L’eccezione di copia privata ex art. 5.2.a) dir. 29/2001 non si applica alla infrastruttura predisposta per il download con la tecnica del data deduplication (anche se il fornitore non effettua una comunicazione al pubblico)

C. giust. 13.07.2023, C-426/21, Ocilion c. SevenOne+1, affrotna l’ennesimo caso di rpedispisizione di infrasrtutrua perchè l’uitente poi da solo acceda a conteuti on line protetti.

Quyi la particolarità è luso della tecnica della data deduplicatin (la copia fatta dal  primo utente è consewrvata anche per eventuali altri sucecssivi)

Ma l’uso privato è difficilmente riscontarbile anche se è poi il singolo privato ad attivare il download:

<<45   A tale proposito, la tecnica di deduplica di cui trattasi nel procedimento principale conduce alla realizzazione di una copia che, lungi dall’essere a disposizione esclusiva del primo utente, è destinata ad essere accessibile, tramite il sistema offerto dal prestatore, ad un numero indeterminato di utenti finali, a loro volta clienti degli operatori di rete ai quali detto prestatore mette tale tecnica a disposizione.

46 In tali circostanze, è giocoforza constatare, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, che un servizio come quello offerto dalla Ocilion, che consente l’accesso a una riproduzione di un’opera protetta a un numero indeterminato di beneficiari a fini commerciali, non rientra nell’eccezione detta per «copia privata» di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29>>.

Ciò non toglie però cjhe non ricora comunicazione al puibblico per il fornitore della infrasttura (ad alberghi o ad oepratori di rete):

<<61  nel caso di specie, come menzionato al punto 12 della presente sentenza, dalla decisione di rinvio risulta che la Ocilion fornisce agli operatori di rete, nell’ambito della sua soluzione on premise, l’hardware e i software necessari, nonché un’assistenza tecnica per garantirne la manutenzione.

62 Orbene, come rilevato dall’Avvocato generale ai paragrafi da 68 a 70 delle sue conclusioni, in assenza di qualsiasi collegamento tra il fornitore dell’hardware e dei software necessari e gli utenti finali, un servizio come quello di cui trattasi nel procedimento principale non può essere considerato un atto di comunicazione, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, realizzato dalla Ocilion.

63 Infatti, da un lato, un prestatore come la Ocilion non fornisce agli utenti finali l’accesso a un’opera protetta. È vero che esso fornisce agli operatori di rete l’hardware e i software necessari a tale riguardo, ma sono solo questi ultimi a consentire agli utenti finali l’accesso alle opere protette.

64 Dall’altro lato, poiché sono tali operatori di rete che forniscono agli utenti finali l’accesso a opere protette, conformemente alle modalità previamente definite tra loro, il prestatore che fornisce l’hardware e i software necessari agli operatori di rete per dare accesso a tali opere non svolge un «ruolo imprescindibile», ai sensi della giurisprudenza derivante dalla sentenza citata al punto 59 della presente sentenza, cosicché non si può ritenere che esso abbia realizzato un atto di comunicazione ai sensi della direttiva 2001/29. Infatti, sebbene l’utilizzo di tale hardware nonché dei software, nell’ambito della soluzione on premise, appaia necessario affinché gli utenti finali possano guardare in differita le trasmissioni televisive, dalle indicazioni contenute nel fascicolo sottoposto alla Corte non risulta che il prestatore che fornisce tale hardware nonché tali software intervenga per dare agli utenti finali accesso a tali opere protette.

65 In tale contesto, la circostanza che un tale prestatore sappia eventualmente che il suo servizio può essere utilizzato per accedere a contenuti di trasmissioni protetti senza il consenso dei loro autori non può di per sé essere sufficiente per ritenere che egli realizzi un atto di comunicazione, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2001/29.

66 Del resto, dalla decisione di rinvio non risulta che l’assistenza tecnica offerta dalla Ocilion vada oltre la manutenzione e l’adeguamento dell’hardware e dei software necessari forniti e consenta a tale prestatore di influenzare la scelta dei programmi televisivi che l’utente finale può guardare in differita>>.

