Ponderosa (in fatto) decisione del Tribunale UE su disegno/modello comunitario

Vedo ora notizia di sentenza europea sul design di <canalette di scarico per doccia> ottenuta in registrazione ex reg. 6 del 2002 ma la cui valdità è contestata per vari motivi (artt. da 4 a 9)

Decide il Trib. UE 27.04.2022 , T-327/20, GROUP NIVELLES v. EUIPO + il controinteressato.

in sede amminstativa prima la registrazione era stato annullata ma poi in reflamo era stata ristabiita la privativa.

Il Tribunale conferma la decisione di reclamo.

Si tratta di sentenza ricca in fatto, meno in diritto.

SArà da me esaminata più avanti

Disegni e modelli: sul concetto di “visibilità durante la normale utilizzazione” nella disciplina dei componenti di prodotti complessi (art. 3.3.a, dir. UE 98/71)

Come di consueto interessanti le conclusioni dell’A.G. Szpunar in C-472/21, Monz Handelsgesellschaft lnternational mbH & Co. KG c. Büchel GmbH & Co. Fahrzeugtechnik KG, 08.09.2022.

Era stato registrato un sellino da bicicletta con unica raffigurazione:

Ne era poi stata chiesta la nullità per carenza di novità e individualità-

Avanti la CG la questione riguarda in particolare il concetto di <visibilità durante la normale utilizzazione> e cioè : i) se sia giudizio in astratto o in concreto (nel consueto e diffuso suo utilizzo) ; ii) e  nel secondo caso, se valgano solo gli usi suggeriti dal produttore o qualunque altro abitualmente praticato.

Sub i) , è giusta la seconda: <<18.      Per quanto riguarda poi la questione pregiudiziale, la formulazione dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 98/71 non è così chiara come potrebbe sembrare prima facie. Infatti, come sottolineato dalla Monz nelle sue osservazioni, tale disposizione esige che il componente, una volta incorporato nel prodotto complesso, «riman[ga]» (6) visibile durante la normale utilizzazione di detto prodotto. Tale formulazione potrebbe essere interpretata nel senso che è sufficiente che, dopo il montaggio del componente in questione nel prodotto complesso, detto componente non sia interamente ricoperto, cosicché sia possibile scorgerlo, anche soltanto teoricamente e indipendentemente dal punto di osservazione, eventualmente insolito, che sia necessario adottare a tal fine. Sarebbero quindi esclusi dalla protezione ai sensi di detta direttiva unicamente i disegni e modelli applicati ai componenti la cui visibilità richiede l’adozione di misure che non rientrano nell’ambito della normale utilizzazione di un prodotto, in particolare il suo smontaggio.

19.      La suesposta interpretazione contrasta tuttavia con la formulazione della seconda parte dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 98/71, secondo cui il componente di cui trattasi deve essere visibile «durante» (7) la normale utilizzazione del prodotto complesso. Come osservato, a mio avviso correttamente, sia dal giudice del rinvio sia dalla Commissione, tale espressione esclude le ipotesi in cui il componente è visibile soltanto in situazioni che non si verificano durante la normale utilizzazione del prodotto in questione.

20.      Peraltro, come osserva, in sostanza, la Commissione, conformemente all’articolo 1, lettera a), della direttiva 98/71, l’oggetto della protezione dei disegni e modelli in forza di tale direttiva è l’aspetto dell’intero prodotto o di una sua parte. I componenti progettati per essere incorporati in un prodotto complesso, se costituiscono di per sé dei prodotti, conformemente all’articolo 1, lettera b), di tale direttiva, beneficiano della protezione soltanto a condizione che siano visibili dopo tale incorporazione. L’oggetto della protezione è dunque costituito dall’aspetto del componente nel prodotto complesso. Orbene, a mio avviso è difficile parlare dell’aspetto di un prodotto se, una volta incorporato in un prodotto complesso, tale prodotto, pur senza essere interamente ricoperto e nascosto alla vista, è visibile soltanto in situazioni rare e insolite tenuto conto della normale utilizzazione di detto prodotto complesso.

