Altra decisione nell’annosissima lite sul marchio Budweiser

La massima di Cass. sez. I, sent. 09/07/2024 n. 18.683, rel. Ioffrida:

<<È invalida la registrazione di un segno come marchio, se può indurre nel pubblico l’erronea convinzione che il prodotto provenga da un’area territoriale nota per le eccellenti qualità di quel prodotto, giacché in tale ipotesi si verifica un effetto distorsivo del mercato, ingenerato dall’inganno subito dai consumatori – portati a credere che il prodotto che viene loro proposto provenga da una certa area geografica e goda dei pregi per cui essa è nota – e ciò a prescindere dall’appartenenza di un diritto di proprietà intellettuale sulla denominazione dell’area geografica in capo a chicchessia e in particolare al soggetto che denuncia la decettività del segno. (Nella specie, la S.C. ha cassato il provvedimento impugnato che aveva respinto la domanda di risarcimento del danno per contraffazione conseguente alla dedotta invalidità della registrazione di un segno come marchio, proposta da un noto birrificio nei confronti di imprese concorrenti che avevano utilizzato il segno su prodotti provenienti da area geografica diversa da quella boema, in cui l’attore produceva il proprio prodotto)>>.

Sentenza importante in tema di decettività e preuso del marchio, che andrà studiata attentamente.

(massima di Giustizia Civile Massimario 2024 , letta in DeJure Giuffrè)

La protezione delle I.G.P. richiede che venga speso l’appellativo geografico e cioè il luogo di origine

Cass. sez. I, ord. 17/04/2024 n. 10.352 rel. Ioffrida, sull’art. 13.1.b reg. UE 1151/2012 (ora art. 26 reg. 2024/1143), dando torto al Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena e ragione alla  Acetaia Del Balsamico Trentino Di Bo.Ga. & C. Società Semplice Agricola (che usava il nome  “Aceto Balsamico”).

<<4.7. Alla luce di tali complessive considerazioni, si deve affermare che correttamente la Corte d’appello ha respinto il gravame, precisando che la condotta “evocativa” vietata dalla predetta norma deve avere ad oggetto una caratteristica che comunque richiami l’origine geografica del prodotto, che rappresenta specificamente il bene tutelato dall’art. 13 del Regolamento e che la protezione accordata dalla disposizione in parola non può estendersi sino all’utilizzo esclusivo di singoli termini non geografici, generici e comuni – come nel caso delle parole “aceto”, “balsamico”, “aceto balsamico” – in quanto ciò avrebbe l’effetto di istituire un monopolio del soggetto registrante proprio su detti termini.

In sostanza, la Corte di merito ha mostrato, attraverso il proprio iter logico argomentativo, senza alcun equivoco circa l’oggetto della tutela accordata dal Reg. (UE) 1151/2012 (per avere, erroneamente secondo il ricorrente, affermato che la tutela concerne non tanto il prodotto nel suo complesso, quanto il solo termine geografico della denominazione registrata, nel caso di specie il toponimo “Modena”), di avere ben presente la portata della tutela garantita dall’art. 13 par. 1 lett. b) del Regolamento 1151/2012, rilevando come il prodotto commercializzato dall’appellata si presentasse privo di elementi evocativi dell’IGP dell’Aceto Balsamico di Modena, nella denominazione e alla luce dell’esame complessivo delle caratteristiche esterne dello stesso prodotto, in alcun modo idonee a creare un’associazione con la città di Modena.

Risulta infondato anche il secondo motivo di ricorso, considerato che la Corte d’appello ha escluso la fattispecie evocativa non soltanto per la precisa indicazione di un differente luogo di provenienza del prodotto, quanto sulla base dell’esame di tutti gli elementi e le caratteristiche, anche figurative, del prodotto che non ha permesso di ravvisare alcuna associazione con l’origine geografica del bene.

Nessun richiamo evocativo per il consumatore medio della denominazione geografica protetta si poteva verificare>>.

La norma è ambigua ma la ratio della tutela probabilmente fa ritenere esatta la interpretazione della SC

L’ordinanza contiene un dettagliato resoconto della normativa e giurisprudenza europee sul tema.

Deferimento alla CG di complessa questione inerente al rapporto tra marchio e posteriore DOP-IGP sul segno vitivinicolo SALAPARUTA

Cass. sez 1 del 8 maggio 2024 n. 12.-563, rel. Iofrida, deferisce alla Corte di Gustizia due questioni interpretative sul tema in oggetto.

