Nullità del marchio perchè domandato in mala fede: estensione merceologica del giudizio

Trib. UE 22 marzo 2023, T-366/21, Coinbase c. EUIPO+bitFlyer:

<<34  Furthermore, in order to determine whether the applicant is acting in bad faith, all the relevant factors specific to the particular case which pertained at the time of filing the application for registration of the sign as an EU trade mark must be taken into consideration, in particular: (i) the fact that the applicant knows or must know that a third party is using, in at least one Member State, an identical or similar sign for an identical or similar product capable of being confused with the sign for which registration is sought; (ii) the applicant’s intention to prevent that third party from continuing to use such a sign; and, (iii) the degree of legal protection enjoyed by the third party’s sign and by the sign for which registration is sought (judgment of 11 June 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:361, paragraph 53).

35 However, it is apparent from the wording used by the Court of Justice in the judgment of 11 June 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (C‑529/07, EU:C:2009:361), that the factors listed are merely examples drawn from a number of factors which may be taken into account in order to decide whether the applicant for registration of a sign as an EU trade mark was acting in bad faith at the time of filing the application for the mark. In that regard, it should be noted that, in the context of the overall analysis undertaken pursuant to Article 52(1)(b) of Regulation No 207/2009, account may also be taken of the origin of the sign and its use since its creation, the commercial logic underlying the filing of the application for registration of that sign as an EU trade mark, and the chronology of events leading up to that filing (see judgment of 16 December 2020, Pareto Trading v EUIPO – Bikor and Bikor Professional Color Cosmetics Małgorzata Wedekind (BIKOR EGYPTIAN EARTH), T‑438/18, not published, EU:T:2020:630, paragraph 21 and the case-law cited).

36 Having regard to the foregoing considerations and in the light of the applicant’s arguments, it is necessary to assess whether the Board of Appeal correctly took into consideration all the relevant factors specific to the particular case which pertained at the time of filing the application for registration by the proprietor of the contested mark.

37 It must be borne in mind that the Board of Appeal considered, in essence, in paragraph 14 of the contested decision, that the scope of the appeal was limited to whether the proprietor of the contested mark acted in bad faith in relation to the dissimilar goods and services in respect of which the mark remained valid. That definition of the scope of the dispute was in line with the applicant’s appeal before the Board of Appeal, which sought the annulment of the decision of the Cancellation Division only in so far as it had rejected the application for a declaration of invalidity, namely for the dissimilar goods and services.

38 However, even if the scope of the appeal before the Board of Appeal was limited to the dissimilar products and services, in order to take into consideration all the relevant factors specific to the particular case when assessing bad faith, in accordance with the case-law referred to above, the Board of Appeal should nevertheless have taken into consideration the similar products and services. Those goods and services formed part of those referred to by the proprietor of the contested mark at the time of filing its application for registration. Therefore, the assessment of bad faith by the Board of Appeal should have also covered the similar goods and services and the evidence relating to them>>.

Il Trib. annulla la decisione del board of appel accogliendon e l’impugnazione.

Di marchi numerici/alfabetici e di buona fede

Tre notazioni su Trib. Milano n. 6542/2021 del 27 luglio 2021, RG 32332/2016, rel. Fazzini E.:
1°)  <<. Il Collegio ritiene, comunque, che tale eccezione
sia anche infondata, atteso che essa si basa esclusivamente sul fatto che esso sarebbe formato da
semplici lettere dell’alfabeto, “senza alcuna caratteristica di fantasia”, dovendosi ritenere al riguardo
che i marchi numerici (o alfabetici) sono privi di tutela solo quando sono usati per esigenze di
comunicazione imprenditoriale, come per indicare la serie o il tipo di prodotto o la loro quantità, ma
non quando sono utilizzati, come nel caso di specie, in funzione distintiva, tenuto conto che l’art. 7
c.p.i. prevede espressamente che possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa
tutti i segni, in particolare, fra gli altri, le parole, compresi i nomi di persone, i disegni e le lettere. Si
ritiene, in particolare, che il marchio, rappresentato da lettere dell’alfabeto, non possa automaticamente
essere considerato nullo, o comunque debole, essendo, comunque, necessaria la prova contraria da
parte di chi ne contesti la validità come marchio, la quale, nel caso di specie, non è stata in alcun modo
fornita>>

