Anche il Regno Unito nega il brevetto all’invenzione generata da intelligenza artificiale (sul caso Thaler-DABUS)

la corte di appello UK , 21.09.2021, caso No: A3/2020/1851, Thaler c. COMPTROLLER GENERAL OF PATENTS TRADE MARKS AND DESIGNS, a maggioranza conferma il rigetto della domanda brevettuale.

La lunga battaglia processuale del dr. Thaler in  molti Uffici brevettuali e tribunali, sparsi nel mondo, segna un’altra battuta di arresto (si v. quella di inizio mese in Virginia USA, ricordata nel mio post di ieri).

Secondo i giudici Arnold e Laing, nè DABUS è inventore (deve esserlo un umano) nè Thaler (poi: T.) ha indicato un titolo (derivativo o altro) per essere indicato lui come tale.

J. Birss concorda sul primo punto , ma non sul secondo: secondo lui  i) T. ha in buona fede  indicato chi secondo lui è l’inventore, § 58, e ii) quale costruttore della macchimna , gli spetta -per accessione, direi- il diritto sull’output della stessa e cioè l’esclusiva brevettuale, § 82 (J. Arnold nega l’invocabilità dell’accession doctrine: § 130 ss).

Quanto ad ii) non mi pronuncio, se non per dire che l’applicazine dell’accession agli intangibles è ammissibile pur se in base al criterio analogico (essendo indubbiamente dettata dal diritto positivo per le res) .

Quanto ad i), c’è un palese errore. La sec. 13.2.a del patent act, laddove dice <<identifying the person or persons whom he believes to be the inventor  or inventors>>, intende si l’indicazione di chi secondo il depositante è l’inventore, ma sempre purchè sia persona fisica

Invenzione ad opera di intelligenza artificiale: chi è l’inventore? Altra pronuncia provocata da StephenThaler (ma a lui sfavorevole)

Anche la corte distrettuale est della Virginia si occupa del chi è l’inventore nel caso di invenzione generata tramite intelligenza artiticiale (AI).

Si tratta della sentenza 2 settembre 2021, caso Case 1:20-cv-00903-LMB-TCB, Thaler c. Hirshfekld come rappresentante del USPTO-United States Patent and Trademark Office (fonte _ the Verge, notizia reperita in Serrano, gizmodo.com.au).

Il giudice conferma il rigetto dela domanda brevettuale, avvenuto in sede amministrativa.

la definizione di inventore è  : The term “inventor” means the individual or, if a joint invention, the individuals collectively who invented or discovered the subject matter of the invention ( tit. 35 US code § 100, lettera f; così pure la lettera g).

Quindi in domanda, dovendosi indicare l’inventore, si deve indicare un individuo e cioè una persona fisica.

Ciò sia per interpretazione letterale (p. 9 ss) sia per per insufficiente prova dell’allegazione del dr. Thaler per cui motivi di policy (id est interpretazione teleologica: favorire l’innovazione) sosterrebbero la sua tesi e contasterebbero quella dell’ufficio , p. 15

Rimedi risarcitori, restitutori e punitivi in caso di violazione brevettuale

E’ intervenuta in tema di violazione brevettuale Cass. n. 5.666 del 02.03.2021, rel. Iofrida, Cappellotto spa c. Farid Industrie spa.

A parte alcune interessanti spunti processuali (per i quali servirebbe conoscere gli atti di causa ma sui quali comunque non mi fermo), due sono quelli qui  ricordati: novità intrinseca e rimedi ex art. 125 cpi,

Sul primo, nulla di interessante, ripetendo tralatice posizioni sulla differenza tra invenzine e modello di utliità: <<In conclusione, mentre sono brevettabili come modello di utilità i trovati che incrementano la comodità d’uso, grazie a soluzioni che migliorano l’efficacia di un prodotto noto, senza introdurre modifiche rivolte a risolvere specifici problemi di funzionamento delle versioni precedenti di quello, sono brevettabili come “invenzioni di perfezionamento o di combinazione” tutti quei trovati che consistono in modifiche rappresentanti, ad un tecnico medio del ramo, una soluzione nuova e non evidente ad uno specifico problema posto dal funzionamento dei precedenti prodotti analoghi.

Orbene, poichè le cosiddette “invenzioni di combinazione” sono caratterizzate dall’esplicito utilizzo di tecniche e procedimenti in tutto o in parte già noti, raggiungendosi un risultato nuovo attraverso la loro coordinazione originale, rispetto ad esse i requisiti di novità ed originalità vanno valutati proprio in relazione al quid pluris rappresentato dalla combinazione ed utilizzazione dei suddetti elementi (ancorchè non nuovi), al fine di ravvisare la sussistenza di un contributo inventivo ulteriore rispetto alla pura e semplice continuità tecnica e, trattandosi di questione di fatto, tale accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato, ora nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5>>

Più interessante il secondo tema, relativo all’art. 125 cpi, che richiede ancora sistemazione ermeneutica.

– I-

Qualche passaggio lascia perplessi. Ad es.:  <<Il comma 1 della disposizione in esame individua, tuttavia, dei parametri da cui potere desumere indirettamente il danno, sia pure in via di approssimazione (quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno, del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall’autore della violazione e il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione): si fa rinvio, tra i criteri da seguire per determinare l’entità del pregiudizio subito dal titolare della privativa, non soltanto al tradizionale pregiudizio di tipo patrimoniale, ma anche alla categoria del danno morale, quale il danno all’immagine commerciale dell’imprenditore, o la perdita di investimenti pubblicitari, ed al parametro dei benefici ricavati dal contraffattore (indipendentemente quindi dalla retroversione degli utili, di cui al comma 3, della disposizione in esame, che può essere chiesta in alternativa al risarcimento del lucro cessante o nella misura eccedente tale risarcimento), in un’ottica non solo indennitaria ma anche riparatoria, giustificata dall’obiettivo di tutela di una corretta attività di mercato. Si tratta, in buona sostanza, di una regola speciale nell’ambito del rimedio risarcitorio, di norma volto a compensare per equivalente, attraverso un pagamento commisurato alla perdita et ricchezza sopportata, chi ha subito la violazione.>>

Il danno morale, anche concesso che si applichi alle imprese collettive e non solo alle persone fisiche, non comprende la perdita di inverstimenti pubblicitari (cocnetto -poi- che andrebbe prima definito) , i quali semmai costituiscono danno emergente.