Tutela di autore per le carte geografiche? Anche si

Trib. Milano n. 72/2023 del 20.01.2023 , RG 10372/2020, rel. Salina:

<<Ciò posto e ferma, quindi, la astratta tutelabilità ai sensi della Legge sul diritto d’autore delle rappresentazioni grafiche per cui è causa, la protezione invocata dall’odierno attore e, quindi, il riconoscimento in capo allo stesso, quale autore dell’opera, dei relativi diritti patrimoniali e non patrimoniali, non può prescindere, a ben vedere, da una valutazione, specifica ed in concreto, dei requisiti prescritti ex lege a questo fine.
In particolare, l’opera dell’ingegno meritevole di tutela autoriale deve essere connotata, non solo, da originalità e novità, ma, soprattutto, deve avere carattere creativo, essendo preclusa la suddetta tutela per opere che riproducono, in modo diretto o fortemente evocativo, un’opera altrui già esistente, ricorrendo, altrimenti, l’ipotesi di plagio.
In particolare, ai fini del riconoscimento ad una carta geografica della tutela approntata dalla citata L. n. 633/41, è richiesto che la rappresentazione grafica, planimetrica e/o topografica, sia eseguita, ad esempio, con emblemi figurativi dei vari paesi, con fusione di colori e di elementi decorativi, sì da presentare propri caratteri di originalità e, di creatività artistica.
Ma la parte che intende beneficiare di tale tutela ha, anzitutto, l’onere, alla luce del generale principio dettato dall’art. 2697 c.c., di allegare, descrivere ed illustrare i particolari grafici che attribuirebbero all’opera i sopra individuati caratteri e, quindi, di fornire la prova della loro sussistenza>>.

Sul caso de quo:

<<Non si evince, infatti, quali sarebbero gli elementi grafici, estetici, cromatici, anche in reciproca combinazione tra loro, nei quali troverebbe espressione il carattere creativo conferito dall’autore, e, per ciò, il contributo personale nell’esteriorizzazione dell’idea alla base delle opere.
Del resto, la composizione dei dati e degli elementi ivi riportati, al di là della sua
lacunosa allegazione in atti, non risulta comunque originale e, in ogni caso, tale da consentire di cogliere un apporto individualizzante dell’autore che valga a rendere dette rappresentazioni inedite rispetto a quelle di cui parte convenuta, come detto, ha dimostrato documentalmente l’esistenza.
Il grave deficit assertivo e probatorio delle argomentazioni svolte dall’attore in punto di creatività delle opere per cui è causa preclude inevitabilmente la tutelabilità autoriale dal medesimo invocata, non essendo sufficiente a sopperire ad una siffatta carenza la mera dicitura, su di esse apposta, “Copyright Consultec Delta di Cazzola Daniele @giugno 2002 tutti i diritti sono riservati”.
Infatti, si tratta di una sorta di autocertificazione, in quanto tale unilateralmente
predisposta e riportata sulle rappresentazioni grafiche de quibus dal loro stesso autore, la cui valenza, ai fini e per gli effetti che qui rilevano, non può, in ogni caso, prescindere dalla verifica, positiva ed in concreto, dei requisiti di creatività ed originalità necessariamente richiesti dalla disciplina sopra commentata, potendo, semmai, detta autoreferenziale dicitura rilevare su un diverso piano contrattuale estraneo, però, al thema decidendum del presente giudizio.
Parimenti priva di rilevanza, sotto i medesimi profili fin qui esaminati, può attribuirsi al riconoscimento del copyright rivendicato dall’attore così come operato dalla Regione  Emilia Romagna con il documento prodotto dal Cazzola sub all. n. 3, giacché, anche in questo caso, la tutela autoriale presuppone il riscontro, positivo ed in concreto, dei requisiti come sopra prescritti ex lege>>.

Il collegio, poi, afferma che requisiti per la tutela sono pure l’originalità e la novità, oltre alla creatività (lo dà per scontato senza motivare, probabilmente perchè irrilevante al decidere). Solo che l’originalità è concetto sconosciuto in diritto di autore e che la novità è assai discussa, mancando agganci legislativi.