2°)   <<Alla luce di tale motivazione, il Collegio ritiene, pertanto, tenuto conto della pluralità dei casi indicati
da parte attrice e non oggetto di specifica contestazione e del comportamento assunto dal Riva Faccio e
dalla società convenuta anche nelle more del giudizio, continuando a porre in essere atti in violazione
dell’accordo, che sia provata la reiterata violazione degli obblighi negoziali per la palese e insistita
inosservanza sia di quanto sancito specificatamente nel contratto, concluso tra le parti nel novembre
2012, sia del canone della buona fede nella sua esecuzione. Si ritiene, in particolare, alla luce del consolidato indirizzo interpretativo della Suprema Corte, che la buona fede nella esecuzione del
contratto si sostanzia in un generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in
modo tale da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali,
quanto dal dovere extracontrattuale del neminem laedere, trovando tale impegno solidaristico il suo
limite precipuo unicamente nell’interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti
gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte,
nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico (cfr. per tutte Cass. 4
maggio 2009, n. 10182). Si ritiene, pertanto, come già affermato anche da questo tribunale, che un
compromesso negoziale fondato anche su particolari piccoli impone alle parti di uniformare i propri
comportamenti a un livello molto elevato di correttezza, tale da evitare che anche in via indiretta si
possano generare o anche solo avallare fraintendimenti ed equivoci (cfr. tribunale di Milano, sentenza
6454/2016, pubblicata il 26.05.2016). La violazione continuata e duratura delle disposizioni
contrattuali, nonché del canone di lealtà costituisce inadempimento contrattuale di indubbia rilevanza e
oggettiva gravità, tale, quindi, da giustificare l’accoglimento della domanda di risoluzione. Trattandosi
di contratto a esecuzione continuata, in conformità della previsione di cui all’art. 1458 c.c., l’efficacia
della pronuncia retroagisce al momento della litispendenza, con conseguente cessazione degli effetti
dei contratti alla data della notificazione dell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio,
effettuata in data 20.05.2016 (cfr. Cass. 20894/2014)>>.

3°)  danno da royalties ipotetiche: 15% del fatturato (ammontare assai diffuso)

Concorrenza sleale per violazione di norme pubblistiche (art. 2598 n.3 c.c.)

Cass. sez. I dell’8 maggio 2023 n. 12.049, rel. Ioffrida :

<<In effetti, con riguardo alla violazione dell’art. 2598 c.c., n. 3, la sola violazione di norme pubblicistiche non implica necessariamente, attesa la moltitudine di norme che incidono sullo svolgimento dell’attività imprenditoriale, il compimento di un atto di concorrenza sleale, ai sensi dell’art. 2598 c.c., n. 3, occorrendo distinguere tra norme che sono rivolte a porre dei limiti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, la cui violazione implica sempre un atto contrario ai principi di correttezza professionale e dunque di concorrenza sleale, e norme che impongono dei costi alle imprese operanti sul mercato (ad es. le disposizioni fiscali, le prescrizioni igienico-sanitarie ovvero anche le norme che subordinano l’esercizio di determinate attività imprenditoriali all’ottenimento di licenze o di autorizzazioni, implicanti comunque anche dei costi), la cui violazione può costituire l’antecedente di un atto di concorrenza, fonte di danno concorrenziale, ovvero servire per sostenere un ribasso dei prezzi o misure equivalenti, divenendo in tal caso la violazione della norma di diritto pubblico indirettamente la fonte di un illecito concorrenziale; deve essere data, in sostanza, dall’imprenditore che si duole della condotta del concorrente, dimostrazione non tanto della violazione di norme amministrative, quanto anche del compimento di atti di concorrenza potenzialmente lesivi dei propri diritti, mediante malizioso ed artificioso squilibrio delle condizioni di mercato (cfr. Cass. 8012/2004: in applicazione di tale principio la Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la sussistenza dell’illecito concorrenziale nel fatto di un gestore di una sala cinematografica che aveva solo ampliato la capienza del locale, portandolo da 308 a 1000 posti, senza alcuna autorizzazione amministrativa; cfr. anche, in motivazione, Cass. 9770/2018).