Poi non cbhiarisce la distinzione (civilistica) tra indennità e riparazione, usandolo con troppa leggerezza

Ancora, non è una regola speciale all’interno del risarcimento: o è compensazione d ipregiudizio, e allora vi rientra in toto, o non mira a compensare, e allora è altro dalla compensazione.

-II-

sul c. 2: <<senza l’onere per il titolare della privativa di dimostrare quale sarebbe stata la certa royalty pretesa in caso di ipotetica richiesta di una licenza da parte dell’autore della violazione, non rappresentando detto criterio il danno effettivamente subito ma un c.d. “minimo obbligatorio”.>>.

Bisogna intendersi: non deve dimostrare la propria ipotetica royalty, ma deve però dimostrare (ex onere della prova, art. 2697 cc) quella ipotetica di mercato per casi simili (cosa non facile, dovendosi trovare un’invenzione simile)

-III-

Circa il c. 3 della’rt. 125 cpi, <<il titolare danneggiato potrà chiedere il risarcimento del danno nella forma alternativa della restituzione degli utili del contraffattore.

Si tratta sempre di una forma di ristoro, forfettario, del lucro cessante, che può quindi cumularsi al danno emergente e che può essere chiesta o in via alternativa al risarcimento del mancato guadagno o nella misura in cui gli utili del contraffattore superino il suddetto pregiudizio subito>>.

Errore concettuale: non è risarcimento ma punizione o quanto meno restituzione di indebito (a scusa, però, va detto che c’è pure qualche dottrina che parla di compensazoine).

Quindi nemmeno è ristoro del lucro cessante, essendo statisticametne improbabilissimo che lo stesso utile l’avrebbe prodotto la vittima: esso dipende da svariati fattori (quindi a rigore nemmeno si tratta di restituzine di indebito).

-IV-

Ai sensi del risarcimenot ex c. 1, dice la SC,  <SI DEVE> tener conto degli utili del contraffattore. Passaggio importate, ma forse azzardato.

-V-

calcolo dei profitti: <<Questa Corte (Cass. 8944/2020) ha poi, di recente, rilevato che l’utile percepito dal contraffattore non corrisponde all’intero ricavo derivante dalla commercializzazione del prodotto contraffatto, ma al margine di profitto conseguito da colui che si è reso responsabile della lesione del diritto di privativa, deducendo i costi sostenuti (produttivi e di distribuzione) dal ricavo totale.>>.

Aspetto praticamente assai significativo e di competenza in prima battuta degli aziendalisti (ma poi pure dei giuristi)

-VI-

Perplessi lascia il § 6.8, che censura la royalty media a favore dell’applicazione del MOL (margine operativo lordo) incremetnale proprio della vittima , calcolato però sul fatturato del violatore.

Errato, però.

O si applica il c.1 (eventualmente col minimo sindacale del c.2) o  il c.3.

Se si applica il c-.1 , il fattorato del violatore è irrilevante dovendosi guardare ai suoi profitti/utili e comunqjue è solo  un possibile spunto (a mio parere rararamente sarà utile).

Se si applica il c.3, il MOL della vittima è irrilevante, rlevando solo quellodel violatore.

L’intelligenza artificiale può essere “inventor” per il diritto australiano

La querelle aperta dal dr. Thaler con la sua DABUS machine, che sta cercando di ottenere brevetto inventivo a nome proprio ma come avente causa dall’inventore costituito da intelligenza artificiale (IA), trova ora una soluzione posiiva in Australia.

Qui la Corte Federale con decisione 30.07.2021, Thaler v Commissioner of Patents [2021] FCA 879, file n° VID 108 of 2021, con analitico esame,  riforma la decisione amministrativa di rifiuto.

<<Now whilst DABUS, as an artificial intelligence system, is not a legal person and cannot legally assign the invention, it does not follow that it is not possible to derive title from DABUS. The language of s 15(1)(c) recognises that the rights of a person who derives title to the invention from an inventor extend beyond assignments to encompass other means by which an interest may be conferred.>>, § 178

Per cui dr. Thaler legittimanente dichiara di essere avente causa da DABUS: <<In my view, Dr Thaler, as the owner and controller of DABUS, would own any inventions made by DABUS, when they came into his possession. In this case, Dr Thaler apparently obtained possession of the invention through and from DABUS.  And as a consequence of his possession of the invention, combined with his ownership and control of DABUS, he prima facie obtained title to the invention.  By deriving possession of the invention from DABUS, Dr Thaler prima facie derived title.  In this respect, title can be derived from the inventor notwithstanding that it vests ab initio other than in the inventor.  That is, there is no need for the inventor ever to have owned the invention, and there is no need for title to be derived by an assignment.>>, § 189.

E poi: <<In my view on the present material there is a prima facie basis for saying that Dr Thaler is a person who derives title from the inventor, DABUS, by reason of his possession of DABUS, his ownership of the copyright in DABUS’ source code, and his ownership and possession of the computer on which it resides. Now more generally there are various possibilities for patent ownership of the output of an artificial intelligence system. First, one might have the software programmer or developer of the artificial intelligence system, who no doubt may directly or via an employer own copyright in the program in any event.  Second, one might have the person who selected and provided the input data or training data for and trained the artificial intelligence system.  Indeed, the person who provided the input data may be different from the trainer.  Third, one might have the owner of the artificial intelligence system who invested, and potentially may have lost, their capital to produce the output.  Fourth, one might have the operator of the artificial intelligence system.  But in the present case it would seem that Dr Thaler is the owner>>, §§ 193-194.

In sitnesi, <<in my view an artificial intelligence system can be an inventor for the purposes of the Act. First, an inventor is an agent noun; an agent can be a person or thing that invents.  Second, so to hold reflects the reality in terms of many otherwise patentable inventions where it cannot sensibly be said that a human is the inventor.  Third, nothing in the Act dictates the contrary conclusion.>>, § 10.

Si osservi che dr Thaler <<is the owner of copyright in DABUS’s source code. He is also the owner, is responsible for and is the operator of the computer on which DABUS operates.  But Dr Thaler is not the inventor of the alleged invention the subject of the application.  The inventor is identified on the application as “DABUS, The invention was autonomously generated by an artificial intelligence”.  DABUS is not a natural or legal person.  DABUS is an artificial intelligence system that incorporates artificial neural networks.>>, § 8

Avevo segnalato il precedente inglese contrario con post 02.10.2020.

