Il concetto di “visibilità durante la normale utilizzazione” per i componenti di prodotti complessi nella disciplina di disegni e modelli (art. 3.3.a, dir. UE 98/71): arrivata la sentenza della Corte di Giustizia

Dopo le conclusioni dello scorso settembre dell’AG Szpunar, riferite da mio post, è ora giunta la sentenza della Corte di Giustizia 16.02.2023, C-472/21, Monz Handelsgesellschaft International c. Büchel GmbH & Co. Fahrzeugtechnik KG.

La CG  segue il suggerimento dell’AG.

Sulla prima delle questioni così risponde:

<<45   Ne consegue che una valutazione in abstracto della visibilità della parte incorporata in un prodotto complesso, senza connessione con una qualsivoglia situazione concreta di utilizzazione di tale prodotto, non è sufficiente perché una tale parte possa beneficiare della protezione come disegno o modello ai sensi della direttiva 98/71. A tal riguardo, occorre precisare che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 98/71 non impone, tuttavia, che una parte che è incorporata a un prodotto complesso resti visibile nella sua integralità in ogni momento dell’utilizzazione del prodotto complesso.

46 Infatti, come sottolineato dall’avvocato generale ai paragrafi 33 e 34 delle sue conclusioni, la visibilità di una componente incorporata in un prodotto complesso, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 98/71, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 4, della stessa, non può essere valutata unicamente dal punto di osservazione dell’utilizzatore finale di tale prodotto. A tal riguardo, deve essere presa in considerazione anche la visibilità di una simile componente per un osservatore esterno>>.

Sulla seconda questione:

<< 54  A tal riguardo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni, in pratica, l’utilizzazione di un prodotto nella sua funzione principale richiede spesso differenti atti che possono essere compiuti prima o dopo che il prodotto abbia svolto tale funzione principale, quali il deposito e il trasporto dello stesso. Di conseguenza, si deve ritenere che l’«utilizzazione normale» di un prodotto complesso, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 98/71, comprenda tutti questi atti, ad eccezione di quelli espressamente esclusi da detto paragrafo 4, vale a dire gli atti relativi alla manutenzione, all’assistenza e alla riparazione.

55 Pertanto, la nozione di «normale utilizzazione», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 98/71, deve comprendere gli atti che si riferiscono all’utilizzazione abituale di un prodotto nonché altri atti che possono ragionevolmente essere compiuti durante tale uso e che sono usuali dal punto di osservazione dell’utilizzatore finale, compresi quelli che possono essere compiuti prima o dopo che il prodotto ha svolto la sua funzione principale, quali il deposito e il trasporto di quest’ultimo.>>.

ci pare soluzione giuridicamente esatta.

Ponderosa (in fatto) decisione del Tribunale UE su disegno/modello comunitario

Vedo ora notizia di sentenza europea sul design di <canalette di scarico per doccia> ottenuta in registrazione ex reg. 6 del 2002 ma la cui valdità è contestata per vari motivi (artt. da 4 a 9)

Decide il Trib. UE 27.04.2022 , T-327/20, GROUP NIVELLES v. EUIPO + il controinteressato.

in sede amminstativa prima la registrazione era stato annullata ma poi in reflamo era stata ristabiita la privativa.

Il Tribunale conferma la decisione di reclamo.

Si tratta di sentenza ricca in fatto, meno in diritto.

SArà da me esaminata più avanti

Disegni e modelli: sul concetto di “visibilità durante la normale utilizzazione” nella disciplina dei componenti di prodotti complessi (art. 3.3.a, dir. UE 98/71)

Come di consueto interessanti le conclusioni dell’A.G. Szpunar in C-472/21, Monz Handelsgesellschaft lnternational mbH & Co. KG c. Büchel GmbH & Co. Fahrzeugtechnik KG, 08.09.2022.

Era stato registrato un sellino da bicicletta con unica raffigurazione:

Ne era poi stata chiesta la nullità per carenza di novità e individualità-

Avanti la CG la questione riguarda in particolare il concetto di <visibilità durante la normale utilizzazione> e cioè : i) se sia giudizio in astratto o in concreto (nel consueto e diffuso suo utilizzo) ; ii) e  nel secondo caso, se valgano solo gli usi suggeriti dal produttore o qualunque altro abitualmente praticato.

Sub i) , è giusta la seconda: <<18.      Per quanto riguarda poi la questione pregiudiziale, la formulazione dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 98/71 non è così chiara come potrebbe sembrare prima facie. Infatti, come sottolineato dalla Monz nelle sue osservazioni, tale disposizione esige che il componente, una volta incorporato nel prodotto complesso, «riman[ga]» (6) visibile durante la normale utilizzazione di detto prodotto. Tale formulazione potrebbe essere interpretata nel senso che è sufficiente che, dopo il montaggio del componente in questione nel prodotto complesso, detto componente non sia interamente ricoperto, cosicché sia possibile scorgerlo, anche soltanto teoricamente e indipendentemente dal punto di osservazione, eventualmente insolito, che sia necessario adottare a tal fine. Sarebbero quindi esclusi dalla protezione ai sensi di detta direttiva unicamente i disegni e modelli applicati ai componenti la cui visibilità richiede l’adozione di misure che non rientrano nell’ambito della normale utilizzazione di un prodotto, in particolare il suo smontaggio.

19.      La suesposta interpretazione contrasta tuttavia con la formulazione della seconda parte dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 98/71, secondo cui il componente di cui trattasi deve essere visibile «durante» (7) la normale utilizzazione del prodotto complesso. Come osservato, a mio avviso correttamente, sia dal giudice del rinvio sia dalla Commissione, tale espressione esclude le ipotesi in cui il componente è visibile soltanto in situazioni che non si verificano durante la normale utilizzazione del prodotto in questione.

20.      Peraltro, come osserva, in sostanza, la Commissione, conformemente all’articolo 1, lettera a), della direttiva 98/71, l’oggetto della protezione dei disegni e modelli in forza di tale direttiva è l’aspetto dell’intero prodotto o di una sua parte. I componenti progettati per essere incorporati in un prodotto complesso, se costituiscono di per sé dei prodotti, conformemente all’articolo 1, lettera b), di tale direttiva, beneficiano della protezione soltanto a condizione che siano visibili dopo tale incorporazione. L’oggetto della protezione è dunque costituito dall’aspetto del componente nel prodotto complesso. Orbene, a mio avviso è difficile parlare dell’aspetto di un prodotto se, una volta incorporato in un prodotto complesso, tale prodotto, pur senza essere interamente ricoperto e nascosto alla vista, è visibile soltanto in situazioni rare e insolite tenuto conto della normale utilizzazione di detto prodotto complesso.

21.      Alla luce di tali considerazioni, propongo di rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 98/71 dev’essere interpretato nel senso che, affinché un disegno o modello applicato ad un prodotto o incorporato in un prodotto che costituisce un componente di un prodotto complesso possa beneficiare della protezione ai sensi di tale direttiva, il componente in questione dev’essere visibile nella situazione di normale utilizzazione di detto prodotto complesso.>>

Sub ii), conta qualunque tipo di uso venga praticato: << 46  Propongo dunque di rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 98/71 dev’essere interpretato nel senso che i termini «utilizzazione normale» fanno riferimento a tutte le situazioni che possono ragionevolmente verificarsi durante l’utilizzazione di un prodotto complesso da parte del consumatore finale>>.

Difficile del resto dare una interpretrazione diversa La tutela di disegni e modelli è tutela della distintività: per cui è ovvio che la privativa opererà in qualunque contesto in cui esso possa essere visibile.

Sulla protezione UE di modello parziale: giunge a conclusione la lite Ferrari c. Mansory Design

Avevo dato dato notizia delle conclusioni 15.07.21 dell’Avvocato Generale (AG) nella causa C-123/20 .

La Corte di Giustizia (CG) ha depostato la sentenza il 28.10.2021, che le accoglie in toto.

Le questioni non erano particolarmente complesse.

