Modifiche al codice di proprietà industriale

la legge 102 del 24.07.2023 (GU 184 del 8 agosto 2023) apporta alcune modifiche al c.p.i.

Le più importati sono nei primi tre articoli: art. 1 Divieto di registrazione di marchi evocativi di indicazioni geografiche e denominazioni di origine protetta;  art. 2 Protezione temporanea dei disegni e dei modelli nelle fiere;  art. 3 Titolarita’ delle invenzioni realizzate nell’ambito di universita’ ed enti di ricerca.

In particolare andrà approfondito il caso sub 1, dovendolo distinguere sia da quello delle segg. lettere c) e c-bis) sia dalla tutela delle denominazioni ex reg. 1151/2012, spt. art. 13 (del cui § 3 potrebbe essere ritenuta attuazione)

Cuiriso è la nuolva disciplina del calcolo dei termini di durata, art. 20: pare non coincuidere con quella civilprocessuale , ad es. , se si tiene conto della’rt. 155 cpc.

Momento e modo cui valutare il marchio violato nel giudizio di contraffazione

Cass. sez. I n° 21.738 del 20.07.2023, rel. Falabella (con passaggi non limpidissimi…):

1) il giudizio sulla esistenza o meno della rinomanza va dato alla data del deposito (o di uso, se marchio di fatto) del secondo marchio. Così parrebbe leggendo :  <<l’odierna ricorrente ha agito in giudizio per sentir dichiarare la nullità dei marchi di (Omissis) e l’accertamento della contraffazione posta in essere, ai propri danni, attraverso di essi. Sotto il primo profilo i Giudici del merito dovevano evidentemente verificare se alla registrazione dei marchi si frapponesse l’impedimento di cui all’art. 12, lett. e): a tal fine l’indagine circa la rinomanza dei segni in questione andava condotta avendo riguardo all’epoca del deposito del primo dei marchi “(Omissis)” (anno 1999, come è pacifico), non ad epoca successiva. Simile (ma non esattamente coincidente) conclusione si impone in relazione alla sola domanda relativa all’accertamento dell’illecito contraffattivo. Come insegna la Corte di giustizia, il diritto del titolare alla tutela del suo marchio contro le lesioni di quest’ultimo non sarebbe né effettivo né efficace se non permettesse di prendere in considerazione la percezione del pubblico interessato nel momento in cui si è iniziato l’uso del segno che lede il suddetto marchio: quindi, per determinare la portata della tutela di un marchio regolarmente acquisito in funzione della sua capacità distintiva, il giudice deve prendere in considerazione la percezione del pubblico interessato nel momento in cui il segno, il cui uso lede il suddetto marchio, ha iniziato ad essere oggetto di utilizzazione (Corte giust. CE 27 aprile 2006, C-145/05, Levi Strauss & Co., 17 e 20, pure citata da parte ricorrente)>>.

Affermazione scontata.

2) la contraffazione va accertata rispetto al marchio violato così come depositato, non così come concretamente usato. Così parrebbe da <<è  senz’altro vero che il giudizio quanto al rischio confusorio determinato dalla somiglianza dei marchi, siccome impiegati per prodotti o servizi identici o affini, può riguardare segni che presentino una differente caratterizzazione (per essere l’uno denominativo e l’altro al contempo denominativo e figurativo: per una ipotesi siffatta cfr. ad es. Cass. 18 giugno 2018, n. 15927). E’ altrettanto vero, però, che, ove si tratti di accertare la nullità della registrazione ex art. 12, comma 1, lett. b), o l’uso illecito del segno che sia simile ad altro marchio precedentemente registrato, a norma dell’art. 20 comma 1, lett. b), occorre guardare a tale titolo di privativa, e cioè al segno oggetto di deposito e registrazione, non al modo con cui esso venga utilizzato dall’avente diritto (sull’irrilevanza delle modalità concrete di applicazione dei marchi denominativi ai prodotti, dovendo la valutazione quanto all’impedimento alla registrazione del marchio effettuarsi sulla base dei segni quali registrati o richiesti: Trib. UE 29 febbraio 2012, T-525/10, Azienda Agricola Colsaliz, 37; Trib. UE 9 giugno 2010, T-138/09, Muñoz Arraiza, 50)>>.