Le norme di riferimento sono oggi state abrogate. Ma la seconda questione , non di diritto transitorio (la prima , si), può dare spunti utili pure oggi.

Eccola:

«Ove si affermi, in base alla risposta al primo quesito, la necessaria
applicazione, alla situazione di fatto oggetto del presente giudizio, del Reg. n. 1493/1999, dica la Corte di Giustizia se la disciplina di cui all’Allegato “F” del Reg. 1493/1999, dettata per regolare il conflitto tra un marchio registrato per un vino o un mosto di uve che sia identico a denominazioni d’origine o indicazioni geografiche protette di un vino, esaurisca tutte le ipotesi di coesistenza tra i diversi segni e di proteggibilità delle denominazioni per vini ovvero residui comunque un’ipotesi di invalidità o non proteggibilità delle DOP o IGP posteriori, nel caso in cui l’indicazione geografica possa ingannare il pubblico circa la vera identità del vino a causa della reputazione di un marchio anteriore, in forza del principio generale di non decettività dei segni distintivi»

L’ordinanza esamina analiticamente  la disciplina delle denominazioni dei prodotti agricoli (non vini e vini: i due settori hanno discipline autonome, pur se simili). Disciplina complessa per l’intersecarsi di provvedimenti legislativi e amministrativi e per le frequenti modifiche.

(notizia di Jocelyn Bosse in IPKat)

Registrazione di marchio tridimensionale: un caso da manuale di descrittività

Victoria Thüsing su IPKat ci notizia di 5th board of appel EUIPO 04 gennaio 2024, proc. R 1934/2023-5, Winch Industry GmbH, su marchio tridimendionale relativo a tende da installare sul tetto di auitovetture e costituito dalla rappresetnazione delle tende stesso:

marchio 3D chiesto in registrazione

La differenza rispetto alle tende consuiete era indicata analitricamente dall’istanze.

Giustamente il primo grado e l’appello de quo rigettano la dom,anda. Tale possibile differenza è insigmnificante (se esistente) per cui l’effetto monopoistico prodotto dalla descrittività non verrebbe evitato.

Qui la pag. web del fascicolo mentre  qui il testo diretto alla decisione.

Caramella a forma e sapore di fetta di anguria: marchio di forma negato dal 3° circuito d’appello usa

il 3 circuito d’appello usa 7 settembre n. 22-2821, Pim brands v. Haribo, giudice Arleo, conferma il primo grado (notizia e link da IPwatchdog)

La forma e i colori indicano il flavour del dolciume: quindi nessuna distintività.

<<The question is whether the candy’s colors alone signal its flavor or whether the colors and shape combined further that function. Though PIM disagrees, we think the two work together. (…)

As PIM notes, the shape and colors do not match exactly: The bottom could be more curved and have a thinner band of darker green. The wedge could be wider. The point could be sharper and a deeper red. There could be black seeds. But as PIM itself put it, because this candy is an impulse buy, it “do[es]n’t need to be the Mona Lisa.” Oral Arg. 13:15–19. To identify its flavor, the candy’s trade dress need not exactly copy watermelon, but just evoke it.
And the shape contributes to the overall effect. Some shapes for watermelon candies, such as sharks, ropes, and rib-bons, detract from (or at least add no information beyond) the colors. But the wedge shape contributes to the function. The colors alone could leave some ambiguity: Is it watermelon or strawberry? With the wedge shape, all ambiguity is gone—this candy is a wedge of watermelon.
In that vein, the wedge might or might not identify the fla-vor on its own or with other color schemes. That trade dress is not before us; the watermelon-colored wedge is. The registered trademark at issue defines the mark by both colors and shape. So does PIM’s complaint. Plus, when we look at the pictured candies, our eyes are drawn immediately to both their colors and their shape. We think of a slice of watermelon based on both its color scheme and its shape. And in this color scheme, the candy looks like a watermelon wedge. So we hold that the trade dress presented as a whole, colors and shape together, makes the watermelon candy more identifiable as a slice of wa-termelon. That is function enough>>.

DA noi la conclusione sarebbe verosimilmente uguale ex art. 9.c – 13.1.b) c.p.i.

