Come condurre il giudizio di contraffazione tra due marchi, uno denominativo e l’altro figurativo/denominativo (con parola capovolta)

Trib. UE 01.06.2022 , T-363/20 , PAo Moskow v. EUIPO, giudica della confondibilità trea i seguenti due marchi (per prodotti uguali: dolciumi):

marchio posteriore, oggetto di contestazione
marchio anteriore, azionato dall’impugnante

* * *

Interessa sopratutto la parte relativa alla ravvisabilità o meno di una componente predominante (evidentemente nel marchio sub iudice), che precede il consueto giudizio sulla somigliana visuale, fonetica econcettuale (a  § 74 ss)

Il T. conferma il giudizio amministrativo per cui non può ravvisari una componente dominante.

Il punto pià interenssante è l’elemento denominativo <krowka> alll’interno della figura e la sua collocazione rovesciata che ne riduce la leggibilità:

<< 55   Second, it must be held that the Board of Appeal did not make an error of assessment in finding that the contested mark did not contain any element which was more visually eye-catching than others. More specifically, it was justified in finding that, contrary to the applicant’s contentions, the element ‘krówka’, positioned upside down in the rectangle situated in the upper part of that mark, did not constitute a dominant element of that mark.

56      In that regard, first of all, it should be noted that the applicant misinterprets the contested decision in so far as it submits that the Board of Appeal found that the element ‘krówka’ will not be perceived by the relevant public, whereas the Board of Appeal merely noted, in paragraph 31 of the contested decision, that that public will have difficulty in perceiving and reading that element, without, however, taking the view that it was negligible.

57      In any event, that finding of the Board of Appeal can only be upheld. As the Board of Appeal correctly stated in paragraph 31 of the contested decision, consumers in the European Union usually read from left to right, and not from right to left, reversing the letters. It cannot therefore be disputed that, in the light of the way in which it is represented in the contested mark, the element ‘krówka’, even if it cannot be described as illegible, will not be immediately identified by the relevant public, that is to say, without a certain mental effort on its part. That public will have even greater difficulty reading that element because it does not proceed to analyse the various details of the mark when making a purchase (see, to that effect, judgment of 11 November 2009, Frag Comercio Internacional v OHIM – Tinkerbell Modas (GREEN by missako), T‑162/08, not published, EU:T:2009:432, paragraph 43). As EUIPO correctly observes, that would be all the more true in the situation, defended by the applicant, where the relevant public has only a low level of attention.

58      The two reviews produced by the applicant during the proceedings before the Board of Appeal, which establish that consumers are able to recognise words written upside down, are not such as to call into question the considerations set out in paragraphs 55 to 57 above. As the Board of Appeal correctly pointed out in paragraph 32 of the contested decision, the hypotheses covered by those reviews can be distinguished from the circumstances of the present case, in which the element ‘krówka’, represented upside down, is preceded by another word, also represented upside down, and those two elements will be perceived by the relevant public as being invented words and in which they are followed by the expression ‘milk fudge’ written upright, which, for its part, is easily legible.

59      In short, the element ‘krówka’ is only one of the non-negligible elements which make up the contested mark. Even if the attention of the relevant public were to be drawn more by the word elements of that mark, this would be more by the expression ‘milk fudge’ than by the element ‘krówka’, if only because the two elements making up that expression are not upside down. In addition, the element ‘krówka’ is not isolated, but is preceded by the element ‘mleczna’, which is also represented upside down.

60      Next, it is to no avail that the applicant relies on the fact that the contested mark could also be viewed when turned upside down. In that regard, it should be borne in mind that, when assessing whether they are identical or similar, signs must be compared in the form in which they are protected, that is to say, as they were registered or as they appear in the application for registration. The actual or potential use of registered marks in another form is irrelevant when comparing signs (judgment of 21 April 2021, Chanel v EUIPO – Huawei Technologies (Representation of a circle containing two interlaced curves), T‑44/20, not published, EU:T:2021:207, paragraph 25).

61      The orientation of signs, as set out in the application for registration, may have an impact on the scope of their protection and, consequently, in order to avoid any uncertainty and doubt, the comparison between the signs can be carried out only on the basis of the shapes and orientations in which those signs are registered or applied for (judgment of 21 April 2021, Representation of a circle containing two interlaced curves, T‑44/20, not published, EU:T:2021:207, paragraph 26).