21.      Alla luce di tali considerazioni, propongo di rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 98/71 dev’essere interpretato nel senso che, affinché un disegno o modello applicato ad un prodotto o incorporato in un prodotto che costituisce un componente di un prodotto complesso possa beneficiare della protezione ai sensi di tale direttiva, il componente in questione dev’essere visibile nella situazione di normale utilizzazione di detto prodotto complesso.>>

Sub ii), conta qualunque tipo di uso venga praticato: << 46  Propongo dunque di rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 98/71 dev’essere interpretato nel senso che i termini «utilizzazione normale» fanno riferimento a tutte le situazioni che possono ragionevolmente verificarsi durante l’utilizzazione di un prodotto complesso da parte del consumatore finale>>.

Difficile del resto dare una interpretrazione diversa La tutela di disegni e modelli è tutela della distintività: per cui è ovvio che la privativa opererà in qualunque contesto in cui esso possa essere visibile.

Tutela UE da disegno interconnessioni per sistemi modulari (ancora sul caso LEGO)

Lego chiede la registrazione come disegno/modello (“design”, nel diritto Ue)  dei suoi mattoncini: vedine l’immagine nel comunicato stampa 48/21 del 24.03.2021 della CG.

In via amminstrativa prima le va bene, ma poi -in sede reclamo- le va male.

In sede giurisdizionale però ottiene ragione. La decisione di annullamento  della registrazione, presa dal board of appeal, viene a sua volta annullata dal Tribunale UE, 24.03.2021, T-515/19, Lego c. EUIPO con intervento di Delta Sport.

La normativa pertinente è costituita dal reg. Ue sui disegni n° 6 del 2002 e qui dall’art. 8.

In breve, il Trib. osserva che:

  1. l’eccezione sui prodotti modulari,  portata dall’art. 8.3, è riferita non solo all’art. 8.2 ma anche all’art. 8.1, per lo meno per la parte in cui le due norme si sovrappongono, § 69. Ciò per non far perdere di effettività all’art. 8.3. Quindi male ha fatto il Board of appeal a non considerare ciò, § 84 .
  2. per arrivare al giudizio di nullità per rilevanza tecnica delle carattertistiche esteriori (art. 25.1.b) , bisogna che tutte queste abbiana tale rilevanza: <<It follows that a design must be declared invalid if all the features of its appearance are solely dictated by the technical function of the product  concerned by that design (see, to that effect, judgment of 8 March 2018, DOCERAM, C‑395/16, EU:C:2018:172, paragraph 32). It follows that if at least one of the features of appearance of the product concerned by a contested design is not solely dictated by the technical function of that product, the design at issue cannot be declared invalid under Article 8(1) of Regulation No 6/2002.>>, § 96. Non avendo l’istante e l’Ufficio dimostrato ciò, la decisione va annullataa.
  3. sotto il profilo procedurale, poi, l’eccezione siffatta, basata sull’art. 8.3, può anche essere sollevata per la prima volta in sede di reclamo amminsitativo e cioè davanti al board of appeal, § 50.

Sul giudizio di validità e (quindi) di contraffazione di un disegno o modello comunitario

Il Tribunale di Roma  offre qualche insegnamento sul giudizio di validità e (successivamente) di contraffazione in tema di modelli o disegni comunitari disciplinati dal reg. CE 6/2002  del 12.12.2001.

Si tratta di Trib. Roma 19.11.2019 n. 22320/2019, Rg 72218/2016, Federal Signal Vama s.a. c. INTAV srl.

Le parti erano due società specializzate nella produzione e nella commercializzazione di dispositivi, apparecchi e accessori di segnalazione luminosa e acustica destinati ad essere installati su veicoli di emergenza, mezzi della polizia, nonché su veicoli ad uso della Pubblica Amministrazione in diversi settori. Il disegno (rectius: modello) comunitario azionato dall’attrice (dopo una fase cautelare sfavorevole) era appunto relativo ad un dispositivo segnalatore luminoso per autoveicoli .