Pure affermazione scontata: la diversità rileva solo al fine di eventuale decadenza per non uso

il Trib. UE sulla confondibilità tra marchi denominativi (messaggio concettuale dei nomi di persona e neutralizzazione -mancata, nel caso sub iudice- prodotta dagli elementi differenzianti)

Precisazioni sempre utili in argomento da Trib. UE 21.06.2023, Cases T‑197/22 and T‑198/22, Ioulia and Irene Tseti Pharmaceutical Laboratories SA v. EUIPO (+ Arbora & Ausonia, SL).

marchio1 chiesto in registrazione
marchio 2 chiesto in registrazione

Il Trib. per lo più accoglie l’opposizione (cioè non in toto).

Sentenza istruttiva che ripercorre tutti i soliti passaggi nelle liti di questo tipo.

(notizia da M. Pemsel in IPKat)

Sfruttamento della rinomanza del marchio altrui o lecita parodia? La Corte Suprema parteggia per il titolare del marchio in JACK DANIEL’S PROPERTIES, INC. v. VIP PRODUCTS LLC

Ecco la decisione della Corte Suprema 8 giugno 2023, No. 22–148, in JACK DANIEL’S PROPERTIES, INC. v. VIP PRODUCTS LLC.

Il tema dei confini della lecita parodia/satira rispetto allo sfruttamento della notorietà altrui è sempre difficile da trattare. O meglio, quello del se e in che limiti possa darsi diritto di espressione ad imprese commerciali: agendo per lucro, infatti,  è plausibile che le loro condotte mirino al lucro , invece che contribuire al democratico dibattito nella società (marketplace of ideas). Ma allora il problema potrebbe allargarsi dato che qualunque artista professionista agisce anche per lucro: viene meno la creatività? No di certo.

Comunque la Corte taglia corto: non si può nemmeno discutere di diritto di parola e di parodia (espresamente prevista, si badi,  dal 15 US code § 1125.(c)(3)(A)(ii)) quando avviene nell’ambito di attività commerciale e integrando direttamente la fattispecie tipica di violazione di marchio altriu.

Il noto Rogers test che si applica appunto nella questione violazione di privativa vs. diritto di parola (per gli expressive works)  non si applica, cassando la decisione di appello del 9 circuito.

Dal Syllabo:

<<(b) In this case, VIP conceded that it used the Bad Spaniels trademark and trade dress as source identifiers. And VIP has said and done more in the same direction with respect to Bad Spaniels and other similar products. The only question remaining is whether the Bad Spaniels trademarks are likely to cause confusion. Although VIP’s effort to parody Jack Daniel’s does not justify use of the Rogers test, it may make a difference in the standard trademark analysis. This Court remands that issue to the courts below. Pp. 17–19.
2. The Lanham Act’s exclusion from dilution liability for “[a]ny noncommerical use of a mark,” §1125(c)(3)(C), does not shield parody, criticism, or commentary when an alleged diluter uses a mark as a designation of source for its own goods. The Ninth Circuit’s holding to the contrary puts the noncommercial exclusion in conflict with the statute’s fair-use exclusion. The latter exclusion specifically covers uses “parodying, criticizing, or commenting upon” a famous mark owner, §1125(c)(3)(A)(ii), but does not apply when the use is “as a designation of source for the person’s own goods or services,” §1125(c)(3)(A). Given that carve-out, parody is exempt from liability only if not used to designate source. The Ninth Circuit’s expansive view of the noncommercial use exclusion—that parody is always exempt, regardless whether it designates source—effectively nullifies Congress’s express limit on the fair-use exclusion for parody. Pp. 19–20.>>

e poi da p. 2 della sentenza:

<<Today, we reject both conclusions. The infringement issue is the more substantial. In addressing it, we do not decide whether the threshold inquiry applied in the Court of Appeals is ever warranted. We hold only that it is not appropriate when the accused infringer has used a trademark to designate the source of its own goods—in other words, has used a trademark as a trademark. That kind of use falls within the heartland of trademark law, and does not receive special First Amendment protection. The dilution issue is more simply addressed. The use of a mark does not count as non commercial just because it parodies, or otherwise comments on, another’s products>>.

Da noi l’art. 21 c.p.i. non prevede l’uso lecito come parodia nè diritto di espressione.