62      Lastly, as EUIPO correctly submits, it is irrelevant that, in EUIPO’s register, the contested mark is described as containing the element ‘krówka’, given that that register will not be consulted by the relevant public>>

Violazione di marchio e inserimento in motore di ricerca aziendale

L’impresa  LVSA offre servizi di paracadutismo sportivo (skydiving) col marchio FYROSITY .

Si accorge che il motore di ricerca Groupon, alla richjeista di tale marchio, risponde  “No matching deals. You may also like ….”  e di seguito propone altre aziende che offrono in concorrenza analogo servizio.

Quindi LVSA cita Groupon per -tra l’altro- violazione di marchio.

Tenuto conto sia del contesto, sufficientemente chiaro ad escludere che si trattasse di servizi di LSVA, sia dell’utente medio, abbastanza sofisticato dato che si tratta di sercizi pericolosi in cui quindi è centrale l’affidabilità del loro erogatore, la corte esclude la confondibilità.

Si tratta della corte del Nevada 28.02.2022, Plaintiff Las Vegas Skydiving Adventures LLC c. Groupon, Case No.: 2:18-cv-02342-APG-VCF .

La sentenza interessa soprattutto per i dettagli o meglio per le modalità fattual-informatiche  della presenza nel sito Groupon del marchio denominativo azionato.

(sentenza e link alla stessa dal blog del prof. Eric Goldman)

Marchio di forma e diritto di autore da design a protezione di borsa creata da stilista

Circa l’oggetto, Trib. Milano 13.12.2021 n. 10.280/2021, RG 17345/2019, rel. Barbuto (il convenuto è restato contumace) dà alcuni noti ma sempre utili insegnamenti.

La borsa è oggetto di marchio tridimensionale, ma viene chiesta pure la tutela da autore ex art. 2 n. 10 l. aut.

La violazione di marchio registrato è accertata (i prodotti sono quasi identici: v. foto in sentenza)

E’ negata invece la tutela d’autore per non aver la parte provato la artisticità ( o meglio : fatti sufficienti a persuadere il giudice in tale senso) e si richiama a proprio precedente:

<<Quanto, invece, alla dedotta violazione del diritto d’autore -in linea col precedente di questo Tribunale (n.5443/2017) -non può, qui, ritenersi “applicabile al modello di borsa in questione la tutela autorale di cui all’art.2, comma 1, n.10 L.A. relativa alle opere dell’industrial design, posto che non appare concretamente individuabile nel caso di specie l’effettiva sussistenza del carattere artistico necessario perché dette forme possano godere di tale specifica tutela. In effetti, al di là  dell’innegabile successo commerciale di tale modello di borsa, non risultano nemmeno allegati gli elementi che dovrebbero confermare la presenza di un valore artistico nella creazione dell’aspetto esteriore del modello di borsa in questione, la cui prova spetta alla parte che ne invoca la protezione. Come è noto tale valore artistico può essere desunto da una serie di parametri oggettivi, non necessariamente tutti presenti in concreto, quali il riconoscimento, da parte degli  ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l’esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l’attribuzione di premi, l’acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità ovvero la creazione da parte di un noto artista”. Infatti, nessuno di tali profili risulta
allegato dalle attrici. Inoltre, “tenuto conto del grande successo del modello di borsa delle parti  attrici, della sua ampia diffusione e del fatto che esso certamente appare distaccarsi dal contesto del settore come si manifestava all’epoca della sua immissione in commercio, originalità consolidata e sviluppata a seguito dell’apprezzamento del pubblico dei consumatori –la comparazione tra la borsa “Le Pliage” e i modelli che sono stati acquistati dalle attrici presso le
parti convenute dimostri con tutta evidenza la riproduzione del tutto fedele sia della forma generale del prodotto delle attrici che di tutti i suoi particolari, anche non necessariamente determinanti  rispetto alla sua forma esteriore”>>.

Rilevante a fini pratici, stante l’incerttezza anche teorica che regna in proposito , il rigetto della domanda circa la slealtà ex art. 2598 cc, in quanto assorbita dalla tutela da marchio.

La somma liquidata è di 200,00 euro sia per giorno di ritardo nell’adempimento che per ogni violazione successiva.

(notizia e link alla sentenza da Eleonora Rosati in IPkat  blog)

Marchio figurativo v. marchio 3 D : sul marchio riproducente il Camper Van di Volkswagen

Il marchio <Cultcamper> (nome + figura del muso del noto camper van di volkswagen, poi: VW) viola quello 3D di vw COSTITUITO DALAa riproduizione appunto in cinque posiozini 3D del noto camper van (si v. le riproduzionui de imarchji nella testo della decisione).