Il collegio inizia ricordando che <<costituisce quindi contraffazione di un disegno registrato la produzione e/o commercializzazione di prodotti aventi forme che suscitano, nell’utilizzatore informato, la medesima impressione generale, riproducendo le caratteristiche individualizzanti del titolo di privativa, tenuto anche conto del margine di libertà del designer nel realizzare il modello.

Il giudizio sulla contraffazione di un design prende dunque come riferimento quello di un utilizzatore informato, ossia un consumatore finale attento che, pur non essendo un esperto di settore e/o un designer, usi il prodotto e conosca il mercato specifico all’interno del quale si colloca il modello.

All’utilizzatore informato si chiede quindi di operare un confronto tra il modello ed il prodotto asseritamente contraffattivo, al fine di accertare se quest’ultimo susciti o meno, all’esito di una analisi di insieme e complessiva, una impressione generale diversa rispetto alle linee rivendicate dal disegno o modello registrato.

Nella conduzione di tale test il disegno o modello va considerato nel suo effetto di insieme e non va dato peso alle modifiche insignificanti apportate dal presunto contraffattore; va invece attribuito particolare rilievo all’identità degli elementi formali che conferiscono al disegno o modello un proprio carattere individuale. (…) In sintesi, il carattere individuale, consiste nella capacità di un design di farsi notare per la peculiarità del suo aspetto e tale requisito consente al prodotto di riferimento di istituire un contatto privilegiato con l’utilizzatore informato >> (§ 8).

Osserva poi che <<il giudizio (incidentale) di validità del Design comunitario VAMA, da un canto, e il confronto tra i prodotti INTAV dedotti in contraffazione e il predetto Design VAMA, dall’altro, vanno effettuati alla luce dei criteri comuni innanzi indicati, esaminando le loro somiglianze e le loro differenze, al fine di stabilire, prendendo in considerazione l’affollamento del settore e il margine di libertà dell’autore nel realizzare il disegno o modello contestato, se essi producono nell’utilizzatore informato un’impressione generale significativamente diversa.

I due profili sono strettamente collegati, in quanto il riconoscimento del carattere individuale del Disegn VAMA rispetto allo stato dell’arte nota e dell’affollamento del settore, condiziona necessariamente l’estensione dell’ambito di tutela del disegno registrato rispetto alle sue possibili contraffazioni.

Conseguentemente, le analisi e le valutazioni sviluppate in funzione dell’eccezione di nullità del Design VAMA, sollevata in riconvenzionale da INTAV, vanno tenute in considerazione anche nel successivo giudizio di contraffazione, al fine di accertare se il confronto produce o meno nell’utilizzatore informato un’impressione generale significativamente diversa>>, § 9.

Gli ultimi due periodi riguardano uno dei punti teoricamente più interessanti, che viene solitamente poco approfondito: se i requisiti di validità siano uguali (seppur visti dal lato opposto, quasi specularmente) a quelli richiesti per aversi contraffazione, come avviene per i marchi nel rapporto tra requisiti di novità (artg. 12 c.p.i.) e requisiti per aversi contraffazione (<<diritti conferiti dalla registrazione>>, art. 20 cpi). Il giudice risponde positivamente, come emerge dal passo che vale la pena di ripetere: <<I due profili sono strettamente collegati, in quanto il riconoscimento del carattere individuale del Disegn VAMA rispetto allo stato dell’arte nota e dell’affollamento del settore, condiziona necessariamente l’estensione dell’ambito di tutela>>.