Ora, dalla sentenza impugnata emerge che l’illecito concorrenziale contestato ed accertato di Geoeco Italia consisteva nell’avere esercitato, dal 2002 al 2004, attività commerciali di ristorazione e market in aree nelle quali erano stati compiuti abusi edilizi (con mutazione della destinazione d’uso di alcuni ambienti) e che erano state peraltro trasferite al patrimonio comunale, oltre che in assenza di autorizzazione amministrativa, il tutto all’interno dello stesso complesso villaggio turistico ove la In. Tu.Ga. svolgeva regolarmente (essendo state respinte le domande riconvenzionali delle convenute Geoeco Italia e Gargano Progetti nei sui riguardi, sempre ex art. 2598 c.c.), sulla base di titoli abilitativi, per il periodo 2000/2005, attività ricettiva ed anche di somministrazione, alimenti e bevande. E rilevava il particolare settore e la tipologia di attività turistico – ricettiva svolta dalla concorrente danneggiata In. Tu.Ga., necessitante di un complesso di autorizzazioni amministrative per il legittimo esercizio.

Peraltro la vicenda dell’esecuzione ed ottemperanza del giudicato amministrativo traslativo della proprietà delle aree non è conferente rispetto al presente contenzioso che attiene all’illecito concorrenziale posto in essere dalla Geoeco Italia in danno alla In. Tu.Ga. in relazione all’esercizio di attività commerciale di vendita di prodotti alimentari e ristorazione, in assenza delle necessarie autorizzazione della pubblica amministrazione>>

Discorso un pò (come spesso) fumoso dato che il giudice deve dire se e in che modo la violazione abbia procurato vantaggi concorrenzialmente illeciti.

Per il Tribunale di Parigi c’è diritto di autore sui font tipografici (anche se non c’è violazione nel caso specifico)

Interessante decisione (in francese) segnalata da Kevin Bercimuelle-Chamot su IpKat del 28 marzo 2023.

Si tratta di Trib. Parigi , N° RG 20/06208, del 31 Mars 2023  che deide la lite tra il font « Le Monde Journal » e « Spectral » , creato per conto di Google (che è parte in causa).

Si tratta di opera tutelabile:

<<28. Aucun de ces choix n’est inédit et chacun se rerouve dans certaines autres typographies
traditionnelles ou polices de caractères récentes . En particulier, le remplacement de la goutte
par une terminaison qui se finit vers une pointe en bas cassée par un trait court, présentée par
M. X comme un parti pris esthétique constituant l’essence même du caractère typographique
Le Monde Journal, se retrouve dans des typographies du XVIII siècle et aussi des polices
actuelles (Charter, Swiss works,ème Malabar). Toutefois, la typographie Le Monde Journal
présente un aspect particulier obtenu par différents parti-pris tels que le dégraissage des
verticales au profit des horizontales, la taille respective des hauteurs d’œil d’une part,
majuscules et ascendantes d’autre part, ainsi que les détails d’empattements trapézoïdaux et le
dessin particulier des gouttes. Cette combinaison, qui permet d’atteindre l’objectif de gains de
lisibilité et d’espace mais qui aurait pu être obtenu par d’autres moyens, est originale, révèle
des choix arbitraires et reflètent l’empreinte de la personnalité de son auteur.

29. Dès lors la combinaison des caractéristiques énumérées au point 27 ci- dessus fait de la
police Le Monde Journal une œuvre typographique originale protégeable en tant que telle par
le droit d’auteur>>.

(da google translate: < 28. Nessuna di queste scelte è nuova e ciascuna si trova in certe altre tipografie
caratteri tipografici tradizionali o recenti. In particolare, la sostituzione della gotta
da un finale che termina in un punto in basso spezzato da una breve linea, presentato da
Mr. X come pregiudizio estetico che costituisce l’essenza stessa del carattere tipografico
Le Monde Journal, si trova nelle tipografie del XVIII secolo e anche nei caratteri
corrente (Carta, opere svizzere, th Malabar). Tuttavia, la tipografia di Le Monde Journal
ha un aspetto particolare ottenuto da diversi pregiudizi come lo sgrassaggio di
verticali a favore degli orizzontali, la rispettiva dimensione delle altezze degli occhi da un lato,
capitelli e ascendenti dall’altro, così come i dettagli di serif trapezoidali e il
particolare disegno delle gocce. Questa combinazione, che permette di raggiungere l’obiettivo di guadagni di
leggibilità e spazio ma che avrebbe potuto essere ottenuto con altri mezzi, è originale, rivela
scelte arbitrarie e riflettono l’impronta della personalità del suo autore.