La suola dorata non può costituire marchio per scarpe (ancora sui marchi di posizione)

Jerome Tassi su Linkedin segnala la decisione 31 agosto 2023 EUIPO, domanda nà 018731419, istante: Yeshua Investment consulting, che dà esito opposto ai notissimi casi Louboutin

In breve dice ora l’ufficio che il pubblico non lo percepusce come segni di provenenzia aziendale

<<In the case at hand the sign is not distinguishable from the appearance of the
goods it designates, namely “metallic gold outer soles sold as an integral
component of men’s and women’s shoes”; it would only be distinctive for the
purposes of Article 7(1)(b) EUTMR if the consumer was able to recognize the
sign applied for as originating from a particular undertaking and thus to
distinguish the shoes of the applicant from those of other undertakings
(21/04/2010, T-7/09, ‘Spannfutter’, EU:T:2010:153, § 26) and, also, if it
departs significantly from the norm or customs of the sector. The benchmark
also applies to signs which are only applicable to a component or an element
of the appearance of the product, in the case at hand “Metallic gold outer
soles” (10/10/2008, T-387/06 to T-390/06, ‘Pallet’, EU:T:2008:427, § 36;
13/04/2011, T-202/09, ‘Footwear’, EU:T:2011:168, § 40; 19/09/2012, T-50/11,
‘Stoffmuster’, EU:T:2012:436, § 43).
· The sign consists of a metallic gold sole on footwear. It is clear from these
objective characteristics that the sign applied for aims to protect a coloured
surface in a particular position of the shoe. The sign merges in the eyes of the
relevant public with the claimed goods itself, i.e. shoes, since in the words of
the applicant the metallic gold outer soles are sold as an integral component
of men’s and women’s shoes.
· As to the gold colour of the sole, the public will not instantly perceive a single
colour, or a coloured element which forms part of the external appearance of
the goods as a reference to the commercial origin of the goods (21/10/2004,
C-447/02, ‘Orange’, EU:C:2004:649, § 78). Thus, while colours are capable of
conveying certain associations of ideas, and of arousing feelings, they
possess little inherent capacity for communicating specific information,
especially since they are commonly and widely used, because of their appeal,
in order to advertise and market goods or services, without any specific
message (06/05/2003, C-104/01, ‘Libertel’, EU:C:2003:244, § 40; 24/06/2004,
C-49/02, ‘Blau/Gelb’, EU:C:2004:384, § 38; 12/11/2008, T-400/07, ‘Farben in
Quadraten’, EU:T:2008:492, § 35).
· Furthermore, the use of the gold colour to highlight the quality of a given
product is a common place associated with high quality and excellence and,
therefore, does not confer distinctive character on the product>.

L’avvocato Tassi segnala l’opposto esito dato dall’ufficio alla suola rossa di Louboutin (dopo il via libera della corte giustizia 12.06.2018, C-163/16)

Modifiche al codice di proprietà industriale

la legge 102 del 24.07.2023 (GU 184 del 8 agosto 2023) apporta alcune modifiche al c.p.i.

Le più importati sono nei primi tre articoli: art. 1 Divieto di registrazione di marchi evocativi di indicazioni geografiche e denominazioni di origine protetta;  art. 2 Protezione temporanea dei disegni e dei modelli nelle fiere;  art. 3 Titolarita’ delle invenzioni realizzate nell’ambito di universita’ ed enti di ricerca.

In particolare andrà approfondito il caso sub 1, dovendolo distinguere sia da quello delle segg. lettere c) e c-bis) sia dalla tutela delle denominazioni ex reg. 1151/2012, spt. art. 13 (del cui § 3 potrebbe essere ritenuta attuazione)

Cuiriso è la nuolva disciplina del calcolo dei termini di durata, art. 20: pare non coincuidere con quella civilprocessuale , ad es. , se si tiene conto della’rt. 155 cpc.

Il logo di Batman è sufficientemente distintivo per maschere e costumi teatrali

Trib. UE 7 giugno 2023, T-735/21, Aprile -Commerciale Italiana v. EUIPO – DC Comics  conferma la decisione del Board amministrativo e rigetta l’opposizione che voleva far dichiarare nulli i marchi sotto riportati .

In effetti la domanda giudiziale pareva assai poco fondata e quindi assai azzardata: non credo che alcuno possa ritenere  il logo descrittivo o indicazione generica del prodotto.