V. ora il post 21 giugno u.s. di Lisa Ramsey, Resolving Conflicts Between Trademark and Free Speech Rights After Jack Daniel’s v. VIP Products (Guest Blog Post).  e tra i saggi più impegnati Jack Daniel’s vs. Bad Spaniels—Does a Dog Toy Get Heightened First Amendment Protection? di Jelena Laketić nel Berkeley Technology Law Journal.

V. ora l’interessante saggio dei proff. Tushnet e Lemley, 11.01.2024, “First Amendment Neglect in Supreme Court Intellectual Property Cases” .

Tutela extramerceologica di marchio rinomato concessa solo in parte

Trib. UE 24 maggio 2023, T-509/22, Bimbo SA v. Euipo-Bottari euripe srl, decide in modo corretto domanda di tutela della rinomanza (art. 8.5 reg. UE 2017/1001)

marchio chiesto in registratozione ma contestato dall’opponente

L’anteriorità era data da BIMBO (marchio denominativo assai rinomato in Spagna per pane e prodotti relativi) rispetto al marchio de quo , riferito per lo più a prodotti  relativi alle biciclette.

Giustamente il Trib. conferma la decisione amministrativa di rigetto della domanda di tutela della rinomanza: non c’è approfittamento indebito da parte dell’uno nè dilution  a carico dell’altro.

E’ però assai dubbio che ci sia per quelle poche classi di prodotti per cui l’Ufficio ha concesso la tutela (§ 7: soprattutto per le cl. 3 e 28)

  • class 3: ‘Detergents; Soap; Grease-removing preparations’;
  • Class 21: ‘Drinking bottles; Drinking bottles for sports’;
  • Class 28: ‘Scooters [toys]; Tricycles for infants [toys]; scooters for kids; Gloves for games’.

Marcel Pemsel su Ipkat offre un utile suggerimento operativo per favorire il riconoscimenot della tutela allargata:    <<In order to show that the reputation of a trade mark goes beyond the public targeted by the goods or services for which the trade mark is famous, evidence on collaboration with companies from different sectors can be useful. Also, other efforts to extend the brand beyond the sector for which it enjoys a reputation can show that consumers in other sectors are familiar with it, such as merchandising producs or sponsorships>>.

Giusto: bravo Marcel!

Lite in tema di marchi per keyword advertising tra studi legali dell’Arizona

Distr. Court of Arizona 8 maggio 2023, Case 2:21-cv-01540-DG, Lerner & Rowe PC,
v. Brown Engstrand & Shely LLC, et al.:

<<The three relevant screenshots produced by Plaintiff show clear labeling of Defendants’ entry, using Defendants’ name and prominently labelled as an “Ad,” and with no use of Plaintiff’s trademark or confusingly similar language or content.

Reasonably savvy Internet users with a strong incentive to select the right lawyer would not be confused by these clearly labeled ads into believing that Defendants were Plaintiff.

Plaintiff produces no survey evidence showing a likelihood of confusion, and its evidence that, at most, 0.215% of all consumers exposed to Defendants’ ads were in fact confused by them is simply not enough to show a likelihood. Two-tenths of one percent is not an appreciable or significant portion of consumers exposed to Defendants’ keyword-generated ads. Plaintiff does have a strong mark, but no reasonable jury viewing Plaintiff’s thin evidence could find that potential clients viewing Defendants’ clearly labeled ads are likely to be confused into thinking Defendants were in fact Plaintiff.
The 25 irrelevant screenshots produced by Plaintiff – screenshots taken during a time when Defendants’ were not buying Plaintiff’s name as a keyword – reinforce the Court’s conclusion. Each of the irrelevant screenshots was produced by searching for “lerner & rowe,” “lerner rowe,” or a variation of these words. Doc. 68-3.

And even though Defendants had not purchased Plaintiff’s name as a keyword, Defendants’ ads appeared in the search results along with ads for other personal injury law firms.

Google’s algorithm apparently called up similar law firms when a specific law firm was searched for. See, e.g., Doc. 57-6 at 15 (including an ad for azinjuredworker.com), 17 (getlawyersnow.com and palumbowolfe.com), 18 (arjashahlaw.com), 20 (getlawyersnow.com), 22 (hutzler law.com), 28 (larryhparkerphoenix.com). These screenshots show what Internet users find when searching on Google for Lerner & Rowe – ads for a variety of law firms.