29. La combinazione delle caratteristiche elencate al precedente paragrafo 27 rende quindi il
font Le Monde Journal un’opera tipografica originale tutelabile come tale da
diritto d’autore>>).

Però Google/Spectal non lo viola, data la sufficiente distanza grafica.

Lite in tema di marchi per keyword advertising tra studi legali dell’Arizona

Distr. Court of Arizona 8 maggio 2023, Case 2:21-cv-01540-DG, Lerner & Rowe PC,
v. Brown Engstrand & Shely LLC, et al.:

<<The three relevant screenshots produced by Plaintiff show clear labeling of Defendants’ entry, using Defendants’ name and prominently labelled as an “Ad,” and with no use of Plaintiff’s trademark or confusingly similar language or content.

Reasonably savvy Internet users with a strong incentive to select the right lawyer would not be confused by these clearly labeled ads into believing that Defendants were Plaintiff.

Plaintiff produces no survey evidence showing a likelihood of confusion, and its evidence that, at most, 0.215% of all consumers exposed to Defendants’ ads were in fact confused by them is simply not enough to show a likelihood. Two-tenths of one percent is not an appreciable or significant portion of consumers exposed to Defendants’ keyword-generated ads. Plaintiff does have a strong mark, but no reasonable jury viewing Plaintiff’s thin evidence could find that potential clients viewing Defendants’ clearly labeled ads are likely to be confused into thinking Defendants were in fact Plaintiff.
The 25 irrelevant screenshots produced by Plaintiff – screenshots taken during a time when Defendants’ were not buying Plaintiff’s name as a keyword – reinforce the Court’s conclusion. Each of the irrelevant screenshots was produced by searching for “lerner & rowe,” “lerner rowe,” or a variation of these words. Doc. 68-3.

And even though Defendants had not purchased Plaintiff’s name as a keyword, Defendants’ ads appeared in the search results along with ads for other personal injury law firms.

Google’s algorithm apparently called up similar law firms when a specific law firm was searched for. See, e.g., Doc. 57-6 at 15 (including an ad for azinjuredworker.com), 17 (getlawyersnow.com and palumbowolfe.com), 18 (arjashahlaw.com), 20 (getlawyersnow.com), 22 (hutzler law.com), 28 (larryhparkerphoenix.com). These screenshots show what Internet users find when searching on Google for Lerner & Rowe – ads for a variety of law firms.

As with all searches on Google, the consumer then must scroll through the returns to decide which entries are worth clicking on.

Because Defendants’ entries use their name and are clearly labeled “Ad,” the consumers would know they are seeing an ad for another law firm, as would be true with the other firms seen in the screenshots. The Internet user would then, as the Ninth Circuit has recognized, “skip from site to site, ready to hit the back button whenever they’re not satisfied with a site’s contents.” Toyota Motor Sales, 610 F.3d at 1179. This is not confusion; this is typical Internet searching. And because “the owner of the mark must demonstrate likely confusion, not mere diversion,” Plaintiff has presented insufficient evidence to survive summary judgment. Network Automation, 638 F.3d at 1149>>, P. 19-20.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Riproduzione non autorizzata del David di Michelangelo sulla copertina di GQ italia

Trib. Firenze con sent. non definitiva 1207/2023 del 21 aprile 2023 , RG 8150/2020, Min. beni culturali c. Edizioni Condè Nast spa,. condanna la seconda al danno patrimoniale e non patrimoniale, ordinando la prosecuzione per le altre domande .