La prima potrebbe apparire  più semplice: <<Se la divulgazione di una raffigurazione complessiva di un prodotto, conformemente all’articolo 11, paragrafo 1 e paragrafo 2, prima frase, del regolamento n. 6/2002, possa dar vita a disegni o modelli comunitari non registrati relativi a singole parti del prodotto.>>

La risposta è sicuramente positiva.

Così la CG : <<il requisito concernente la capacità di identificare l’oggetto della protezione, il quale contribuisce ad un certo livello di certezza giuridica nell’ambito del regime di protezione dei disegni o modelli comunitari non registrati, non implica un obbligo per i creatori di divulgare in maniera distinta ciascuna delle parti dei loro prodotti per le quali essi desiderano beneficiare di una protezione come disegno o modello comunitario non registrato. ….      In quest’ottica, poiché il legislatore dell’Unione non ha espresso una volontà diversa, l’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento n. 6/2002 deve essere interpretato nel senso che esso non impone ai creatori un obbligo di divulgazione distinto di ciascuna delle parti dei loro prodotti per le quali essi desiderano beneficiare di una protezione come disegno o modello comunitario non registrato>>, §§ 40 e 43.

La seconda potrebbe sembrare meno semplice: <<In caso di risposta affermativa alla prima questione: Quale sia, nell’ambito dell’esame del carattere individuale previsto dall’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), e dall’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, il criterio giuridico da applicare per determinare l’impressione generale suscitata da una componente che – come, ad esempio, una parte della carrozzeria di un veicolo – viene incorporata in un prodotto complesso. In particolare, se sia lecito attribuire rilievo determinante al fatto di appurare se, nella percezione dell’utilizzatore informato, l’aspetto della componente non si confonda interamente nell’aspetto del prodotto complesso, ma presenti una certa autonomia e compiutezza in sé della forma, che consentano di constatare un’impressione estetica generale indipendente dalla forma complessiva».

La risposta della CG: <<44    il criterio della presa di conoscenza dei fatti configuranti una divulgazione da parte degli ambienti specializzati presuppone che il disegno o modello della parte o della componente del prodotto sia chiaramente identificabile. Pertanto, qualora, come nel caso di specie, l’atto di divulgazione consista nella pubblicazione di immagini di un prodotto, le caratteristiche della parte o della componente di tale prodotto per la quale il disegno o modello in questione viene rivendicato devono essere chiaramente visibili.   45 … A questo scopo, è essenziale disporre di un’immagine che permetta di visualizzare, in modo preciso e certo, tale disegno o modello rivendicato…. 50   Ne consegue che, al fine di permettere di valutare le condizioni per l’ottenimento della protezione come disegno o modello comunitario, la parte di prodotto o la componente di prodotto complesso in questione deve essere visibile e delimitata in virtù di caratteristiche che costituiscono il suo aspetto particolare, vale a dire in virtù di linee, contorni, colori, forme od anche di una particolare struttura superficiale. Ciò presuppone che l’aspetto di questa parte di prodotto o di questa componente di prodotto complesso sia capace, di per sé stessa, di produrre un’impressione generale e non possa confondersi interamente nel prodotto d’insieme>>.

la risposta della Cg però è quasi scontata. Affinchè l’ordinamento possa concedere (o riconoscere)  l’esclusiva su una creazione intellettuale (anche se applicata ad un corpus mechanicum), bisogna che questa sia individuabile in modo inequivoco: al pari di quanto succede per qualunque diritto, non proteggibile se il suo oggetto non è analogamente individuabile.

Tutela europea di modello parziale (partial design)

L’avvocato generale (AG) deposita le conclusioni 15.07.2021 nella causa C-123/20, Ferrari spa c.  Mansory Design & Holding GmbH.

L’azienda tedesca vende assetti modificati (tuning kit) per rendere la Ferrari 488 GTB (da strada) simile alla Ferrari FXX K (da pista).

Ferrari agisce per contraffazione di modello non registrato (ammesso dal reg. 6/2002), che sarebbe presente nel complesso del veicolo Ferrari FXX K .

La particolarità sta nel fatto che aziona spt. un modello costituito dall’aspetto della parte anteriore e soprattutto il disegno di una grande V sul cofano.

I temi sono assai interessanti , dato che la chiarezza in tema di design non è mai troppa. La trattazione dell’Ag offre un utile promemoria dei principali concetti in materia.

Il giudice tedesco pone queste due pregiudiziali:

«1)      Se la divulgazione della raffigurazione di un prodotto nella sua interezza, conformemente all’articolo 11, paragrafi 1 e 2, prima frase, del regolamento no 6/2002, possa dar luogo a disegni o modelli comunitari non registrati relativi a singole parti del prodotto.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione: Quale sia il criterio giuridico da applicare nell’esame del carattere individuale previsto dall’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), e dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento no 6/2002, ai fini della valutazione dell’impressione generale suscitata da una componente – come, ad esempio, una parte della carrozzeria di un veicolo – incorporata in un prodotto complesso. In particolare, se sia decisivo stabilire se, nella percezione dell’utilizzatore informato, l’aspetto della componente non scompaia del tutto nell’aspetto del prodotto complesso, ma presenti una certa autonomia e compiutezza della forma la quale consenta di individuare un’impressione estetica generale indipendente dalla forma complessiva

Sub 1), la risposta che lAg propone ala Corte è -prevedibilmente- positiva: <<l’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento no 6/2002 dev’essere interpretato nel senso che la divulgazione al pubblico del disegno o modello complessivo di un prodotto, quale l’aspetto di un’autovettura, comporta altresì la divulgazione al pubblico del disegno o modello di una parte del prodotto medesimo, quale l’aspetto di taluni elementi della carrozzeria dell’autovettura stessa, purché tale ultimo disegno o modello sia chiaramente individuabile all’atto della divulgazione>>.

Sub 2 (se serva chiarezza e autonomia nella parte del’aspetto che costituirebbe design parziale) ,  l’Ag così osserva:

<< Le suesposte precisazioni ricordano, a mio parere, le circostanze della causa principale. Infatti, ricordo che la Ferrari ha dedotto in particolare, a sostegno della sua azione per contraffazione, in estremo subordine, un disegno o modello comunitario non registrato relativo al rivestimento complessivo della Ferrari FXX K (43). Orbene, secondo la mia comprensione della decisione di rinvio, il giudice di appello, procedendo ad un raffronto di tale disegno o modello con l’aspetto complessivo della Mansory Siracusa 4XX (44), ha considerato, in sostanza, che tali due disegni o modelli non producono la stessa «impressione [visiva] generale», ai sensi dell’articolo 10 del regolamento n° 6/2002 (45) – e ciò malgrado similitudini visive riguardanti, in particolare, l’elemento a forma di «V» sul cofano e lo spoiler a due strati. Facendo valere un disegno o modello comunitario non registrato incentrato sull’aspetto della parte della FXX K in questione, la Ferrari cerca pertanto di aumentare al massimo le proprie possibilità di veder riconoscere, nel caso di specie, la contraffazione.

100. Alla luce di tali considerazioni, mi sembra che, con il secondo quesito, il giudice del rinvio s’interroghi in merito all’esistenza o meno di limiti alla possibilità, per gli autori, di suddividere l’aspetto complessivo dei propri prodotti in vari disegni o modelli di «parti [di prodotto]» ciascuna oggetto di una specifica protezione in quanto disegno o modello comunitario, al fine di aumentare al massimo il livello di protezione di cui essi godono…. 103  È pertanto necessario, nella specie, acclarare se l’aspetto di una parte di prodotto, al fine di poter formare oggetto di un disegno o modello comunitario a parte, distinto da quello eventualmente protetto dall’aspetto complessivo del prodotto stesso, debba effettivamente presentare «autonomia» e «compiutezza» in tal senso.>>

E la soluzione per disciplinare questo genere di tentativi risiede, per l’AG , <<non nell’adozione di criteri aggiuntivi, ma semplicemente nella rigorosa applicazione, da parte dell’esaminatore o del giudice, dei criteri risultanti dalla definizione di «disegno o modello», ai sensi dell’articolo 3, lettera a), del regolamento n° 6/2002. Come già rilevato supra al paragrafo 107, la parte di prodotto dev’essere, segnatamente, delimitata dal proprio aspetto particolare – le proprie linee, i propri contorni, il proprio colore, ecc. (53) In definitva, deve esservi un disegno o modello identificabile come tale e che possa prestarsi, di per sé, alla valutazione dei requisiti per l’ottenimento della protezione. Posso pertanto condividere la valutazione del giudice del rinvio secondo cui l’aspetto della parte dev’essere in grado di produrre, di per sé, un’«impressione generale», e non può quindi scomparire del tutto in quello complessivo del prodotto. Un disegno o modello comunitario di cui oggetto non rispondesse a tale definizione dovrebbe essere dichiarato nullo (54)– o, più esattamente, inesistente>>, § 116..