As with all searches on Google, the consumer then must scroll through the returns to decide which entries are worth clicking on.

Because Defendants’ entries use their name and are clearly labeled “Ad,” the consumers would know they are seeing an ad for another law firm, as would be true with the other firms seen in the screenshots. The Internet user would then, as the Ninth Circuit has recognized, “skip from site to site, ready to hit the back button whenever they’re not satisfied with a site’s contents.” Toyota Motor Sales, 610 F.3d at 1179. This is not confusion; this is typical Internet searching. And because “the owner of the mark must demonstrate likely confusion, not mere diversion,” Plaintiff has presented insufficient evidence to survive summary judgment. Network Automation, 638 F.3d at 1149>>, P. 19-20.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Confondibilità tra marchi figurativi

Marchio chiesto in registrazione (per elettronica e gaming digitale):

Anteriorità opposta (per prodotti parzialment simili):

Il Tribunale UE 19.04.2023, T-491/22, Zitro International Sàrl c. EUIPO-a-gaming s.r.o., conferma l’appello amministrativo nel senso che non c’è confondibilità

In particolare non c’è somiglianza visuale, §§ 40 ss.

<< 45  In the present case, it must be stated that the signs at issue share certain features, that is, a central element which includes, inter alia, an open smiling mouth showing teeth, large eyes, a top hat, two arms wearing gloves and two legs wearing shoes. In addition, they are represented in the same colours – white, grey and black.

46 Nevertheless, it must be stated, similarly to EUIPO, that the features mentioned in paragraph 45 above are represented differently in each of the signs. The central element of the sign applied for is an anthropomorphic sphere, while that of the earlier mark is an ovoid. Moreover, aside from the open mouth, the features of the central element of each of the signs are not the same. While the sign applied for contains two wide-open eyes and eyebrows, the earlier sign has a single eye and does not have visible eyebrows. The hats situated over the central elements of the signs at issue are also distinct. Whereas the hat in the sign applied for is of average size, tipped to the left and contains an uppercase ‘b’, the hat in the earlier sign is large, tipped to the right, contains an ‘s’ or dollar sign and some banknotes. Differences can also be established in the position of the arms and proportion of the legs in relation to the central element of each of the signs at issue. Although the sign applied for is represented with straight arms and shorter legs in relation to the central element, the earlier sign is made up of one bent arm and another arm resting on a cane, and legs of the same length as the central element.

47 In the light of those assessments, the Court finds that the overall impression produced by the signs at issue is so different that the relevant public will not establish a link between those signs on the ground that they share certain features and the same colours. They are two fantasy figures stylised differently, that is, on the one hand, a happy figure in the shape of a ball with wide-open eyes, straight arms and short legs and, on the other hand, a figure in the shape of a one-eyed, slightly deformed face with one bent arm and another arm resting on a cane, and legs of the same length as the central element.

48 Contrary to the applicant’s claim, in paragraphs 15 and 16 of the contested decision, the Board of Appeal only described the signs at issue before carrying out a visual, phonetic and conceptual comparison of the signs. The visual comparison of those signs was carried out in paragraph 17 of that decision, in which the Board of Appeal specified that that the signs at issue shared a central part resembling an imaginary face with two legs, two arms and a hat, but that the overall impression given by those signs was very different. Consequently, the applicant’s arguments relating to the fact that paragraphs 15 and 16 of the contested decision take account of certain features or details of the signs at issue must be rejected.

49 The same applies to the applicant’s argument that the Board of Appeal found that the overall impression given by the signs at issue was very different, although it had specified that those signs shared their most relevant aspects, which drew the attention of the relevant public. In that connection, it is sufficient to note that, as is apparent from paragraph 17 of the contested decision, the Board of Appeal merely observed that, despite the fact that the signs at issue shared certain features, their overall impression was very different. Accordingly, the Board of Appeal did not in any way find that the signs at issue shared the most relevant aspects which drew the attention of the relevant public.

50 Regarding the applicant’s argument that, in essence, the features shared by the signs at issue concern the central element and are the most relevant elements, creating a first impression of the signs at issue without engaging in an analysis of their details, and that those signs are represented in the same colours, it must be observed that, as is apparent from paragraphs 46 and 47 above, those features are represented differently, thereby creating a different overall impression given by the signs at issue. Accordingly, even if the consumer does not memorise details, he or she will be able to identify the differences between the signs and, to that extent, will not establish a link between the marks at issue.