SUL <<CARATTERE  INDIVIDUALE>> – Dice il Collegio che <<il CTU ha utilizzato le differenze rilevanti appena indicate  [per il giudizio di novità] anche nella valutazione della sussistenza del requisito del carattere individuale del Design VAMA, al fine di stabilire se esso suscita in un utilizzatore informato una impressione generale significativamente differente dalle anteriorità analizzate, tenuto conto del margine di libertà dell’autore in considerazione dell’affollamento del settore. Nell’ambito di tale giudizio assumono rilievo la figura dell’utilizzatore informato ed il profilo dell’affollamento del settore che riduce il margine di libertà dell’autore.>>, § 12.

La legge (art 6/2 reg. CE e art. 33 c. 2 c.p.i.) per vero parla solo di margine di libertà dell’autore, non di affollamento del settore: per cui possono immaginarsi anche altri aspetti limitanti la libertà creativa (elenco in Fabbio, Disegni e modelli, Cedam, 2012,  49 ss).

Nel caso specifico la figura dell’utilizzatore informato viene individata <<“nel  professionista  che si occupa della scelta e dell’acquisto dei dispositivi di segnalazione luminosa per veicoli, ad esempio nell’ambito delle pubbliche amministrazioni”.>>, § 12. Si tratta dell’altro punto interessante della decisione: l’utilizzatore informato è l’ipotetico addetto (=responsabile?) dell’Ufficio Acquisti dell’impresa acquirente (impostazione dunque relativa al caso in cui si tratti di prodotto destinato ad imprese; da precisare come vada adattato al caso di microimprese prive di specifico Ufficio Acquisti).

Accertata la validità del titolo giuridico, il giudice passa al giudizio di contraffazione, <<rispetto al quale vanno utilizzati i concetti di utilizzatore informato, di affollamento del settore e di margine di libertà dell’autore già enucleati a proposto della valutazione della validità>>, (§ 13 ss.) (art. 10 reg. CE e art. 41 c.3-4 c.p.i.). Si è sopra accennato al rapporto di specularità tra requisiti di validità e quelli di contraffazione.

Anche qui vale la precisazione per cui la legge letteralmente menziona solo il margine di libertà creativa.

Il giudice fa un’altra precisazione interessante per gli operatori:   <<a tale proposito, va ribadito che l’arte nota acquisita al presente giudizio e considerata dal CTU, anche con riferimento al predetto settore “ristretto” innanzi detto, comporta, rispetto alla validità del design, che in tale settore possa ottenere tutela anche per varianti di entità limitata rispetto alla tecnica nota, mentre, riguardo alla contraffazione, che la protezione così ottenuta sia confinata alle suddette varianti >>, § 13. Si legga poi subito dopo il modus procedendi del CTU: <<individuati correttamente in tal modo i parametri del giudizio di contraffazione, il CTU ha confrontato tutte le caratteristiche salienti del Design VAIMA con quelle dei prodotti INTAV, predisponendo per ciascuno di essi un’apposita e dettagliata Tabella di comparazione.>> e poi <<la differente ricostruzione dello stato dell’arte nei due giudizi rende quindi corretta la valutazione compiuta dal CTU in punto di “affollamento” del settore “ristretto” e il suo discostamento dalle decisioni EUIPO (p. 20).

Ne consegue il riconoscimento di un più ristretto margine di libertà dell’autore che rende apprezzabili, nell’aspetto complessivo, anche differenze meno evidenti tra i prodotti e il disegno tutelato e fa si che nel settore in considerazione, da un canto, si possa ottenere tutela anche per varianti alla tecnica nota di limitata entità, e, dall’altro canto, che la protezione così ottenuta sia in genere confinata a tali limitate varianti>> , (§ 14.2 in fine).