 

marchio impugnato

Decettività e non distintività della mucca rovesciata (inverted cow)

Anna Maria Stein su IPKat dà notizia di interessante decisione EUIPO 08.05.2023, marchio inter. reg. 1600229, ref. dell’istante 35/RM20K01/EM.

Si tratta di marchio costituito da immagine di mucca rovesciata per prodotti alimentari etc. come sostituti della carne etc..

L’idea commerciale -parrebbe- era quella di indicare l’assenza di carne marcandoli tramite l’immagine di una mucca rovesciata anzichè diritta.

Ma le cose vanno doppiamente male: da un lato è ingannatoria perchè l’utente continua a pensare invece alla presenza (non all’assenza) di carne; dall’altro, è comunque descrittivo.

I giudizio sulla decettità non sono frequenti.

Quindi domanda rigettata

 

Di marchi numerici/alfabetici e di buona fede

Tre notazioni su Trib. Milano n. 6542/2021 del 27 luglio 2021, RG 32332/2016, rel. Fazzini E.:
1°)  <<. Il Collegio ritiene, comunque, che tale eccezione
sia anche infondata, atteso che essa si basa esclusivamente sul fatto che esso sarebbe formato da
semplici lettere dell’alfabeto, “senza alcuna caratteristica di fantasia”, dovendosi ritenere al riguardo
che i marchi numerici (o alfabetici) sono privi di tutela solo quando sono usati per esigenze di
comunicazione imprenditoriale, come per indicare la serie o il tipo di prodotto o la loro quantità, ma
non quando sono utilizzati, come nel caso di specie, in funzione distintiva, tenuto conto che l’art. 7
c.p.i. prevede espressamente che possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa
tutti i segni, in particolare, fra gli altri, le parole, compresi i nomi di persone, i disegni e le lettere. Si
ritiene, in particolare, che il marchio, rappresentato da lettere dell’alfabeto, non possa automaticamente
essere considerato nullo, o comunque debole, essendo, comunque, necessaria la prova contraria da
parte di chi ne contesti la validità come marchio, la quale, nel caso di specie, non è stata in alcun modo
fornita>>

2°)   <<Alla luce di tale motivazione, il Collegio ritiene, pertanto, tenuto conto della pluralità dei casi indicati
da parte attrice e non oggetto di specifica contestazione e del comportamento assunto dal Riva Faccio e
dalla società convenuta anche nelle more del giudizio, continuando a porre in essere atti in violazione
dell’accordo, che sia provata la reiterata violazione degli obblighi negoziali per la palese e insistita
inosservanza sia di quanto sancito specificatamente nel contratto, concluso tra le parti nel novembre
2012, sia del canone della buona fede nella sua esecuzione. Si ritiene, in particolare, alla luce del consolidato indirizzo interpretativo della Suprema Corte, che la buona fede nella esecuzione del
contratto si sostanzia in un generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in
modo tale da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali,
quanto dal dovere extracontrattuale del neminem laedere, trovando tale impegno solidaristico il suo
limite precipuo unicamente nell’interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti
gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte,
nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico (cfr. per tutte Cass. 4
maggio 2009, n. 10182). Si ritiene, pertanto, come già affermato anche da questo tribunale, che un
compromesso negoziale fondato anche su particolari piccoli impone alle parti di uniformare i propri
comportamenti a un livello molto elevato di correttezza, tale da evitare che anche in via indiretta si
possano generare o anche solo avallare fraintendimenti ed equivoci (cfr. tribunale di Milano, sentenza
6454/2016, pubblicata il 26.05.2016). La violazione continuata e duratura delle disposizioni
contrattuali, nonché del canone di lealtà costituisce inadempimento contrattuale di indubbia rilevanza e
oggettiva gravità, tale, quindi, da giustificare l’accoglimento della domanda di risoluzione. Trattandosi
di contratto a esecuzione continuata, in conformità della previsione di cui all’art. 1458 c.c., l’efficacia
della pronuncia retroagisce al momento della litispendenza, con conseguente cessazione degli effetti
dei contratti alla data della notificazione dell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio,
effettuata in data 20.05.2016 (cfr. Cass. 20894/2014)>>.

3°)  danno da royalties ipotetiche: 15% del fatturato (ammontare assai diffuso)