La verifica se il modello azionato integri il cocnetto di legge di <disegno o modello> spetta al giudice nazionale.

Ma dà alcune indicazioni: <<Osservo, a tal fine, che la parte della FXX K di cui la Ferrari rivendica l’aspetto in quanto disegno o modello comunitario non registrato, composta dall’elemento a forma di «V» sul cofano della FXX K, dall’elemento a forma di alettone sporgente dalla parte centrale di tale primo elemento e disposto longitudinalmente (lo strake), dallo spoiler anteriore a due strati integrato nel paraurti, e dal raccordo verticale centrale che collega lo spoiler anteriore e il cofano, costituisce una porzione dell’autovettura stessa. Tale porzione è visibile, così come già rilevato dal giudice del rinvio. Inoltre, mi sembra che detta porzione sia delimitata da linee, contorni, colori e forme particolari. Sono incline a ritenere, al pari della Ferrari, che tali diversi elementi possano essere percepiti come un tutto, che evochi in maniera caratteristica la parte anteriore di un’autovettura di Formula 1 .  Nel caso in cui il giudice del rinvio dovesse essere dello stesso avviso, spetterà al medesimo, poi, verificare se l’aspetto della parte di prodotto rivendicata soddisfi, di per sé, i requisiti per l’ottenimento della protezione in qualità di disegno o modello comunitario. I criteri da applicare nell’ambito della valutazione di tali requisiti dovrebbero essere gli stessi da applicare per qualunque disegno o modello. In particolare, per determinare l’impressione generale prodotta dal disegno o modello di una parte di prodotto, si deve tener conto – al fine di valutare il «carattere individuale» o la contraffazione – dell’aspetto di questa sola parte, indipendentemente dall’impressione generale suscitata dal prodotto considerato nel suo insieme.>>, § 119-120..

Pertanto la risposta per il secondo questito è la seguente: <<l’articolo 3, lettera a), del regolamento n° 6/2002 dev’essere interpretato nel senso che costituisce «l’aspetto di una parte di prodotto», ai sensi di tale disposizione, che può formare oggetto di protezione in quanto disegno o modello comunitario, una porzione visibile di un prodotto, delimitata da linee, da contorni, da colori, da forme o ancora da una struttura superficiale particolare. Non occorre applicare, nell’esame della questione se un disegno o modello risponda a tale definizione, criteri aggiuntivi quali l’«autonomia» o la «compiutezza della forma»>>, § 121..

Tutela UE da disegno interconnessioni per sistemi modulari (ancora sul caso LEGO)

Lego chiede la registrazione come disegno/modello (“design”, nel diritto Ue)  dei suoi mattoncini: vedine l’immagine nel comunicato stampa 48/21 del 24.03.2021 della CG.

In via amminstrativa prima le va bene, ma poi -in sede reclamo- le va male.

In sede giurisdizionale però ottiene ragione. La decisione di annullamento  della registrazione, presa dal board of appeal, viene a sua volta annullata dal Tribunale UE, 24.03.2021, T-515/19, Lego c. EUIPO con intervento di Delta Sport.

La normativa pertinente è costituita dal reg. Ue sui disegni n° 6 del 2002 e qui dall’art. 8.

In breve, il Trib. osserva che:

  1. l’eccezione sui prodotti modulari,  portata dall’art. 8.3, è riferita non solo all’art. 8.2 ma anche all’art. 8.1, per lo meno per la parte in cui le due norme si sovrappongono, § 69. Ciò per non far perdere di effettività all’art. 8.3. Quindi male ha fatto il Board of appeal a non considerare ciò, § 84 .
  2. per arrivare al giudizio di nullità per rilevanza tecnica delle carattertistiche esteriori (art. 25.1.b) , bisogna che tutte queste abbiana tale rilevanza: <<It follows that a design must be declared invalid if all the features of its appearance are solely dictated by the technical function of the product  concerned by that design (see, to that effect, judgment of 8 March 2018, DOCERAM, C‑395/16, EU:C:2018:172, paragraph 32). It follows that if at least one of the features of appearance of the product concerned by a contested design is not solely dictated by the technical function of that product, the design at issue cannot be declared invalid under Article 8(1) of Regulation No 6/2002.>>, § 96. Non avendo l’istante e l’Ufficio dimostrato ciò, la decisione va annullataa.
  3. sotto il profilo procedurale, poi, l’eccezione siffatta, basata sull’art. 8.3, può anche essere sollevata per la prima volta in sede di reclamo amminsitativo e cioè davanti al board of appeal, § 50.

Tutela d’autore (e da disegno e modello) quando l’opera è stata creata in ossequio solo a esigenze funzionali? La Corte di Giustizia ha risposto

Nel post del 10 febbraio avevo riferito delle conclusioni dell’AG nel caso Brompton c. Chedech/Get2get , in cui un produttore di bicicletta pieghevole ha tentato di proteggere la sua creazione tramite diritto di autore.

Naturalmente il convenuto aveva eccepito la non tutelabilità per il fatto che la forma scelta era stata dettata da esigenze tecnico-funzionali.

Ora è intervenuta la Corte di Giuszia con la sentenza 11.06.2020, C-833/18.

La sua conclusione è in linea con quelle dell’AG.

Del resto non ci sono dubbi che, se la forma espressiva è dettata da esigenze funzionali, viene meno la creatività dell’autore e cioè il suo apporto personale (art .6 l. aut.). La necessità di questo elemento, che costituisce il proprium della creazione proteggibile, non è emerge in modo esplicito da alcuna disposizione europea o internazionale, ma è comunemente affermata. Si v. nel caso Cofemel – Sociedade de Vestuário SA c. G-Star Raw CV, C-683/17, sia le conclusioni 02.05.2019 dell’AG Szpunar (§§ 23-26) che la successiva sentenza 12.09.2019 della CG (§§ 29-31).

la CG aggiunge che gli altri fattori ricordati nellla seconda questione pregiudiziale (altre possibili forme per il medesimo risultato; l’efficacia della forma per ottebere il risultato; la volontà delle parti; l’esistenza di un brefevtto anteriore) non sono affatto decisivi: contano solo i requisiti propri del diritto di autore (creatività/ originalità).

Come sempre, la CG  delega al giudica nazionale l’applicazione di questi generali criteri al caso specifico

Il punto difficile però è rimasto insoluto: quanto di condizionameno impedisce la tutela di autore? solo il condizionament totale o anche quello parziale? Nel secondo caso , in che misura? La disciplina dei marchi ad es. pone un avverbio significativo: non possono essere registrati “i segni costituiti ESCLUSIVAMENTE da una forma che …” (anche se poi nella prassi giudiziale viene parecchio annacquato) .   La Corte aggiunge, per vero, l’avverbio UNICAMENTE (§§ 27 e 33, v. sotto), ma non si sa quanto consapevolmente.

Infine ecco i passaggi argomentativi più interessanti:

<<da una costante giurisprudenza della Corte risulta che, perché un oggetto possa essere considerato originale, è necessario e sufficiente che rifletta la personalità del suo autore, manifestando le scelte libere e creative di quest’ultimo (sentenza del 12 settembre 2019, Cofemel, C‑683/17, EU:C:2019:721, punto 30 e giurisprudenza ivi citata)>>, § 23.