Un mese prima dr. Thaler aveva ottenuto il brevetto sulla stessa invenzione in Sud Africa: ne dà notizia www.ipwatchdog.com con post 29 luglio u.s. ove anche il link al documento amministrativo in cui si legge che l’istante è Thaler ma l’inventore è DABUS.

(notizia e link alla sentenza da gestaltlaw.com)

Assignor estoppel: sulla buona fede negli atti dispositivi del diritto di brevetto

Ripasso della dottrina dell’assignor estoppel (AE) nel diritto brevettuale da parte della corte suprema USA (S.C., 29.06.2021, Minerva surgical c .Hologica e altri, n° 20-440).

L’AE è una difesa che impedisce di eccepire la invalidità del brevetto che si era in prcedenza ceduto (venduto).

Si tratta dunque di una preclusione del diritto di far valere fatti estintivi/modificativi della pretesa altrui, basata sul divieto di venire contra factum proprium.

E’ parte del più generale istituto dell’estoppel , tipico del common law.

La SC ribadisce la validità dell’istituto, fondato sulla necessità di coerenza nella condotta del dante causa: <<, we do not think, as Minerva claims, that contem-porary patent policy—specifically, the need to weed out bad patents—supports overthrowing assignor estoppel. In re-jecting that argument, we need not rely on stare decisis: “[C]orrect judgments have no need for that principle to prop them up.” Kimble v. Marvel Entertainment, LLC, 576 U. S. 446, 455 (2015). And we continue to think the core of as-signor estoppel justified on the fairness grounds that courts applying the doctrine have always given. Assignor estop-pel, like many estoppel rules, reflects a demand for con-sistency in dealing with others. See H. Herman, The Law of Estoppel §3 (1871) (“An estoppel is an obstruction or bar to one’s alleging or denying a fact contrary to his own pre-vious action, allegation or denial”). When a person sells his patent rights, he makes an (at least) implicit representation to the buyer that the patent at issue is valid—that it will actually give the buyer his sought-for monopoly.3 In later raising an invalidity defense, the assignor disavows that implied warranty. And he does so in service of regaining access to the invention he has just sold. As the Federal Cir-cuit put the point, the assignor wants to make a “represen-tation at the time of assignment (to his advantage) and later to repudiate it (again to his advantage).” DiamondScientific,848 F. 2d, at 1224; see supra, at 4. By saying one thing and then saying another, the assignor wants to profit doubly—by gaining both the price of assigning the patent and the continued right to use the invention it covers. That course of conduct by the assignor strikes us, as it has struck courts for many a year, as unfair dealing—enough to out-weigh any loss to the public from leaving an invalidity de-fense to someone other than the assignor.>>, p. 13-14.

In alcuni casi però non opera: precisamente quando non c’è ragione di ravvisare affidamento nell’avente causa: <<Still, our endorsement of assignor estoppel comes with limits—true to the doctrine’s reason for being. Just as we guarded the doctrine’s boundaries in the past, see supra, at 7– 8, 11–13, so too we do so today. Assignor estoppel should apply only when its underlying principle of fair dealing comes into play. That principle, as explained above, de-mands consistency in representations about a patent’s va-lidity: What creates the unfairness is contradiction. When an assignor warrants that a patent is valid, his later denial of validity breaches norms of equitable dealing. And the original warranty need not be express; as we have ex-plained, the assignment of specific patent claims carries with it an implied assurance. See supra, at 13. But when the assignor has made neither explicit nor implicit repre-sentations in conflict with an invalidity defense, then there is no unfairness in its assertion. And so there is no ground for applying assignor estoppel>>, p. 14-15.

L’affermazione della SC mi  pare esatta.

la Sc offre alcuni casi di non operatività dell’AE:

i) un esempio <<of non-contradiction is when the assign-ment occurs before an inventor can possibly make a war-ranty of validity as to specific patent claims>>.

ii) un secondo esempio è << when a later legal development ren-ders irrelevant the warranty given at the time of assign-ment. Suppose an inventor conveys a patent for value, with the warranty of validity that act implies. But the governing law then changes, so that previously valid patents become invalid>.

III) un terzo esempio (il più stimolante teoricamente) è la modifica delle rivendicaizoni: <<another post-assignment develop-ment—a change in patent claims—can remove the ra-tionale for applying assignor estoppel. Westinghouse itself anticipated this point, which arises most often when an in-ventor assigns a patent application, rather than an issued patent. As Westinghouse noted, “the scope of the right con-veyed in such an assignment” is “inchoate”—“less certainly defined than that of a granted patent.” 266 U. S., at 352–353; see supra, at 9. That is because the assignee, once he is the owner of the application, may return to the PTO to “enlarge[]” the patent’s claims. 266 U. S., at 353;see 35 U. S. C. §120; 37 CFR §1.53(b). And the new claims result-ing from that process may go beyond what “the assignor in-tended” to claim as patentable. 266 U. S., at 353. Westing-house did not need to resolve the effects of such a change, but its liberally dropped hints—and the equitable basis for assignor estoppel—point all in one direction. Assuming that the new claims are materially broader than the old claims, the assignor did not warrant to the new claims’ va-lidity. And if he made no such representation, then he can challenge the new claims in litigation: Because there is no inconsistency in his positions, there is no estoppel. The lim-its of the assignor’s estoppel go only so far as, and not be-yond, what he represented in assigning the patent applica-tion>>, p. 15-16.

Si v. la sintesi, sempre utile, presente nell’iniziale Syllabus , come costume per le pronunce della SC.

Sulla nullità brevettuale per carenza di attività inventiva

Il Trib. Milano con sent. 1015 del 08.02.2021, Rg 14639/2017, rel. Barbieri, relativa a farmaci (principio attivo Glatiramer Acetato), dichiara la nullità della frazione italiana di un brevetto delle convenute per carenza di inventività.

Cos’ si esprime: <Sul punto, il Collegio condivide le considerazioni svolte dal CTU, che ha concluso per la nullità di EP’962 sulla base delle medesime argomentazioni che hanno condotto il medesimo ausiliario a ritenere non valido EP’335, definitivamente revocato, lo si ricorda, per carenza di attività inventiva, poiché la caratteristica aggiuntiva della rivendicazione 1 (di EP’962), relativa al PH della composizione farmaceutica in cui è contenuto il Glatiramer acetato, nella sostanza non modifica in maniera significativa l’analisi e le conclusioni raggiunte per il brevetto EP’335>.

