L’azione di danno ex § 512.f Copyright Act concerne solo l’abuso di copyright, non di marchio

UNITED STATES DISTRICT COURT CENTRAL DISTRICT OF CALIFORNIA, CV 22-4355-JFW(JEMx), del 21 aprile 2023,  Yuga Labs, Inc. -v- Ripps, et al., decide una lite su marchio  in causa promossa dal titolare del NFT “Bored Ape” contro un visual artist (Ripps) che lo critica: Ripps is a visual artist and creative designer who purports to create artwork that comments in the boundaries between art, the internet, and commerce. According to Defendants, Yuga has deliberately embedded racist, neo-Nazi, and alt-right dog whistles in the BAYC NFTs and associated projects.3 Beginning in approximately November 2021, Ripps began criticizing Yuga’s use of these purported racist, neo-Nazi, and alt-right dog whistles through his Twitter and Instagram profiles, podcasts, cooperation with investigative journalists, and by creating the website gordongoner.com.

Y. manda allora richieste di notice and take down (NATD) per marchio spt. ma anche per dir. di autrore.

R. reagisce azionando la disposizione nel  titolo.
Ma la corte -delle 25 richieste NATD- esamina solo quelle (quattro) che hanno portato al take down e solo quelli di copyrigjht (una), non quelle su marchio (tre). Del resto il tenore della norma è inequivoco.

E rigetta l’eccezione (o dom. riconvenzionale?): With respect to the only DMCA notice that resulted in the takedown of Defendants’ content,
Defendants have failed to demonstrate that the notice contains a material misrepresentation that
resulted in the takedown of Defendants’ content or that Yuga acted in bad faith in submitting the
takedown notice. Although Defendants argue that Yuga does not have a copyright registration for
the Ape Skull logo that was the subject of the DMCA takedown notice, a registration is not required
to own a copyright. Instead, a copyright exists at the moment copyrightable material is fixed in any
tangible medium of expression. Fourth Estate Public Benefit Corp. v. Wall-Street.com LLC, 139
S.Ct. 881, 887 (2019); see also Feist v. Publ’ns, Inc. v. Rural Tel. Serv. Co., 449 U.S. 340, 345
(1991) (holding that for a work to be copyrightable, it only needs to possess “some minimal degree
of creativity”). Moreover, courts in the Ninth Circuit have held that a logo can receive both
trademark and copyright protection. See, e.g., Vigil v. Walt Disney Co., 1995 WL 621832 (N.D.
Cal. Oct. 16, 1995).

La setnnza è itnerssante però anche -soprattutto.- per  il profili di mnarchio e concorrenza sleale circa l’uso dell’NFT.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Brevettazione di invenzioni generate da AI: l’inventore deve essere un umano, conferma la Corte Suprema USA

Si legge su techdirt.com del 28 aprile 2023 che la Corte Suprema USA ha rigettata l ‘istanza di esaminare la sentenza di appello, che aveva respinto la domanda di brevettazione in oggetto , posta dal famoso ormai Stephen  Thaler,.

V.  qui la pag. di SCOTUS (Apr 24 2023 Petition DENIED)-

V. qui la pag. di techdirt sulla sentenza di appello 8 maggio 2022 e il link diretto al testo in pdf  della stessa.

Curioso è che il noto giurista Larry Lessig si sia espresso in un parere come Amicuc Curiae in senso opposto.

Il link diretto al pdf del suo parere   , come si legge in altra pag. di techdirt .

Per determinare l’ambito coperto dalle rivendicazioni, non conta la descrizione (secondo il Board of Appeal dell’EPO)

Dalla decisione del BoA dell’ufficio europeo, 16 marzo 2023, caso n° T 1924/ 20 – 3.5.03  (ne dà notizia Rose Hughes il 10 aprile u.s su IPKat):

<< 2.7     The respondent’s line of argumentation regarding E1’s
disclosure and inventive step concerning claim 8 hinged
upon a claim construction that was based on the
description of the opposed patent. The board holds such
a line of argumentation to be not convincing, given its
conviction that a skilled reader of a patent claim
would, for many reasons, interpret the claims based
essentially on their own merits (see e.g. T 2764/19,
Reasons 3.1.1; T 1127/16, Reasons 2.6.1). This is
because the “subject-matter of the European
patent” (cf. Article 100(a) EPC) is defined by the
claims and only by them. The description and drawings
are, however, typically used by the deciding body to
determine the above-mentioned “skilled reader” and,
hence, the view point from which the claims are
interpreted. This means that, when interpreting the
claims, the description and drawings cannot be relied
on as a sort of fall-back or supplementary-guidance
tool for filling up gaps or for resolving
inconsistencies in a claim to the patent proprietor’s
advantage. Such a reliance on the description and the
drawings by the patent proprietor will normally fail to
convince>>.