Ne segue che <<un oggetto che soddisfa il requisito di originalità può beneficiare della protezione ai sensi del diritto d’autore anche qualora la realizzazione di tale oggetto sia stata determinata da considerazioni tecniche, purché una simile determinazione non abbia impedito all’autore di riflettere la sua personalità in tale oggetto, manifestando scelte libere e creative>>, § 26. Infatti il cirterio delloriginalità <<non può essere soddisfatto dalle componenti di un oggetto che siano caratterizzate unicamente dalla loro funzione tecnica, poiché risulta in particolare dall’articolo 2 del Trattato OMPI sul diritto d’autore che la protezione ai sensi del diritto d’autore non si estende alle idee. Proteggere queste ultime mediante il diritto d’autore equivarrebbe infatti a offrire la possibilità di monopolizzare le idee, a discapito, in particolare, del progresso tecnico e dello sviluppo industriale (v., in tal senso, sentenza del 2 maggio 2012, SAS Institute, C‑406/10, EU:C:2012:259, punti 33 e 40). Orbene, quando l’espressione di dette componenti è dettata dalla loro funzione tecnica, i diversi modi di attuare un’idea sono così limitati che l’idea e l’espressione si confondono (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2010, Bezpečnostní softwarová asociace, C‑393/09, EU:C:2010:816, punti 48 e 49).>>, § 27.

Si tratta del passaggio più originale: la necessità che siano protette non le idee astratte ma solo quelle concretizzatisi in una specifica forma, è usata per dirimere la questione giuridica astratta.

<<A tale riguardo, come ricordato ai punti 24, 26 e 27 della presente sentenza, ciò non può verificarsi qualora la realizzazione di un oggetto sia stata determinata da considerazioni tecniche, da regole o da altri vincoli che non hanno lasciato spazio all’esercizio di una libertà creativa o le hanno lasciato uno spazio talmente limitato che l’idea e la sua espressione si confondono.>>, § 31.

E del resto <<32  (…) anche se vi è una possibilità di scelta quanto alla forma di un oggetto, non si può concludere che esso rientri necessariamente nella nozione di «opera», ai sensi della direttiva 2001/29. Per stabilire se ciò effettivamente avvenga, spetta al giudice del rinvio verificare che le condizioni ricordate ai punti da 22 a 27 della presente sentenza sono soddisfatte. 33.      Nel caso in cui la forma del prodotto sia dettata unicamente dalla sua funzione tecnica, tale prodotto non potrebbe rientrare nella sfera di protezione ai sensi del diritto d’autore.  34      Pertanto, al fine di stabilire se il prodotto di cui trattasi rientri nella sfera di protezione ai sensi del diritto d’autore, spetta al giudice del rinvio stabilire se, attraverso tale scelta della forma del prodotto, il suo autore abbia espresso la propria capacità creativa in maniera originale effettuando scelte libere e creative e abbia modellato il prodotto in modo da riflettere la propria personalità.>>

Quanto ai quattro fattori ipotizzati nella seconda domanda pregiudiziale:

<<35      In tale contesto, e dato che deve essere valutata solo l’originalità del prodotto in esame, l’esistenza di altre forme possibili che consentono di giungere allo stesso risultato tecnico, benché permetta di constatare l’esistenza di una possibilità di scelta, non è determinante al fine di valutare i fattori che hanno guidato la scelta effettuata dal creatore. Analogamente, la volontà del presunto contraffattore è irrilevante nell’ambito di una simile valutazione. 36      Quanto all’esistenza di un brevetto anteriore, oggi scaduto nel procedimento principale, nonché all’efficacia della forma per pervenire al medesimo risultato tecnico, se ne dovrebbe tener conto solo nei limiti in cui tali elementi consentano di rivelare le considerazioni effettuate nella scelta della forma del prodotto di cui trattasi>>.

Curiosa la precisazione finale: <<In ogni caso, occorre sottolineare che, al fine di valutare se la bicicletta pieghevole di cui al procedimento principale sia una creazione originale e sia quindi protetta ai sensi del diritto d’autore, spetta al giudice del rinvio tener conto di tutti gli elementi pertinenti del caso di specie, quali esistevano al momento dell’ideazione di tale oggetto, indipendentemente dai fattori esterni e successivi alla creazione del prodotto.>>,  § 37.

Tutela d’autore (e da disegno e modello) quando l’opera è stata creata in ossequio solo a esigenze funzionali?

Il problema della tutelabilità con una privativa di intellectual property di una forma o comunque di un trovato realizzato in stretto ossequio ad esigenze funzionali, solitamente esaminato in tema di Marchi e disegni, trova ora esame In Diritto d’autore.

L’Avvocato Generale Sanchez Bordona (poi: AG) nelle sue Conclusioni 6.2.2020, C-833/18, SI-Brompton Bicycle Ltd. c. Chedec/Get2Get, prepara la causa in vista del successivo intervento della Corte di Giustizia (poi: CG)

Nel caso specifico si trattava di una bicicletta pieghevole che aveva ottenuto un brevetto sul meccanismo di piegatura, successivamente era diventato di pubblico dominio (§ 22).

Il creatore  fa valere il Diritto d’autore nei confronti di un produttore coreano di una bicicletta molto simile.

La bicicletta su cui vanta diritto l’attore in contraffazione è la seguente:

Quella del convenuto è invece la seguente:

Naturalmente il coreano subito obietta che la privativa azionata è nulla in quanto l’opera (bicicletta) è stata creata in ossequio ad esigenze funzionali

È curioso che nè nel diritto europeo armonizzato né in quello nazionale esista una norma, che escluda la tutela quando la creazione è frutto solo di esigenze tecnico-funzionali: il che invece avviene per i marchi (art. 9 C.P.I.) e per i disegni e modelli (articolo 36 c.p.i.)

La questione si presenta sostanzialmente nuova per il Diritto d’autore: qui la norma, che potrebbe semmai essere utilizzata, è quella relativa alla creatività (art. 6 l. aut.) e/o quella per cui sono proteggibili le singole forme espressive ma non le idee astratte (art. 2 Trattato OMPI: <<Oggetto della protezione del diritto d’autore – La protezione del diritto d’autore copre le espressioni e non le idee, i procedimenti, i metodi di funzionamento o i concetti matematici in quanto tali>> in www.admin.ch).
La normativa europea sul punto tace, come detto, anche se sono arrivate delle buone messe a punto di recente. ad es. v .sentenza CG 12.09.2019, Cofemel – Sociedade de Vestuário SA, contro G‑Star Raw CV, C-683/17 (§§ 29-30-31), la quale al paragrafo 31 cita il precedente CG 01.03.2012, Football Dataco ed altri c. Yahoo ed altri, C-604/10, § 39  in tema di banca dati.

Cofemel diceva cosi’: <<29  La nozione di «opera» considerata dall’insieme di dette disposizioni costituisce, come risulta da costante giurisprudenza della Corte, una nozione autonoma del diritto dell’Unione che deve essere interpretata e applicata in modo uniforme, e che presuppone il ricorrere di due elementi cumulativi. Da una parte, tale nozione implica che esista un oggetto originale, nel senso che detto oggetto rappresenta una creazione intellettuale propria del suo autore. D’altra parte, la qualifica di opera è riservata agli elementi che sono espressione di tale creazione (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2009, Infopaq International, C‑5/08, EU:C:2009:465, punti 37 e 39, e del 13 novembre 2018, Levola Hengelo, C‑310/17, EU:C:2018:899, punti 33 e da 35 a 37, nonché giurisprudenza ivi citata).  30 Quanto al primo di questi elementi, risulta da costante giurisprudenza della Corte che, perché un oggetto possa essere considerato originale, è necessario e sufficiente che rifletta la personalità del suo autore, manifestando le scelte libere e creative di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 1o dicembre 2011, Painer, C‑145/10, EU:C:2011:798, punti 88, 89 e 94, nonché del 7 agosto 2018, Renckhoff, C‑161/17, EU:C:2018:634, punto 14). 31 Per contro, quando la realizzazione di un oggetto è stata determinata da considerazioni di carattere tecnico, da regole o altri vincoli che non lasciano margine per la libertà creativa, non può ritenersi che tale oggetto presenti l’originalità necessaria per poter costituire un’opera (v., in tal senso, sentenza del 1o marzo 2012, Football Dataco e a., C‑604/10, EU:C:2012:115, punto 39, e giurisprudenza ivi citata)>>.