L’appello amministrativo presso l’EUIPO con decisione 15.12.2021, caso R 609/2021-2 , riformando la decisione di primo grado e pur rigettando la domanda di rinomanza, ritiene da un lato il segno anteriore in 3D sufficientemente distintivo e dall’altro il segno  posteriore <Cultcamper> fonte di possibile confusione:

<<38  As a result, the opponent can only rely on the inherent distinctiveness of its earlier  marks. As already observed, the earlier marks have an inherently average degree of distinctive character.
39 Considering the above, and in particular the average distinctive character of the earlier marks, the codominance of the figurative element in the contested sign, the visual and conceptual similarity of the signs, the identity and similarity of the goods and services, applying the interdependence principle, the Board finds that, faced with the image of the mark applied for, the relevant Englishspeaking public in the EU will perceive that mark as another version of the earlier marks, rather than as a separate trade mark with a different commercial origin. It follows that there is a likelihood of confusion, including a likelihood of association, on the part of at least the relevant Englishspeaking public in the EU, whose degree of attention is average to high.

40 Even for a public with a high level of attentiveness, the fact remains that the average consumer only rarely has the chance to make a direct comparison between the different marks but must place his or her trust in the imperfect picture of them that he or she has kept in his or her mind (16/07/2014, T324/13, Femivia, EU:T:2014:672, § 48 and the caselaw cited therein; 15/10/2008, T305/06 T307/06, Ferromix, Inomix, Alumix, EU:T:2008:444, § 63).

41 In light of the above, the appeal is upheld, the contested decision is annulled in its entirety, the opposition is upheld and the contested trade mark application is rejected in its entirety>>

DA notare l’uguale rilevanza assegnata alle componenti denominativa e figurativa nel marchio posteriore, contrariamente ad un largo orientamento (ricordato in decisione) per cui in tali casi è di maggior impatto nel pubblico quella denominativa.

(notizia e link tratti dal blog IPKat).

“Luxy” non è confondibile con “Luxury”: quasi un caso di keyword advertising

Il tribunale del Central District of California, 3 ottobre 2021, Case 2:20-cv-00423-RGK-KS, Reflex media c. Luxy decide una domanda di violazione di marchio e concorrenza sleale.

Il marchio azionato era <Luxy> scritto con una certa paricolarità grafica.

Il resistente aveva fatto un’inserzione in Google Search: digitando <luxy> compariva -tra quattro- il suo annuncio a pagamento con titolo <Luxury dating site. For elite relatgionship> (v. riproduzione sotto).

La corte nega che tale titolo violi il diritto sul marchio predetto: <<Plaintiffs’ advertisement does not contain the word “Luxy” or appear to cause any more confusion than the other three advertisements. Even so, Defendant alleges that the title of Plaintiffs’ advertisement — “Luxury Dating Site – For Elite Relationships”—causes confusion because SeekingElite.com and OnLuxy.com offer the same services and because the word “Luxury” is similar to Defendant’s trademark. However, the word “Luxury” and Defendant’s trademark are not alike….the dissimilarity between the marks suggests that Plaintiffs did not intend to deceive the public by incorporating the word “Luxury” into the title of their advertisement.>>

La corte poi nega la genericità di termini  <seeking> <seeking millionaire> etc. per siti di incontri.

(notizia e link alla sentenza , come pure l’immagine di cui sotto, tratti dal blog di Eric Goldman)

https://blog.ericgoldman.org/wp-content/uploads/2021/12/luxy.jpg

Altra Cassazione sulla confondibilità tra marchi

Purtroppo permane la bizzarria  tutta italiana di omettere nelle decisioni su marchi (figurativi) la loro rappresentazione grafico, invece essenziale per capire la fattispecie concreta (nel caso de quo li ho individuati in rete).