Qui il link diretto al pdf della decisione.

SEcondo il ns. art.  52.2 c.p.i. e il 69 della Conv. Europea (EPC), il ruolo della descrizione è solo interpretativo: <<The extent of the protection conferred by a European patent or a European patent application shall be determined by the claims. Nevertheless, the description and drawings shall be used to interpret the claims >>.

Comunuicazione al pubblico di musiche su aerei e treni: pronuncia (scontata) della Corte di Giustizia

Le questioni pregiudiziali decise da C.G. 20.04.2023, cause riunite C-775/21 e C-826/21, Blue Air Aviation SA c. UCMR-ADA etc.  :

nella prima causa (su aerei):

«1)      Se le disposizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29/CE (…) debbano essere interpretate nel senso che la diffusione, all’interno di un aereo commerciale occupato da passeggeri, di un’opera musicale o di un frammento di opera musicale all’atto del decollo, dell’atterraggio o in un qualsiasi momento del volo, mediante il sistema generale di sonorizzazione dell’aereo, costituisce una comunicazione al pubblico ai sensi di detto articolo, in particolare (seppur non esclusivamente) sotto il profilo del criterio dello scopo di lucro della comunicazione.

In caso di risposta affermativa alla prima questione:

2)      Se l’esistenza a bordo dell’aereo di un sistema di sonorizzazione imposto dalla normativa in materia di sicurezza del traffico aereo costituisca una base sufficiente per trarre una presunzione relativa di comunicazione al pubblico di opere musicali a bordo di tale aereo.

In caso di risposta negativa a tale questione:

3)      Se l’esistenza a bordo dell’aereo di un sistema di sonorizzazione imposto dalla normativa in materia di sicurezza del traffico aereo e di un software che consente la comunicazione di fonogrammi (contenenti opere musicali protette) mediante detto impianto costituisca una base sufficiente per trarre una presunzione relativa di comunicazione al pubblico di opere musicali a bordo di tale aereo».

Nella seconda causa (su treni):

«1)      Se un vettore ferroviario che utilizza vagoni ferroviari in cui sono installati sistemi di sonorizzazione destinati alla comunicazione di informazioni ai passeggeri realizzi in tal modo una comunicazione al pubblico ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2001/29/CE (…).

2)      Se l’articolo 3 della direttiva 2001/29/CE (…) osti a una normativa nazionale che stabilisce una presunzione semplice di comunicazione al pubblico basata sull’esistenza di sistemi di sonorizzazione, qualora questi ultimi siano imposti da altre disposizioni di legge che disciplinano l’attività del vettore».

La risposta non è difficile:

<< 1)   L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, deve essere interpretato nel senso che costituisce una comunicazione al pubblico, ai sensi di tale disposizione, la diffusione in un mezzo di trasporto passeggeri di un’opera musicale come sottofondo.

2)      L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 e l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale, devono essere interpretati nel senso che non costituisce una comunicazione al pubblico, ai sensi di tali disposizioni, l’installazione, a bordo di un mezzo di trasporto, di un impianto di sonorizzazione e, se del caso, di un software che consente la diffusione di musica di sottofondo.

3)      L’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2006/115 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come interpretata dai giudici nazionali, che stabilisce una presunzione semplice di comunicazione al pubblico di opere musicali fondata sulla presenza di sistemi di sonorizzazione nei mezzi di trasporto>>.

L’unica questione un pò interessante è quella decisa sub 3, relativa alla presunzione di comnicazione al pubblico: la risposta della CG è esatta.

Confondibilità tra marchi figurativi

Marchio chiesto in registrazione (per elettronica e gaming digitale):

Anteriorità opposta (per prodotti parzialment simili):

Il Tribunale UE 19.04.2023, T-491/22, Zitro International Sàrl c. EUIPO-a-gaming s.r.o., conferma l’appello amministrativo nel senso che non c’è confondibilità

In particolare non c’è somiglianza visuale, §§ 40 ss.