Domanda di contraffazione di marchio rigettata nonostante l’uguaglianza del marchio usato nel keyword advertising

la us distr. court East. dist. of Kentucky-Lexingtom del 24 agosto 2023, Case: 5:23-cv-00232-DCR, Nursing CE Central c. Colibri , rigetta (al momento) la domanda della prima nonostante la seconda avesse usato il marchio denominativo “Nursing CE Central” della prima nel Google advertising e nonostante un rapporto di piena concorrenza (servizi di formazione e consulenza per infermiere).

Ma i consueti sei fattori per la confondibiità portano la corte a rigettare la domanda, nonsotante l’ulteriore elemento del public interest giocasse a favore dell’attore.

(segnalazione e link dal blog del prof. Eric Goldman)

Incostituzionale il dovere di deposito di due copie fisiche dell’opera per il copyright usa

l’appello per il distr. of Columbia circuit 29 agosto 2023, No. 21-5203, Valancourt Books v. US copyright office, segnalato da molti e ad es. da  post MASTODON del prof. Lemley, afferma la incostituizionalità del dovere di depositare duplice copia fisica per violazione della disciplina degli espropri pubblici (cioè per assenza di indennizzo).

La disposizione è il § 407 del tit. 17 us code.

Notare che la corte differenzia il § 407 dal dovere di registrazione ex § 408 (che pur chiede due copie): al secondo seguono benefinici ben precisi (presunzione di titolarità e diritto di azione in giudizio contro violazioni dei diritto):
<<In that respect, the difference between Sections 407 and
408 is illuminating. Unlike with Section 407, authors receive
additional benefits if they deposit their works along with an
application and filing fee pursuant to Section 408, the statutory
provision governing copyright registration. See id. § 408.
Notably, registration is a precondition to bringing an
infringement action. Id. § 411(a). Registration can also
provide copyright owners with prima facie evidence of the
validity of their copyright, id. § 410(c), and access to additional
remedies if they prevail in an infringement suit, id. § 412>>.

Da noi v. gli artt. 103-106 l. aut.

Contraffazione musicale di Marvin Gaye da parte di Ed Sheeran ancora negata per improteggibilità della canzone azionata

Il 16 maggio 2023 giudice Stanton,  US district -southern dist. of NY, 18 Civ . 5839 (LLS ), STRUCTURED ASSET SALES , LLC v. Sheeran, Atlantic Recordings +altri,  nega la contraffazione di Let’s get it on di Marving Gaywe dsa parte di Thinking Out di Sheeran (v. link al testo dal sito del Tribunale).

Il ragionameto interessante sotto il profilo sostanziale è sub Analysis 2. Defendants’ Renewed Motion for Summary Judgment is Granted , p. 9 ss., e si concentra sulla proteggibilità di un insieme di due elementi singolarmenet non proteggibili:

<<SAS alleges that the combination of the chord progression
and the harmonic rhythm used in “Thinking Out Loud” is
substantially similar to that in “Let’s Get It On,” and thus
infringes the work. SAS acknowledges, and the Court concurs,
that the chord progression and harmonic rhythm, in isolation,
are not individually protected . The question then is whether two
common elements are numerous enough to make their combination
eligible for copyright protection .(…)This Court is not aware of any case upholding a selection and arrangement claim based on the combination of two
commonplace , unprotectable musical elements . Courts often
evaluate combinations of at least three common musical elements
and still find their selection and arrangement to be unoriginal.

(…) At some level , every work is the selection and arrangement
of unprotectable elements . Musical compositions chiefly adhere
to this template . All songs , after all , are made up of the
” limited number of notes and chords available to composers .”
Gaste v . Kaiserman , 863 F . 2d 1061 , 1068 (2d Cir. 1988) . Within
that limited number , there are even fewer ways to combine the
elements in a manner that is pleasing to the ears . That means a
songwriter only has finite options for playing a commonplace
chord progression . The options are so few that many combinations
have themselves become commonplace , especially in popular music .
If the selection and arrangement of unprotectable elements , in
their combination , is ” so commonplace that it has come to be
expected as a matter of course ,” then it lacks the “minimal
creative spark required by the Copyright Act and the
Constitution” to be original and thus protectable . Feist
Publications , Inc . v . Rural Tel . Serv . Co ., 499 U. S . 340 , 363
(1991) >> .