Parliamo di Cass. 13.12.2021 n. 39.764, Permasteelisa c. Bluesteel, rel. U. Scotti, che contiene anche molti snodi processuali, assai rilevanti per il pratico (ricordo solo quello -condivisibilissimo- sulla non contestazione ex art. 115 cpc, spesso superficialmente applicata: l’istituto riguarda solo fatti storici, non affermazioni diverse come le difese, § 2.5: ne segue che la disposizione non si applica all’affermazione di rinomanza del marchio, fatta dall’attore)

Passando al merito , va rimarcata l’affermazine per cui la rinomanza non va provata con <<l’internazionalità e notorietà della sua azienda; fatturato annuo; utilizzo costante del marchio; estensione del marchio in ventuno Paesi) >>. Sono invece <<fattori essenziali il grado di conoscenza da parte del pubblico e semmai il volume di investimenti pubblicitari, quale fatto presuntiva mente capace di generare a sua volta una presunzione di conoscenza collettiva>, § 2.6.

Su marchio debole/forte al § 3.7: <<Se il collegamento logico è intenso, si parla di marchio debole, se il collegamento logico si fa sempre più evanescente, si parla di marchio sempre più forte.

La ratio evidentemente sottesa a tale principio vuol impedire che attraverso la privativa sul segno si venga a precostituire un monopolio sullo stesso prodotto o servizio contraddistinto.

Inoltre il grado di tutela accordata al marchio muta, in termini di intensità, a seconda della sua qualificazione di esso quale marchio “forte” (e cioè costituito da elementi frutto di fantasia senza aderenze concettuali con i prodotti contraddistinti e, quindi, senza capacità descrittiva rispetto alla tipologia di prodotto contrassegnata) o “debole” (ossia costituito da un elemento avente una evidente aderenza concettuale rispetto al prodotto contraddistinto).

La distinzione fra i due tipi di marchio, debole e forte, si riverbera poi sulla loro tutela di fronte alle varianti: nel senso che, per il marchio debole, anche lievi modificazioni o aggiunte sono sufficienti ad escludere la confondibilità, mentre, al contrario, per il marchio forte devono ritenersi illegittime tutte le variazioni e modificazioni, anche se rilevanti ed originali, che lascino sussistere l’identità sostanziale del “cuore” del marchio, ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandolo in modo individualizzante.

Questi principi ispirano il costante orientamento di questa Corte in tema di marchi d’impresa, secondo cui la qualificazione del segno distintivo come marchio debole non incide sull’attitudine dello stesso alla registrazione, ma soltanto sull’intensità della tutela che ne deriva, nel senso che, a differenza del marchio forte, in relazione al quale vanno considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti ed originali, che ne lascino comunque sussistere l’identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante, per il marchio debole sono sufficienti ad escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni od aggiunte (Sez. 1, n. 8942 del 14.5.2020, Rv. 657905 – 01; Sez. 1, n. 10205 del 11.4.2019, Rv. 653877 – 03; Sez. 1, n. 15927 del 18.6.2018, Rv. 649528 – 01; Sez. 1, n. 9769 del 19.4.2018, Rv. 648121 – 01; Sez. 1, Numero di raceolta gendale 39764/2021 Rv. 637809 – 01)>>.

Sul giudizio di confondibilità, si leggono affermazioni comunemente ricevute: <Ancora recentemente (Sez.6.1, n. 12566 del 12.5.2021) questa Corte ha riepilogato la propria giurisprudenza ferma nel ritenere che l’apprezzamento del giudice del merito sulla confondibilità fra segni distintivi similari deve essere compiuto non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica (Sez. 1, n. 8577 del 6.4.2018, Rv. 647769 – 01; Sez. 1, n. 1906 del 28.1.2010, Rv. 611399 – 01; Sez. 1, n. 6193 del 7.3.2008, Rv. 602620 – 01); tale accertamento va condotto con riguardo all’insieme degli elementi salienti grafici e visivi, mediante una valutazione di impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va condotta in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti, dovendo il raffronto essere tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo dell’altro (cfr. quanto evidenziato in motivazione da Cass. 17.10.2018, n. 26001, attraverso il richiamo a Sez. 1, n. 4405 del 28.2.2006, Rv. 589976 – 01).

Il principio inoltre è conforme all’insegnamento della giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo cui il rischio di confusione tra marchi deve essere oggetto di valutazione globale, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie: valutazione che deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (Corte Giust. CE 11.11.1997, C-251.95, Sabel, 22 e 23; Corte Giust. CE 22.6.1999, C-342.97, Lloyd, 25, la quale precisa, al punto 26, che, il consumatore medio di una data categoria di prodotti, per quanto sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria).>

Su marchi di insieme e marchio complesso: <<Questa Corte ha ripetutamente chiarito che il marchio complesso consiste nella combinazione di più elementi, ciascuno dotato di capacità caratterizzante e suscettibile di essere autonomamente tutelabile (Sez. 1, n. 12368 del 18.05.2018, Rv. 648933 – 01; Sez. 1, n. 12860 del 15.06.2005, Rv. 583122 – 01).