<< 45  In the present case, it must be stated that the signs at issue share certain features, that is, a central element which includes, inter alia, an open smiling mouth showing teeth, large eyes, a top hat, two arms wearing gloves and two legs wearing shoes. In addition, they are represented in the same colours – white, grey and black.

46 Nevertheless, it must be stated, similarly to EUIPO, that the features mentioned in paragraph 45 above are represented differently in each of the signs. The central element of the sign applied for is an anthropomorphic sphere, while that of the earlier mark is an ovoid. Moreover, aside from the open mouth, the features of the central element of each of the signs are not the same. While the sign applied for contains two wide-open eyes and eyebrows, the earlier sign has a single eye and does not have visible eyebrows. The hats situated over the central elements of the signs at issue are also distinct. Whereas the hat in the sign applied for is of average size, tipped to the left and contains an uppercase ‘b’, the hat in the earlier sign is large, tipped to the right, contains an ‘s’ or dollar sign and some banknotes. Differences can also be established in the position of the arms and proportion of the legs in relation to the central element of each of the signs at issue. Although the sign applied for is represented with straight arms and shorter legs in relation to the central element, the earlier sign is made up of one bent arm and another arm resting on a cane, and legs of the same length as the central element.

47 In the light of those assessments, the Court finds that the overall impression produced by the signs at issue is so different that the relevant public will not establish a link between those signs on the ground that they share certain features and the same colours. They are two fantasy figures stylised differently, that is, on the one hand, a happy figure in the shape of a ball with wide-open eyes, straight arms and short legs and, on the other hand, a figure in the shape of a one-eyed, slightly deformed face with one bent arm and another arm resting on a cane, and legs of the same length as the central element.

48 Contrary to the applicant’s claim, in paragraphs 15 and 16 of the contested decision, the Board of Appeal only described the signs at issue before carrying out a visual, phonetic and conceptual comparison of the signs. The visual comparison of those signs was carried out in paragraph 17 of that decision, in which the Board of Appeal specified that that the signs at issue shared a central part resembling an imaginary face with two legs, two arms and a hat, but that the overall impression given by those signs was very different. Consequently, the applicant’s arguments relating to the fact that paragraphs 15 and 16 of the contested decision take account of certain features or details of the signs at issue must be rejected.

49 The same applies to the applicant’s argument that the Board of Appeal found that the overall impression given by the signs at issue was very different, although it had specified that those signs shared their most relevant aspects, which drew the attention of the relevant public. In that connection, it is sufficient to note that, as is apparent from paragraph 17 of the contested decision, the Board of Appeal merely observed that, despite the fact that the signs at issue shared certain features, their overall impression was very different. Accordingly, the Board of Appeal did not in any way find that the signs at issue shared the most relevant aspects which drew the attention of the relevant public.

50 Regarding the applicant’s argument that, in essence, the features shared by the signs at issue concern the central element and are the most relevant elements, creating a first impression of the signs at issue without engaging in an analysis of their details, and that those signs are represented in the same colours, it must be observed that, as is apparent from paragraphs 46 and 47 above, those features are represented differently, thereby creating a different overall impression given by the signs at issue. Accordingly, even if the consumer does not memorise details, he or she will be able to identify the differences between the signs and, to that extent, will not establish a link between the marks at issue.

51 Regarding the applicant’s argument that the Board of Appeal failed to take account of the arguments in paragraphs 14 to 19 of the application, directed against the decision of the Opposition Division, it should be borne in mind that the Board of Appeal cannot be required to provide an account that follows exhaustively and one by one all the lines of reasoning articulated by the parties before it; the reasoning may therefore be implicit, on condition that it enables the persons concerned to know the reasons for the Board of Appeal’s decision and provides the competent Court with sufficient material for it to exercise its power of review (see, to that effect, judgment of 9 July 2008, Reber v OHIM – Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (Mozart), T‑304/06, EU:T:2008:268, paragraph 55 and the case-law cited). It is apparent from paragraphs 21 to 26 of the application that the applicant was able to understand the reasons for the Board of Appeal’s finding that the signs at issue were not similar visually.

52 Therefore, the Court finds that the Board of Appeal did not err in its assessment when it observed that the signs at issue were different visually>>.

