“Aceto Balsamico” in una lite nazionale

Tribunale di Venezia deciso 13.12.2023, RG 2889/2019, rel. Guzzo, emette ssntenza analiita ed interssante sull’uso del termine Aceto Balsamico.

Nè dà notizia Anna Maria Stein in IPKat, dandone pure il link al testo.

La domanda avanzata dal Consorzio è accolta solo in parte e cioè relativamente alla concorrenza sleale ex art. 2598 cc

Ecco il dispositivo:

Il Tribunale definitivamente pronunciando:

1) Rigetta le domande attoree formulate al punto I delle conclusioni attoree e le domande di inibitoria, penale e risarcimento danni fondate sugli illeciti invocati in detto punto 1)

2) Rigetta le domande attoree formulate al punto II con riferimento alla concorrenza sleale ex art 2598 n .1 e 2 cc nonché le domande di inibitoria, penale e risarcimento danni fondate sulle fattispecie di concorrenza sleale ex art 2598 n.1 e 2 cc.

3) Accertato che i condimenti oggetto di causa non possiedono le caratteristiche necessarie per essere denominati con la denominazione legale “aceto”, accerta che l’uso del termine “aceto” pagina 17 di 18 nell’etichettatura, presentazione o pubblicità dei condimenti oggetto di causa integra concorrenza sleale ex art 2598 n. 3 cc

4) in ragione di quanto accertato al punto 3 del presente dispositivo inibisce l’utilizzo della parola aceto per i condimenti in oggetto e ciò nella nell’etichettatura, presentazione o pubblicità dei condimenti stessi

5) Accertato che l’uso delle parole “Balsamico di..” , “Ristretto di Balsamico.. “ nella etichettatura non è conforme alle prescrizioni del Regolamento (UE) 1169/11, accerta che l’uso di dette parole per le etichettature dei prodotti integra concorrenza sleale ex art 2598 n. 3 cc.

6) In ragione di quanto accertato al punto 5) inibisce ai convenuti l’uso delle parole “Balsamico di..” , “Ristretto di Balsamico.. “ da sole o unite ad “aceto” per denominare i condimenti nella etichettatura dei recipienti e bottigliette contenenti detti prodotti ed altresì inibisce la presentazione e pubblicizzazione di foto in cui compaiano i recipienti o bottigliette di detti condimenti o cartellini identificativi etichettati con “Balsamico di..” o balsamico…” da soli o in aggiunta ad aceto. “ristretto di

7) Ordina di eliminare dal sito web www.teatrodelgusto.it la pubblicità presente in cui compaia il termine “aceto” riferito ai condimenti del tipo di cui trattasi ed altresì la pubblicità in cui compaiano foto di recipienti o bottigliette di detti condimenti o cartellini identificativi etichettati con “Balsamico di..” o “ristretto di balsamico” da soli o in aggiunta ad aceto dando termine all’uopo di giorni 30 dalla pubblicazione della presente sentenza

8) Pone una penale di € 80,00 per ogni giorno di ritardo nella rimozione di quanto indicato al punto 7) con decorrenza dal giorno successivo al termine di grazia di giorni trenta di cui al medesimo punto 7) , nonché pone una penale di € 30,00 per ogni futura violazione alle inibitorie di cui ai punti 4 e 6 del presente dispositivo

9) Condanna in via generica, in solido, le convenute al risarcimento dei danni per concorrenza sleale ex art 2598 n. 3 cc come da parte motiva

10) Rigetta ogni altra domanda 11) Compensa le spese di lite e pone le spese di CTU per il 50% a carico dell’attore e per il restante 50% a carico delle convenute in solido

Deferimento alla CG di complessa questione inerente al rapporto tra marchio e posteriore DOP-IGP sul segno vitivinicolo SALAPARUTA

Cass. sez 1 del 8 maggio 2024 n. 12.-563, rel. Iofrida, deferisce alla Corte di Gustizia due questioni interpretative sul tema in oggetto.

Le norme di riferimento sono oggi state abrogate. Ma la seconda questione , non di diritto transitorio (la prima , si), può dare spunti utili pure oggi.