Il marchio d’insieme si distingue dal marchio complesso: mentre quest’ultimo è riconoscibile nel segno risultante da una composizione di più elementi ciascuno dotato di capacità caratterizzante, la cui forza distintiva è tuttavia affidata ad uno di essi costituente il c.d. cuore, assolutamente protetto per la sua originalità, nel marchio d’insieme, invece, si ha la mancanza di un elemento caratterizzante (il c.d. cuore), essendo i vari elementi tutti singolarmente mancanti di distintività, ed essendo soltanto la combinazione cui tali elementi danno vita, ovvero appunto il loro insieme, che può avere, per come viene percepito dal mercato, un valore distintivo più o meno accentuato (Sez. 1, n. 7488 del 20.04.2004, Rv. 572177 – 01)>>, § 3.11.

Ancora, il giudizio sulla confondibilità è di merito, non censurabile presso la SC, § 3.12. Sul punto non concordo: i fatti riservati ai giudici di merito sono solo i fatti storici: quello di confondibilità tale non eè, dato che presuppne accertati  i fatti storici ed è un giudizio di diritto.

Principio di diritto : “In tema di tutela del marchio, l’apprezzamento del giudice del merito sulla confondibilità dei segni nel caso di affinità dei prodotti – apprezzamento che costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in cassazione, se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici – non deve essere compiuto in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica, con riguardo all’insieme degli elementi salienti grafici e visivi, mediante una valutazione d’impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va condotta in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza del pubblico dei consumatori quel genere di prodotti, dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo mnemonico dell’altro; il predetto giudizio deve essere motivato e corredato dall’indicazione, concisa e sintetica, delle ragioni che lo hanno orientato e degli elementi che attirano primariamente l’attenzione del fruitore“.

violazione di marchio RISE per bibite in lattina: Pepsi perde la lite (per ora)

La corte del southern district di Ney York decide  una domanda dui contraffazione a carico del colosso Pepsi: sentenza 3 novembre 2021, caso 21 Civ 6324 LGS, RISEANDSHINE CORPORATION- RISE BREWING c. Pepsico inc. (link preso da Reuters.com ).

Si v. le foto lattine a confronto e poi il marchio anteriore ingrandito.

La corte ravvis confondibilità-

L’azione è quella di reverse confuision: The reverse confusion theory protects the mark of a [senior] user from being overwhelmed by a [junior] user, typically where the [junior] user is larger and better known and consumers might conclude that the senior user is the infringer., p. 10.

I fattori esaminati sono i soliti dal caso Polaroid:

(1) the strength of the trademark;

(2) the degree of similarity between the plaintiff’s mark and the defendant’s allegedly imitative use;

(3) the proximity of the products and their competitiveness with each other;

(4) the likelihood that the plaintiff will “bridge the gap” by developing a product for sale in the defendant’s market;

(5) evidence of actual consumer confusion;

(6) evidence that the defendant adopted the imitative term in bad faith;

(7) the respective quality of the products;

and (8) the sophistication of the relevant population of consumers.

In conclusione, dice la corte, << given the degree of similarity between Plaintiff’s and Defendant’s marks, the proximity of their areas of commerce, and credible testimony of actual confusion, Plaintiff has met its burden of showing a sufficient likelihood of success on the merits to warrant a preliminary injunction, regardless of whether the relevant standard is a clear or substantial likelihood, a simple likelihood, or serious questions on the merits. See generally Guthrie, 826 F.3d at 46; Virgin Enters. Ltd., 335 F.3d at 142. Plaintiff has shown that the risk of reverse  confusion is probable — i.e., that without an injunction, Plaintiff is at risk of “being overwhelmed by a subsequent user [PepsiCo], where the subsequent user is larger and better known.” LVL XIII Brands, Inc., 209 F. Supp. 3d at 666>>, p. 20

Difficile dar torto alla corte.

 

Marchio rinomato cede a marchio anteriore non rinomato

il Trib UE decide l’opposiizone alla registazione di mrachio da prate del Ac Milan: Trib. Ue 10.11.2021, T-353/20, aC Milan spa c. EUIPO. L’oppositore è titolare di marchio denominativo <Milan> del 1984, § 53, mentre il deposito di marchio figurativo (§ 2) dell’AC Milano è del 2o17.

