ai fni della consumazione dell’illecito (v. in tal senso Tribunale Milano 25.1.2006).>, p. 25.

Segue elenco dettagliato delle condotte addebitabili a ciascuno dei convenuti che giustifica la corresponsabilità

Riproduzione elaborata della fotografia di Prince da parte di Andy Wharol: contraffazione e/o fair use (transformative o derivative use)?

La nota riproduzione del ritratto di Prince da parte di Wharol (poi: W.) è oggetto di lite giudiziaria negli Stati Uniti.

Il lavoro di W. si basò su iniziale scatto della nota fotografa Lynn Goldsmith (G.), “specializzata in celebrità”. La quale l’aveva licenziata a Vanity Fair “for an use as artist reference” (cioè affinchè un artista possa “create a work of art based on [the] image reference”p .7/8).

Solo che detto artista fu … Wharol , il quale poi non si limitò al lavoro per Vanity Fair, ma produsse pure le famose Prince Series, consistenti in altri 15 lavori su tela e carta, p. 9.

La corte di appello del secondo circuito con sentenza 26 marzo 2021, Docket No. 19-2420-cv, A. Wharol Foundation c. Goldsmith,  riforma la sentenza di primo grado 01.07.2019 (p. 12), che aveva concesso senza esitazioni il fair use, e decide in senso opposto. (si vedano la fotografia iniziale e la prima riproduzione di W. per Vanity Fair nella sentenza).

Nessuno dei quattro fattori menzioanti dalla morma sul fair use (17 U.S. Code § 107), infatti, avvantaggia la Fondazione W.: al contrario, tutti avvantaggiano la fotografa G.a.

Particolarmente dettgliato è l’esame del primo fattore, a sua volta articolato nell’alternativa transformative/derivative work (il secondo non è prodotto da fair use, al pari delle nostre opere derivate) , p.16 ss, e nel requisito del commercial use, p. 33 ss.

Sul primo punto ricordo solo che per la corte l’uso trasformativo c’è , se è tale per  fruitori e cioè se viene così precepito, non se è tale per l’artista (o nelle sue intenzioni), p. 26/7: il che parrebbe per vero un’ovvietà.

In breve ,<<the Prince Series retains the essential elements of its source material, and Warhol’s modifications serve chiefly to magnify some elements of that material and minimize others. While the cumulative effect of those alterations may change the Goldsmith Photograph in ways that give a different impression of its subject, the Goldsmith Photograph remains the recognizable foundation upon which the Prince Series is built>>, p. 31.

Seguono poi gli altri punti:

B. The Nature of the Copyrighted Work, p. 35 ss;

C. The Amount and Substantiality of the Use, p. 37 ss;

D. The Effect of the Use on the Market for the Original, p. 44 ss.

In conclusione , la corte esamina anche la questione (logicamente a monte) del se l’opera di W. sia substantially similar allo scatto di G. (p, 51 ss): e naturalmente risponde di si, p. 55

vedi Commento in artnet.com .

Mission impossible: può una riproduzione tale quale di fotografia costituire fair use?

la risposta è negativa, per lo meno nel caso de quo, per la US D.C. del western district del Texas-s. antonio division 24 marzo 2021, , SA-20-CV-00360-XR, Von der Au c. Imber.

Un fotografo si accorge che un suo scatto è riprodotto tale quale in un sito “educational” da parte  di architetti.

Li cita ma questi si difendono con l’eccezione di fair use (17 U.S. Code § 107 – Limitations on exclusive rights: Fair use).

Dapprima il giudice ricorda il criterio per giudicare se due opere siano substanially similar: <<Determining whether two works are substantially similar usually requires a sidebyside comparison to identify whether the protected elements and elements in the allegedly infringing work are so alike that a layperson would view the two works as substantially similar. But such an element-by-element comparison is unnecessary when the allegedly infringing work extensively copies the protected material verbatim, such that protected elements of the original work are necessarily incorporated into the latter work.>>.

Ma nel caso specifico sono identiche: no problem!

Poi, quanto al fair use, per legge bisogna considerare: <<(1) the purpose and character of the use, including whether such use is of a commercial nature or is for nonprofit educational purposes; (2) the nature of the copyrighted work; (3) the amount and substantiality of the portion used in relation to the copyrighted work as a whole; and (4) the effect of the use upon the potential market for or value of the copyrighted work.>>

Tutti i fattori sono sfavorevoli al convenuto.

Circ il n.1, il fatto che la pubblicaione sia avvenuta su sito non profit, non toglie che il fattore sia sfavorevole, visto che deve in qualche modo essere un uso “transformative”. La corte dice che ciò  èfuori centro: ciò che conta è il profilo commerciale. Precisament: <<The parties miss the issue. The Supreme Court has noted that “[t]he crux of the profit/nonprofit distinction is not whether the sole motive of the use is monetary gain but whether the user stands to profit from exploitation of the copyrighted material without paying the customary price.” Harper & Row, Publishers, Inc. v. Nation Enters., 471 U.S. 539, 562 (1985). Here, Defendant asserts that the Website, www.michaelgimberblog.com, is intended to be used for educational purposes, while the Defendant promotes its architectural services at a separate website, www.michaelgimber.com. Imber Decl. ¶¶ 2, 4. Even though the Defendant did not produce the Photograph for individual sale or profit, it surely stood to profit indirectly from the publicity gained by publication of a blog that used the Photograph. That is, increased patronage of the blog is likely good for Defendant’s for-profit business, and the use of the Photograph is likely intended to increase web traffic to the blog. Such use is commercial in character. Accord Compaq Comput. Corp. v. Ergonome Inc., 387 F.3d 403, 409 (5th Cir. 2004). The first factor weighs against a finding of fair use.)>>

Circa il 4, l’effetto sul mercato potenziale è sicuro: sono uguali, tenendo conto poi che l’uso apparentemente non profit è in realtà profittevole (v. sub 1)

E ‘curioso che il prezzo di mercato per un uso licenziato di fotografia sia stimato in  900 dollari (p. 2). NOn  è poerò chiarito su quale tipo di siti, se a prescindere dal numero di visitatori  e per quanto tempo

(notizia e link alla sentenza dal blog di Eric Goldman)

Copyright su fotografia ed eccezione (rigettata) di fair use

Un fotografo professionale (Grecco, poi GR) si accorge che una sua fotografia di Lucy Lawless per il film <Xena: Warrior Princess> è presente in un post del blog https://filmcombatsyndicate.com , tenuto da L.B. Golden III (poi GO). E’ un sito di recensioni e curiosità cinematografiche, par di capire.

GR diffida GO dal proseguire con la messa on line e GO subito si scusa e rimuove.