Il punto più interessante riguarda il danno non patrimoniale, determinato in euro 30.000,00:

<<B) Nello specifico, si devono evitare duplicazioni con riferimento al danno non patrimoniale, che pure merita di essere risarcito, poiché è innegabile che:
– alla luce degli arresti della giurisprudenza di legittimità ed anche delle Sezioni Unite (cfr., ex multis, Cass. Civ., Sez. Un., 11.11.2008, N. 26972), la norma di riferimento in materia di risarcimento del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.) è norma di rinvio, che rimanda alle  leggi che determinano i casi di risarcibilità del danno non patrimoniale (vd. art. 185 c.p., vd. i casi previsti da leggi ordinarie) ed, al di fuori dei casi espressamente determinati dalla legge, in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, la tutela è estesa ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della riconosciuti dalla Costituzione;
– rientra tra i principi fondamentali della nostra carta costituzionale, che com’è noto costituiscono valori fondanti del nostro ordinamento repubblicano, non modificabili neppure attraverso il procedimento di revisione costituzionale, l’art. 9 Cost., a tenore del quale “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”;
– il riferimento alla “Nazione” (piuttosto che allo Stato) è assai pregnante e significativo, in quanto rimanda notoriamente a quel complesso di persone che hanno comunanza di origini, di lingua, di storia e di cultura e che hanno coscienza di tali elementi unificanti, per cui l’art. 9 Cost. attribuisce senz’altro valenza identitaria al patrimonio storico ed artistico;
– non a caso, l’art. 1 del C.B.C. richiama espressamente l’art. 9 Cost. ed, al comma secondo, sancisce che “La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura”;
– di conseguenza, visto che ai sensi dell’art. 2 Cost. è garantito il diritto alla identità individuale, inteso come diritto a non vedere alterato all’esterno e quindi travisato, offuscato o contestato il proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico, professionale, sarebbe del tutto irragionevole postulare l’assenza del rimedio risarcitorio a fronte di lesioni dell’interesse non patrimoniale presidiato dall’art. 9 Cost., che si identifica con l’identità collettiva dei cittadini che si riconoscono come appartenenti alla medesima Nazione anche in virtù del patrimonio artistico e culturale che, per l’appunto, alla luce della declinazione sancita nell’art. 1 C.B.C., è parte costitutiva della memoria della comunità nazionale.
Nel caso di specie la società convenuta ha gravemente leso tali interessi, poiché, con la tecnica lenticolare, ha insidiosamente e maliziosamente accostato l’immagine del David di Michelangelo a quella di un modello, così svilendo, offuscando, mortificando, umiliando l’alto valore simbolico ed identitario dell’opera d’arte ed asservendo la stessa a finalità pubblicitarie e di promozione editoriale>>.

Resta da capire :

i) se veramente ricorra “svilimento” oppure solo lucro da illecito ma non svilimento; e

ii) se non toccasse al giudice spiegare quale fosse detto valore simbolico ed identitario, anzichè limitarsi ad evocarlo (la risposta è positiva, avrebbe dovuto: altrimenti è petizione di princpio e quindi assenza di motivazione, pur se sarebbe stata probabilmente spiegazione faticosa per un non esperto di storia dell’arte)

Si può richiamare anche l’affermazione dell’esistenza di un diritto all’immagine (art. 10 cc) riferito ad un bene culturale, violato da una riproduzione non totalmente ma solo parzialmente fedele in quanto solo evocativa (come pare sia accaduto nel caso specifico).

Sulla rivendicazione di priorità al fine di determinare la novità brevettuale

Due aspetti significativi quando si rivendica una priorità :

1) che si tratti della stessa invenzione;

2) che sia relativa a domande estere designanti l’italia e per le quali siano state pagare le realtive tasse.

Se il primo aspetto manca e quindi la priorità non opera, bisogna vedere  se -passando al punto 2)-  la mancata designazione e pagamento rendano dette domande  delle anteriorità distruttive: e la risposta è negativa, alla luce dell’art. 46,3 cpi.