Rilevante è pure la sentenza CG 13.11.2018, Levola c. Smilde Foods, C-310/17, ove si legge: <<35   A questo proposito, affinché un oggetto possa essere qualificato come «opera», ai sensi della direttiva 2001/29, occorre che siano soddisfatte due condizioni cumulative.   36 Da una parte, l’oggetto di cui trattasi dev’essere originale, nel senso che costituisce una creazione intellettuale propria del suo autore (sentenza del 4 ottobre 2011, Football Association Premier League e a., C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).   37 Dall’altra parte, la qualificazione come «opera» ai sensi della direttiva 2001/29 è riservata agli elementi che sono espressione di una siffatta creazione intellettuale (v., in tal senso, sentenze del 16 luglio 2009, Infopaq International, C‑5/08, EU:C:2009:465, punto 39, nonché del 4 ottobre 2011, Football Association Premier League e a., C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punto 159).>> .

Tornando a SI-Brompton Bicycle Ltd. c. Chedec/Get2Get , l’AG si richiama alle approfondite conclusioni del collega AG Szpunar nella causa Cofemel, dove è analizzata la nozione di <<Opera>> e quindi passa ad analizzare il concetto di originalità (§ 59 ss).

Conclude dicendo che <<65 Da tali pronunce si può dedurre che, come criterio generale, non sarà possibile proteggere mediante diritto d’autore le opere (oggetti) di arti applicate la cui forma dipenda dalla loro funzione. Se l’aspetto di una di tali opere è dettato unicamente dalla sua funzione tecnica, in quanto fattore determinante, non potrà godere della tutela a titolo del diritto d’autore (40).   66. L’applicazione di questo criterio al diritto d’autore si pone sulla stessa linea vigente per i disegni e modelli e per i marchi: – per quel che riguarda i disegni e modelli (disciplinati dalla direttiva 98/71 o dal regolamento n. 6/2002) (41), né l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, né l’articolo 7 della direttiva 98/71 conferiscono diritti sulle «caratteristiche dell’aspetto di un prodotto determinate unicamente dalla sua funzione tecnica» (42);  – quanto ai marchi dell’Unione europea, l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 40/94 (43) introduce il divieto di registrazione come marchio dei segni costituiti dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico. 67 Riassumendo, i disegni la cui configurazione è determinata da ragioni tecniche che non lasciano spazio all’esercizio della libertà creativa non possono beneficiare della tutela del diritto d’autore. Al contrario, la mera circostanza che un disegno presenti alcuni elementi funzionali non lo priva di detta tutela a titolo del diritto d’autore>>

Ed allora non ci sono problemi applicativi,  quando <<le menzionate ragioni tecniche annullano, praticamente, il margine di creatività. Le difficoltà sorgono, tuttavia, quando i disegni coniugano caratteristiche funzionali e artistiche. A priori, siffatti disegni misti non dovrebbero essere esclusi dalla tutela del diritto d’autore, il che succederà invece quando gli elementi funzionali prevalgano su quelli artistici fino al punto che questi ultimi diventino irrilevanti>> (§ 68)

Si avvale in via analogica della nota sentenza CG 14.09.2010, LEGO c. UAMI, C-48/09, relativa al marchio di forma peri famosi mattoncini da gioco: << 73  [La Corte] Ha inoltre sostenuto che, «circoscrivendo l’impedimento alla registrazione stabilito dall’art. 7, n. 1, lett. e), sub ii), del regolamento n. 40/94 ai segni costituiti “esclusivamente” dalla forma del prodotto “necessaria” per ottenere un risultato tecnico, il legislatore ha tenuto debitamente in considerazione la circostanza che tutte le forme di prodotto, in una certa misura, sono funzionali e che pertanto sarebbe inopportuno escludere la registrazione come marchio di una forma di prodotto per il solo motivo che essa presenta caratteristiche funzionali. Impiegando i termini “esclusivamente” e “necessaria”, tale disposizione garantisce che la registrazione sia esclusa solamente per le forme di prodotto che si limitano ad incorporare una soluzione tecnica e la cui registrazione come marchio comprometterebbe quindi effettivamente l’utilizzo di tale soluzione tecnica da parte di altre imprese» (49).  74. Ciò premesso, la Corte ha fornito alcune importanti precisazioni sulla «presenza di uno o più elementi arbitrari minori in un segno tridimensionale i cui elementi essenziali sono tutti dettati dalla soluzione tecnica che tale segno esprime»: – da un lato, questo elemento «non intacca la conclusione che detto segno è costituito esclusivamente dalla forma del prodotto necessaria ad ottenere un risultato tecnico» (50); – dall’altro, «(…) la registrazione di siffatto segno come marchio non [può] essere rifiutata in base a tale disposizione se la forma di prodotto in causa incorpora un elemento non funzionale principale, quale un elemento ornamentale o di fantasia che ricopre un ruolo importante in detta forma» (51). 75. Quanto alla nozione di forma necessaria per ottenere il risultato tecnico desiderato, la Corte ha confermato la tesi del Tribunale, vale a dire «che tale condizione non implica che la forma in causa debba essere l’unica che consente di conseguire detto risultato» (52). Ha aggiunto che «l’esistenza di altre forme che consentono di ottenere il medesimo risultato tecnico non costituisce (…) una circostanza idonea ad escludere l’impedimento alla registrazione» >>.

L’AG -ecco il punto centrale della Conclusioni- ritiene appropriato applicare in via analogica le argomentazioni della Corte utilizzate in quella sede e quindi conclude così: << è possibile rispondere al giudice del rinvio. Quest’ultimo sembra affermare che l’aspetto della bicicletta controversa era necessario per ottenere il risultato tecnico (54), il che costituisce una valutazione di fatto che spetta esclusivamente ad esso. Se, con tale affermazione, intende dire che sussiste il nesso di esclusività tra l’aspetto e la funzionalità, al quale ho fatto riferimento in precedenza, la risposta alla sua prima questione dovrebbe essere che non può concedersi la tutela a titolo del diritto d’autore.>> (§ 76)

Sulla seconda questione pregiudiziale (<<il giudice del rinvio intende sapere, in particolare, quale incidenza possano avere, al fine di valutare il rapporto tra la concezione della forma dell’oggetto e il raggiungimento del risultato tecnico perseguito, quattro fattori specifici da esso stesso elencati>>, § 77),  l’AG passa ad esaminare l’incidenza dei quattro fattori esaminati dal g. del rinvio: i) l’esistenza di un brevetto anteriore, ii) l’esistenza di possibili altre forme che permettono di conseguire lo stesso risultato tecnico, iii) la volontà della serito contraffattore, iv) l’efficacia della forma (profilo non molto chiaro).

Vediamo brevemente il secondo fattore e cioè l’esistenza di possibili altre forme che permettono di giungere al medesimo risultato tecnico

Qui l’AG  si rifà al caso Doceram, C-395/16, cit. subito sotto, nel quale era stato stabilito che l’esistenza di altre soluzioni alternative è irrilevante.