Ciò nonostante, GR gli intima il pagamento dei danni e alloraa GO gioca di anticipo con un azione di accertamento negfativo, decisa da U.S. D.C. EASTERN DISTRICT OF NEW YORK 09.03.2021, caso n° 19-CV-3156 (NGG) (RER),  Golden III c. Grecco e altri.

La violazione del diritto è accertata, sub III.A.

Il nocciolo della lite è sul fair use, regolato dal 17 US Code § 107(1).

E’ valutato sfavorevolmnente per il convenuto il primo elemento (purpose and character of the use) sub B.1: non c’è alcun apporto personale. Nega poi l’invocabilità di un precedente relativo ad un libro di storia, poichè <<But Golden’s postwas not a work of history, scholarship, or criticism; it was news reporting about rumors regarding a television show’s revival. His blogpost did not transform the purpose of the material from promotion to historical artifact; it appropriated the image to illustrate the subject of his reporting.>>.

Lo stesso per il secondo elemento (nature of the copyrighted work). Qui la riproduzione è infatti vicinissima, anzi coincidente con il core of the intended copyright protection.

Uguale risutlato pure per il terzo elememnto (amount and substantiality of the portion used).

Manco a dirlo, ugual esito , infine, anche per il quarto  criterio (the effect of the use upon the potential market for or value of the copyrighted work). Qui il punto importante è che, sebbene l’attore non abbia in pratica ricavato nulla dalle licenze passate (per cui sarebbe illogico ravvisare effetti negativi a suo carico), lo scopo deterrente della norma deve portare comunque a rigettare l’eccezione: infatti potenzialmente un  danno concorrenziale c’era e ciò basta per azionare il criterio de quo a sfavore di GO.

si tratta del passggio più imporante della decisione. Precisamente dice la corte: <<Golden’s defense that Grecco likely did not lose money as a result of his infringement does not adequately address the broader policy concerns that the court must weigh. As the Supreme Court has stated with regard to an earlier version of the Copyright Act, “a rule of liability which merely takes away the profits from an infringement would offer little discouragement to infringers. It would fall short of an effective sanction for enforcement of the copyright policy.” F. W. Woolworth Co. v. Contemporary Arts, 344 U.S. 228, 233 (1952). As discussed below, the Copyright Act permits a copyright owner to elect to pursue statutory damages in excess of actual damages, even when actual damages are provable. See 17 U.S.C. § 504(c). The parties in this case dispute whether the damages should be 50 times or 190 times the total that Grecco has ever received in licensing fees for the Xena Photograph, should the court find infringement, exemplifying thatthe purpose of the Copyright Act’s remedial scheme goes beyond any individual copyright holder’s injury. 7 See, e.g. Fitzgerald Pub. Co. v. Baylor Pub. Co., 807 F.2d 1110, 1117 (2d Cir. 1986) (citing “deterrent effect” as a factor in “deciding upon the appropriate statutory damages award”). In sum, the statute and caselaw require the court to consider more than merely the effect of Golden’s infringement on Grecco. The court must also weigh the effect on the market in general to allow a fair use defense on the basis that the copyright holder was unlikely to have suffered actual damages based on the status of the market for the copyrighted material at issue. See Harper & Row, 471 U.S. at 568 (“[T]o negate fair use one need only show that if the challenged use ‘should become widespread, it would adversely affect the potential market for the copyrighted work.”‘) (quoting Sony Corp. of America v. Universal City Studios Inc., 464 U.S. 417, 451 (1984)); see also Blanch v. Koons, 467 F.3d 244, 258 (2d Cir. 2006) (“In considering the fourth factor, our concern is not whether the secondary use suppresses or even destroys the market for the original work or its potential derivatives, but whether the secondary use usurps the market of the original work.”). At bottom, Grecco was paid handsomely to produce the original photograph to promote the television show in 1997. He retained the copyright to that image so that he could license it, for a fee, for secondary use. That secondary market would be meaningless if entertainment websites could use the image without paying the licensing fee, even if few or no customers showed interest in the Xena Photograph by 2015. In light of those broader copyright policy concerns, the fourth factor favors Grecco and counsels against a finding of fair use>>.

Sono rigettate altre eccezioni , tra cui la <unclean hands> (malafede o abuso del diritto o illecito alla base della domanda), nonostate la corte ipotizzi che Grecco possa considerarsi un copyright troll, p. 14-15.

Interessante è poi la questione sugli statutory damages, da risolvere a seconda che GO fosse o no in buona fede (innocent infringer), p. 16-18.     Ebbene, per la corte l’assenza di previa diffida non  è di per sè garanzia di buona fede. Tuttavia GO non è innocent infringer , dato che dal contesto  apparive ovvio che egli sapesse del’uso comerciale della foto: come confermato dalla sua affermazine (poco scaltra, invero) per cui pensava si trattasse di foto <promotional>, p. 18. Di conseguenza GO è codnanato al minimo di legge per questo tipo di danni ex 17 US Code § 504(c)(1).

Giova invee a GO la sua pronta rimozione del post poichè così ha conseguito l’obiettivo di non subire la condanna alle spese legali attoree.

(notizia e link alla sentenza presi dal blog di Eric Goldman)

Riproducibilità dell’opera tramite “framing” (prohibente domino) e comunicazione al pubblico

la Corte di Giustizia con sentenza 09.03.2021, C-392/19, VG Bild-Kunst contro Stiftung Preußischer Kulturbesitz, si pronuncia sulla legittimità della riproduzione tramite framing di opera messa on line dal titolare, ma che intenda sottoporla (o a farla sottoporre da parte del licenziatario) a misure di protezione. In particolare sul se ciò costituisca comunicazione al pubblico (c.a.p.).

Tuttavia la questione viene esaminata solo incidentalmente, essendo strumentale alla soluzione di una questione ulteiore: se sia lecito il rifiuto di concedere licenza al potenziale licenziatario che si rifiuti di adottare le misure anti-framing pretese dal titolare (una collecting society).

Avevo già ricordato le analitiche conclusioni dell’AG Szpunar con mio post 20.09.2020.

La CG lo segue (come spesso ormai succede, però, con motivazione assai meno ricca), ma solo fino ad un certo punto: e cioè solo nella impostazione generale. Diverge invece sulla conclusione relativa alla fattispecie sub iudice, il framing.

La fattispecie concreta, dunque, dovrebbe essere la seguente. La SPK, fondazione che gestisce la Deutsche Digitale Bibliothek, dedicata alla cultura e al sapere tramite la messa in rete delle istituzioni culturali e scientifiche tedesche (con link alle opere ivi presenti e anticipazione online delle relative miniature),  aveva chiesto alla collegting VG Bild Kunst (poi: VG) licenza di riprodurre opere di terzi, gestite da VG. Questa però pretende l’impegno di SPK di adottare misure tecnologiche contro il framing.