La valutazione centrale sul punto <muove dalla individuazione della closest prior art maggiormente pertinente all’analisi di non ovvietà del trovato. In particolare, l’individuazione della stessa in WO ‘975 Pinchasi, elide l’attività inventiva, dal momento che nello stesso è chiaramente e specificamente rivendicato – in alternativa alla somministrazione quotidiana – il regime di dosaggio di 40 mg. di Glatiramer Acetato applicato a giorni alterni, che risulta dal testo letterale della riv. 3 di tale domanda e risulta indicato nel testo della descrizione (v. pag. 8 della descrizione: “In another embodiment, the periodic administration is every other day”; v. anche pag. 9, righe 20 e 21).
E’ vero che tale indicazione non trovava ancora all’epoca un supporto diretto di natura sperimentale, ma tale circostanza non è parsa alla CTU di effettivo rilievo nello specifico contesto in cui essa era formulata in quanto la ricchezza di informazioni tecniche espresse in tale documento sui regimi di dosaggio di 40 mg non avrebbero distolto il tecnico del ramo dal considerare tale indicazione come meritevole di considerazione ed approfondimento nella prosecuzione delle ricerche in merito alla individuazione di un regime di trattamento con il Glatiramer Acetato volto ad aumentarne la tollerabilità complessiva per i pazienti>.

Ancora: <Condivisa l’individuazione della closest prior art in WO ‘975 Pinchasi, occorre ritenere – a parere del Collegio – che l’esperto del ramo avrebbe potuto confidare sulla base del quadro dello stato della tecnica innanzi descritto in una ragionevole aspettativa di successo nell’individuazione di una soluzione alternativa di somministrazione rispetto a quella corrente all’epoca aumentando la dose di Glatiramer Acetato da 20 mg a 40 mg e riducendone la frequenza di somministrazione. Evidentemente tale aspettativa non poteva ritenersi estesa fino al punto di prevedere con esattezza l’effetto complessivo di tale soluzione ma nel senso di poter ragionevolmente ritenere che una sperimentazione ulteriore – che non presentava in sé particolari profili di difficoltà – avrebbe potuto conseguire effetti positivi ancorchè quale soluzione alternativa di somministrazione del medesimo principio attivo.
Deve dunque ritenersi, condividendo le conclusioni del CTU, che l’esperto del ramo avrebbe potuto confidare sulla base del quadro dello stato della tecnica innanzi descritto in una ragionevole aspettativa di successo nell’individuazione di una soluzione alternativa di somministrazione rispetto a quella corrente all’epoca aumentando la dose di Glatiramer Acetato da 20 mg a 40 mg e riducendone la frequenza di somministrazione. Evidentemente tale aspettativa non poteva ritenersi estesa fino al punto di prevedere con esattezza l’effetto complessivo di tale soluzione ma nel senso di poter ragionevolmente ritenere che una sperimentazione ulteriore – che non presentava in sé particolari profili di difficoltà – avrebbe potuto conseguire effetti positivi ancorchè quale soluzione alternativa di somministrazione del medesimo principio attivo. Tale variante nel regime di somministrazione integra dunque una ovvia modifica del regime a giorni alterni>.

Ancora su IP e Intelligenza Artificiale

Nuovo documento sul rapporto tra IP e Artificial Intelligence (poi: AI).

E’ lo studio  edito da The Joint Institute for Innovation Policy (Brussels) e da IViR – University of Amsterdam , autori Christian HARTMANN e Jacqueline E. M. ALLAN nonchè rispettivamente P. Bernt HUGENHOLTZ-João P. QUINTAIS-Daniel GERVAIS, titolato <<Trends and Developments in Artificial Intelligence Challenges to the Intellectual Property Rights Framework, Final report>>, settembre 2020.

Lo studio si occupa in particolare di brevetti inventivi e diritto di autore.

V.  la sintesi e le recommendations per diritto diautore sub § 5.1, po. 116 ss :

  • Current EU copyright rules are generally sufficiently flexible to deal with the challenges posed by AI-assisted outputs.
  • The absence of (fully) harmonised rules of authorship and copyright ownership has led to divergent solutions in national law of distinct Member States in respect of AI-assisted works, which might justify a harmonisation initiative.
  • Further research into the risks of false authorship attributions by publishers of “work-like” but “authorless” AI productions, seen in the light of the general authorship presumption in art. 5 of the Enforcement Directive, should be considered.
  • Related rights regimes in the EU potentially extend to “authorless” AI productions in a variety of sectors: audio recording, broadcasting, audivisual recording, and news. In addition, the sui generis database right may offer protection to AI-assisted databases that are the result of substantial investment.
  • The creation/obtaining distinction in the sui generis right is a cause of legal uncertainty regarding the status of machine-generated data that could justify revision or clarification of the EU Database Directive.
  • Further study on the role of alternative IP regimes to protect AI-assisted outputs, such as trade secret protection, unfair competition and contract law, should be encouraged.

Si vedano poi quelle per il diritto brevettuale: sub 5.2, p. 118 ss:

  • The EPC is currently suitable to address the challenges posed by AI technologies in the context of AI-assisted inventions or outputs.
  • While the increasing use of AI systems for inventive purposes does not require material changes to the core concepts of patent law, the emergence of AI may have practical consequences for national Intellectual Property Offices (IPOs) and the EPO. Also, certain rules may in specific cases be difficult to apply to AI-assisted outputs and, where that is the case, it may be justified to make minor adjustments.
  • In the context of assessing novelty, IPOs and the EPO should consider investing in maintaining a level of technical capability that matches the technology available to sophisticated patent applicants.
  • In the context of assessing the inventive step, it may be advisable to update the EPO examination guidelines to adjust the definition of the POSITA and secondary indicia so as to track developments in AI-assisted inventions or outputs.
  • In the context of assessing sufficiency of disclosure, it would be useful to study the feasibility and usefulness of a deposit system (or similar legal mechanism) for AI algorithms and/or training data and models that would require applicants in appropriate cases to provide information that is relevant to meet this legal requirement, while including safeguards to protect applicants’ confidential information to the extent it is required under EU or international rules [forse il punto più interessante in assoluto!]
  • For the remaining potential challenges identified in this report arising out of AI-assisted inventions or outputs, it may be good policy to wait for cases to emerge to identify actual issues that require a regulatory response, if any.

Sull’ampiezza dell’esclusiva conferita da brevetto inventivo

Sull’annosa e complicata (a livello pratico-applictivo) questione dell’ampezza di tutela conferita dal brefetto inventivo, interviene la prima sezione della Cassazione (ord. 07.02.2020, n. 2977, Proras srl c. Ades srl).