Si veda Trib. Milano n. 1523 del 21.02.2022, RG 34246/2017, rel. Barbuto, Tuttoespresso srl c. Illycaffè spa:

<<B.3. Ciò posto, reputa il Collegio che occorra esaminare, anzitutto, l’eccezione di nullità della porzione italiana del brevetto di parte attrice, sollevata dalla convenuta incidenter tantum.
B.3.A L’eccezione in parola risulta svolta sotto un duplice profilo, l’uno attinente a dedotta mancanza di novità, per insussistenza di valida rivendicazione di priorità, con riguardo alle due precedenti domande di brevetto europeo del 28.3.06 e del 3.8.06, ricomprese tra le priorità rivendicate nel brevetto Tuttoespresso EP ‘343; l’altro, attinente a mancanza di novità ed altezza inventiva, rispetto allo stato della tecnica.
Ritiene il Collegio che lo scrutinio dei predetti profili, così come svolto dal CTU in relazione, sia interamente da condividere e possa, perciò, essere qui recepito.
Con riguardo al profilo della novità cd estrinseca, cioè della differenza formale tra l’invenzione e lo stato della tecnica rilevante -ex art.54 della Convenzione sul brevetto europeo, del 5.10.1973, secondo l’Atto di revisione adottato dalla Conferenza OEB il 29.11.00 -cd EPC 2000 -entrato in vigore in Italia il 13.12.07, cui corrisponde l’art.46 CPI -il CTU muove dal rilievo per cui le domande di priorità EP 06006430.0 ed EP 06016214.6 non designano l’Italia, poiché non risultano pagate le tasse di esame e designazione, e, non essendo domande di brevetto europeo a tutti gli effetti, denominate Euro-PCT, non possono dirsi regolarmente pubblicate, sicché non appartengono allo stato della tecnica, ex art.46 terzo comma CPI, ed ex art.54, terzo comma, EPC 2000 -nel testo in vigore dopo la modifica introdotta con l’art.26, secondo comma, del D.Lgs.n.131/2010.
Le due domande di brevetto, del marzo ’06 e dell’agosto ’06, descrivono un procedimento, nella fase di pre-immersione, in cui è raggiunta una pressione compresa tra intervalli specifici, mentre in nessun punto vi compare esplicitamente l’insegnamento relativo al fatto che la pressione nella capsula nell’intervallo di mantenimento dev’essere di almeno 3 bar.
Osserva a tal riguardo il CTU che al riguardo si hanno nei brevetti di priorità indicazioni relative ad intervalli che hanno come limite inferiore non sempre e solo almeno i 3 bar, ma anche i 2 bar (EP 541, col. 4, par. [0032] ove si legge: che la prima pressione a cui la pompa viene interrotta può essere compresa tra 2 e 20 bar, preferibilmente tra 3 e 17 bar: con pressioni nell’intervallo tra 3 e 8 bar i risultati sono eccellenti) (relazione, pag.31). Poiché -prosegue il CTU -l’intervallo 3-17 bar è contenuto nel più ampio intervallo di “almeno 3 bar”, ovverosia da 3 bar in su, l’intervallo 3-17 priva di novità l’intervallo di “almeno 3 bar”, sicché, qualora EP ‘343 non godesse del diritto di priorità, la rivendicazione 1 di EP ‘343, e con essa le rivendicazioni dalla 2 alla 8, sarebbero nulle per mancanza di novità.
Ma, appunto, tali due domande di priorità non fanno parte dello stato della tecnica rilevante ai fini del giudizio di novità, poiché non validamente pubblicate, rispetto alla data di deposito del brevetto EP ‘343 -cioè, il 28.3.2007 -e non sono, perciò, opponibili per novità alla rivendicazione 1 di EP ‘343>>

A chi offre al pubblico pacchetti TV via satellite basta l’autorizzazione dell’autore nel paese di immissione (non serve quella del paese di destinazione)

Questione tutto sommato facile quella decisa da Corte Giust. 25.05.2023, C-290/21, AKM c. Canal+, alla luce del tenore letterale dell’art. 1.2.b) : “La comunicazione al pubblico via satellite si configura unicamente nello Stato membro in cui, sotto il controllo e la responsabilità dell’organismo di radiodiffusione, i segnali portatori di programmi sono inseriti in una sequenza ininterrotta di comunicazione diretta al satellite e poi a terra” (da noi: art. 16 bis.1.b) l. aut.).