Il punto allora è se sia lecito pretendere tale impegno.

La risposta, dipenderebbe, secondo il BGH tedesco, dalla ravvisabilità o meno di comuncazione al pubblico nel dare libero accesso come framing ad  un’opera, quando il titolare (la collecting) ha applicato o ha chiesto di applicare misure di protezione contro il framing stesso (§§ 16-17)

Questione pregiudiziale sollevata: «Se l’incorporazione, mediante framing, di un’opera disponibile su un sito Internet liberamente accessibile con il consenso del titolare del diritto sul sito Internet di un terzo costituisca una comunicazione al pubblico dell’opera, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, qualora ciò avvenga aggirando le misure di protezione contro il framing che il titolare del diritto ha adottato o ha fatto adottare», § 18.

La CG, ricordati  i soliti principi in tema di c.a.p. (§ 30 ss),  passa alla fattispecie concreta.

Dice che la riproduzione tramite framing, quando il titolare lo ha vietato con misure di protezione o vietandolo ai licenziatari, costituisce c.a.p., § 42-43: si tratta infatti di un nuovo atto di counicazione (pubblico nuovo).

Nega che ciò contrasti con la giurisprudenza sulla liceità del linking , § 44 (casi Svensson e Bestwater): casi che concernono un’opera già pubblicata ma lecitamente..

La CG precisa cosa siano le misure restrittiva adottabili, tali che, se violate , si realizzi una c.a.p.

Tali sono solamente le misure <efficaci> ex art. 6/1 e 3, dir. 29 del 2001, poichè una tutela più ampia sarebbe troppo penalizzante per i terzi: <<al fine di garantire la certezza del diritto e il corretto funzionamento di Internet, il titolare del diritto d’autore non dovrebbe essere autorizzato a limitare il suo consenso se non per mezzo di misure tecnologiche efficaci, ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2001/29 (v., a quest’ultimo proposito, sentenza del 23 gennaio 2014, Nintendo e a., C‑355/12, EU:C:2014:25, punti 24, 25 e 27). Infatti, in mancanza di simili misure, potrebbe rivelarsi difficile, in particolare per i privati, accertare se il titolare dei diritti abbia voluto opporsi al framing delle sue opere. Una verifica del genere risulterebbe ancor più difficile quando tali opere sono state oggetto di sublicenze (v., per analogia, sentenza dell’8 settembre 2016, GS Media, C‑160/15, EU:C:2016:644, punto 46).>>, § 46 (il <non> è un errore di traduzione: si confronti ad es. il testo inglese).

Del resto il pubblico, preso in considerazione dal titolare, è solo quello del sito web,  ove si è realizzata la prima messa on line: non  quello dell’intero orbe terracqueo digitale, § 47.

Tale posizione, visto che ribadisce la sentenza Renckhoff del 2018 (citata), al momento possiamo quelificarla come <insegnamento consolidato>.

La differenza dalle conclusioni dell’AG sta proprio sul framing.

L’AG aveva posto una distinzione fondamentale tra link cliccabili (§ 81 ss) e link automatici (§§ 92 ss): i primi non ampliano il pubblico originariamente considerato e dunque non vanno autorizzati, i secondi invece si (le ragioni di tale distinzione, § 114 ss, però, non riescono del tutto persuasive).

La CG invece non distingue: ogni riproduzione sul proprio sito del materiale, tratto da sito altrui  (meglio: con dettaglio tecnico tale da farlo apparire sul proprio sito) amplia il pubblico considerato dal titolare con la prima messa on line: Pertanto sottosta ad autorizzazione-

Protezione di un progetto di architettura d’interni con il diritto di autore: la vertenza Kiko c. Wjcon in Cassazione

Dopo la sentenza di appello (v. mio post 30.01.2019) , la lite è stata decisa in sede di legittimità nella scorsa primavera da Cass. n. 8433 del 30.04.2020, rel. Iofrida.

Si tratta della tutela chiesta da Kiko (k.) contro Wycon (w.) sull’originale soluzione di arredo dei propri negozi  che sarebbe stata copiata da w..

La sentenza rigetta i motivi di da 1 a 6 di Wycon (soccombente in primo e secondo grado) ma accoglie quelli 8-10 sulla concorrenza parassitaria e l’11° sulla liquidazione del lucro cessante. Rinvia poi ad altra sezione (composizione) di corte di appello milanese anche per le liquidazione delle spese di legittimità.

Non ci sono spunti particolarmente interessanti.

La SC ricorda che l’art. 110 l. aut. <<Questa Corte ha, di recente, affermato il principio secondo cui l’art. 110, non è applicabile quando il committente abbia acquistato i diritti di utilizzazione economica dell’opera per effetto ed in esecuzione di un contratto di prestazione d’opera intellettuale concluso con l’autore (Cass. 24 giugno 2016, n. 13171; conf. in materia di appalto relativo ad un format, Cass. 18633/2017): e ciò perchè, in tal caso, non ha luogo un trasferimento per manifestazione di volontà delle parti contraenti, dal momento che tali diritti sorgono direttamente in capo al committente, quale effetto naturale del rapporto di lavoro autonomo o del contratto di opera professionale, salvo patto contrario.

Peraltro, l’art. 110 L.A., in ordine alla necessità di prova scritta della trasmissione dei diritti di utilizzazione, non opera nelle azioni promosse dal titolare del diritto autorale contro i terzi che abbiano utilizzato illecitamente l’opera (cfr. Cass. 3390/2003: “la norma dell’art. 110 della Legge sul diritto d’Autore (L. 22 aprile 1941, n. 633), nel prevedere che la trasmissione dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno deve essere provata per iscritto, si riferisce all’ipotesi in cui il trasferimento viene invocato dal cessionario nei confronti di chi si vanti titolare del medesimo diritto a lui ceduto; essa pertanto non opera al di fuori del conflitto tra titoli, ovvero tra pretesi titolari del medesimo diritto di sfruttamento, allorchè il trasferimento sia invocato dal cessionario del diritto di utilizzazione nei confronti del terzo che, senza vantare una posizione titolata, abbia violato tale diritto, compiendo atti di sfruttamento del medesimo bene, in tal caso l’acquisto potendo, quale semplice fatto storico, essere provato anche mediante mezzi diversi dal documento”)>>, § 3.

W. aevava poi censurato la mancanza di forma espressiva nel progetto di arredo, § 5.

Il motivoi  perla SC è inammibbile, perchè presuppone la censura sull’apporto creativo. Ma questo è oggetto di valutazione <<destinata a risolversi in un giudizio di fatto, come tale sindacabile in sede di legittimità soltanto per eventuali vizi di motivazione >>, § 5.