La norma di riferimento è l’art. 52 cpi (spt. c. 2-3) , secondo cui:

((1.  Nelle  rivendicazioni  e' indicato, specificamente, cio' che si
intende debba formare oggetto del brevetto.))
  2.   I   limiti   della   protezione   sono  determinati  ((dalle))
rivendicazioni;  tuttavia,  la  descrizione  e  i  disegni servono ad
interpretare le rivendicazioni.
  3.  La  disposizione  del  comma  2  deve  essere intesa in modo da
garantire   nel  contempo  un'equa  protezione  al  titolare  ed  una
ragionevole sicurezza giuridica ai terzi.
((3-bis.  Per  determinare  l'ambito  della  protezione conferita dal
brevetto,  si  tiene nel dovuto conto ogni elemento equivalente ad un
elemento indicato nelle rivendicazioni.))

(da Normattiva.it)

Tra le varie interpretazioni ricorre pure la c.d cosiddetta prosecution-history estoppel statunitense, <secondo la quale il richiedente che nel corso della procedura brevettuale abbia rilasciato dichiarazioni limitative del brevetto non può espandere la portata del brevetto oltre tali limiti, neppure giovandosi della dottrina degli equivalenti.>.

la Corte riconosce sì che <nel concedere spazio alla regola di contemperamento espressa dall’art. 52, commi 3 e 3 bis  non si può abbandonare il fondamentale criterio che attribuisce il principale rilievo al contenuto obiettivo delle rivendicazioni, espressione della volontà di protezione rappresentata dal richiedente del brevetto>, § 2.6.

Però affidarsi solo alla limitazione di parte applicando il prosecution-history estoppel  non è corretto.

Infatti <tale criterio è estraneo al nostro ordinamento e al sistema brevettuale in cui le norme interpretative sono fissate dall’art. 69 del protocollo CBE e dall’art. 52 cod.propr.ind., con esclusione della rilevanza dell’intenzione soggettiva dell’inventore, dovendosi aver riguardo al significato oggettivo del brevetto, recepibile dalla collettività, espresso nelle rivendicazioni, interpretate alla luce delle descrizioni e dei disegni, a prescindere dall’iter amministrativo del procedimento di concessione e dovendosi negare rilevanza scriminante alle modifiche, ovvie e non originali, elusive della sua portata oggettiva> ,§ 2.7.

Il principio di diritto è dunque il seguente:

“In tema di contraffazione di brevetti per invenzioni industriali posta in essere per equivalenza ai sensi del D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, art. 52, comma 3 bis come modificato dal D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 131 il giudice, nel determinare l’ambito della protezione conferita dal brevetto, non deve limitarsi al tenore letterale delle rivendicazioni, interpretate alla luce della descrizione e dei disegni, ma deve contemperare l’equa protezione del titolare con la ragionevole sicurezza giuridica dei terzi, e pertanto deve considerare ogni elemento sostanzialmente equivalente a un elemento indicato nelle rivendicazioni; a tal fine può avvalersi di differenti metodologie dirette all’accertamento dell’equivalenza della soluzione inventiva, come il verificare se la realizzazione contestata permetta di raggiungere il medesimo risultato finale adottando varianti prive del carattere di originalità, perchè ovvie alla luce delle conoscenze in possesso del tecnico medio del settore che si trovi ad affrontare il medesimo problema; non può invece attribuire rilievo alle intenzioni soggettive del richiedente del brevetto, sia pur ricostruite storicamente attraverso l’analisi delle attività poste in essere in sede di procedimento amministrativo diretto alla concessione del brevetto” >.

Tuttavia non mancano decisioni che accolgono il criterio statunitense e la SC non si è confrontata in dettaglio con esse.

L’intelligenza artificiale non può essere intestataria di brevetto inventivo: lo dice pure l’Alta Corte inglese (ancora sul caso DABUS/dr. Stephen Thaler)

Altro caso giudiziale sul se l’intelligenza artificiale (AI) possa essere intestataria di brevetto ivnentivo quando si tratti di invenzione appunto creata da AI.

Si è pronunciata la  HIGH COURT OF JUSTICE BUSINESS AND PROPERTY COURTS OF ENGLAND AND WALES PATENTS COURT (ChD) il 21.09.2020, nel caso DABUS realizzato dallo scienziato Stephen Thaler.

La presentazione della invenzione è questa:  <“A machine called “DABUS” conceived of the present invention –  The invention disclosed and claimed in this British patent application was generated by a specific machine called “DABUS”, which is a type of “Creativity Machine”. A Creativity Machine is a particular type of connectionist artificial intelligence. Such systems contain a first artificial neural network, made up of a series of smaller neural networks, that has been trained with general information from various knowledge domains. This first network generates novel ideas in response to self-perturbations of connection weights between neurons and component neural nets therein. A second “critic” artificial neural network monitors the first neural network for new ideas and identifies those ideas that are sufficiently novel compared to the machine’s pre-existing knowledge base. The critic net also generates an effective response that in turn injects/retracts perturbations to selectively form and ripen ideas having the most novelty, utility, or value.

In the case of the present invention, the machine only received training in general knowledge in the field and proceeded to independently conceive of the invention and to identify it as novel and salient. If the teaching had been given to a person, that person would meet inventorship criteria as inventor.

In some instances of machine invention, a natural person might qualify as an inventor by virtue of having exhibited inventive skill in developing a program to solve a particular problem, or by skillfully selecting data to provide to a machine, or by identifying the output of a machine as inventive. However, in the present case, DABUS was not created to solve any particular problem, was not trained on any special data relevant to the present invention, and the machine rather than a person identified the novelty and salience of the present invention.

A detailed description of how DABUS and a Creativity Machine functions is available in, among others, the following US patent publications: 5,659,666; 7,454,388 B2; and 2015/0379394 A1>.

Dunque , secondo la prospettazione del ricorrente,  l’artificial intelligence machine chiamata DABUS sarebbe l’inventore , mentre il dr. Thaler avrebbe solo acquired the right to grant of the patents in question by “ownership of the creativity machine DABUS.

Il giudice Marcus Smith conferma la decisione dell’ufficio brevettuale inglese: solo una persona può essere inventore presso l’ufficio brevetti.

Le disposizioni di riferimento  sono gli artt. 7 e 13 del Patents Act.