L?AG però aggiunge che <<84 La lettura di tale sentenza fa quindi emergere l’irrilevanza delle soluzioni alternative al fine di chiarire il nesso di esclusività tra le caratteristiche dell’aspetto e la funzione tecnica del prodotto. Non autorizza, tuttavia, ad escludere che tali soluzioni alternative possano avere alcuna incidenza, in quanto elemento idoneo per riconoscere un margine alla creazione intellettuale che conduce al medesimo risultato tecnico.   85. Nei modelli in cui l’intersezione dell’arte con il disegno è particolarmente evidente, vi saranno maggiori possibilità di libertà creativa (60) per configurare l’aspetto del prodotto. Come proposto dalla Commissione in udienza, l’integrazione degli aspetti formali con quelli funzionali, nelle opere di arti applicate, dovrà essere analizzata in dettaglio per stabilire se l’aspetto di tali opere non sia interamente determinato dalle esigenze tecniche. In alcuni casi sarà possibile separare, quanto meno idealmente, gli elementi che obbediscono a considerazioni funzionali da quelli che obbediscono soltanto a libere scelte (originali) del loro ideatore, suscettibili di tutela a titolo del diritto d’autore>>

L’AG capisce che queste sue riflessioni <<possano essere considerate piuttosto teoriche e forse non risultano di grande aiuto per il giudice del rinvio, confrontato con il difficile compito di stabilire quali elementi creativi possano essere tutelati in una bicicletta la cui funzionalità richiede la presenza di ruote, catena, telaio e manubrio, a prescindere dalla forma >> (§86). Però, quasi sconsolatamente, aggiunge che <<in una prospettiva legata all’interpretazione della norma, più che alla sua applicazione a una determinata fattispecie, ciò che conta è ricordare che, secondo la Corte, la risposta a questa parte della seconda questione pregiudiziale si deduce dalla sentenza DOCERAM.>> (§ 87),.

Conclude che <<la soluzione esposta in relazione ai disegni e modelli può essere trasposta, mutatis mutandis, per determinare il grado di originalità delle «opere» con applicazione industriale che i loro autori intendono proteggere a titolo del diritto d’autore.>> (§ 88). In pratica non dà un grande ausilio alla CG per applicare l’insegnamento di Doceram.

Passiamo ora brevemente alla predetta sentenza Doceram, Corte di Giustizia 08.03.2018, C-395/16,  Doceram GmbH c. CeramTec GmbH.

Sui fatti di causa: <<10 La DOCERAM è una società che produce componenti in ceramica di tipo ingegneristico. Essa fornisce, in particolare, perni di centraggio per saldatura al settore automobilistico, al settore delle macchine tessili e all’industria meccanica. Essa è titolare di diversi disegni o modelli comunitari registrati per perni di centraggio per saldatura di tre diverse geometrie, ciascuna declinata in sei tipi.   11 Anche la CeramTec produce e commercializza perni di centraggio nelle stesse varianti di quelle protette dai disegni o modelli della DOCERAM. 12 Lamentando una violazione dei disegni o modelli comunitari la DOCERAM adiva il Landgericht Düsseldorf (Tribunale del Land, Düsseldorf, Germania) con un’azione inibitoria nei confronti della CeramTec, la quale proponeva una domanda riconvenzionale volta a far dichiarare la nullità dei disegni o modelli contestati, con la motivazione che le caratteristiche dei prodotti in questione erano determinate unicamente dalla loro funzione tecnica.>>

Le questioni sollevate erano (§ 16) :

<<«1)      Se si debba ritenere sussistente una caratteristica determinata unicamente dalla funzione tecnica, non attributiva di protezione, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento [n. 6/2002], anche nel caso in cui l’effetto estetico non presenti alcun rilievo per il disegno del prodotto, bensì la funzionalità (tecnica) costituisca l’unico fattore determinante per il disegno stesso.

2)      In caso di risposta affermativa della Corte alla prima questione: sotto quale profilo occorra valutare se le singole caratteristiche dell’aspetto di un prodotto siano state determinate unicamente sulla base di considerazioni di funzionalità. Se il criterio determinante sia quello dell’“osservatore obiettivo” e, in caso di risposta affermativa, come debba essere definita tale nozione»>>.

Il caso è importante perché è il primo ad esaminare l’articolo 8 c. 1 del regolamento 6 / sui disegni e modelli , secondo cui <<Articolo 8 Disegni o modelli di aspetto dettato dalla sua funzione tecnica e disegno o modello d’interconnessione –  1. Un disegno o modello comunitario non conferisce diritti sulle caratteristiche dell’aspetto di un prodotto determinate unicamente dalla sua funzione tecnica.>>

Circa l’espressione  «caratteristiche dell’aspetto di un prodotto che sono determinate unicamente dalla sua funzione tecnica», la CG osserva che <<né l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 né altre disposizioni di tale regolamento e neppure la direttiva 98/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998 sulla protezione giuridica dei disegni e dei modelli (GU 1998, L 289, pag. 28), che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 36 delle sue conclusioni, è all’origine di tale articolo 8, paragrafo 1, precisano cosa si debba intendere con questa espressione. Inoltre, tale regolamento e tale direttiva non operano alcun rinvio ai diritti nazionali per quanto riguarda il significato da attribuire a detti termini.>>, § 19.

Come sempre in questi casi, mancando rinvio a legge Nazionale, il concetto va determinati in via autonoma livello europeo (§ 20)

La conclusione – un pò frettolosa-  è che << 22  Per quanto riguarda, anzitutto, il tenore letterale dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, è giocoforza constatare che, in assenza di definizione di tale espressione, quest’ultimo non stabilisce alcun criterio per valutare se le caratteristiche dell’aspetto di un prodotto siano determinate unicamente dalla funzione tecnica di quest’ultimo. Non risulta quindi né da tale articolo né da nessun’altra disposizione di tale regolamento che l’esistenza di disegni o modelli alternativi in grado di eseguire la medesima funzione tecnica di quella del prodotto in esame costituisca l’unico criterio per determinare l’applicazione del suddetto articolo.  23 Per quanto riguarda, poi, il contesto dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, si deve rilevare che tale disposizione rientra nella sezione 1 del titolo II di tale regolamento, intitolata «Requisiti per la protezione», e concerne il caso in cui la protezione non sia conferita da un disegno o modello comunitario alle caratteristiche dell’aspetto di un prodotto laddove esse siano determinate unicamente dalla funzione tecnica di quest’ultimo. Secondo il considerando 10 di tale regolamento, l’esclusione della protezione in questo caso non comporta la necessità che disegni o modelli possiedano un valore estetico. Non è dunque necessario, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 27 delle sue conclusioni, che l’aspetto del prodotto interessato sia di tipo estetico per poter godere della protezione in forza del medesimo regolamento.>>

Del resto è decisivo l’aspetto, nella tutela dei disegni e modelli (§ 25).

Ne segue che <<una simile affermazione tende a confermare un’interpretazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 secondo la quale tale disposizione esclude la protezione conferita da detto regolamento nel caso in cui l’esigenza di realizzare una funzione tecnica del prodotto in questione sia l’unico fattore che abbia dettato la scelta fatta dal creatore di una caratteristica dell’aspetto di tale prodotto, mentre le considerazioni di altra natura, in particolare quelle connesse all’aspetto visivo di detto prodotto, non abbiano svolto alcun ruolo al momento della scelta di tale caratteristica.>>, § 26.

La Corte richiama quindi i §§ 40-41 della Conclusioni dell’AG , cit. sotto,  e dice che <<se la sola esistenza di disegni o modelli alternativi che consentano di realizzare la stessa funzione tecnica del prodotto in questione fosse sufficiente per escludere l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, non si potrebbe evitare che un operatore economico faccia registrare, a titolo di disegno o modello comunitario, più concepibili forme di un prodotto che incorporano caratteristiche del suo aspetto determinate unicamente dalla sua funzione tecnica. Ciò permetterebbe a un operatore economico di godere, per un prodotto del genere, di una protezione in pratica esclusiva ed equivalente a quella offerta dal brevetto, senza essere sottoposto alle condizioni applicabili al rilascio di quest’ultimo, e sarebbe tale da impedire ai concorrenti di offrire un prodotto che incorpori alcune caratteristiche funzionali o limiterebbe le soluzioni tecniche possibili e priverebbe pertanto detto articolo 8, paragrafo 1, del suo effetto utile.>>, § 30.

