(Broad) keyword adverstising

il blog del prof. Goldman Eric  dà notizia di altra sentenza che accerta violazione di marchio tramite inserzione keyword advertising: per la precisione “broad match keyword” cioè una frase più ampia e non la singola parola di interesse.

Nel caso Allied Modular building system, violando il marchio del concorrente Porta-Fab corporation, scelse la frase “Buy Portafab Today– WeManufacture/Install Direct”.

Qui la violazione è palese dato che c’è pure la frase di contorno che crea confuxione.

Così ha deciso la Dist. court of central district do california CASE NO. 8:20-cv-01778-JLS-JDE del 24 luglio 2022, Porta-Fab c. Allied Modular etc .,

violazione di marchio e di DOP

Il consorzio del prosciutto di Parma fa valere la violazione della DOP e del marchio .

Decide con sentenza di buona fattura Trib. Torino  del 17.11.2021, sent n° 5034/2021 – RG 3587/2020, rel. Martinat.

la domanda è accolta (la vioalzione è consistita nell’immettere nel circuito DOP suini non conformi al disciplinare).

Ci sono diversi punti di notevole interesse teorico e pratico:

  • non è mutatio liberlli cambiare la domanda di danno da DOP a marchio
  •  la curiosa eccezione di carenza di legittimazione attiva per non essere il consorzio titolare della DOP: rigettata.
  • essendo un marchio comunitario, il Trib. giudic anche come Trib. dei marchi comunitari.
  • il marchio è valido anche se contrastante con la DOP: ci pare per l’esenziale ragione che è del medesimo titolare, mente il divieto vale in caso di diversità soggettiva (c’è poi una disposizione specifica del reg. UE 1151/2012, applicata dal Trib.)
  • l’utilizzabiità in civile delle prove nel procedumento penale (vari reati, definiti con patteggiamento)
  • la VIOLAZIOne: il Trib. non distingue tra DOP e marchio, dando per scontato -salvo  errore mio- che i fatti costituiscano violazione della prima e automaticamene pure del secondo
  • il danno chiesto: lesione della immagine e reputazione. E’ il punto più interessante. Per la determinazione il parametro è diffusione + notorietà dell’illecito (planetaria)
  • la traduzione economica (chiesta ed accolta) è stata quella del  5 % delle spese pubblicatarie di riparazione e dunque di euro 1.253.000,00
  • il danno morale è stato liquidato non a parte ma come parametro della precedente voce: <<A ciò si aggiunga il danno morale ex art. 125 c.p.i., che il Consorzio chiede venga liquidato separatamente in via puramente equitativa, ma che il Collegio invece ritiene di valutare quale ulteriore parametro per la quantificazione del danno all’immagine ed alla reputazione commerciale.
    Infatti, il danno morale patito direttamente dal Consorzio di per sé considerato, pur se astrattamente distinguibile dal danno all’immagine della DOP e del marchio, in concreto è fondato sulle stesse circostanze fattuali e giuridiche del danno cagionato alla DOP ed al marchio, non potendosi in effetti distinguerlo dalla lesione alla reputazione della DOP e del marchio, posto che la funzione primaria del Consorzio è proprio quella di tutelare DOP e marchio.
    Nel caso di specie, pertanto, in considerazione del fatto che le condotte delle convenute costituiscono fattispecie di reato ed in considerazione del fatto che l’art. 125 c.p.i. espressamente consente la liquidazione del danno non patrimoniale “nei casi appropriati”, ritiene il Collegio che il danno morale indubbiamente patito dal Consorzio alla luce della tipologia degli illeciti commessi dalle controparti (posto che essi hanno intaccato la credibilità dell’attore) debba essere utilizzato a conforto del danno all’immagine ed alla reputazione complessivamente domandati.
    L’art. 125 c.p.i., infatti, prevede che “la sentenza che provvede sul risarcimento dei danni può farne la liquidazione in una somma globale stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivano”, il tutto, “tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative, compreso il mancato guadagno, del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall’autore della violazione e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del diritto dalla violazione”>>(il danno morale, o meglio non patrimoniale, degli enti -massime di quelli lucrativi- è questione spinosa)

Violazione diretta, propria e come coautori, nonchè vicaria per un sito di scambio file peer to peer con tecnoclogia bit torrent

Il prof. Eric Goldman dà notizia (e link al testo) di BODYGUARD PRODUCTIONS, INC., et al., Plaintiffs, v. RCN TELECOM SERVICES, LLC, et al., Defendants., Civ. A. No. 3:21-cv-15310 (GC) (TJB), emessa da US District Court, D. New Jersey.
October 11, 2022.

E’ decisione itneressante poichè vengono offerti (commendevolmente, come raramente da noi capita) precisazioni tecnico-informatiche

Ecco i fatti circa la piattaforma di scambio peer peer , con spiegazione tecnica accessibile:

Plaintiffs are the owners of copyrighted works (the “Works”), which are motion pictures listed in Exhibit A to the FAC. (FAC ¶ 50; FAC Ex. A, ECF No. 22-1.)[2] According to the FAC, Defendants operate as an Internet Service Provider (“ISP”) whose subscribers use “BitTorrent,” a peer-to-peer file-sharing protocol. (FAC ¶¶ 38, 56-71.) A BitTorrent user called an “initial seeder” installs BitTorrent’s software system, which is called the “BitTorrent Client,” on a local device to connect to and manage the BitTorrent file-sharing protocol. (Id. ¶ 62.) The initial seeder creates a “torrent” descriptor file using the BitTorrent Client. (Id.) The initial seeder then copies the motion pictures from legitimate sources (id. ¶ 63), and in the process “often modifies the file title of the Work[s],” or the Copyright Management Information (“CMI”) to include a reference to popular websites facilitating piracy, or “torrent sites,” such as YTS, Pirate Bay, or RARBG. (Id. ¶¶ 64, 72.) Including a reference to the torrent site “enhance[s] the reputation for the quality of [the] torrent files and attract[s] users to [these popular] piracy website[s].” (Id. ¶ 64.)