In conclusione, la canzone azionata non è proteggibile: <<The selection and arrangement of these two musical elements
in “Let’s Get It On” is now commonplace and thus their
combination is unprotectable. If their combination were
protected and not freely available to songwriters, the goal of
copyright law “[t]o promote the Progress of Science and useful
Arts” would be thwarted. U.S. Const. art. I§ 8. The Copyright
Act envisioned that there will be unprotectable elements-based
works “in which the selection, coordination, and arrangement are
not sufficiently original to trigger copyright protection.”
Feist Publications, Inc., 499 U.S. at 358.
As a matter of law , the combination of the chord
progression and harmonic rhythm in “Let ‘ s Get It On ” is too
commonplace to merit copyright protection>>.

Analogo esito pochji giorni prima per le stessi canzoni nella lite Townsend (erede di uno dei due coautori) v. Sheeran (testo però non reperito in rete)

Trib. Venezia sulla closest prior art per determinare l’attività inventiva dell’invenzione brevettanda

Trib. Venezia 7 novembre 2022, sent. n° 1873/2022, RG 11305/2018, rel. Boccuni,  JP STEEL PLANTECH c. Danieli spa (notizia e testo da giurisprudenzadelleimprese.it):

Premessa:

<<L’art. 48 D.Lgs. n. 30/2005, nel regolare il requisito di brevettabilità dell’attività inventiva, prescrive che l’invenzione è considerata come implicante una attività inventiva se, per una persona esperta del ramo, essa non risulti in modo evidente dallo stato della tecnica, di modo che il brevetto deve considerarsi nullo ove l’invenzione sia in modo evidente ricompresa nello stato della tecnica noto, secondo il parametro di valutazione proprio del tecnico del ramo.   In altre parole, deve giungersi ad affermare la nullità del brevetto ove l’inventore poteva giungere alla soluzione del problema tecnico evidenziato sulla scorta del complesso delle conoscenze ed indicazioni tecniche note al momento della domanda di brevetto. Inoltre, lo stato della tecnica rilevante ai fini del giudizio sulla attività inventiva è quello definito dai commi 1 e 2 dell’art. 46 D.Lgs. n. 30/2005, comprendendosi le conoscenze dello stato della tecnica inerenti il settore di appartenenza dell’invenzione a cui si aggiungono le cognizioni tecniche generali ovvero quelle relative a settori vicini da selezionare, tuttavia, in modo tale da individuare quelle che il tecnico del ramo avrebbe effettivamente preso in considerazione per affrontare il problema tecnico oggetto dell’invenzione brevettata>>.

Andando poi al punto:

<<Al fine di giudicare l’altezza inventiva del trovato, il criterio utilizzato del problem solution approach richiede di individuare la c.d. closest prior art, ovvero l’anteriorità che rappresenti il punto di partenza più promettente per giungere al trovato, dovendo essa essere diretta al medesimo scopo o effetto dell’invenzione o almeno appartenere al medesimo campo della tecnica o a campo molto vicino a quello del trovato. Così, la closest prior art è quella che corrisponde ad un simile uso e che richiede i minori cambiamenti strutturali o funzionali per giungere all’invenzione. Inoltre, il giudizio di evidenza o di non evidenza del trovato deve essere condotto valutando gli insegnamenti che avrebbe considerato e, quindi, ciò che avrebbe fatto, partendo dall’arte nota anteriore più prossima, la persona esperta del ramo: se il problema tecnico spinge l’esperto a cercare la sua soluzione in un altro settore, lo specialista di detto settore è la persona qualificata a risolvere il problema, chiarendosi così che, se lo stato della tecnica non contenga suggerimenti nel senso di guardare a diversi campi, rispetto a quello in cui il problema tecnico si è posto per trovare la soluzione, il riferimento allo specialista di quel campo ed alle sue conoscenze come base di partenza per il giudizio di non evidenza, sarebbe frutto di una analisi a posteriori che penalizzerebbe il titolare, in quanto non sarebbe stato ovvio per l’inventore attingere al sapere di un altro ramo.
Ciò che appare dirimente, quindi, è che la prior closest art contenga suggerimenti oggettivi, anche impliciti ma riconoscibili, per arrivare al trovato di cui si discute della validità in ragione della soluzione data al problema tecnico>>.