I prodotti o servizi sono quasi identici (penne, carte, quaderni e materiali di cancelleria) , per cui la lite si giuoca sulla somiglianza tra marchi.

Centrale è , comprensibilmente, il giudizio sulla preminenza o meno del segno figurativo nei due marchi. Contraraumetne a quanto di solito si ritiene, qui non lo è per il marhcio anteriore, date laa sua ridotta evidenza, § 57 ss.

Analoga preminenza anche per il segno del depositante AC Milan, § 84 ss.

Pertanto la somiglianza tra segni è quasi scontata.

La soc. del team calcistico perde dunque sia la fase amminsitrativa sia il primo grado giudiziale.

Ricordo solo due aspetti:

  1. le iniziali considerazioni generali, slegate dal (ma poi applicate al) caso de quo:

    << In interpreting the concept of genuine use, account must be taken of the fact that the ratio legis for the requirement that the earlier mark must have been put to genuine use is not intended to assess the commercial success or control the economic strategy of an undertaking or to restrict the protection of marks only to their quantitatively significant commercial exploitation (judgments of 8 July 2004, T‑203/02, Sunrider v OHIM – Espadafor Caba(VITAFRUIT), T‑203/02, EU:T:2004:225, paragraph 38, and of 2 February 2016, Benelli Q. J. v OHMI – Demharter (MOTOBI B PESARO), T‑171/13, EU:T:2016:54, paragraph 68). A trade mark is put to genuine use when it is used, in accordance with its essential function of guaranteeing the identity of origin of the goods or services for which it is registered, in order to create or maintain an outlet for those goods or services, to the exclusion of uses of a symbolic nature the sole purpose of which is to maintain the rights conferred by the trade mark (see judgment of 8 June 2017, W. F. Gözze Frottierweberei and Gözze, C‑689/15, EU:C:2017:434, paragraph 37 and the case-law cited).

    24      In order to examine, in a particular case, the genuineness of the use of an earlier mark, an overall assessment must be made, taking into account all the relevant factors of the case. That assessment implies a certain interdependence between the factors taken into account. Therefore, a low volume of goods marketed under that mark may be offset by a high intensity or consistency of use of that mark over time, and vice versa. Furthermore, the turnover achieved and the quantity of sales of goods under the earlier mark cannot be assessed in absolute terms, but must be assessed in relation to other relevant factors, such as the volume of commercial activity, the production or marketing capacities or the degree of diversification of the undertaking exploiting the mark and the characteristics of the goods or services on the market concerned (see judgment of 8 July 2004, VITAFRUIT, T‑203/02, EU:T:2004:225, paragraph 42 and the case-law cited).

    25      Moreover, genuine use of a trade mark cannot be demonstrated by probabilities or presumptions, but must be based on concrete and objective elements which prove actual and sufficient use of the trade mark on the relevant market (see judgments of 16 June 2015, Polytetra v OHIM – EI du Pont de Nemours (POLYTETRAFLON), T‑660/11, EU:T:2015:387, paragraph 47 and the case-law cited, and of 9 September 2015, Inditex v OHIM – Ansell (ZARA), T‑584/14, not published, EU:T:2015:604, paragraph 19 and the case-law cited).

    26      Genuine use of the trade mark presupposes that it is used publicly and externally, and not only within the undertaking concerned (see, to that effect, judgment of 11 March 2003, Ansul, C‑40/01, EU:C:2003:145, paragraph 37). However, external use of a trade mark is not necessarily equivalent to use directed towards final consumers. Actual use of the mark relates to the market in which the proprietor of the mark carries on business and in which he or she hopes to exploit his or her mark. Thus, to consider that the external use of a trade mark, within the meaning of the case-law, necessarily consists of use directed towards final consumers would be tantamount to excluding trade marks used solely in business-to-business relationships from the protection of Regulation No 207/2009. The relevant public to which trade marks are intended to be directed does not include only final consumers, but also specialists, industrial customers and other professional users (see judgment of 7 July 2016, Fruit of the Loom v EUIPO – Takko (FRUIT), T‑431/15, not published, EU:T:2016:395, paragraph 49 and the case-law cited)>>.