Precisamente dice il giudice al § 40 :

<<It is quite clear from the statutory scheme contained in the Patents Act 1977 that – whatever the meaning of the term “inventor” – a patent can only be granted to a person. I reach this conclusion explicitly without considering the meaning of the term inventor. In my judgment, a patent can only be granted to a person falling within Classes (a), (b) or (c) for the following reasons:

(1) First, and most fundamentally, only a person can hold property and an invention, an application for the grant of a patent and the patent itself are all property rights. Were the 1977 Act to contemplate a thing owning another thing, then I would expect extremely clear language to be used in the Act to compel such a conclusion.

(2) In fact, the language of the Patents Act 1977 makes clear that the holder of a patent must be a person:

(a) Since a patent is only granted on application, it follows from section 7(1) (“[a]ny person may make an application for a patent”) that the grant of a patent can only be to a person, because only a person may make an application for a patent.[23]

(b) Classes (b) and (c) explicitly refer to and define themselves by reference to the “person” that is the transferee of the inventor’s rights.[24]

(c) Class (a) does not – section 7(2)(a) refers only to “the inventor or joint inventors”. However, it seems to me that either an inventor must be a person or at section 7(2)(a) must be read as stating “primarily to the person(s) who are the inventor or joint inventors”, given the points made in paragraphs 40(1) and 40(2)(a) above.>>

Vedi anche miei precedenti post su copyright/brevetti e intelligenza artificiale.

Sulla liquidazione del danno da violazione brevettuale, giunge una messa a punto della Corte d’Appello ambrosiana

Appello Milano del 14 maggio 2020, Rg 2667/2018 n. 1094/2020,  Caimi 1 spa contro Ima spa e Gima spa, decide l’impugnazione su una questione di violazioni brevettuali.

Qui non esamino il merito relativo alla validità e violazione del brevetto, ma solo quello su altre domande (risarcimento del danno spt.)

La sentenza è molto lunga e il relatore ha trovato una modalità grafico-espositiva chiara e comprensibile , nonostante la complessità delle questioni trattate e dei punti di vista da esporre (Tribunale, parte,  controparte, Corte d’Appello -in seguito anche solo <CdA>-)

La questione risarcitoria è trattata nella parte seconda, pagine 41 ss

i fatti di causaCama 1 produce macchine imballatrici e nel caso specifico macchine astucciatrici per cialde di caffè.   Viene contattata da una certa Mother Parkers (poi: MP) per una vendita sul mercato nordamericano. Cama 1  è però già legata contrattualmente ad una concorrente di MP , per cui declina la proposta commerciale. MP si rivolge quindi a Gima/Ima (l’una è la società operativa, l’altra la capogruppo) la quale fornisce le 5 linee complete di imballaggio contenenti la macchina astucciatrice su cui c’era il brevetto di Cama 1.

Ecco dunque alcuni passaggi interessanti

la royalty – Secondo il tribunale il tasso di royalty medio del settore machine tools è circa il 5% dei ricavi , p. 42 ss. Poi aggiunge (secondo quanto riferito dalla CdA):

<Il  criterio  della royalty media, ai fini dell’applicazione dell’art. 125 c. 2 D.Lvo 30/2005, in quanto criterio di risarcimento solo minimale, nel caso di violazione brevettuale, può e deve essere integrato al fine di garantire un’equa riparazione della violazione e di indennizzare tutte le perdite,  effettivamente subite  dalla  parte  lesa,  al  fine  di  evitare  che  il  risultato  del  calcolo  non  sia  economicamente  premiale per l’autore della contraffazione del brevetto. Pertanto  in  via  equitativa  la royalty, applicabile  al  caso  di  specie,doveva  essere determinata  nella misura dell’ 8% anziché  del  5%  dei  ricavi  complessivi  derivati  dalla  vendita  delle  astucciatrici,  così determinando il danno risarcibile a tale proposito nella misura di € 231.652>, p.42/3

Questo il Tribunale in primo grado

Interviene su ciò la CdA, sub B pagina 49

Secondo la Cda , Cama 1 non ha subito perdite di guadagno, visto che era comunque impegnata in esclusiva con un concorrente e non avrebbe potuto vendere la sua macchina astucciatrice a MP in quanto concorrente della sua controparte  nel Nord America.

Pertanto la vendita illecita ha procurato sì un utile a Gima/Ima ma non ha sottratto guadagni a Cama 1.

Sul recupero dei profitti   –   la Corte , ricordati l’articolo 125 CPI e la Direttiva, chiosa: <Con  riguardo  al  contraffattore  inconsapevole  il  risarcimento  può  essere  determinato solo in  misura pari al recupero dei profitti o ai danni che possono essere predeterminati;pare evidente, però,che tale risarcimento non può mai essere superiore a quello posto a carico del contraffattore consapevole>, p. 51 in fondo.

Subito dopo aggiunge:

<Pare altresì evidente  che anche l’ipotesi di risarcimento di cui alla lettera a) del  suddetto  art.  13  c.  1 della  Direttiva 2004/48/CE per  il  caso  di  violazione  commessa  dal  contraffattore  consapevole possa avere ad oggetto anche i profitti realizzati dall’autore della violazione (visto il riferimento a “i benefici realizzati  illegalmente  dall’autore  della  violazione”) senza  alcuna specifica limitazione;  pertanto, secondo   la   disciplina   contenuta   nella direttiva   europea, il   profitto   realizzato   dal   contraffattore consapevole (che  costituirebbe  il  danno  da  risarcire  al  titolare  del  diritto  leso)  potrebbe  anche  essere maggiore rispetto al lucro cessante effettivo (cioè al mancato guadagno subito dalla parte lesa)> p.52

Secondo Gima/IMA invece la dir. consente il trasferirmento dei profitti solo se il contrattaffattore è incolpevole,  p. 52.

La Corte non è d’accordo e sostiene che è fruibile anche da parte del contraffattore consapevole: <il comma 3 dell’art. 125 D.Lvo 30/2005 introduce, come detto, la possibilità, per il titolare del diritto leso, di  ottenere, a  sua  esplicita  richiesta, a  carico  del  contraffattore  anche  consapevole, anziché  il risarcimento  commisurato  al  lucro  cessante  (determinato  in  misura  pari  alla royalty ragionevole, previsto  dal  comma  2  dello  stesso  articolo,  ovvero in  misura  pari al  suo  mancato  guadagno  effettivo, previsto dal comma 1), il risarcimento  commisurato all’importo dei profitti realizzati dall’autore della violazione, quand’anche superiore all’importo del suo mancato guadagno>,  p. 52

Qui la CdA non brilla per chiarezza concettuale (parzialmente scusabile per l’opacità del dettato normativo). Innantitutto dovremmo distinguere tra interpetazione della direttiva e intereptazione della norma nazionale, per vedere se la seconda ha attuato correttamente la prima.