Soluzione errata: il giudizio sulla creatività è di diritto, consistendo in una (o essendo da equiparare a quello su) clausola generale.

Poi che l’arredo di  interni sia al più tutelabile come design ex arrt .2 n. 10 l. aut. , ma mai come opera dell’architettura, è derrato, dice la SC: ricorrendone i presupposti, infatti, anche quest’ultima tutela  è a disposizione, § 6 (oltre che quella da marchio di forma o diritto connesso ex art. 99 l.aut.)

La SC ha del resto ricordato che per orientamento costante ormai è ammesso il cumulo di tutela tra disegno e modello da un parte e diritto di autore dall’altra, citando giurisorudenz europea.

Lascia il principio di diritto seguente circa la creatività (confermando che si tratta di valutazione in diritto e contraddicendosi con quanto osservato poco prima):  “in tema di diritto d’autore, un progetto o un’opera di arredamento di interni, nel quale ricorra una progettazione unitaria, con l’adozione di uno schema in sè definito e visivamente apprezzabile, che riveli una chiara “chiave stilistica”, di componenti organizzate e coordinate per rendere l’ambiente funzionale ed armonico, ovvero l’impronta personale dell’autore, è proteggibile quale opera dell’architettura, ai sensi dell’art. 5, n. 2 L.A. (“i disegni e le opere dell’architettura”), non rilevando il requisito dell’inscindibile incorporazione degli elementi di arredo con l’immobile o il fatto che gli elementi singoli di arredo che lo costituiscano siano o meno semplici ovvero comuni e già utilizzati nel settore dell’arredamento di interni, purchè si tratti di un risultato di combinazione originale, non imposto dalla volontà di dare soluzione ad un problema tecnico-funzionale da parte dell’autore“.

Il motivo sette (§ 9) riguarda la parzialità della riproduzione. La SC , ricordati i concetti (dottrinali, non legislativi) di contraffazione, plagio e plagio-contraffazione , così osserva: <<per la sussistenza del plagio, che si riferisce alla sola violazione del diritto morale di paternità (allorchè quindi taluno spaccia per propria un’opera altrui), o della contraffazione, che rappresenta una lesione del diritto di proprietà e comprende tutte le forme di utilizzazione economica dell’opera dell’ingegno effettuate senza autorizzazione dell’autore allo scopo di trarne benefici economici, ovvero ancora del plagio-contraffazione, figura questa che implica la lesione contemporanea del diritto patrimoniale e del diritto morale, occorre la coincidenza degli elementi essenziali costituenti la rappresentazione intellettuale dell’opera imitata con quelli dell’opera in cui sarebbe avvenuta la trasposizione e devono essere presi in considerazione non l’idea ispiratrice o i singoli elementi dell’opera ma l’originale composizione ed organizzazione di tutti gli elementi che contribuiscono alla creazione dell’opera stessa e che costituiscono la forma individuale di rappresentazione del suo autore. Va quindi esclusa la sussistenza del plagio o della contraffazione o del plagio-contraffazione, ove l’idea altrui sia utilizzata in una diversa rappresentazione o vengano organizzati in modo nuovo elementi già appartenenti al patrimonio culturale comune e susciti in chi la osserva diverse sensazioni, essendo necessario quindi verificare se siano state introdotte delle mere varianti secondarie inidonee a dare vita ad una nuova opera percepibile come risultato di scelte espressive individuali distinte dalla prima opera ovvero se, per effetto anche di un’elaborazione tecnica, pur all’interno di un percorso ideale già da altri tracciato, valutato l’insieme degli elementi che caratterizzano l’oggetto, muti la capacità espressiva dell’opera ovvero la capacità di suscitare emotività nel pubblico, attraverso le caratteristiche estetiche dell’opera, e si raggiunga una creatività nuova meritevole di autonoma tutela. Il plagio può aversi in caso di riproduzione totale dell’opera ovvero di elaborazione “non creativa”, cioè con utilizzazione di elementi originali di un’altra opera, o “creativa”, ma senza superamento dell’individualità di rappresentazione dell’opera precedente ispiratrice, con conseguente sostanziale identità di rappresentazione, ma abusiva, ovvero ancora di trasformazione da una in altra forma, letteraria o artistica; particolarmente difficile diventa l’accertamento del plagio, nelle forme di elaborazione, laddove si sia in presenza di opere dell’ingegno fortemente stereotipate, nelle quali è complesso distinguere le parti originali da quelle derivanti da consuetudine legata al genere, essendovi possibilità di frequenti coincidenze creative, ed occorrendo allora valutare se non si tratti di veri e propri elementi volgarizzati e non individualizzanti, non meritevoli di tutela sotto il profilo della Legge d’Autore (Cass. n. Euro 7077/1990).>>

Si badi che, in presenza di un livello non particolarmente elevato di creatività presente nell’opera tutelata, <<varianti pur minime possono essere sufficienti ad escludere la contraffazione>>.

Da ultimo, la SC censurala sentenza per la superficialità nel giudizio essitenza di di concorrenza parassitaria (§ 11 e segg.)

Anche qui c’è un errore sul giudizio di fatto: << la valutazione complessiva delle singole condotte del concorrente e della loro idoneità, sulla base di una considerazione cumulativa, al fine di evidenziare la sussistenza o meno di un disegno unitario volto a sfruttare sistematicamente l’altrui lavoro, implica un tipico apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità>> § 11.3.  Il fatto è solo il fatto storico; il suo inquadramento nei concetti giuridici (dottrinali o legislativi) è giudizio di diritto.

Quanto alle spese, ricorre l’ultima censura. La liqudazione, anche se equitativa, non può essere irrazionale: come invece nel caso de quo in cui il lucro cessante è stato dalla C. di A. stimato pari al decuplo della parcella dello studio d’architettura che aveva elaborato il progetto di arredo.

Siti web di storage e scambio file piratati nonchè siti di stream ripping/destreaming realizzano una comunicazione al pubblico

Breve cenno a due recenti sentenze inglesi su temi di attualità.

L’ottimo blog IPKat a firma di Eleonora Rosati dà notizia che per l’Alta corte inglese il sito  Nitroflare.com , sito c.d. cyberlocker (siti di stoccaggio e scambio file, spesso piratati), realizza un’atto di comunicazione al pubblico, per cui è soggetto ad injunction secondo il § 97A del copyright act inglese (che recepisce l’art. 8/3 dir. UE 29/2001.

Si tratta di High Court of Justice 25.02.2021, IL-2018-000221, [2021] EWHC 409 (Ch), Capitol records e altri c. British Telecommunications , Sky e altri.