  2. i fatti dedotti dallopponente per provare il suo <uso effettivo>, § 29:

    –     an undated affidavit from its Managing Director certifying annual turnover figures for the period 2010 to 2016;

    –        advertising material in German (numerous copies of catalogues and leaflets) dating from 2009 to 2014 for goods bearing the earlier mark;

    –        a copy of 43 invoices issued in the period between 2008 and 2014, addressed to various customers in Germany;

    –        documents concerning turnover and sales figures, dating from the years 2008 to 2016;

    –        price lists from 2008 to 2014 showing the suppliers of the products of the other party to the proceedings before the Board of Appeal.

Non si discute della validità del marchio anteriore, che potrebbe a sua volta essere stato anticipato dall’uso di fatto (non dalla registrazione, suppontgo, interventua appunto nel 2017) del segno da aprte del team calcistico.

Probabilmente difettava l’affinità merceologica, essendo assai discutibile che possa essere superata dalla rinomanza qualora non vi sia registrazione ma appunto solo uso di fatto.

Giudizio di confondibilità tra marchi denominativi : altro intervento europeo

Il Trib. UE 27.10.2021, T-356/20, Václav Jiruš, c. EUIPO, si pronuncia sull’oggetto confermando il giudizio di confondibilità già emesso dall’Ufficio.

I marchi a confronto sono SYNDICATE, e RAcing Syndicate (scritto con particolarità grafiche: v. sentenza linkata).

I generi merceologici sono vicini anche se non  sovrapponibili, §§ 3 e 6 (basso grado di affinità, § 53).

Quanto alla somiglianza tra segni, a parte la consueta triade di esame (visual phonetic conceptual) , § 55, il Trib. ricorda che l’assessment of the similarity between two marks means more than taking just one component of a composite trade mark and comparing it with another mark. On the contrary, the comparison must be made by examining each of the marks in question as a whole, which does not mean that the overall impression conveyed to the relevant public by a composite trade mark may not, in certain circumstances, be dominated by one or more of its components (see judgment of 12 June 2007, OHIM v Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, paragraph 41 and the case-law cited). It is only if all the other components of the mark are negligible that the assessment of the similarity can be carried out solely on the basis of the dominant element (judgments of 12 June 2007, OHIM v Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, paragraph 42, and of 20 September 2007, Nestlé v OHIM, C‑193/06 P, not published, EU:C:2007:539, paragraph 43). That could be the case, in particular, where that component is capable on its own of dominating the image of that mark which members of the relevant public retain, with the result that all the other components are negligible in the overall impression created by that mark (judgment of 20 September 2007, Nestlé v OHIM, C‑193/06 P, not published, EU:C:2007:539, paragraph 43), § 56.

Questo in generale.

Nello specifico, poi, the term ‘Racing’ in the contested mark refers in general to the concept of races which take place in the context of sporting events. Consequently, as the Board of Appeal rightly pointed out, so far as concerns the goods in Classes 9 and 28 covered by the contested mark, the term ‘Racing’ refers to a possible use of the protective equipment in question, namely the fact that it is intended or suitable for being used in races which take place in the context of sporting events. It therefore has a weak inherent distinctive character. In view of that finding and, moreover, in the light of the fact that, in the contested sign, the terms ‘Racing’ and ‘Syndicate’ are the same size, the same colour and are stylised in the same way, the term ‘Racing’ cannot, contrary to what the applicant claims, be regarded as dominating the overall impression created by the contested mark. , § 65

Segue applicazione partita per singole classi merceologiche

Si tratta di precisazioni sempre utili al pratico, che vale la pena di rinfrescare .

Il marchio (super)notorio in Cassazione: precisazioni che non sarebbero necessarie

La SC interviene sui marchi rinomati Gucci (deprecabilmente non c’è corredo fotografico in sentenza) per ribadire regole ovvie, alla luce delle disposizioni vigenti (Cass,. 07.10.2021, n. 27.217, rel Fidanzia).

Sembra che la corte di appello toscana avesse centrato il giudizio di rigetto dalla domanda Gucci sulla assenza di confondibilità, quando invece il dettato è limpido nel dire che la tutela del marchio rinomato da essa prescinde. Infatti i  requisiti posti dall’art. 12.e)  (anzi, dall’art. 12.f), secondo la SC, § 4: non è chiaro perchè) non parlano di confondibilità ma solo di indebito vantaggio/pregiuzio.

Non si sa dunque come sia potuta la CdA incappare in tale svarione.