Quattro casi di marchi UE contrari all’ordine pubblico

Jerome Tassi  ricorda quattro casi di marchi contrari all’ordine pubblico (art. 7.1.f reg. n. 1001 de 2017):

  • Protein Mafia
  • Cosa Nostra (ricordando la sentenza 15.03.2018, T-1/17 “la Mafia se sienta a la mesa”)
  • Dito medio
  • la “Z” dell’esercito russo

L’inclinazione verso il green si riflette anche nella scelta dei marchi da registrare

Anna Maria Stein su IPKat oggi ci dà notizia del Report EUIPO sui marchi green. Esso esamina le domande di marchio per vedere quante contengono termini considerabili “green”-

Come potevasi prevedere, il loro numero è in forte aumento nel periodo considerato 1996-2021 (v. due tabelle p. 8).

Naturalmetne è importante a monte la selezine di cuiò che si sceglie di ritenere green (v. Annex Data and metodology)

questa la pagina dell’Ufficio e questo il link diretto al .pdf.

Danno emergente, lucro cessante e danno non patrimoniale a società commerciale in caso di violazioni di marchio

Cass. sez. 1 del 8 marzo 2023 n. 6876, rel. Catallozzi, Da Peng srl c. Giorgio Armani spa:

<< – ciò posto, si osserva che il danno risarcibile per atto di concorrenza sleale comprende, in applicazione dei criteri generali di cui agli artt. 1223 e 2056 c.c., sia il danno emergente, sia il lucro cessante;

– il primo può consistere nelle spese vanificate dall’illecito (per esempio, le spese pubblicitarie il cui ritorno è stato compromesso dall’attività illecita del concorrente), nelle spese affrontate per ovviare all’illecito (per esempio, le spese sostenute per la scoperta dell’altrui condotta pregiudizievole e per acquisirne la prova; quelle per informare il pubblico dell’altrui illecito) e in quelle imposte dall’esigenza di ovviare al pregiudizio subito dagli asset aziendali per la perdita di valore e/o, della capacità produttività e di penetrazione nel mercato;

– il secondo si risolve essenzialmente nel mancato guadagno del titolare eziologicamente legato alla concorrenza dell’autore della violazione, in relazione alla compressione dei ricavi dovuta alla diminuzione delle vendite – eventualmente anche di prodotti gemellati – o alla erosione del prezzo di mercato del prodotto;

– tali voci di danno vanno tenute distinte dal danno non patrimoniale, consistente nella lesione alla reputazione di un soggetto – ivi incluso una persona giuridica – derivante dalla diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali l’ente interagisca, allorquando l’atto lesivo che determina la proiezione negativa sulla reputazione dell’ente sia immediatamente percepibile dalla collettività o da terzi (cfr. Cass. 26 gennaio 2018, n. 2039; Cass. 25 luglio 2013, n. 18082; sulla risarcibilità del danno non patrimoniale, cfr. Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972);

– la distinzione delle diverse voci risarcitorie si impone non solo per esigenze di una loro corretta qualificazione, ma anche per evitare il rischio di duplicazione delle poste risarcitorie;

– va, infatti, scongiurato il pericolo che la generica allegazione della lesione dell’immagine e del prestigio imprenditoriale dia luogo al riconoscimento di poste risarcitorie distinte, seppur relative al medesimo pregiudizio;

– tale pericolo appare particolarmente concreto in ragione della sottile linea di demarcazione tra danno morale da lesione alla reputazione e danno patrimoniale da discredito, da individuarsi, il primo, nel pregiudizio alla corretta identificazione del soggetto che ne è titolare nella sua comunità di riferimento e, il secondo, nel pregiudizio alla produttività e al posizionamento sul mercato;

– la tutela risarcitoria per atti di concorrenza sleale va accordata anche con riferimento alla realizzazione di atti preparatori rispetto a quelli presi in considerazione dall’art. 2598 c.c., avuto riguardo all’esigenza di prevenzione dell’illecito evidenziata dalla previsione del rimedio inibitorio, qualora sia dimostrata l’esistenza di un danno ad essa eziologicamente collegata;

– l’esecuzione di un’attività prodromica – soprattutto se inequivocabilmente orientata alla realizzazione di condotte concorrenziali sleali – può, dunque, di per sé, assumere rilevanza ai fini risarcitori pur in assenza dell’effettivo compimento dell’atto ritenuto illecito, nei limiti in cui la stessa arrechi pregiudizio al concorrente;