Eccola:

«Ove si affermi, in base alla risposta al primo quesito, la necessaria
applicazione, alla situazione di fatto oggetto del presente giudizio, del Reg. n. 1493/1999, dica la Corte di Giustizia se la disciplina di cui all’Allegato “F” del Reg. 1493/1999, dettata per regolare il conflitto tra un marchio registrato per un vino o un mosto di uve che sia identico a denominazioni d’origine o indicazioni geografiche protette di un vino, esaurisca tutte le ipotesi di coesistenza tra i diversi segni e di proteggibilità delle denominazioni per vini ovvero residui comunque un’ipotesi di invalidità o non proteggibilità delle DOP o IGP posteriori, nel caso in cui l’indicazione geografica possa ingannare il pubblico circa la vera identità del vino a causa della reputazione di un marchio anteriore, in forza del principio generale di non decettività dei segni distintivi»

L’ordinanza esamina analiticamente  la disciplina delle denominazioni dei prodotti agricoli (non vini e vini: i due settori hanno discipline autonome, pur se simili). Disciplina complessa per l’intersecarsi di provvedimenti legislativi e amministrativi e per le frequenti modifiche.

(notizia di Jocelyn Bosse in IPKat)

Rapporto (non facile) tra DOP (denominazione di origine protetta) e marchio collettivo aventi ad oggetto segni quasi uguali: le privative possono cumularsi, secondo l’EUIPO

Alessandro Cerri su IPKat segnala una assai interessante decisione della 5 Commissione di ricorso EUIPO 15.11.2023, proc. n° R 1073/2022-5, Consorzio Grana Padano ,

Il consorzio è titolare della DOP  “Grana Padano” e ora vuole registrare un marchio collettivo quasi identico.

In primo grado amministrativo la domanda è rigettata ex art. 76.2  reg. 2017/1001 (“La domanda di marchio collettivo UE viene inoltre respinta se il pubblico rischia di essere indotto in errore circa il carattere o il significato del marchio, in particolare quando questo non sembri un marchio collettivo“).

segni a confronto (dal post di A. Cerri in IPKat)

Per l’ufficio non c’è incompatibiità ex lege.

Nemmeno c’è confondibilità in concreto , stanti la diversità sia dei segni che delle reciproche modalità regolamentari di uso (solo sulle forme per la DOP; sulla confezione dei formaggi apporzionati per il marchio collettivo).

Sul presupposto che sia esatto ritenere rilevante la confondibilità, i due aspetti fattuali sono di dubbia sufficienza ad escluderla.

I segni sono infatti assai sinili; la dichiarazione negoziale programmaticaa sulle modalità di uso parrebbe insufficiente , essendo lasciato alla discrezione (giuridica o quanto meno fattuale, anche se in contrasto con la  prima) del titolare (profilo da verificare però).

Tema comunuje assai interessante e meritevole di approfondimento.

Va segnalata l’analitica difesa del Consorzio riportata nella decissione

In G.U.C.E. il nuovo regolamento UE sulle indicazioni geografiche per prodotti artigianali e industriali

in GUCE odierna (serie L, n. 2023/2041 con la nuova modalità di pubblicazione “atto per atto”; v. ilcaso.it) il “Regolamento (UE) 2023/2411 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 ottobre 2023, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali e che modifica i regolamenti (UE) 2017/1001 e (UE) 2019/1753” .

Avevo postato in settembre il link ad una prima bozza,

L’atto  è importante.

La norma centrale è quella sulla protezione, art. 40 (oltre alle definizioni iniziali, naturalmente)

Poi ricordo:

  • principio della porta aperta per le associazioni di produttori, art. 45;
  • invocabilità come anteriorità nelle ADR sull’assegnazione dei nomi di dominio (entro la UE),. art. 46;
  • l’usabilità del simbolo IGP dell’Unione (v. allegati al reg. UE 664/2014);
  • è insufficientemente precisa la regola per cui la protezione si applica anche “alle merci vendute mediante la vendita a distanza, come il commercio elettronico” (art. 40.4.b): sembra mancare ogni criterio di localizzazione territoriale entro la UE (non potendosi pensare ad una applicazione extraterritoriale mondiale).

Curioso è che siano protetti anche i prodotti industriali (e non solo quelli artigianali): cioè pure quelli “realizzati in modo standardizzato, compresa la produzione in serie e mediante l’uso di macchine” (art. 4 sub 1.b; la precedente definizione sub 1.a) pare definire infatti la artigianalità).       La reputazione legata al luogo (art. 6) rimane anche quando si passa alla produzione automatizzata/seriale?

Cautelare veneziano sulla tutela della DOC Prosecco contro impresa non concorrente

L’ampiezza di tutela delle DOC divini offerta dall’art. 103 reg. UE 1308/2013 è dimostrata dall’ordinanza cautelare 2 ottobre 2023, RG 8170/2023, giudice dr Doro.