Istruzioni brevi su come non violare un format di programma teatrale

App. Milano n. 1668/2023 del 25.05.2023, RG 2392/2021, rel. Orsenigo,  si sofferma sulle ragioni per cui il format azionato non può ritenersi plagiato.

<<8.1.1.) Tale motivo di appello è del tutto infondato.
Premesso che, come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, la comparazione tra i due spettacoli aventi ad oggetto la storia della realizzazione della Cappella Sistina va effettuata guardando alle somiglianze tra i mezzi espressivi impiegati, in quanto è questo il profilo che può conferire il carattere della creatività e della novità all’idea di narrare una vicenda storico-artistica (e non, dunque, l’idea di fondo), dall’analisi della Brochure del 2010 nella quale risulta fissato il progetto di opera “Il Giudizio Universale – A spectacular show” (in particolare, doc. 22 fasc. di parte appellante) e dello spettacolo “Il Giudizio Universale – into the secrets of the Sistine Chapel”, quale risulta visionabile nella sua versione integrale riversata su CD (doc. 11 fasc. parte appellata), emergono differenze sostanziali tra le due opere.
Anzitutto, il primo profilo di diversità deve rinvenirsi nella presenza di dialoghi e parti recitate: invero, dalla Brochure del 2010 emerge l’assenza di dialoghi o di interazioni verbali, in quanto gli unici artisti presenti in scena sono acrobati e ballerini che, quindi, non recitano, ma eseguono coreografie, mentre nello spettacolo “Il Giudizio Universale – into the secrets of the Sistine Chapel” i dialoghi costituiscono l’elemento chiave dell’opera. A ciò si aggiunge anche
un’evidente dissomiglianza tra i due spettacoli dal punto di vista delle modalità espressive e delle modalità di spettacolarizzazione: difatti, lo show abbozzato nella Brochure del 2010 risulta essere un evento spettacolare da realizzarsi con acrobazie e coreografie, alternate ad effetti speciali aerei e pirotecnici (come il muro d’acqua, il fuoco, i fuochi d’artificio, gli acrobati e gli stuntman; si veda, a tal proposito, doc. 22 pagg. 8, 9, 13 e 16 fasc. primo grado parte appellante) e che avrebbe dovuto svolgersi nelle piazze all’aperto con l’uso di “un impianto scenico avvolgente” (cfr. doc. 33, pag. 3, fasc. primo grado parte appellante), mentre, al contrario, il nucleo rappresentativo dello spettacolo “Il Giudizio Universale – into the secrets of the Sistine Chapel”, che si svolge su un palco di teatro tradizionale, è costituito principalmente da giochi di luce e da proiezioni statiche a 270º della Cappella Sistina, con le quali gli attori hanno una costante interazione.
Ancora, un ulteriore profilo di differenziazione tra le due opere si individua nell’elemento spettacolare: dalla Brochure del 2010 emerge, infatti, che la finalità dello spettacolo è quello di intrattenere il pubblico, mentre la rappresentazione “Il Giudizio Universale – into the secrets of the Sistine Chapel” ha il precipuo scopo educativo, in quanto fondata sulla puntuale ricostruzione di una vicenda storica illustrata tramite immagini e dialoghi.
Da tali considerazioni, che evidenziano differenze sostanziali tra i due spettacoli, risultano condivisibili le valutazioni del Tribunale di Milano, che ha ritenuto impossibile ravvisare profili di sovrapponibilità quanto alle modalità rappresentative degli stessi>>.

Si conferma difficile la tutela del format (radiofonico in questo caso) come opera dell’ingegno

Rigttata la domanda di tutela come opera dell’ingegno di un format di programma radiofonico da Trib Roma n. 10837/2022 del 6 luglio 2022, RG 80912/2019, rel. Maretucci .