Soprattutto la Corte equivoca tra risarcimento del danno (funzione compensativa)  e trasferimenot dei profitti (funzione restitutoria, se non -come pare- punitiva).

Secondo l’art. 13 dir. al c. 1 sub a)  (autore consapevole) , dir., i profitti son considerati si ma solo per determinare il lucro cessante, cioè come uno dei possibili parametri di liquidazione del danno cagionato. Non si esce dalla compensazione.

Invece secondo il c. 2 (autore inconsapebole) gli Stati possono disporre il trasferimento dei profitti (o danni predeterminati).

Ogni tentativo, di dire quale sia misura più gravosa tra il risarcimento del danno e il traswferimento dei profitti, non andrà a buon fine: dipende dalle circostanze del caso e  in particolare dal ruolo di vittima o di aggressore della parte economicamente più forte.

in ogni caso per la Corte che il trasferimento dei profitti è chiedibile anche da parte del contraffattore consapevole e ciò anche se superiori al mancato guadagno (dato che il colpevole non può reicevere un trattamento migliore del non colpevole, parrebbe di capire) .

Effettivamente il c. 3 del nostro art. 125 c.p.i. è muto sul profilo soggettivo (grave difetto del legislatore nazionale!) per cui la tesi della Cda è in prima battuta sostenibile.

Recupero dei profitti totali o solo di una loro parte (apportionment)?  –  Inoltre dice la Corte che Cama 1 avrebbe  avuto  diritto  al  trasferimento  degli  utili  complessivi  conseguiti  da  Gima/IMA dall’intera commessa (cioè dalla vendita per tutte e cinque le linee di imballaggio di tutti i macchinari e i servizi che ne facevano parte) <solo nel caso in cui fosse risultato provato che i contratti di vendita in questione  erano  stati  conclusi  esclusivamente  perché  Gima/IMA  aveva  promesso  di  fornire  a  Mother Parkers anche le macchine astucciatrici, incorporanti i trovati oggetto dei brevetti di Cama1> p. 53.

Toccava però a Cama1 dare la prova di ciò ma non lo ha fatto.

<in conclusione, resta del tutto escluso che Gima/IMA avesse ottenuto la  commessa solo perché aveva offerto anche la fornitura della macchina astucciatrice, dotata dei trovati oggetto dei brevetti di Cama 1. Pertanto Cama 1 ha diritto alla retroversione degli utili, ma solo di quelli conseguiti da Gima/IMA dalla vendita a Mother Parkers delle cinque macchine astucciatrici contraffattori> p. 57

Calcolo degli utili – Secondo la corte gli utili vanno identificati nel margine operativo lordo, p. 57 ss

In particolare, <l’utile conseguito  dal contraffattore(oggetto  quindi  del  diritto  di  restituzione  del titolare del diritto leso) sia “rappresentato dal  confronto  fra  i  soli  ricavi  e  i  soli  costi incrementali”relativi alle  macchine  astucciatrici,“escludendo  dal  calcolo  gli  eventuali costi  comuni  ad  altre  produzioni  (in  prevalenza  costi  fissi)che l’azienda  avrebbe  comunque  sostenuto;la  grandezza  da  ricercare  ha  natura incrementale  rispetto  al MOL (margine  operativo  lordo) complessivo  aziendale  ed  è  il risultato  algebrico  della  somma  dei ricavi realizzati dalla vendita dei prodotti oggetto di contraffazione, dedotti i solicosti diretti sostenuti per  la  specifica produzione/commercializzazione  di  quei  prodotti,  ed  esclusi quindi  tutti  i  costi  di struttura,  di  servizi,  gli  oneri finanziari  e  i  costi  del  personale,non  specificamente  imputabili alla produzione/commercializzazione dei prodotti contenenti l’oggetto della contraffazion>, p.58.

Anzi, nel caso specifico , <“l’indagine….deve  essere  condotta….riferendone  i risultati  alle tre  società  indicate coinvolte (Gimas.p.a.,  I.M.A.  Industria  Macchine  Automatiche s.p.a.e  I.M.A.Industries s.r.l.,  ora  incorporata  in  IMA)  e  quindi procedendo  alla stima  di  una  figura  speciale  di “MOL di Gruppo”, in ragione della posizione di capogruppo della società I.M.A. Industria Macchine Automatiche  SpA,  cui  “risalgono”  in  tale  sua  qualità tutti  i  risultati  economici  delle  società appartenenti al Gruppo.”>, p. 58

Il danno emergente: la domanda è rigettata –  <il  danno  emergente  non  può  che  consistere  nella  perdita  di  valore, provocata dal fatto illecito del contraffattore, di un bene materiale o immateriale, posseduto dal titolare del diritto leso. Cama 1, con argomentazioni in verità piuttosto confuse, ha sostenuto, come sopra esposto, che, a causa della contraffazione oggetto della presente controversia, dell’esposizione della macchina contraffattoria a un’importante  fiera di  settore  e  della  pubblicazione della  stessa,  da  parte  di  Gima, sul  proprio  sito Internet, i  brevetti  violati  avrebbero  subito  una  perdita  di  valore  e  conseguentemente  sarebbero  stati, almeno  in  parte, vanificati  i  relativi  investimenti;  in  particolare, la  somma  spesa  per  la  ricerca  e  lo sviluppo dei trovati per € 328.882, la somma spesa per la tutela brevettuale per € 74.883 e le spese sostenute per la promozione pubblicitaria della macchina con i relativi brevetti per non meno di € 9.000.00>, p. 63

Contraria la CdA: <Nella  fattispecie  in  esame, peraltro,  risulta  provata  una  serie  di  circostanze da  cui  può invece ragionevolmente presumersi che nessun danno emergente abbia subito Cama 1:

– il CTU ha accertato che, anche dopo l’episodio di contraffazione in questione,Cama 1 non ha subito nessuna diminuzione di fatturato;. 