Le imprese convenute non erano minimamente in concorrenza col Consorzio di tutela Prosecco (vendevano caramelle e per di più con forma sessualmente esplicita).

Riporto il passaggio più significativo sul concetto di “evocazione”:

<<L’utilizzazione della D.O.C. “Prosecco” nel prodotto oggetto di causa e nella sua pubblicità presente sul sito internet di Cold costituisce una violazione delle predette disposizioni sotto molteplici profili, giacché:
– vi è un uso della D.O.C. sia diretto sia indiretto, giacché il termine “Prosecco” è riportato più volte nella confezione e nella descrizione del prodotto presente nel sito internet di Cold;
– vi è uno sfruttamento indebito della D.O.C., giacché il produttore e il distributore
utilizzano la notorietà del termine “Prosecco” e si “agganciano” alla medesima al fine di garantire un successo commerciale al prodotto, che però non ha alcun legame con il prodotto tipico tutelato dalla D.O.C. e con il relativo disciplinare;
– vi è, altresì, un indebolimento della D.O.C., che normalmente viene riferita a vini di pregio e invece nel prodotto di cui è causa viene accostata a caramelle dalla forma fallica e all’organo sessuale maschile (“PERFECT FOR LOVER OF WILLIES AND PROSECCO”), ledendo gravemente l’immagine della D.O.C.;
– è irrilevante che il prodotto non sia identico o simile a quello protetto dalla D.O.C., alla luce dei principi richiamati dalla giurisprudenza sopra richiamata;
– è chiaramente idonea ad indurre in errore il pubblico dei consumatori relativamente all’origine e alle caratteristiche intrinseche del prodotto, facendo pensare che lo stesso abbia un qualche legame con il vino D.O.C. “Prosecco” o lo contenga tra gli ingredienti, quando così non è, come si evince dalla lista degli ingredienti riportata nel retro della confezione.
La condotta appare altresì integrare illecito concorrenziale per appropriazione dei pregi e per scorrettezza professionale ex art. 2598, nn. 2 e 3, c.c. e, con specifico riferimento all’ultimo punto, pubblicità ingannevole ai sensi dell’art. 2, lett. b), del D. Lgs. n. 145/2007 e pratica commerciale scorretta in quanto ingannevole ex artt. 20 e 21 del D. Lgs. n. 206/2005>>.

Qui la scorrettezza era eclatante dato che il Prosecco nemmeno figurava tra gli ingredienti.

Approvata dal parlamento la bozza di regolamento UE sulla protezione di indicazioni geografiche per prodotti artigianali e industriali

Il Parlamento UE approva la <<Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 12 settembre 2023 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali, che modifica i regolamenti (UE) 2017/1001 e (UE) 2019/1753 del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione (UE) 2019/1754 del Consiglio (COM(2022)0174 – C9-0148/2022 – 2022/0115(COD))>> (link diretto qui).

Ora tocca al Consiglio ma non si vedono ostacoli all’orizzonte per  l’approvaizone.

La novità è decisamente importante: la tutela (è una privativa sui nomi) prevista per l’agroalimentare ora si estende ai prodotti artigianali e industriali.

Riporto solo questi ultimi due cocnetti come definiti dal reg.:

art. 4.1) << “prodotti artigianali e industriali”: prodotti
a) realizzati interamente a mano, oppure con l’ausilio di strumenti manuali o digitali, o mediante mezzi meccanici, con il contributo manuale ▌ che costituisce una componente importante del prodotto finito; oppure
b) realizzati in modo standardizzato, compresa la produzione in serie e mediante l’uso di macchine;>>

Complicata (doppia, locale e europea) procedura di reguistrazione.

Cenno alla possibilità di intese sulla sostenibilità (art. 40.2.c): che costituisce deroga al divieto di intese restrittive della concorrenza.