Gli attori qualificano <<Nitroflare a cyberlocker site: that is a file storage site which makes available unlicenced commercial content, including music files, by allowing users to upload and download unlicensed content to and from its servers. As the Claimants accept, the cyberlocker tag is pejorative and potentially tendentious. I shall therefore look beyond the label and consider the substance of how the Site operates and the services it offers to users>>, § 3.

Secondo la loro versione, accettata dal giudice, <<the Site is deliberately designed to encourage the uploading and downloading of copyright material. They say that it is different from legitimate file storage or file sharing sites. This is why they use the cyberlocker tag. As I said at the outset, the court needs to look beyond the labels and consider the substance of the services offered by the Site.  I shall turn to specific features of the Site in a moment but, in general terms, the Site encourages the sharing of links which it has generated and the downloading of content which it stores. It does this by allowing users to upload content to the Site’s servers for free. Downloads can then be made for free by the Site’s ‘premium’ and ‘non-premium’ users, with download speeds being faster if a user pays for a premium account. The Site also offers an ‘Affiliate Programme’ which rewards users who upload content. It enables those users to earn money each time their uploaded content is downloaded by another user.>> §§ 13-14 (segue descrizione analitica del sito al § 15)

Per gli attori la violazine del sito riguarda sia la comnunicaizone al pubblico (c.a.p.) che l’ <<authorising or acting as joint tortfeasor with the users of the Site in their commission of infringing acts as described below>>, § 21

La c.a.p. ricorre se si risolvono <<three main questions. (a) Is there a communication of copyright works by way of electronic transmission? (b) Is the communication to the public? (c) Does the act of communication to the public take place in the UK? If the communication originates from outside the UK, that depends on whether it is targeted at the public in the UK>> § 22.

Il giudice le ravvisa tutte.

Soprattutto sub a), la posizione della Corte euroepa <<(illustrated by Brein) is that deliberate facilitation of a communication is sufficient to establish an act of communication and that this is shown if the operator had an intention when providing the service to facilitate infringements. I am satisfied that this requirement has been established here. The operator of the Site must know that much of the content on the Site comprises commercially released music and videos and that this is protected by copyright. It must be obvious to the operator that the download and copying of commercially released music requires a licence. Its revenue is derived from advertising and the more downloading takes place, the greater its advertising revenue. The clear inference is that the operator intends to facilitate infringement of copyright. In this regard I also consider that it is telling that the operator of the Site has sought to conceal its identity and has thereby shielded itself from legal process. This adds to the inference that it knows that that the Site is being used to infringe and (given the business structure) intends that it be so used. >> § 27.

La Corte si pone in esplicito contrasto cone le conclusioni 16.07.2020 dell’AG SAUGMANDSGAARD   nel caso Peterson c. Google – Youtube e Elsevier c. Cyando, cause riunite C-682/18 e C-683/18, ritenendo improbabile che verranno seguite dalla Corte, § 26 (conclusioni che invece paiono preferibili in linea teorica).

Interessante è poi la questione sub c) relativa al profilo territoriale, §§ 31-33-

La corte esamina poi la seconda violazione allegata, relativa all’aver autorizzato altri a violare, invocado il precedente del 2010  Twentieth Century Fox v Newzbin [2010] EWCH 608 (Ch)  <<“…The grant or purported grant to do the relevant act may be express or implied from all the relevant circumstances. In a case which involves an allegation of authorisation by supply, these circumstances may include the nature of the relationship between the alleged authoriser and the primary infringer, whether the equipment or other material supplied constitutes the means used to infringe, whether it is inevitable it will be used to infringe, the degree of control which the supplier retains and whether he has taken any steps to prevent infringement. These are matters to be taken into account and may or may not be determinative depending upon all the other circumstances”.>>, § 43.

Non è chiarito il reciproco rapporto tra le due allegate violazioni per gli stessi fatti.

Ne ricorrono tutti i presupposti ivi delineati, §§ 44-63.

In particolare è interessante a livello pratico il ragionamentoe sulla reale assenza, solo declamata , di una policy per prevenire le violazioni (§§ 53 ss).

Ancora, sulla contitolarità dell’atto ilecito, § 64 ss: <<Many of the same factual conclusions that I have set out above are material in this context. I can therefore be brief in enumerating the key features of the Site which are relevant to joint wrongdoing. First, the Site has features which show that it is deliberately structured for the purpose of inducing users to upload commercial content. Users are offered a financial incentive to upload popular content which large numbers of other users are likely to wish to download. This is most likely to consist of commercial content and that in turn is likely to be subject to copyright. Second, the service is provided in a user-friendly fashion. It is free of charge; allows effectively unlimited capacity; and gives uploading users the ability to promote their own uploads by providing them with links which they can supply to others. Third, once content has been uploaded it is freely available to users. There is no restriction (say by password protection) on site-users’ access. Fourth, the reach of the Site is amplified by the referrer sites. Fifth, the evidence summarised earlier shows that very large amounts of protected content is available for download from the Site; and that commercial material accounts for the vast preponderance of the content on the Site. This is not accidental: the Site is, for the reasons already given, designed and structured to facilitate the sharing of commercial (and therefore, probably protected) content. Sixth, the greater the amount of popular, commercial, content on the Site available for downloading, the greater the prospects of profits for the operator (through advertising and subscriptions). Seventh, the steps taken by the Site to remove infringing content are, as already explained, wholly inadequate. The operator has clearly not adopted an effective policy to remove copyright protected content. The reasonable inference is that it would be contrary to the operator’s financial interests to do so (see the sixth point above). The Site does not merely make available the means of infringement; it thrives on infringement. This explains the incentives given to users to upload popular content>>, § 65

Di conseguenza per il giudice i gestori del sito <<have induced, incited or procured users of the Site to commit infringements of copyright (profiting from so doing) and that they and the users act pursuant to a common design to infringe. The operators are therefore jointly liable for the infringements committed by users>> § 65.

Infine il ragionamento condotto per dire che la misura inibitoria è “proportionate”:

<<I consider that the order sought is proportionate for the following reasons.