<<In sostanza, il format di un programma televisivo è tutelabile quale opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore quando presenti uno schema di programma, un canovaccio delineato nei suoi tratti essenziali, generalmente destinato ad una produzione televisiva seriale, come risultante da una sintetica descrizione.
Al contrario, non è tutelabile come opera dell’ingegno una descrizione assolutamente generica e sommaria dei contenuti del programma, senza previsione concreta dello svolgimento dello stesso ( cfr. Trib. Roma n. 8736/2015; Trib. Roma n. 19116/2017; Trib. Roma n. 14827/2019).
Nella specie, il programma radiofonico rispetto al quale l’attore invoca la tutela autorale è privo di tutti i requisiti necessari perché possa valere quale opera dell’ingegno, non atteggiandosi ad opera strutturata ed in quanto tale valida come format, trattandosi, al contrario, di trasmissione radiofonica di segmenti di film, compresi la musica e il rumore di sottofondo, peraltro non commentati dal conduttore, il cui parlato non rappresentava una critica o un commento del film tramesso in parte, ma riguardava temi sviluppati dal Brondello soggettivamente ed a prescindere con la stretta attinenza alla trama del prodotto cinematografico, senza alcuna indicazione di una scaletta di programma tale da poter essere riprodotto in modo tale da mantenerne gli elementi caratteristici e distintivi.
Si rileva peraltro che non vi è contezza di un format realizzato per iscritto dall’attore e depositato alcunché presso la SIAE, relativamente al programma radiofonico Specchio dimezzato. Cinema alla radio, il cui schema, come rappresentato nel presente giudizio e risultante dai documenti versati in atti, risulta privo degli elementi essenziali del format inteso come opera tutelabile dal diritto d’autore, fermo restando che non è meritevole di tutela la mera idea di trasmettere attraverso la radio spezzoni di film.
Invero, conformemente alla giurisprudenza consolidata di legittimità e di merito, il diritto d’autore non tutela la mera idea, non trasposta in un’opera avente i caratteri della novità e della creatività come sopra intesi, sicché la mera idea di trasmettere attraverso lo strumento radiofonico spezzoni di film, compresi gli effetti sonori, non integra in re ipsa gli estremi dell’opera dell’ingegno, neanche nella forma sopra delineata del format, la cui idoneità alla riproduzione seriale necessita di una serie di elementi distintivi, come sopra indicati, mancanti nel programma radiofonico condotto dal Brondello tra l’ottobre 1979 ed il 1980 su Radio Torino Alternativa.
Si rileva, inoltre, che non è in atti un documento ideato dall’attore che illustri analiticamente le articolazioni sequenziali della trasmissione radiofonica di cui si chiede la tutela autorale e l’esatta durata di ciascuna delle suddette attività, circostanza che rende oltremodo difficile la tutela del diritto azionato dal Brondello>>.

E poi: <<Ad abundantiam, non può ritenersi che i programmi trasmessi da RadioRai costituiscano plagio del programma radiofonico ideato dall’attore, considerate le sostanziali differenze tra i suddetti prodotti radiofonici, con particolare riferimento al programma “Hollywood Party”, che contempla la partecipazione di registi e interpreti italiani stranieri intervistati di conduttori, con interviste, commenti sul mondo del cinema e lancio di anticipazioni sempre in ambito cinematografico. Il programma ospita anche un momento ludico costituito da un quiz: in particolare, dopo l’ascolto di alcune clip in lingua originale di un celebre film del passato, gli ascoltatori sono invitati a indovinarne il titolo. Uno spazio della trasmissione radiofonica è poi dedicato alle “ultime notizie”: conferenze stampa, aggiornamenti sui premi e indiscrezioni sul mondo delle star.