La tutela sta nel titolo III, art. 40 ss. Vedi spt art. 40 di cui riporto il § 1:

Articolo 40
Protezione delle indicazioni geografiche
1. Le indicazioni geografiche iscritte nel registro dell’Unione ▌sono protette da:
a) qualsiasi uso commerciale diretto o indiretto dell’indicazione geografica per prodotti che non sono oggetto di registrazione, qualora questi ultimi siano paragonabili ai prodotti oggetto di registrazione o qualora l’uso di tale nome sfrutti, indebolisca, svigorisca o danneggi la reputazione dell’indicazione geografica protetta;
b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione del nome protetto come indicazione geografica, anche se la vera origine dei prodotti o servizi è indicata o se l’indicazione geografica protetta è una traduzione o è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, “gusto”, “fragranza”, “come” o un’espressione simile;
c) qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all’origine, alla natura o alle caratteristiche essenziali del prodotto usata sulla confezione o sull’imballaggio, sui materiali pubblicitari, nei documenti o nelle informazioni fornite su interfacce online relative al prodotto, così come l’utilizzo, per il confezionamento del prodotto, di recipienti che possano indurre in errore quanto alla sua origine;
d) qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore quanto alla vera origine del prodotto.

Modifiche al codice di proprietà industriale

la legge 102 del 24.07.2023 (GU 184 del 8 agosto 2023) apporta alcune modifiche al c.p.i.

Le più importati sono nei primi tre articoli: art. 1 Divieto di registrazione di marchi evocativi di indicazioni geografiche e denominazioni di origine protetta;  art. 2 Protezione temporanea dei disegni e dei modelli nelle fiere;  art. 3 Titolarita’ delle invenzioni realizzate nell’ambito di universita’ ed enti di ricerca.

In particolare andrà approfondito il caso sub 1, dovendolo distinguere sia da quello delle segg. lettere c) e c-bis) sia dalla tutela delle denominazioni ex reg. 1151/2012, spt. art. 13 (del cui § 3 potrebbe essere ritenuta attuazione)

Cuiriso è la nuolva disciplina del calcolo dei termini di durata, art. 20: pare non coincuidere con quella civilprocessuale , ad es. , se si tiene conto della’rt. 155 cpc.

“Parmigiano reggiano” vs formaggio “Vacche rosse”: sentenza bolognese in tema di D.O.P. e marchio collettivo

Trib. Bologna n. 1633/2023  del 4 agosto 2023,  RG 21527/2019, rel. Romagnoli, CONSORZIO DEL FORMAGGIO PARMIGIANO REGGIANO c. SAPORI DELLE VACCHE ROSSE S.R.L., affronta un ineressante caso di allegata violazione di DOP e di marchio collettivo circa il segno “parmigiano reggiano”.

Accoglie per lo più la domanda del Consorzio.

Come sempre nei casi di DOP, il problema è capire quando ricorra le evocatività, dato il tenore del reg. UE 1151/2012 art. 13.

La sitnesi dell’accertamento è qui:

<<In definitiva, risultano accertate nelle condotte descritte più evocazioni illecite della DOP PARMIGIANO REGGIANO, vuoi direttamente afferenti la denominazione protetta (l’uso dell’aggettivo “reggiana”) vuoi afferenti indirettamente la denominazione stessa, per associazione concettuale di determinate caratteristiche esteriori del prodotto a caratterizzazioni tipiche e individualizzanti della DOP (la marchiatura con lo stesso posizionamento e aspetto grafico della DOP sullo scalzo della forma); emerge inoltre una importante condotta illecita di agganciamento alla notorietà e importanza della DOP PARMIGIANO REGGIANO, mediante palese imitazione del Parmigiano Reggiano Vacche Rosse che parte convenuta produceva e commercializzava già prima della produzione e messa in commercio del formaggio contestato, con potenziale danno derivante dallo sfruttamento indebito della reputazione della DOP, della cui protezione gode pure il Parmigiano Reggiano di tale tipologia>>.

Pregevolmente la sentenza contiene dettagliate riproduzioni grafiche e fotografiche che rendono comprensibile l’iter logico motivatorio. Un plauso al giudice: così dovrebbero fare tutti i suoi colleghi nelle decisioni di proprieà itnellettuale (e forse non solo in esse).

Marchio anteriore e DOP successiva circa il concetto di “stesso tipo di prodotto” (art. 14 reg. 510/2006): cacio romano vs. pecorino romano

 Cass. n. 7937 del 20.03.2023 , sez. I, rel. Fidanzia, esamina il reg. UE 510/2006 e spt. l’art. 14, per vedere se cacio (da marchio) e pecorino (da marchio e dop) romani siano merceologicamente affini (meglio “lo stesso tipo di prodotto”).

Dice che il paragone non si fa da classificazione di nizza (che proterebbe a sovrapporre i dut tipi di formaggio) ma in base ai risepttiti doc. amminsitartivi e alle domande di privatia (e pure quanto al disciplinare, ovviamente, circa la dop). Ciò per atuare il predetto concetto di “stesso tipo” ex art. 14 c. 1.