  • First, the Defendants do not oppose the making of the order. It can therefore be taken that it is proportionate as between the parties.
  • Second, I am satisfied that the order is necessary to protect the rights of the Claimants and the other record company Members of BPI and PPL. The Site is being used to infringe those rights on a large scale (see above).
  • Third, the Claimants’ Recordings and more generally the copyright recordings of the Members are available to be enjoyed by ISP subscribers using legal digital music services.
  • Fourth, the Site is not only being used to infringe the copyrights in music recordings (and the musical and literary copyrights embodied in them). Mr Walsh’s evidence shows that over 90% of the links on the Site are to content which is likely to be copyright-controlled.
  • On the other hand, it is possible that the Site could be used for some legitimate storage purposes, which will be adversely affected by any blocking order. However I am satisfied that users are highly unlikely to be using the Site in this way on a significant scale. There are a number of features including the automatic deletion policy and the lack of password protection, encryption or syncing functions, which render the Site unsuitable for cloud storage. I therefore consider that the risk of interfering with legitimate storage of data is negligible.
  • Fifth, the Order has been carefully drafted (following judicial guidance in earlier authorities) so as to ensure that it does the minimum necessary to achieve its objective.
  • Sixth, as the Courts have repeatedly noted in the cases I have already referred to, such orders are effective. The evidence shows that blocking orders have proved effective, notwithstanding attempts to circumvent them: following the making of previous blocking orders on the application of BPI, UK visitors to those websites have been drastically reduced. For the 38 websites for which data was available in the month prior to their being blocked, the data shows an average reduction of UK visitors of 98%.
  • Seventh, to the extent that rights of users or operators of the Site are engaged, given my conclusions on infringement, their interests are outweighed by the interests of the Claimants and of the Members in enforcing their copyrights: cf. FAPL v Sky at [59]>> § 70 ss

Purtroppo, l’ordine, che verrà poi  concretamente impartito, pare non sarà reso pubblico, ma che resterà confidenziale.

Il medesimo blog , poi, riferisce dell’altra sentenza con stessa data, corte e giudice relatore,  Young Turks Recordings, Warner recordings e altri c. British Telecommunication , Sky UK ed altri, case n° IL-2020-000223,  [2021] EWHC 410 (Ch).

La fattispecie è analoga , ma  non uguale, differendo per la modalità tecnologica adottata dai siti pirata.

Queste le domande e allegazioni attoree: <<requiring them to take measures to block their subscribers’ access to certain websites (“the Infringing Sites” or “the Sites”). The Claimants submit that the operators of the Infringing Sites are directly infringing and/or jointly and severally liable for the infringement of copyrights owned by/exclusively licensed to Members. The Claimants also submit that the infringement they allege involves wholesale circumvention of technological protection measures (“TPMs”)>>, § 2.

La modalità tecnica per la riproduzione/comunicaizone al pubblico era lo stream ripping anche detto destreaming: <<the Claimants submit that all of the Infringing Sites have participated in and/or have enabled a process called “stream ripping”, i.e. the “ripping” of audio files used with music videos that are offered on streaming services, in particular YouTube. Stream ripping is a process whereby streamed audio content is converted into permanent audio downloads which can be stored for future consumption and/or shared with others. The Claimants’ evidence explains that this is one of the fastest growing forms of online infringement of copyright in sound recordings and the most prevalent>>, § 4.

E poi: <<Streaming content is different from permanently downloading it. Streaming involves the contemporaneous digital transmission of content via the internet to the user’s device for real-time viewing or listening. No permanent download is made and if the user wishes to access the content again he or she has to stream it again. Permanent downloading results in the user having a digital version of the content which (once the download is complete) can be used as often as the user wants and (subject to copyright protection measures) shared with others.  There are different business models and pricing systems for streaming and downloading. Streaming is normally funded by advertising or user subscription. A permanent download is a one-off transaction.>>, §§ 19-20.

In breve con lo stream ripping si possono memorizzare su supporto stabile tramite l’app. Downloader App i dati arrivati in strraming , sì da poterne fare download in qualunque momento successivo.

 I siti convenuti erano responsabili (anche di elusione delle technological protection measures (“TPMs”, § 39) della predisposizione dlele possibilità di violazione: v. dettagli tecnici ai §§ 35-37: <<the evidence establishes that each of the Infringing Sites has been involved in the provision of stream-ripping functionality. The present activities of the active sites can be summarised as follows:  i) Flvto, Flv2mp3, 2Conv and H2Converter each provide a stream ripping service to visitors to the site.  ii) MP3Studio provides the Downloader App. Flvto, Flv2mp3 and 2Conv (which are closely connected) also make the Downloader App available by linking to MP3Studio. MP3Studio does not provide a stream ripping service to visitors to the site.    As I mentioned in [3(i)] above, there are four other sites which do not appear to be operating at the moment. Flvtool was used by other Infringing Sites as a “back end” server and provided the Downloader App. 2Convert provided the Downloader App. H2Download and Ytbapi operated as back end domains for H2Converter, assisting in the conversion process and storing ripped content.    There are thus some differences in the functionality of the Infringing Sites. However each site:

i) provides a stream ripping service by a simple and convenient user interface which enables users to obtain downloads ripped from YouTube (and other platforms); and/or

ii) provides or promotes the Downloader App; or

iii) provides back-end facilities to assist in the operation of the Infringing Sites and the Downloader App>>

Qui interessa il ruolo dei providers (operators) , giudicati respnsabili sia di violazione diretta per aver autorizzato la violazione ex s. 16 copyright act, § 52 ss, sia per correponsabilità (tortfeasors), § 68 ss: <<First, I am satisfied that the Infringing Sites are designed to provide a service which enables users to make infringing copies. The whole purpose of the technology they provide is to circumvent the copyright-protecting safeguards built into the streaming services. Second, the service is provided in a user-friendly fashion. Third, users have access to massive amounts of protected, commercial, material. Fourth, the greater the amount of activity on the Sites and the Downloader App the greater the prospect of profits (through advertising and payment for conversions). Fifth, the steps taken by the Sites to prevent copying of infringing content are, as already explained, wholly inadequate. The operators have clearly not adopted an effective policy to prevent copying of protected content. Sixth, the ownership and control of the Sites is deliberately obscure and confusing which leads to an inference they wish to avoid protective steps being taken by commercial rights holders >>, § 70.

In particolare il diritto(facoltà  violato è la comuncazione al pubblico, § 72 ss.

Va quindi concessa la inibitoria chiesta, § 103.

Anche qui non è chiaro il reciproco rapporto tra le due violazioni contestate ai provider.

Banca dati scandagliata da motore di ricerca specializzato (aggregatore di contenuti?)

Può un motore di ricerca specializzato scandagliare i siti e relative banche dati di suo interesse , proponendone i risultat agli utenti tramite link? O viola il diritto del costitutore sulla banca dati?

Questo il quesito posto alla Corte di Giustizia (CG) , proveniente dalla Lituania, cui ha offerto il proprio (interessante, come sempre) parere l’avvocato generale (AG) Szpunar il 14.01.2021, C-762/19, SIA «CV-Online Latvia» contro SIA «Melons».

La normativa rilevante è data dalla direttiva UE 96/9 dell’11.03.1996 e , da noi, dagli artt. 102 bis-102 ter l. aut. (ma potrebbe essere un’opera dell’ingegno, artt. 64 quinquies-64 sexies l. aut.)

