Cass., sez. I , 11 maggio 2023 n. 12.881, rel. Nazzicone, sul tema.
Non ci son particolari approfondimenti ma solo rapide condivisioni di alcuni passaggi della ben più articolata sentenza di appello (App. Torino n. 199/2021 del 17.02.2021, RG 1932/2019)
<<La corte territoriale ha ritenuto che la forma oggetto dei marchi “(Omissis)” sia soltanto una delle numerose forme che potrebbero avere i contenitori di confetti, in quanto tutti i vari tipi di confezione potrebbero del pari essere muniti della medesima chiusura, brevettata come soluzione tecnica tutelata: ha, quindi, escluso che i brevetti attengano ad una “forma necessaria” o ad una “forma sostanziale”.
Si ricorda che per “forma necessaria” si intende quella che sia necessaria per ottenere un risultato tecnico, e, quindi funzionale, perché imposta dall’utilità industriale che persegue, onde, secondo tale principio, quando una determinata forma è “necessaria”, cioè inscindibilmente connessa con l’utilità di un trovato, l’imitazione è per ciò stesso lecita, sempre che sussista tale elemento di inscindibilità e quindi di necessarietà. Pertanto, si è affermato che i segni possono costituire oggetto di marchio, in quanto rispondano oggettivamente e preminentemente alla funzione distintiva del prodotto e della sua provenienza, senza esser vincolati dalla destinazione merceologica o dalla forma necessaria del prodotto stesso (Cass. 28 giugno 1980, n. 4090), in quanto “una forma funzionale, o necessaria, tale cioè da non potere essere evitata senza con ciò compromettere la funzione realizzata dal modello, pone in essere contestualmente un preciso elemento individualizzante nel mercato. Il modello si identifica, segno commerciale a parte, perché la sua forma, dichiarando e rendendo possibile la funzione che costituisce il cuore dell’idea, e’, in quanto tale, inconfondibile. Consegue che fuori delle ipotesi nelle quali vi è una privativa a tutela di quella funzione e di quella forma, se la funzione è liberamente riproducibile, lo è anche la forma che necessariamente la realizza” (in motivazione, Cass. 9 marzo 1998, n. 2578).
Dunque, per forma imposta dalla natura stessa del prodotto deve intendersi quella naturale ovvero quella standardizzata del prodotto, noto in tale configurazione, in tal modo restando esclusa la proteggibilità come marchio dalla legge, attesa la mancanza di capacità individualizzante del segno, che si oppone in via di principio ad una monopolizzazione, che penalizzerebbe la concorrenza senza giustificazione (così Cass. 23 novembre 2001, n. 14863; e già Cass. n. 60 del 2001; Cass. n. 6644 del 1996); essa si riscontra quando si tratta di una forma che non è ispirata ad un criterio di fantasia o di differenziazione del prodotto, ma costituisce una forma, utile e conveniente, che esprime esclusivamente il valore, cioè le caratteristiche essenziali del prodotto, racchiudendone in sé tutta e solo la dimensione funzionale (così, in motivazione, Cass. 16 luglio 2004, n. 13159, in relazione al c.d. ovetto Kinder, richiamata da entrambe le parti).
Mentre per “forma sostanziale” si intende quella che dà un valore sostanziale al prodotto, ossia “il cui pregio modifica l’identità di un prodotto in quanto tale, perché ne aumenta il valore merceologico, senza mutarne la funzione ontologica” (Cass. 23 novembre 2001, n. 14863).
La giurisprudenza unionale ha più volte ribadito che un segno, il quale rappresenti la forma di un prodotto, rientra tra i segni idonei a costituire un marchio, a condizione che sia, da un lato, riproducibile graficamente e, dall’altro, adatto a distinguere il prodotto o il servizio di un’impresa da quelli di altre imprese (Corte di giustizia UE 10 novembre 2016, C-30/15, Simba Toys, punto 37; 29 aprile 2004, Henkel, C-456/01, C-457/01, punti 30 e 31; 14 settembre 2010, Lego Juris, C-48/09, punto 39), affermando altresì che, più la forma della quale è chiesta la registrazione assomiglia alla forma che con ogni probabilità assumerà il prodotto di cui si tratta, più è verosimile che tale forma sia priva di carattere distintivo (Corte giustizia Comunità Europee 29 aprile 2004, n. 456/01 e 457/01, Henkel, cit.).