51 Regarding the applicant’s argument that the Board of Appeal failed to take account of the arguments in paragraphs 14 to 19 of the application, directed against the decision of the Opposition Division, it should be borne in mind that the Board of Appeal cannot be required to provide an account that follows exhaustively and one by one all the lines of reasoning articulated by the parties before it; the reasoning may therefore be implicit, on condition that it enables the persons concerned to know the reasons for the Board of Appeal’s decision and provides the competent Court with sufficient material for it to exercise its power of review (see, to that effect, judgment of 9 July 2008, Reber v OHIM – Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (Mozart), T‑304/06, EU:T:2008:268, paragraph 55 and the case-law cited). It is apparent from paragraphs 21 to 26 of the application that the applicant was able to understand the reasons for the Board of Appeal’s finding that the signs at issue were not similar visually.

52 Therefore, the Court finds that the Board of Appeal did not err in its assessment when it observed that the signs at issue were different visually>>.

L’esaurimento di marchio opera anche in presenza di distribuzione selettiva, se non ne è adeguatamente provata la sua attuazione oltre progettaizone

Cass. sez. 1 del 14.03.2023 n. 7378, rel. Fidanzia, circa il legittimo motivo che osta all’esarimento del marchio (art. 5 cod. propr. ind.) costituito da distribuzione selettiva di prodotti di lusso.

<<La Corte d’Appello si è limitata a dare atto che Chantecler aveva ben “indicato”, già nel procedimento di primo grado, quali caratteristiche dovevano possedere i rivenditori della sua rete, ritenendo, tuttavia, all’esito dell’esame del materiale probatorio – difformemente rispetto alle conclusioni cui era pervenuto il giudice di primo grado – che non vi era prova che i criteri elencati dalla Chantecler (ubicazione in capoluoghi di provincia o importanti comuni di provincia o zone di rilevante interesse turistico commerciale, posizione centrale dell’esercizio commerciale; tradizione consolidata nel tempo dell’esercizio; alta professionalità dell’esercente ed elevata qualità del servizio offerto ai clienti; stigliature ed arredi presenti nell’esercizio eleganti e di alta qualità; commercializzazione autorizzata di importanti marchi di gioielleria quali a titolo esemplificativo: Bulgari, Pomellato, Buccellati, Cartier, Chopard, etc) fossero stati dalla stessa effettivamente applicati nell’individuazione dei distributori.

In particolare, ha precisato la Corte di merito che, nei contratti di distribuzione (valorizzati dal Tribunale in senso favorevole alla ricorrente), non era, in realtà, indicato alcun criterio in forza del quale il singolo distributore era stato selezionato, né che, nel corso del rapporto, il distributore dovesse continuare a mantenere il possesso dei requisiti richiesti. Neanche i contratti di agenzia prodotti in causa (valorizzati difformemente dal Tribunale) erano idonei a fornire la prova dell’esistenza di un sistema di distribuzione selettiva e comunque risultavano conclusi dopo quelli con i distributori, non consentendo quindi di affermare che i distributori fossero stati in precedenza selezionati sulla base dei criteri previsti dai contratti di agenzia….

Infine, la Corte d’Appello, nell’esaminare i diversi criteri indicati da Chantecler per la selezione dei distributori, ha comunque accertato che ben venticinque esercizi su novantanove presenti nell’elenco non erano ubicati né in capoluoghi di provincia, né in zone di interesse turistico.

Alla luce delle soprariportate osservazioni, la Corte territoriale ha concluso che difettava la prova che i distributori autorizzati fossero stati selezionati sulla base del possesso di determinati requisiti prestabiliti.

Come già anticipato, trattasi di valutazione di fatto che non è sindacabile in sede di legittimità, essendo stata articolatamente congruamente con una motivazione immune da vizi logici>>.

Segue importante precisazione processuale su come vada fatta valere l’eccezione:

<<In ogni caso, se era pur vero che la Chantecler aveva richiesto di provare, anche per testimoni, la circostanza che i distributori erano stati selezionati in base ai criteri sopra indicati, tuttavia, dopo che il Tribunale aveva ritenuto superflua la prova, la Chantecler s.p.a. non aveva proposto l’istanza, in sede di precisazione delle conclusioni di primo grado, con la conseguenza che la stessa doveva ritenersi rinunciata, e non poteva essere presa in considerazione nel giudizio d’appello, pur se in quella sede era stata riproposta>>.