Ne segue che <<si deve dichiarare che l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 esclude la protezione, ai sensi della normativa in materia di disegni e modelli comunitari, delle caratteristiche dell’aspetto di un prodotto laddove considerazioni di natura diversa dall’esigenza che detto prodotto assolva alla propria funzione tecnica, in particolare quelle connesse all’aspetto visivo, non abbiano svolto alcun ruolo nella scelta delle suddette caratteristiche, quand’anche esistano altri disegni o modelli che consentono di assicurare la medesima funzione. Si deve dichiarare che l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 esclude la protezione, ai sensi della normativa in materia di disegni e modelli comunitari, delle caratteristiche dell’aspetto di un prodotto laddove considerazioni di natura diversa dall’esigenza che detto prodotto assolva alla propria funzione tecnica, in particolare quelle connesse all’aspetto visivo, non abbiano svolto alcun ruolo nella scelta delle suddette caratteristiche, quand’anche esistano altri disegni o modelli che consentono di assicurare la medesima funzione.>>, § 31.

In ultima analisi allora <<occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 deve essere interpretato nel senso che, al fine di accertare se caratteristiche dell’aspetto di un prodotto siano determinate unicamente dalla funzione tecnica di quest’ultimo, occorre dimostrare che tale funzione è il solo fattore che ha determinato dette caratteristiche, non essendo determinante, al riguardo, l’esistenza di disegni o modelli alternativi>>, § 32.

La seconda questione riguarda il se il parametro soggettivo sia quello dell'<<osservatore obiettivo>>, § 33.

La -anche qui- veloce risposta della Corte è quella, secondo cui << 36  in considerazione della finalità perseguita dal regolamento n. 6/2002, in particolare, come si evince dal punto 28 della presente sentenza, di creare un disegno o modello comunitario direttamente applicabile e protetto in tutti gli Stati membri, spetta al giudice nazionale, al fine di valutare se le caratteristiche dell’aspetto di un prodotto rientrino nell’articolo 8, paragrafo 1, di tale regolamento, tenere conto di tutte le circostante oggettive rilevanti di ciascun caso di specie.  37 Come ha rilevato l’avvocato generale, in sostanza, ai paragrafi 66 e 67 delle sue conclusioni, una simile valutazione deve, segnatamente, essere effettuata con riguardo al disegno o modello di cui trattasi, alle circostanze oggettive indicative dei motivi che hanno dettato la scelta delle caratteristiche dell’aspetto del prodotto in questione, ai dati relativi alla sua utilizzazione o ancora all’esistenza di disegni o modelli alternativi che consentono di realizzare la stessa funzione tecnica, purché corroborati da elementi probatori affidabili>>.

Di conseguenza bisogna <<rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 deve essere interpretato nel senso che, al fine di valutare se le caratteristiche dell’aspetto di un prodotto siano determinate unicamente dalla funzione tecnica di quest’ultimo, ai sensi di tale disposizione, spetta al giudice nazionale tenere conto di tutte le circostanze oggettive rilevanti di ogni caso di specie. A tal proposito, non occorre basarsi sulla percezione di un «osservatore obiettivo»>>, § 38.

Su questa lite però sono molto più interessanti le Conclusioni dell’AG HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE 19.10.2017, C-395/16, che affrontano con ben diversa profondità il tema.  Tema assai importante nella pratica poichè, da un lato, la domanda di protezione delle forme è frequente e, dall’altro, spesso (soprattutto con riferimento ai marchi di forma, art. 9 c.p.i.) l’avverbio <<esclusivamente/unicamente>> viene letto come se fosse <<prevalentemente>>: quindi con un certo allontanamento dalla disposizione testuale.

Sul giudizio di validità e (quindi) di contraffazione di un disegno o modello comunitario

Il Tribunale di Roma  offre qualche insegnamento sul giudizio di validità e (successivamente) di contraffazione in tema di modelli o disegni comunitari disciplinati dal reg. CE 6/2002  del 12.12.2001.

Si tratta di Trib. Roma 19.11.2019 n. 22320/2019, Rg 72218/2016, Federal Signal Vama s.a. c. INTAV srl.

Le parti erano due società specializzate nella produzione e nella commercializzazione di dispositivi, apparecchi e accessori di segnalazione luminosa e acustica destinati ad essere installati su veicoli di emergenza, mezzi della polizia, nonché su veicoli ad uso della Pubblica Amministrazione in diversi settori. Il disegno (rectius: modello) comunitario azionato dall’attrice (dopo una fase cautelare sfavorevole) era appunto relativo ad un dispositivo segnalatore luminoso per autoveicoli .

Il collegio inizia ricordando che <<costituisce quindi contraffazione di un disegno registrato la produzione e/o commercializzazione di prodotti aventi forme che suscitano, nell’utilizzatore informato, la medesima impressione generale, riproducendo le caratteristiche individualizzanti del titolo di privativa, tenuto anche conto del margine di libertà del designer nel realizzare il modello.

Il giudizio sulla contraffazione di un design prende dunque come riferimento quello di un utilizzatore informato, ossia un consumatore finale attento che, pur non essendo un esperto di settore e/o un designer, usi il prodotto e conosca il mercato specifico all’interno del quale si colloca il modello.

All’utilizzatore informato si chiede quindi di operare un confronto tra il modello ed il prodotto asseritamente contraffattivo, al fine di accertare se quest’ultimo susciti o meno, all’esito di una analisi di insieme e complessiva, una impressione generale diversa rispetto alle linee rivendicate dal disegno o modello registrato.

Nella conduzione di tale test il disegno o modello va considerato nel suo effetto di insieme e non va dato peso alle modifiche insignificanti apportate dal presunto contraffattore; va invece attribuito particolare rilievo all’identità degli elementi formali che conferiscono al disegno o modello un proprio carattere individuale. (…) In sintesi, il carattere individuale, consiste nella capacità di un design di farsi notare per la peculiarità del suo aspetto e tale requisito consente al prodotto di riferimento di istituire un contatto privilegiato con l’utilizzatore informato >> (§ 8).

Osserva poi che <<il giudizio (incidentale) di validità del Design comunitario VAMA, da un canto, e il confronto tra i prodotti INTAV dedotti in contraffazione e il predetto Design VAMA, dall’altro, vanno effettuati alla luce dei criteri comuni innanzi indicati, esaminando le loro somiglianze e le loro differenze, al fine di stabilire, prendendo in considerazione l’affollamento del settore e il margine di libertà dell’autore nel realizzare il disegno o modello contestato, se essi producono nell’utilizzatore informato un’impressione generale significativamente diversa.

I due profili sono strettamente collegati, in quanto il riconoscimento del carattere individuale del Disegn VAMA rispetto allo stato dell’arte nota e dell’affollamento del settore, condiziona necessariamente l’estensione dell’ambito di tutela del disegno registrato rispetto alle sue possibili contraffazioni.

Conseguentemente, le analisi e le valutazioni sviluppate in funzione dell’eccezione di nullità del Design VAMA, sollevata in riconvenzionale da INTAV, vanno tenute in considerazione anche nel successivo giudizio di contraffazione, al fine di accertare se il confronto produce o meno nell’utilizzatore informato un’impressione generale significativamente diversa>>, § 9.

Gli ultimi due periodi riguardano uno dei punti teoricamente più interessanti, che viene solitamente poco approfondito: se i requisiti di validità siano uguali (seppur visti dal lato opposto, quasi specularmente) a quelli richiesti per aversi contraffazione, come avviene per i marchi nel rapporto tra requisiti di novità (artg. 12 c.p.i.) e requisiti per aversi contraffazione (<<diritti conferiti dalla registrazione>>, art. 20 cpi). Il giudice risponde positivamente, come emerge dal passo che vale la pena di ripetere: <<I due profili sono strettamente collegati, in quanto il riconoscimento del carattere individuale del Disegn VAMA rispetto allo stato dell’arte nota e dell’affollamento del settore, condiziona necessariamente l’estensione dell’ambito di tutela>>.

SUL <<CARATTERE  INDIVIDUALE>> – Dice il Collegio che <<il CTU ha utilizzato le differenze rilevanti appena indicate  [per il giudizio di novità] anche nella valutazione della sussistenza del requisito del carattere individuale del Design VAMA, al fine di stabilire se esso suscita in un utilizzatore informato una impressione generale significativamente differente dalle anteriorità analizzate, tenuto conto del margine di libertà dell’autore in considerazione dell’affollamento del settore. Nell’ambito di tale giudizio assumono rilievo la figura dell’utilizzatore informato ed il profilo dell’affollamento del settore che riduce il margine di libertà dell’autore.>>, § 12.