La collecting austriaca invece riteneva che dovesse pagare pure in Austria nonoistante l’imissione provenisse da altri Stati.

questione pregiudiziale posta:

<<Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 93/83 debba essere interpretato nel senso che, qualora un offerente di pacchetti satellitari sia obbligato ad ottenere, per l’atto di comunicazione al pubblico via satellite al quale partecipa, l’autorizzazione dei titolari dei diritti d’autore e dei diritti connessi di cui trattasi, tale autorizzazione deve essere ottenuta, al pari di quella concessa all’organismo di radiodiffusione di cui trattasi, unicamente nello Stato membro in cui i segnali portatori di programmi sono immessi nella sequenza di comunicazione diretta al satellite>>, § 20.

Risposta:

<<l’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 93/83 deve essere interpretato nel senso che, qualora un offerente di pacchetti satellitari sia obbligato ad ottenere, per l’atto di comunicazione al pubblico via satellite al quale partecipa, l’autorizzazione dei titolari dei diritti d’autore e dei diritti connessi di cui trattasi, tale autorizzazione deve essere ottenuta, al pari di quella concessa all’organismo di radiodiffusione di cui trattasi, unicamente nello Stato membro in cui i segnali portatori di programmi sono immessi nella sequenza di comunicazione diretta al satellite.>>

Il marchio denominativo EMMENTALER è descrittivo, ed anche come marchio collettivo., dice il Trib. UE

Trib. UE 24.05.2023, T-2/21, Emmentaler Switzerland c. EUIPO

Dal comunicato-stampa odierno della Corte:

<<Da un lato, per quanto riguarda il carattere descrittivo del marchio richiesto, il Tribunale ritiene, alla luce degli indizi presi in considerazione dalla commissione di ricorso, che il pubblico di riferimento tedesco comprenda immediatamente il segno EMMENTALER come designante un tipo di formaggio. Dato che, affinché un segno sia rifiutato alla registrazione, è sufficiente che esso abbia carattere descrittivo in una parte dell’Unione, la quale può essere eventualmente costituita da un solo Stato membro, il Tribunale ha dichiarato che la commissione di ricorso ha giustamente concluso che il marchio richiesto è descrittivo, senza che sia necessario esaminare gli elementi che non riguardano la percezione del pubblico di riferimento tedesco.
Dall’altro lato, per quanto riguarda la tutela del marchio richiesto in quanto marchio collettivo, il Tribunale ricorda che l’articolo 74, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 prevede che, in deroga all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento, possono costituire marchi collettivi segni o indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi in questione. Tuttavia, tale disposizione deve essere sottoposta ad un’interpretazione restrittiva. In tal senso, la sua portata non può comprendere i segni che sono considerati come un’indicazione della specie, della qualità, della quantità, della destinazione, del valore, dell’epoca di produzione o di un’altra caratteristica dei prodotti di cui trattasi, ma unicamente i segni che saranno considerati come un’indicazione della provenienza geografica di detti prodotti. Poiché il marchio richiesto è descrittivo di un tipo di formaggio per il pubblico di riferimento tedesco e non è percepito come un’indicazione della provenienza geografica di detto formaggio, il Tribunale conclude che esso non gode di una tutela in quanto marchio collettivo>>.

Non è esattissimo parlare di interpretazione “restrittiva”: meglio sarebbe stato “letterale”, alla luce della disposizione cit.

A meno di ricordare che <emmental>, derivando dalla omonima valle svizzera (v. wikipedia), potrebbe essere percepito come indicazione geografica. Ma allora bisognerebbe spiegare che la valenza geografica si è persa nel pubblico , il quale percepisce solo quella delle caratteristiche merceologiche/organolettiche

Doppia successione nei diritti di registrante ai fini del calcolo del periodo di grazia da divulgazione di disegno o modello (art. 7.2 reg. 6-2002)

Caso non frequente di doppia successione nei diritti di richiedente protezione a disegno (anzi modello) circa il calcolo dei 12 mesi di periodo di grazia ex art. 7.2 reg. UE 6 del 2002: Trib. UE del 26 aprile 2023 , T-757/21, Activa – Grillküche GmbH c. EUIPO-Targa GmbH  .

Successione accettata dal Trib. UE