Una società lettone (CV) gestisce un sito con banca dati contenente annunci di lavoro.  Un’ altra società (SIA Melons) gestisce un motore di ricerca specializzato negli annunci d ilavoro che opera scandagliando i siti ad hoc e dunque i loro database, generando gli esiti tramite link offerti ai suoi utenti. La ricerca avviene soprattutto sui  meta tag per ciascun annuncio di lavoro vacante, contenuti nella banca dati scandagliata, costituiti dalle seguenti parole chiave: «denominazione del posto di lavoro», «nome dell’impresa», «luogo di lavoro» e «data di pubblicazione dell’annuncio», § 10

In linea di massima l’aggregatore di notizia opera effettuando uin <reimpiego> e/o un'<estrazione>: dunque invadendo la privativa altrui:

<<36.   Orbene, come risulta dalle informazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale e nelle osservazioni delle parti, la stessa capacità di esplorazione dell’intero contenuto di una banca dati (o, più precisamente, di più banche dati contemporaneamente) è offerta da un motore di ricerca specializzato, come quello della Melons. Tale motore di ricerca permette di effettuare ricerche in vari siti Internet di annunci di lavoro, secondo i criteri pertinenti e senza passare attraverso i moduli di ricerca propri di tali siti. Il risultato di tale ricerca fornisce all’utente l’accesso ad annunci di lavoro selezionati secondo detti criteri. Atteso che detti siti Internet sono qualificabili come banche dati protette dal diritto sui generis previsto dalla direttiva 96/9, il motore di ricerca in questione permette di esplorare l’intero contenuto di tali banche dati, procedendo al suo reimpiego, nel senso attribuito al termine «reimpiego» dalla Corte nella sentenza Innoweb. Inoltre, indicizzando e copiando sul proprio server il contenuto dei siti Internet, il motore di ricerca della Melons effettua un’estrazione del contenuto delle banche dati che costituiscono tali siti. La fornitura dei collegamenti ipertestuali verso gli annunci che compaiono nel sito Internet della CV‑Online e la riproduzione delle informazioni contenute nei meta tag di tale sito, menzionate nelle questioni pregiudiziali, sono soltanto manifestazioni esterne, d’importanza secondaria, di tale estrazione e di detto reimpiego. La situazione oggetto del procedimento principale dunque non differisce sostanzialmente da quella della causa che ha dato luogo alla sentenza Innoweb.    37.       Si deve dunque concludere che un motore di ricerca che copia e indicizza la totalità o una parte sostanziale delle banche dati liberamente accessibili in Internet e successivamente permette ai propri utenti di effettuare ricerche in tali banche dati secondo criteri pertinenti dal punto di vista del loro contenuto procede all’estrazione e al reimpiego di tale contenuto, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 96/9. Ciò premesso, non ritengo che l’analisi debba fermarsi qui. Infatti, il diritto di vietare una simile estrazione ed un simile reimpiego, a mio avviso, deve soddisfare condizioni aggiuntive>>.

L’AG si confronta con la decisione Innoweb 19 dicembre 2013, C‑202/12,  relativa a motori di ricerca per veicoli  usati, e coglie poi le differenze tra il motore di ricerca sub iudice e quello di Innoweb , <metamotore di ricerca>, §§ 33-35.

Il punto interessante è quello in cui l’AG introduce un limite (meglio, un presupposto) al diritto del costitutore: non basta l’estrazione o reimpiego di <parte sostanziale> della banca dati, ma bisogna pure che <<l’estrazione o il reimpiego in questione rappresenti un pregiudizio per l’investimento relativo alla costituzione o al funzionamento della banca dati che si intende proteggere, nel senso che esse costituiscono un rischio per le possibilità di ammortizzare tale investimento, in particolare minacciando i proventi derivanti dallo sfruttamento della banca dati in questione. Infatti, lo scopo perseguito limitando la protezione alle sole banche dati che hanno dato luogo ad investimenti rilevanti sarebbe raggiunto soltanto in parte se tale protezione potesse essere fatta valere contro condotte che non arrecano pregiudizio all’investimento in questione.>>, § 46.

La ragione è evidentemente quella di conciliare il diritto del costitutore con l’esigenza collettiva di non inibire iniziative concorrenziali di terzi, soprattutto consistenti nel creare prodotti innovativi a valore aggiunto, § 40.   Del resto CV è il più importante portale del settore in Lituannia, § 55. Inoltre, CV si oppone solo ai motori di ricerca specializzati , non a quelli generalisti come Google, § 56: per cui l’AG sospetta che la ragione vera sia quella di inibire pericolosi concorrenti, dato che opera nel medesimo settore dei metamotori di ricerca tramite altra società del gruppo, § 57.

Tale requisito (<pregiudizio all’investimento impedendone l’ ammortamento>) , però,  non sta nelle disposizioni di legge: pertanto l’AG arricchisce la fattispecie costitutiva del diritto, senza alcun appiglio testuale. E’ una sorta di limitazione teleologica della fattispecie o di fair use pretorio (da vedere poi se sia proprio un fatto costititutivo del diritto del costitutore -come parrebbe- oppure fatto impeditivo , il cui onere allegativo-probatorio incomba sul terzo utilizzatore della banca dati).

Si v. però le sue consisderazioni sul profilo concorrenziale ai §§ 51-58

Privacy, libertà di informazione e copyright nel caso Meghan Markle c. Daily Mail

Si pronuncia l’Alta Corte inglese sul caso Meghan Markle (MM) c. Daily Mail e Mail on Sunday (poi anche : l’Editore).

Precisamente si tratta di HIGH COURT OF JUSTICE CHANCERY DIVISION BUSINESS AND PROPERTY COURTS INTELLECTUAL PROPERTY LIST,  The Duchess of Sussex c. Associated Newspapers Limited, 11.02.2021, [2021] EWHC 273 (Ch) Case No: IL-2019-000110 .

Di fronte alla pubblicazione non autorizzata da parte del Mail della propria lettera al proprio genitore (i rapporti non erano facili) , MM cita l’editore per  violazione di privacy e di copyright., § 61

I fatti sono esposti ai §§ 1 ss.

PRIVACY

Le difese dell’Editore sono:
<<It maintains that the contents of the Letter were not private or confidential as alleged, and that the claimant had no reasonable expectation of privacy. Further or alternatively, any privacy interest she enjoyed was slight, and outweighed by the need to protect the rights of her father and the public at large. The defendant’s pleaded case is diffuse and hard to summarise. But prominent features are contentions that, even if the claimant might otherwise have had any privacy rights in respect of the Letter,

(1) such rights were (a) limited, given the legitimate public interest in the activities of the Royal family and the claimant’s status as a “high-ranking member” of that family, and (b) destroyed, weakened or compromised by (i) her knowledge of her father’s propensity to speak to the media about their relationship, (ii) the fact that publication of the existence and contents of the Letter was lawful in the US, (iii) her own conduct in causing, authorising, or intending publicity about the Letter and/or her relationship with her father more generally, and/or (iv) the publication of information about the Letter;

(2) the People Article gave a misleading account of the father-daughter relationship, the Letter and Mr Markle’s letter in response, such that (in all the circumstances) public disclosure of the contents of the Letter in the Mail Articles was justified to protect the rights and interests of Mr Markle and the public at large>> (§ 6).