Sussistono, inoltre, sostanziali differenze anche tra il programma radiofonico attoreo e quello trasmesso dalla convenuta con il titolo “Hollywood Party. Il cinema alla radio”, che rappresenta la versione domenicale del programma “Hollywood Party”, caratterizzato da una durata più estesa, circa 1:15 e che propone l’ascolto di un film, introdotto e raccontato da un critico cinematografico, che, quale conduttore, introduce il film e si limita ad intervenire per descrivere le parti della pellicola prive di sonoro.
Ebbene, le differenze tra i programmi contestazione valgono ad escludere ogni ipotesi di plagio.
Ne consegue il rigetto delle domande attoree di inibitoria e di accertamento della violazione del diritto d’autore da parte delle convenute e delle consequenziali pretese risarcitorie.
E’ parimenti priva di pregio la domanda attorea di condanna della convenuta al risarcimento del danno per l’asserita violazione del diritto all’identità personale del Brondello ai sensi dell’art. 2 Cost.. Ed invero, premesso quanto sopra esposto sulla inidoneità del programma in relazione al quale l’attore invoca la tutela ad assurgere a format, l’idea di trasmettere via radio spezzoni di film non è idonea ad assurgere ad elemento identificativo della identità personale del Brondello,
così come la netta differenza tra i programmi trasmessi dalla RAI e sopra menzionati e quello attoreo è tale da escludere in radice ogni ipotesi di violazione, da parte della convenuta, della altrui identità personale. Si rileva, inoltre, che è pacifico che il parlato del programma attoreo non è mai stato trasposto nei programmi realizzati dalla RAI, né in alcun modo imitato o ripreso
dai conduttori dei programmi trasmessi dalla convenuta, pertanto non può ritenersi leso il diritto all’identità personale del Brondello neanche sotto questo profilo, posto che unico elemento che in parte potrebbe essere ritenuto identificativo della personalità del Brondello è costituito dal parlato trasmesso tra i vari spezzoni dei film, non certamente l’idea di trasmettere via radio
prodotti cinematografici o musiche ritenute appropriate al contesto, che non risultano in alcun modo collegati all’attore.
E’ infondata, infine, la domanda proposta in via ulteriormente subordinata da Dario Brondello ai sensi dell’art. 2041 c.c., atteso che, per le ragioni sopra esposte circa l’assenza della condotta di illecito plagio ascrivibile alla convenuta, non è neanche astrattamente configurabile l’ingiustificato arricchimento da parte della RAI, la quale, nella produzione e trasmissione dei programmi radiofonici sopra citati, non ha tratto alcun indebito arricchimento dal programma ideato dall’attore per affermarsi presso il pubblico e realizzare, quindi, un profitto anche sotto forma di introiti pubblicitari>>.

Per la pubblicazione dell’opera, serve la vendita o basta l’esposizione in una mostra pubblica?

E’ giusta la seconda per Cass. sez. 1 n° 23.395 del 7 agosto 2023, rel. Scotti.

Ne dà notizia Eleonora Rosati su IPKat  (il link punta a www.italgiure.giustizia.it che però la dà in via di oscuramento)

In breve un collezionista chiede i danni a Koons per aver disconosciuto la paternità dopo aver pubblicato l’opera The Serpents.

I punti più interessanti sono: 1) quando ricorra pubblicazione ex art.12 l.aut; 2) se l’autore abbbia diritto di disconoscere l’opera (ripudiarla), con tutte le conseguenze per il valore commerciale dell’opera in capo all’attuale proprietario del corpus mysticum.

Il più interessante è il secondo. Bisognerebbe prima approfondire i concetti di “riconoscere” e “disconoscere”  un ‘opera.

In prima approssimazione direi che all’autore non si può imporre il dovere di riconsocere artisticamente un ‘opera pur se materialmente sua i titolari del supporto potranno/dovranno disporne come “opera di Koons  ma da lui ripudiata”, senza pretendere che egli la riconosca.

Annullamento di marchio per deposito in malafede anche senza diritto sul segno da parte del richiedente la nullità

Interessante questione decisa da EUIPO-divis. di annull. , proc. n° C 53 081 (nullità) 8 agosto 2023, circa il marchio figurativo UE n. 17 971 130 , Comune di VErona c. Giulietta Verona srl (qui il link alla decisione e qui alla pagina web del database dell’ufficio).

Il procedimento è deciso accogliendo la domanda di deposito in malafede (art. 59.1.b) , reg. 1001 del 2017)  ; erano stati tuttavia proposti anche altri motivi (art. 7.1.b-g-i reg. cit.) ,  forse più azzeccati.

marchio annullato

Si tratta di simbolo apposto sul cancello del monumento delle Arche Scaligere in centro  a Verona.

Parrebbe allora errato applicare la regola sulla malafede: la quale richiede abuso di un diritto e quindi verso un soggetto determinato, che nel caso mancava dato che il Comune  non ha diritti di PI sul disegno.