C’è però un problama.

Detta norma egola il conflitto tra dop anteriore e domadna di marcjhio posteriore: ” 1.   Qualora una denominazione d’origine o un’indicazione geografica sia registrata conformemente al presente regolamento, la domanda di registrazione di un marchio corrispondente ad una delle situazioni di cui all’articolo 13 e concernente lo stesso tipo di prodotto viene respinta, se la domanda di registrazione del marchio è presentata posteriormente alla data di presentazione della domanda di registrazione presso la Commissione”.

Nel caso sub iudice invece il marchio antagonista pare fosse anteriore alla (domanda di) dop. Quindi la dispoisizione governante il caso dovrebbe essere il c. 2 del’art. 14, il quale non ripropone il detto concetto, ma rinvia all’art. 13, che pure ne è privo (ponendo una sua articolata disciplina).

Ad una prima lettura quindi l’ordinanza lascia perplessi

violazione di marchio e di DOP

Il consorzio del prosciutto di Parma fa valere la violazione della DOP e del marchio .

Decide con sentenza di buona fattura Trib. Torino  del 17.11.2021, sent n° 5034/2021 – RG 3587/2020, rel. Martinat.

la domanda è accolta (la vioalzione è consistita nell’immettere nel circuito DOP suini non conformi al disciplinare).

Ci sono diversi punti di notevole interesse teorico e pratico:

  • non è mutatio liberlli cambiare la domanda di danno da DOP a marchio
  •  la curiosa eccezione di carenza di legittimazione attiva per non essere il consorzio titolare della DOP: rigettata.
  • essendo un marchio comunitario, il Trib. giudic anche come Trib. dei marchi comunitari.
  • il marchio è valido anche se contrastante con la DOP: ci pare per l’esenziale ragione che è del medesimo titolare, mente il divieto vale in caso di diversità soggettiva (c’è poi una disposizione specifica del reg. UE 1151/2012, applicata dal Trib.)
  • l’utilizzabiità in civile delle prove nel procedumento penale (vari reati, definiti con patteggiamento)
  • la VIOLAZIOne: il Trib. non distingue tra DOP e marchio, dando per scontato -salvo  errore mio- che i fatti costituiscano violazione della prima e automaticamene pure del secondo
  • il danno chiesto: lesione della immagine e reputazione. E’ il punto più interessante. Per la determinazione il parametro è diffusione + notorietà dell’illecito (planetaria)
  • la traduzione economica (chiesta ed accolta) è stata quella del  5 % delle spese pubblicatarie di riparazione e dunque di euro 1.253.000,00
  • il danno morale è stato liquidato non a parte ma come parametro della precedente voce: <<A ciò si aggiunga il danno morale ex art. 125 c.p.i., che il Consorzio chiede venga liquidato separatamente in via puramente equitativa, ma che il Collegio invece ritiene di valutare quale ulteriore parametro per la quantificazione del danno all’immagine ed alla reputazione commerciale.
    Infatti, il danno morale patito direttamente dal Consorzio di per sé considerato, pur se astrattamente distinguibile dal danno all’immagine della DOP e del marchio, in concreto è fondato sulle stesse circostanze fattuali e giuridiche del danno cagionato alla DOP ed al marchio, non potendosi in effetti distinguerlo dalla lesione alla reputazione della DOP e del marchio, posto che la funzione primaria del Consorzio è proprio quella di tutelare DOP e marchio.
    Nel caso di specie, pertanto, in considerazione del fatto che le condotte delle convenute costituiscono fattispecie di reato ed in considerazione del fatto che l’art. 125 c.p.i. espressamente consente la liquidazione del danno non patrimoniale “nei casi appropriati”, ritiene il Collegio che il danno morale indubbiamente patito dal Consorzio alla luce della tipologia degli illeciti commessi dalle controparti (posto che essi hanno intaccato la credibilità dell’attore) debba essere utilizzato a conforto del danno all’immagine ed alla reputazione complessivamente domandati.
    L’art. 125 c.p.i., infatti, prevede che “la sentenza che provvede sul risarcimento dei danni può farne la liquidazione in una somma globale stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivano”, il tutto, “tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno, del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall’autore della violazione e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione”>>(il danno morale, o meglio non patrimoniale, degli enti -massime di quelli lucrativi- è questione spinosa)