La SC allora si trova obbligata a ricordare, quanto al pregiudizio,  che: <<il pregiudizio arrecato al carattere distintivo del marchio che gode di notorietà, indicato anche con il termine di “diluizione”, si manifesta quando risulta indebolita la sua idoneità ad identificare i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, per il fatto che l’uso del segno identico o simile fa disperdere l’identità del marchio e della corrispondente presa nella mente del pubblico.

Tale situazione si verificherà soprattutto qualora il marchio non sia in grado di suscitare un’associazione immediata con i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato.

Il pregiudizio arrecato alla notorietà, designato anche con il termine di “corrosione”, si verifica quando i prodotti o i servizi per i quali il segno identico o simile è usato dal terzo possono essere percepiti dal pubblico in modo tale che il potere di attrazione del marchio ne risulti compromesso (v. sentenza L’Ore’al punti 39 e 40; Cass. n. 26000/2018).

Non vi è dubbio, infatti, che una estesa commercializzazione di prodotti recanti segni identici o simili a marchi rinomati possa fondatamente cambiare le abitudini della clientela cui tali articoli sono normalmente indirizzati, soprattutto di quella che è orientata all’acquisto per il carattere esclusivo del prodotto, per l’elevatissimo target del medesimo, la quale, per non incorrere nel rischio che il suo costoso accessorio di lusso possa essere confuso con uno contraffatto, può dirigersi verso altre marche altrettanto rinomate>> .    Questo è probabilmente il passaggio più interessante.

Quanto al requisito alternativo (indebito vantaggio), ricorda che: <<La nozione di “vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio”, detto anche “parassitismo”, va, invece ricollegato non al pregiudizio subito dal marchio, quanto piuttosto al vantaggio tratto dal terzo dall’uso del segno identico o simile al marchio. Essa comprende, in particolare, il caso in cui, grazie ad un trasferimento dell’immagine del marchio o delle caratteristiche da questo proiettate sui prodotti designati dal segno identico o simile, sussista un palese sfruttamento parassitario nella scia del marchio che gode di notorietà (sentenza nella causa C-487/07 cit., punto 41) senza che il titolare del marchio posteriore abbia dovuto operare sforzi propri in proposito e senza qualsivoglia remunerazione economica atta a compensare lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio per crearlo e mantenerne l’immagine (v. sempre sentenza nella causa C-487/07 cit., punto 49).

Il titolare del segno posteriore, in sostanza, ponendosi nel solco del marchio notorio, beneficia del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio, senza dover sborsare alcun corrispettivo economico.

Dunque, è del tutto irrilevante che coloro i quali sono soliti acquistare prodotti G. possano non essere indotti in errore in ordine alla provenienza del prodotto recante il marchio del contraffattore, potendo tale prodotto indirizzarsi a quei consumatori che lo scelgono in modo consapevole non per le sue caratteristiche, decorative o di materiale, intrinseche, ma solo per la sua forte somiglianza a quello “celebre”, magari per “spacciarlo” come quello originale ai conoscenti meno attenti o meno qualificati nel riconoscere i marchi rinomati.

Esaminati i requisiti previsti dalla normativa sia comunitaria che italiana per accordare la tutela al marchio dotato di rinomanza, secondo la giurisprudenza comunitaria sopra citata (vedi sempre sentenza L’Oreal), al fine di accertare se l’uso del segno tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio, occorre effettuare una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie, fra i quali compaiono, in particolare, l’intensità della notorietà e il grado del carattere distintivo del marchio, il grado di somiglianza fra i marchi in conflitto, nonché la natura e il grado di prossimità dei prodotti o dei servizi interessati. In particolare, quanto all’intensità della notorietà e del grado di carattere distintivo del marchio, è stato evidenziato che più il carattere distintivo e la notorietà del marchio di cui si tratta sono rilevanti, più facilmente sarà ammessa l’esistenza di una violazione; inoltre, più l’evocazione del marchio ad opera del segno successivo è immediata e forte, più aumenta il rischio che l’uso attuale o futuro del segno tragga un vantaggio indebito dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o rechi loro pregiudizio (v., in tal senso, anche sentenza 27 novembre 2008, causa C 252/07, Intel Corporation, punti 67-69)>>.  Attenzione però: che la maggior rinomanza aumenti il rischio di vantaggio è direi quasi certo; che aumenti pure quello di pregiudizio, lo è meno (forse dipende dal tipo di rinomanza, ad es. a seconda che sia o meno basata su un’immagine di ricerca qualitativa)