– il  fatto  illecito,  pur  certamente  commesso  in  Italia,  si  è  concretizzato  in  Canada, mercato in  cui  non hanno efficacia i brevetti azionati da Cama 1 nella presente  controversia e in cui, a causa del patto di esclusiva che la legava a Keurig, Cama 1 non avrebbe potuto vendere la sua macchina astucciatrice;

– Cama  1,  come  accertato  dal  CTU,  non  ha  ritenuto  di  ricorrere  ad  alcuna  azione  pubblicitaria riparatoria;

– l’investimento per la ricerca e lo sviluppo dei trovati poi brevettati è stato avviato al fine di effettuare la fornitura della macchina a Caffita s.p.a., quindi è presumibile che fosse stato già, se non totalmente almeno in parte, ammortizzato dalla vendita conclusa con tale cliente°> p. 63

il danno morale  –   <Premesso che il danno morale, per una persona giuridica che svolge attività di impresa, si identifica con il  danno  alla  sua  reputazione  commerciale,  di  persé  considerata,  a  prescindere  cioè  dalle  eventuali conseguenze economiche che ne siano derivate, nella fattispecie in esame Cama 1 non ha fornito alcuna prova  dell’esistenza di un dannodi  tale  natura,  tanto  più  che  la  violazione  del  suo  diritto  si  è concretizzata  con  la  vendita  della  macchina  contraffattoria  a  un  unico  cliente,  estraneo  al  mercato europeo  (dove  hanno  efficacia  i  brevetti  contraffatti),  esi  è  immediatamente  esauritain  seguito  alla reazione  di  Cama  1,  con  la  promozione  del  ricorso  perdescrizione  del  24.1.2013,  e  alla  conclusione dell’accordo  con  Mother  Parkers  del  10.3.2013 (con cui Cama 1 ha acconsentito a quest’ultima di ottenere la consegna di quanto già ordinato); pertanto apparecomunque verosimile che nessuna lesione della reputazione commerciale di Cama 1 si sia verificata>,  p. 64

L’effetto sulla lite della transazione conclusa da Cama1 con MP –  il quantum percepito da Cama1 va detratto dalla condanna inbase al principio della compensatio lucri cum damno:

<come  sopra  esposto, il  diritto  di  Cama  1  ad  ottenere  una  somma  commisurata  agli  utili  conseguiti  da Gima/IMA  trova  il  suo fondamento nel fatto che quest’ultima ha prodotto, venduto e si  apprestava  a consegnare a Mother Parkers le cinque macchine astucciatrici FTB 549-C, incorporanti i trovati di cui ai brevetti EP ‘612 e EP ‘151 di cui era titolare Cama 1; ebbene quest’ultima ha acquisito il diritto di ottenere il  pagamento  da  Mother  Parkers della somma di € 288.000 proprio con  la  stipulazione  della transazione del 10.3.2013, che trova il suo fondamento esclusivamente nel fatto che Gima/IMA aveva prodotto,  venduto  e  si  apprestava a  consegnare  a  Mother  Parkers  le  suddette  cinque  macchine astucciatrici FTB 549-C. Pertanto dal medesimo fatto, l’avvenuta vendita da parte di Gima/IMA a Mothers Parkers di cinque macchine astucciatrici, incorporanti i trovati di cui ai brevetti violati, sono derivati, da un lato, il danno che deve essere risarcito da Gima/IMA (che Cama1 ha chiesto venisse commisurato agli utili da quella conseguiti  dalla  vendita  illecita),  e, dall’altro lato,  il  guadagno,  consistente  nella  somma pagatada Mother  Parkers,  guadagno  che  Cama  1  non  avrebbe  mai  potuto  conseguire,  in  assenza  dell’attività illecita  posta  in  essere  da  Gima/IMAper  aver  venduto  a  Mother  Parkers  le  macchine  contraffattorie,  che Cama1 non avrebbe mai potuto vendere (per i motivi più volte richiamati>, p. 68.

Qui il concetto decisivo per procedere alla compensazione  è naturalmente quello di <medesimo fatto> , che da solo richiederebbe esame ad hoc.

Concorrenza sleale  –  <In ordine agli asseriti atti di concorrenza sleale, di cui all’art. 2598 n. 3 c.c. (secondo cui “compie atti di concorrenza sleale chiunque…. si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”),  il  fatto della contraffazione dei  brevetti, di  cui  è  causa, non  costituisce  di  per  sé  un  atto  di  concorrenza  sleale,   in assenza  della  prova  di  una sua specifica e  autonoma rilevanza in  tal  senso,   tanto  più  che  nella  fattispecie in esame, per  tutte le ragioni sopra esposte (vale a dire la sussistenza del patto di esclusiva con Keurig, che impediva a Cama1 di vendere le proprie macchine nel mercato nordamericano), Cama 1, non avrebbe in ogni caso potuto lecitamente svolgere l’attività svolta da Gima/IMA, che quindi non può essere considerata quale attività concorrenziale con la sua. In  ordine  agli  asseriti atti di concorrenza sleale di cui all’art. 2598 n. 2 c.c., il fatto che  Gima/IMA abbia pubblicato  nel  proprio  sito  web  la  macchina astucciatrice  FTB  549-C,  incorporante  anche  i ritrovati  dei  brevetti  di  cui  è  causa,  non  costituisce  di  per  sé,  come  già  rilevato  dal  Tribunale, appropriazione  di  pregidei  prodotti  di  un  concorrente,  essendo  del  tutto  mancata  la  prova  della sussistenza  di  una  qualunque  attività  concreta,  svolta  da  Gima/IMA,  diretta  ad  attribuireal  proprio prodotto, dinanzi al mercato di riferimento, le caratteristiche innovative del prodotto della concorrente>,  p. 70/1

Pubblicazione della sentenza –  <La  pubblicazione  della  sentenza,  che, per quanto riguarda l’accertamento della validità dei brevetti azionati e la loro contraffazione, conferma quella pronunciata dal Tribunale di Milano, non è necessaria e  neppuredi  alcuna concreta utilità  riparatoria  del  danno  subito  da  Cama  1 in  conseguenza  della contraffazione accertata, in considerazione del fatto che la contraffazionerisulta attuata da Gima/IMA con riguardo al mercato nordamericano (in cui i brevetti contraffatti, azionati nel presente giudizio, non avevano alcuna efficacia), del  fatto che con l’accordo transattivo del 10.3.2013 Cama 1 ha  comunque autorizzato Mother Parkers a ricevere (e quindi ad utilizzare) le macchine contraffattorie edel fatto che, una volta eseguita la commessa in questione, la contraffazione non ha più avuto alcunulteriore seguito>, p. 73