Un caso di marchio nullo perchè pregiudizievole della rinomanza (o distintività) di marchio rinomato anteriore

I casi in oggetto non sono frequenti ma ora ce ne è uno deciso dal board of appeal del’EUIPO: marchio grafico a forma di coniglietto per sex toys che riproduce quasi pedissequamente prevcedetne marchio rinomato usato  per prodotti per l’infanzia.

Si tratta del 4° board of appeal 10.01.2023, case R 442/2022-4, Mercis BR c. Bunnyjuice, Inc (qui la pag. dell’ufficio ed invece  qui il link diretto al file word)

Intgeressa soprattutto:

i) a fini pratici, le prove documentali (corpose) prodotte dall’opponente a fondamento della allegazione di reputazione/rinomanza, trattata ai §§  41 ss (tra cui pure un sondaggio di mercato, § 53)

ii) il passaggio sul detriment:

<< (iv)       Use which would take unfair advantage of, or be detrimental to, the distinctive character or the repute of the earlier mark

  • The types of injury against which Article 8(5) EUTMR ensures protection for the benefit of trade marks with a reputation are, first, detriment to the distinctive character of the earlier trade mark, secondly, detriment to the repute of that mark and, thirdly, unfair advantage taken of the distinctive character or the repute of that mark which ultimately addresses the question of whether there is a positive or a negative image transfer to or from the contested sign. Just one of those three types of injury suffices for that provision to apply (27/11/2008, C-252/07, Intel, EU:C:2008:655, § 27, 28).
  • Detriment to the repute of the earlier mark under Article 8(5) EUTMRconcerns harming the earlier mark by way of detriment to its repute. Detriment to repute relates to situations where use of the contested mark without due cause is likely to devalue the image or the prestige that a mark with reputation has acquired among the public.
  • The reputation of the earlier trade mark may be tainted or debased in this way, either when it is reproduced in an obscene, degrading or inappropriate context, or in a context that is not inherently unpleasant but that proves to be incompatible with a particular image the earlier trade mark has acquired in the eyes of the public due to the promotional efforts of its owner. The likelihood of such detriment may arise in particular from the fact that the goods or services offered by the third party possess a characteristic or a quality that is liable to have a negative impact on the image of the mark (18/06/2009, C‑487/07, L’Oréal, EU:C:2009:378, § 40).
  • As a consequence of the link established, the Board finds that, as correctly argued by the opponent, use of the contested mark would be detrimental to the repute of the earlier mark. Indeed, it is likely that use of the contested mark for the goods in Class 10 concerned would devalue the image that the earlier mark has acquired amongst the public.

As the evidence submitted by the opponent shows, the earlier mark appeals to children, instilling a sense of safety. The earlier mark stands for innocence, no aggression, no controversy and respect for the world of children encouraging them to develop and value their own identity and to express themselves in their own way allowing scope for their own imagination. The goods covered by the contested mark obviously possess characteristics which are incompatible with this image and is liable to have a negative impact on it>>.

(notizia e link da Kevin Bercimuelle-Chamot in IPKat in data odierna)

Scarsissima affinità merceologica ma notevole vicinanza tra segni: la domanda di marchio è respinta per l’anteriorità di un segno rinomato

sul caso DEVICE OF A RABBIT WITH OVAL SHAPED EARS.

L’appello amminsitrativo EUIPO rigetta la domanda di registrazione con decisione 10 gennaio 2023 , case R 442/2022-4, Mercis BV c. Bunnyjuice, Inc. (ove trovi il link al file word della decisione, che per comodità ripeto qui ).

Paragone tra i segni al § 39/40

Rinomanza riconosciuta: <54 In sum, it has been proven that the earlier mark representing the Nijntje character had at the date of application of the contested mark a very strong reputation at least in the Netherlands, which suffices to prove a reputation in the Benelux (see paragraph 42 above) for, amongst others, books in Class 16, children books in particular, clothing in Class 25, children’s clothing in particular, and games and playthings in Class 28>.

Segue analisi dei rimanenti requisiti ex lege (“uso senza giusto motivo del marchio depositato possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi”)