Si noti sub 2) : il Mail pretende di fondare la liceità della pubblicazione di ampi brani (v. sotto) della lettera, per corregere l’errore in cui potrebbe cadere il pubblico in base a precedente pubblicazione (da parte di altro gionale: The People) di un articolo sul rapporto padre figlia, a suo dire distorcente la verità.

Ai §§ 28 ss i fondamenti del diritto alla privacy.

Al § 45 il testo integrale della lettera  e al § 46 di quello della replica (di tre righe) del padre a MM.

A § 47 ss trovi  la pubblicazione pretesamente distorcente del People.

Che esista un diritto alla privacy sulla lettera è esaminato a accertato ai §§ 64-95 <<Stage one: reasonable expectation of privacy>>).

Punto interessante è quello per chui è irrilevante l’inclinazione del padre (destinatario della missiva) a violare la privacy altrui: <<But even assuming the facts to be as pleaded, they are not capable of defeating the claimant’s case that, objectively speaking, she had a right to expect her father to keep the contents of the Letter private. A person’s rights against another are not defeated by the prospect that those rights may be ignored or violated. A high level of risk-taking might be capable of affecting the assessment of damages, but does not excuse an intrusion into privacy: see Mosley v News Group Newspapers Ltd [2008] EWHC 1777 (QB) [2008] EMLR 20 [225-226] (Eady J).>>, § 78.

Affermazione importante e condivisibile.

Al § 86 (e § 98) l’affermzione (scontata) per cui la pubblicizzazione di alcuni aspetti della propria vita non autorizza i terzi a pubblicizzarne altri: il controllo riamane in toto in capo all’interessato.

Lo stage 2 , § 96 ss, esamina il bilanciamento con la liberà di espressione, tra cui quella di correggere false impressioni nel pubblico (punto centrale: § 104).

La risposta è negativa nel caso de quo: la pretesa correzione tramite la pubblicazione di quasi metà lettera di un eventuale errore di minima entità  è sproporzionata (§ 120)

La conclusione è dunque questa:

<<The claimant [cioè MM] had a reasonable expectation that the contents of the Letter would remain private. The Mail Articles interfered with that reasonable expectation. The only tenable justification for any such interference was to correct some inaccuracies about the Letter contained in the People Article. On an objective review of the Articles in the light of the surrounding circumstances, the inescapable conclusion is that, save to the very limited extent I have identified, the disclosures made were not a necessary or proportionate means of serving that purpose. For the most part they did not serve that purpose at all. Taken as a whole the disclosures were manifestly excessive and hence unlawful. There is no prospect that a different judgment would be reached after a trial. The interference with freedom of expression which those conclusions represent is a necessary and proportionate means of pursuing the legitimate aim of protecting the claimant’s privacy.>>, § 128.

COPYRIGHT

Sul copyright la quesrtione più interssante è l’eccezione di carenza di legittimazione attiva, dato che la lettera sarebbe stata scritta non da MM (o da lei sola) ma da quattro membri dell’Ufficio segretariale di  Kensington Palace Communications Team, (the “Palace Four”), in realtà poi da uno solo d iquesti, Mr. Knauf.

Resta invece assodato che ricorra la originnalità, § 139-149, ove riepilogo delle principali teorie e dei principali precedenti anche europei (si noti che le allegazioni processuali distinguono tra la lettera realmente inviata e una sua previa Electronic Draft, che  è quella in realtà azionata in causa, § 136)..

Pure la violazione del copyright è accertata, vista la copiatura di 585 parole su 1250 ( § 150).

Sono respinti due motivi di legittimuità della pubblicazione (fair dealing in news reporting, data la concorenza all’eventuale sfruttamento del diritto di autore da parte di MM, e  un altro, § 152-158).

Infine la titolarità, § 159 ss

Che dei quattro ve ne sia uno che collaborò, Mr Knauf, pare probabile (§ 135-138), anche se non in solitaria ma semmai come coautore.

Ma su questo proseguirà il processo, § 169-170.

Commento sostanzialmente favorevole da parte dell’ex direttore del Guardian, Alan Rusbridger, in It will come as a surprise to some, but even Meghan has a right to her privacy del 14.02.2021.

Copiare post di una community da un social ad un altro , per evitare di sottostare a condizioni d’uso non gradite: è lecito sotto il profilo copyright?

Un gestore/moderatore di una pagina , relativa ad una comunità locale, su un social (LiveJournal) non accetta che il social cambi le condizioni d’uso per adeguarle al diritto russo . Per questo si sposta su altro social (Dreamwith).

Un follower, però, gli fa causa, dicendo che tale riproduzione viola il copyright sui suoi post.

La corte distrettuale del Massachusetts nega che vi sia violazione, affermando il ricorrere del fair use (17 US COde § 107): si tratta di US D.C. of Mass., 21.01.2021, Monsarrat c. Newman, civ. act. n. 20-10810-RGS (sub Discussion.a, p. 3 ss). Sopratutto perchè è rispettato il criterio più imporante dei quatro (l’ultimo, quello relativo all’effetto economico-concorrenziale, pp. 7/8.

Sul fair use v. lo studio “quantitativo” della giurisprudenza 1978-2019 in <<An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions Updated, 1978-2019>>, di Barton Beebe, NEW YORK UNIVERSITY JOURNAL OF INTELLECTUAL PROPERTY & ENTERTAINMENT LAW, vol.10/1, 2020 .

Viene anche proposta una domanda ex diffamazione , a causa della ripubblicazione di vecchi messaggi diffamatori (parrebbe, non è chiarissimo; sub Discussion.b, p. 8 ss.; il republishing è citato a p. 10). Pertanto il moderatore con ciò sarebbe divenuto <publisher>, non più mero <host> di informazioni altrui : in breve, l’informazione sarebbe propria (anche) del moderatore, invece che (solo) di chi a suo tempo la caricò.

Il moderatore covneuto invoca tuttavia il § 230 CDA.

La Corte accoglie l’eccezione, non avcendo l’attore provato un coinvolgimento del moderatore nella produzione della notizia diffamatoria, p. 10-11.

La decisione è interessante: amplia assai il concetto di <internet service provider> , che in tali termini potrà probabilmente essere usato anche nel diritto nazionale ed euroipeo.

(notizia e link alla sentenza dal blog di Eric Goldman)