Proprio per questo, essa ha ritenuto nullo il marchio Europeo di forma tridimensionale costituito dal “cubo di Rubik”, svolgendo la c.d. struttura a griglia, che compare su ciascuna delle sue facce, dividendola in nove elementi quadrati della stessa dimensione, una funzione tecnica, assicurando la rotazione dei singoli elementi delle bande verticali ed orizzontali del cubo medesimo, sicché tale cubo costituisce un puzzle tridimensionale (Corte giustizia UE 10 novembre 2016, C-30/15 P, cit.).
Infatti, la legge impedisce la valida registrazione di un segno costituito, nelle sue caratteristiche essenziali, da un risultato tecnico, perché vi è un interesse generale all’utilizzo, che preclude situazioni di monopolio di soluzioni tecniche (cfr., fra le altre, Corte giustizia UE 16 settembre 2015, C-215/14, Nestle’, punto 38; 18 giugno 2002, C 299/99, Philips Electronics, punti 76 ss., sulle tre testine rotanti di un rasoio elettrico; Corte giustizia Comunità Europee 8 aprile 2003, C-53/01 a C-55/01, Linde, punto 44): così per la forma costituente soluzione di un problema tecnico e di marchi costituiti dalla forma del prodotto.
Mentre si osserva come non si possa escludere che l’aspetto estetico di un marchio che assume una determinata forma possa essere tenuto in considerazione, se richiama l’effetto visivo oggettivo e inusuale del design specifico del marchio suddetto (Corte giustizia UE 12 dicembre 2019, Euipo/Wajos, C-783/18, p. 32); Tribunale UE, 14 luglio 2021, T-488/20, p. 43 e 44).
Del pari, anche per questa Corte non è suscettibile di registrazione come marchio di forma la forma funzionale di un prodotto, che non presenti, per i consumatori di riferimento, carattere distintivo (Cass. 27 luglio 2015, n. 15681, non massimata, ma edita), come quando la forma sia imposta dalla natura stessa del prodotto, in quanto forma necessaria per ottenere un risultato tecnico o forma che dà un valore sostanziale al prodotto (Cass. 29 ottobre 2009, n. 22929).
In ogni caso, recepiti dall’ordinamento positivo tali concetti, va altresì precisato che il principio di correttezza, enunciato in senso generale dall’art. 2598, comma 1, n. 3, c.c., costituisce anche il limite della teoria della c.d. forma necessaria e della c.d. forma sostanziale.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha accertato l’estrinsecità della forma rispetto al prodotto ed ha escluso che la prima sia carattere indefettibile del secondo: essa ha affermato la validità del marchio, perché è dato di distinguere chiaramente tra la forma ed il prodotto come realizzato.
La Corte territoriale ha dunque escluso sia possibile nella specie, in punto di fatto, individuare sia una “forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico”, sia una “forma che dà un valore sostanziale al prodotto”, la cui proteggibilità come marchio sia esclusa dall’art. 9, lett. b) e c), cod. propr. ind.
La corte territoriale si è attenuta ai ricordati principi ed ha proceduto quindi, sul piano concreto, ad accertare che, nella specie, la forma del contenitore dei confetti non costituisca una soluzione di carattere tecnico ad un problema di tal fatta, aggiungendo che ciò viene sul piano logico confermato proprio dalla sicura possibilità che il contenitore assuma altre forme, senza pregiudizio funzionale al fine di contenere e distribuire i confetti, proprio perché non è forma che costituisca pura la soluzione ad un problema tecnico.
Non sussistono, pertanto, le lamentate violazioni di legge, giacché la sentenza, che muove da esatti princip? giuridici, ha raggiunto la sua statuizione sulla base di un accertamento di fatto incensurabile>>.