SULL’UTILIZZATORE INFORMATO –  Al § 14.3 il giudice ricorda una non rigorosa decisione EPO del 2013, che però il CTU non condivide, sicchè -come già sopra accennato- così conclude: <<Nel presente giudizio, invece, il CTU ha correttamente ritenuto, anche secondo le posizioni sostanzialmente concordi assunte dalle parti, che l’utilizzatore informato dovesse essere identificato nell’acquirente finale dei prodotti esaminati dotato di un certo grado di attenzione e, dunque, “nel professionista che si occupa della scelta e dell’acquisto dei dispositivi di segnalazione luminosa per veicoli, ad esempio nell’ambito delle pubbliche amministrazioni”. (…) Pertanto, il riconoscimento in questa sede di un apprezzabile livello di conoscenza e di un considerevole livello di attenzione, avvicina l’utilizzatore informato all’uomo del mestiere e lo allontana dal consumatore medio, rafforzando la considerazione che i disegni che presentano differenze significative nelle caratteristiche in cui la libertà dell’autore non è soggetta a restrizioni suscitano un’impressione generale differente nel medesimo utilizzatore informato  >>, § 14.4.

Se però il consumatore medio è chi lo usa in via professionale, come avviene per i prodotti destinati ad uso imprenditoriale, le due figure dovrebbero coincidere.

SULLA CONCORRENZA SLEALE – Venuti meno i presupposti per ravvisare contraffazione, viene meno anche la possibilità di ravvisare concorrenza sleale: <<una volta accertata in questa sede l’insussistenza della contraffazione del Design VAMA da parte di tutti prodotti INTAV in contestazione, vengono meno anche i presupposti per considerare concorrenzialmente illecita, sotto i vari profili denunciati da parte attrice (imitazione servile, appropriazione di pregi, concorrenza parassitaria, comportamenti contrari alla correttezza professionale e sfruttamento del lavoro altrui), l’attività di produzione e commercializzazione da parte di INTAV dei tre modelli del Prodotto C “denominati Freeway”. Invece, per i Prototipi A e B sui quali si era svolto il procedimento cautelare ante causam dinanzi al Tribunale di Torino, parte attrice non ha fornito alcuna prova della loro effettiva o potenziale produzione e/o commercializzazione>> § 15.

Siffatta perentorietà nell’escludere la concorrenza sleale  è così motivata subito dopo: <<difatti, una volta stabilito (e ammesso dalla stessa società attrice) che, nel settore “ristretto” dei dispositivi di segnalazione luminosa apposti sui veicoli, la figura del consumatore finale da prendere in considerazione coincide con quella dell’utilizzatore informato, il quale (come sostiene parte attrice) “non può che essere individuato nell’acquirente finale dotato di un certo grado di attenzione” da individuare nel responsabile degli acquisti delle case automobilistiche o della pubblica amministrazione, al quale va riconosciuto un elevato grado di attenzione e una spiccata sensibilità nell’individuazione delle differenze tra i vari prodotti del medesimo settore, deve escludersi che le differenze tra i medesimi prodotti e il Design VAMA innanzi evidenziate possano creare confusione nel consumatore medio di tale tipologia di prodotti.

Con particolare riferimento all’imitazione servile, essa deve riguardare le forme esteriori di un prodotto altrui e deve consistere nella riproduzione pedissequa di quei dettagli individualizzanti del modello imitato agli occhi del consumatore medio.

Non avendo parte attrice fornito la prova, mediante l’allegazione di elementi diversi da quelli sui quali si è fondata l’asserita e indimostrata contraffazione, che la mancanza di significative differenze renda confondibili per il consumatore medio i prodotti delle rispettive parti concorrenti sul mercato, con conseguente pericolo di sviamento della clientela, la condotta concretamente tenuta dalla società convenuta non può essere considerata concorrenzialmente illecita sotto il profilo dell’imitazione servile o dell’appropriazione dei pregi dei prodotti riconducibili al Design VAMA ad opera dei Prodotti Freeway di INTAV.

Neppure può essere considerato comportamento contrario alla correttezza professionale e/o sfruttamento del lavoro altrui la mera circostanza che la INTAV nel 2016 ha assunto, con qualifica di ingegnere elettronico, il sig. Rafael Sadrà Valluvi che, in precedenza, lavorava alle dipendenze di VAMA e che ben conosceva i design e i prodotti di tale azienda>> (§ 15)