La legge (art 6/2 reg. CE e art. 33 c. 2 c.p.i.) per vero parla solo di margine di libertà dell’autore, non di affollamento del settore: per cui possono immaginarsi anche altri aspetti limitanti la libertà creativa (elenco in Fabbio, Disegni e modelli, Cedam, 2012,  49 ss).

Nel caso specifico la figura dell’utilizzatore informato viene individata <<“nel  professionista  che si occupa della scelta e dell’acquisto dei dispositivi di segnalazione luminosa per veicoli, ad esempio nell’ambito delle pubbliche amministrazioni”.>>, § 12. Si tratta dell’altro punto interessante della decisione: l’utilizzatore informato è l’ipotetico addetto (=responsabile?) dell’Ufficio Acquisti dell’impresa acquirente (impostazione dunque relativa al caso in cui si tratti di prodotto destinato ad imprese; da precisare come vada adattato al caso di microimprese prive di specifico Ufficio Acquisti).

Accertata la validità del titolo giuridico, il giudice passa al giudizio di contraffazione, <<rispetto al quale vanno utilizzati i concetti di utilizzatore informato, di affollamento del settore e di margine di libertà dell’autore già enucleati a proposto della valutazione della validità>>, (§ 13 ss.) (art. 10 reg. CE e art. 41 c.3-4 c.p.i.). Si è sopra accennato al rapporto di specularità tra requisiti di validità e quelli di contraffazione.

Anche qui vale la precisazione per cui la legge letteralmente menziona solo il margine di libertà creativa.

Il giudice fa un’altra precisazione interessante per gli operatori:   <<a tale proposito, va ribadito che l’arte nota acquisita al presente giudizio e considerata dal CTU, anche con riferimento al predetto settore “ristretto” innanzi detto, comporta, rispetto alla validità del design, che in tale settore possa ottenere tutela anche per varianti di entità limitata rispetto alla tecnica nota, mentre, riguardo alla contraffazione, che la protezione così ottenuta sia confinata alle suddette varianti >>, § 13. Si legga poi subito dopo il modus procedendi del CTU: <<individuati correttamente in tal modo i parametri del giudizio di contraffazione, il CTU ha confrontato tutte le caratteristiche salienti del Design VAIMA con quelle dei prodotti INTAV, predisponendo per ciascuno di essi un’apposita e dettagliata Tabella di comparazione.>> e poi <<la differente ricostruzione dello stato dell’arte nei due giudizi rende quindi corretta la valutazione compiuta dal CTU in punto di “affollamento” del settore “ristretto” e il suo discostamento dalle decisioni EUIPO (p. 20).

Ne consegue il riconoscimento di un più ristretto margine di libertà dell’autore che rende apprezzabili, nell’aspetto complessivo, anche differenze meno evidenti tra i prodotti e il disegno tutelato e fa si che nel settore in considerazione, da un canto, si possa ottenere tutela anche per varianti alla tecnica nota di limitata entità, e, dall’altro canto, che la protezione così ottenuta sia in genere confinata a tali limitate varianti>> , (§ 14.2 in fine).

SULL’UTILIZZATORE INFORMATO –  Al § 14.3 il giudice ricorda una non rigorosa decisione EPO del 2013, che però il CTU non condivide, sicchè -come già sopra accennato- così conclude: <<Nel presente giudizio, invece, il CTU ha correttamente ritenuto, anche secondo le posizioni sostanzialmente concordi assunte dalle parti, che l’utilizzatore informato dovesse essere identificato nell’acquirente finale dei prodotti esaminati dotato di un certo grado di attenzione e, dunque, “nel professionista che si occupa della scelta e dell’acquisto dei dispositivi di segnalazione luminosa per veicoli, ad esempio nell’ambito delle pubbliche amministrazioni”. (…) Pertanto, il riconoscimento in questa sede di un apprezzabile livello di conoscenza e di un considerevole livello di attenzione, avvicina l’utilizzatore informato all’uomo del mestiere e lo allontana dal consumatore medio, rafforzando la considerazione che i disegni che presentano differenze significative nelle caratteristiche in cui la libertà dell’autore non è soggetta a restrizioni suscitano un’impressione generale differente nel medesimo utilizzatore informato  >>, § 14.4.

Se però il consumatore medio è chi lo usa in via professionale, come avviene per i prodotti destinati ad uso imprenditoriale, le due figure dovrebbero coincidere.

SULLA CONCORRENZA SLEALE – Venuti meno i presupposti per ravvisare contraffazione, viene meno anche la possibilità di ravvisare concorrenza sleale: <<una volta accertata in questa sede l’insussistenza della contraffazione del Design VAMA da parte di tutti prodotti INTAV in contestazione, vengono meno anche i presupposti per considerare concorrenzialmente illecita, sotto i vari profili denunciati da parte attrice (imitazione servile, appropriazione di pregi, concorrenza parassitaria, comportamenti contrari alla correttezza professionale e sfruttamento del lavoro altrui), l’attività di produzione e commercializzazione da parte di INTAV dei tre modelli del Prodotto C “denominati Freeway”. Invece, per i Prototipi A e B sui quali si era svolto il procedimento cautelare ante causam dinanzi al Tribunale di Torino, parte attrice non ha fornito alcuna prova della loro effettiva o potenziale produzione e/o commercializzazione>> § 15.

Siffatta perentorietà nell’escludere la concorrenza sleale  è così motivata subito dopo: <<difatti, una volta stabilito (e ammesso dalla stessa società attrice) che, nel settore “ristretto” dei dispositivi di segnalazione luminosa apposti sui veicoli, la figura del consumatore finale da prendere in considerazione coincide con quella dell’utilizzatore informato, il quale (come sostiene parte attrice) “non può che essere individuato nell’acquirente finale dotato di un certo grado di attenzione” da individuare nel responsabile degli acquisti delle case automobilistiche o della pubblica amministrazione, al quale va riconosciuto un elevato grado di attenzione e una spiccata sensibilità nell’individuazione delle differenze tra i vari prodotti del medesimo settore, deve escludersi che le differenze tra i medesimi prodotti e il Design VAMA innanzi evidenziate possano creare confusione nel consumatore medio di tale tipologia di prodotti.

Con particolare riferimento all’imitazione servile, essa deve riguardare le forme esteriori di un prodotto altrui e deve consistere nella riproduzione pedissequa di quei dettagli individualizzanti del modello imitato agli occhi del consumatore medio.

Non avendo parte attrice fornito la prova, mediante l’allegazione di elementi diversi da quelli sui quali si è fondata l’asserita e indimostrata contraffazione, che la mancanza di significative differenze renda confondibili per il consumatore medio i prodotti delle rispettive parti concorrenti sul mercato, con conseguente pericolo di sviamento della clientela, la condotta concretamente tenuta dalla società convenuta non può essere considerata concorrenzialmente illecita sotto il profilo dell’imitazione servile o dell’appropriazione dei pregi dei prodotti riconducibili al Design VAMA ad opera dei Prodotti Freeway di INTAV.

Neppure può essere considerato comportamento contrario alla correttezza professionale e/o sfruttamento del lavoro altrui la mera circostanza che la INTAV nel 2016 ha assunto, con qualifica di ingegnere elettronico, il sig. Rafael Sadrà Valluvi che, in precedenza, lavorava alle dipendenze di VAMA e che ben conosceva i design e i prodotti di tale azienda>> (§ 15)

la tutela da design può riguardare le scatole contenenti polvere per makeup?

La HIGH COURT OF JUSTICE BUSINESS AND PROPERTY COURTS OF ENGLAND & WALES INTERLLECTUAL PROPERTY LIST (Ch D) ha risposto positivamente alla domanda in oggetto: la tutela da design può concernere anche le scatole (la loro goffratura) contenenti la polvere per makeup.

Precisamente può riguadare: i) sia il particolare disegno impresso alla polvere pressata, nonostante che con l’uso questa si esaurisca e il disegno scompaia; ii) sia il disegno impresso sulla scatola-contenitore .

Così riferisce