– qualora, poi, come nel caso in esame, il pregiudizio riguardi l’immagine e l’apprezzamento che i consumatori nutrono per i prodotti commercializzati con un determinato segno distintivo, la vittima ha diritto al risarcimento non solo del danno emergente e del danno non patrimoniale, in presenza dei presupposti indicati in precedenza, ma anche del danno da lucro cessante, laddove la condotta illecita abbia determinato una contrazione dei suoi ricavi o, comunque, una incidenza sul relativo importo;

– da ciò consegue che la decisione della Corte di appello, nella parte in cui ha ritenuto compatibile l’esistenza di un danno da lucro cessante con una condotta illecita confusoria realizzata mediante il compimento di soli atti prodromici (e in assenza, dunque, della commercializzazione dei relativi prodotti), non si pone in contrasto con le regole di diritto che presiedono alla liquidazione dei danni da concorrenza sleale; >> .

Un paio di osservazioni:

i) ex art. 20.2 cpi anche la detenzione a fini di successiva commercializzazione rientra nella esclusiva;

ii) il danno non patrimoniale in un ente, contrattualmente creato per fare profitto, rimane da spiegare

Sul rapporto tra domanda di violazione brevettuale e domanda di concorrenza sleale: rigettatala prima, va necessariamente rigetta pure la seconda?

la risposta è negativa , secondo  App. Milano n 132/2023, del 18.01.2023, RG 2231/2020, rel Giani, Piaggio c. Peugeot.

La corte rigetta l’appello di Piaggio contro la sentenza di prim ogrado cjhe aveva già repointo la sua domanda di contraffazione contro Peugeot, relativao allo scooter Metropolis rispetto al proprio MP3

Sul punto in oggetto, così ossservba , basandosi sul parametro soggettivo di rifeirmento:

<<29. La tutela accordata per la violazione della privativa può concorrere con quella
prevista per la concorrenza per imitazione servile, sul presupposto che il prodotto
rechi una forma individualizzante, tale da essere percepibile, oltre che
dall’utilizzatore informato, anche dal consumatore medio (Cass. n. 8944/2020;
Cass. n. 19174/2015).
Piaggio ha invocato la tutela per concorrenza sleale senza indicare fatti diversi
rispetto a quelli allegati per la tutela della privativa, precisando (con la memoria di cui all’art. 183, sesto comma, n. 1, c.p.c.) che la fattispecie di concorrenza sleale
sia quella per imitazione servile. Ne consegue che la sussistenza della concorrenza vada valutata esclusivamente con riguardo a tale fattispecie, in quanto ciascuna delle ipotesi previste dall’art. 2598 c.c. individua un’autonoma causa petendi che deve essere espressamente allegata nella domanda affinché sia delimitato il thema decidendum (Cass n. 2124/2014; Cass. n. 25652/2014).
Sul piano teorico, la medesima condotta di riproduzione delle forme del prodotto
non impedisce il concorso dei due illeciti, giacché “la configurazione dell’uno o
dell’altro di essi dipende solo dal diverso parametro di cui ci si avvale per la
valutazione del carattere (rispettivamente individuale o distintivo) delle dette
forme e della loro violazione, che è nel primo caso l’utilizzatore informato e nel
secondo il consumatore medio” (Cass. n. 8944/2020; Cass. n. 19174/2015).
Nel caso di specie, Piaggio non ha specificamente allegato quali siano le forme
distintive e quali quelle imitate, limitandosi, nell’atto di citazione, ad allegare la
sola perpetrazione degli atti di concorrenza sleale di cui all’art. 2598 c.c.
Quand’anche si supplisse a tali lacune assertive, ritenendo che le forme distintive
implicitamente corrispondessero con quelle oggetto della privativa e andassero
ricavate dalle raffigurazioni contenute nel modello registrato, non essendo mai
state allegate ai fini della concorrenza sleale se non con un generico riferimento ai fatti integranti la contraffazione, in ogni caso l’imitazione servile del modello
Piaggio non sarebbe ravvisabile, nel caso di specie, perché le differenze sopra
emerse tra i due modelli, ai fini del giudizio di contraffazione, sono di tale
evidenza da essere percepibili non solo dall’utilizzatore informato, ma anche dal
consumatore medio, “normalmente informato e ragionevolmente attento”  >>.

Tema poco esplorato dalla dottrina ma interessante sotto il profilo teorico