Next, the BitTorrent Client “takes the target computer file, the `initial seed,’ here the copyrighted [w]ork, and divides it into identically sized groups of bits known as `pieces[,]'” before assigning each piece “a random and unique alphanumeric identifier known as a `hash’ and record[ing] these hash identifiers in the torrent file.” (Id. ¶ 65-66.) Pieces of the computer file or copyrighted works are shared among peers using the BitTorrent protocol and BitTorrent Client that the peers installed on their computers. (Id. ¶¶ 75-81.) Once a peer has downloaded the entire file, the BitTorrent Client reassembles the pieces, and the peer is able to both view the movie, and act as an “additional seed” to further distribute the torrent file. (Id. ¶ 82.).

Poi il cenno al tipo di indagini condotte:

Plaintiffs engaged Maverickeye UG (“Maverickeye”), a third-party investigator, in order to “identify the IP addresses that [were] being used by those people that [were] using the BitTorrent protocol and the Internet to reproduce, distribute, display or perform Plaintiffs’ copyrighted Works.” (Id. ¶ 83.) “[Maverickeye] used forensic software to enable the scanning of peer-to-peer networks for the presence of infringing transactions.” (Id. ¶ 84.) Maverickeye then extracted and analyzed the data, and “logged information including the IP addresses, Unique Hash Numbers, and hit dates that show[ed] that Defendants’ subscribers distributed pieces of the copyrighted Works identified by the Unique Hash Number.” (Id. ¶¶ 85-86.) “Maverickeye’s agent viewed the Works side-by-side with the digital media file that correlates to the Unique Hash Number and determined that they were identical, strikingly similar or substantially similar.” (Id. ¶ 89.).

La corte ravvisa sia direct infringement, sia Contributory Infringement, che Vicarious Copyright Infringement.

Circa il primo, a parte il richiamo di precedenti USA (The Court finds that the facts in Cobbler, Park, and Peled are distinguishable from this case. In this case, unlike in Cobbler, Park, and Peled, Plaintiffs seek to impose liability against the ISP, via contributory and vicarious liability, and not an individual subscriber. Plaintiffs sufficiently allege that Defendants’ subscribers, or those using their accounts, employ Defendants’ internet service to copy and distribute the Works to which Plaintiffs hold legitimate copyrights, (FAC ¶¶ 56-71, 90-95.) The procedural posture in this case is more similar to Grande II, RCN I, and Cox, where the courts noted that the reasoning in Cobbler was inapplicable in suits brought against ISP defendants. See Grande II, 384 F. Supp. 3d at 767 n.6 (noting that the defendant’s reliance on Cobbler was misplaced as Cobbler involved an individual internet subscriber who took no affirmative steps to foster infringement whereas the ISP continued to provide internet service to customers despite knowledge of repeated infringement); RCN I, 2020 WL 5204067, at *10 n.5 (noting that Cobbler was inapposite as Cobbler involved an individual subscriber as opposed to the actual 1SP defendant in this case). Although the Park and Peled cases are from this district, those cases are likewise distinguishable as they involved claims asserted against individual subscribers and involved unopposed motions for default judgments filed against the subscribers who were proceeding pro se. See Peled, 2020 WL 831072, at *5-6; Park, 2019 WL 2960146, at *4) è interessante il richiamo alla clausole fatte firmare dalla piattaforma convenuta ai suoi utenti: .

<<Moreover, Plaintiffs advance facts that Defendants explicitly notified their subscribers in the IIA that accounts identified as infringing could be terminated, regardless of the identity of the infringing individual:

RCN reserves the right to disconnect and/or temporarily suspend an account from RCN’s service without warning if in RCN’s sole discretion there is a reasonable suspicion that such disconnection or suspension would prevent or interrupt a violation of applicable law, this Agreement, or RCN’s Online Policies.

Subject to the provision of the [DMCA] and any other applicable laws and regulations, RCN reserves the right to remove or block access to, either permanently or temporarily, any files which RCN suspects or which a third party alleges are associated with a violation of the law, this Agreement or RCN’s Online Policies or with the account responsible for such violation.

(FAC ¶ 134 (emphasis added).)

The fact that Defendants reserve the right to terminate the accounts of infringing subscribers suggests, at least at the early pleading stage, that Defendants do, in fact, contemplate responsibility over their accounts regardless of the individual accessing the account.

Therefore, Plaintiffs have plausibly pled direct infringement by Defendants’ subscribers>>.

Come sempre , riservarti il potere di far qualcosa, ti obbliga poi a farlo quando è necessario: non puoi più sottrarti.

Intervento romano sulla tutela d’autore per le fotografie

Trib. Roma 22.06.2022 n. 10.041/2022, RG 21.494/2018, riepiloga i termini della tutela delle fotografie con utili precisazioni.

Si trattava di foto caricate su database on line da fotografo professionista e poi offerte in licenza a potenziale interessato, che non le acquista ma le usa uguialmente su propri articoli giornalistici.

Spunti presenti:

  1. consueta triplice distinzione: i) foto protette da diritto pieno, ii) da dir. connesso o iii) solo documetarie ex art. 87.2 l. aut.
  2. sulla distinzione tra i) e ii) , spesso punctum dolens, si dilunga sulla creatività. Precisa che la professionalità del fotograto e la qualità tecnca delle fotografie sono insufficientei: <<Nel caso in esame parte attrice si è limitata sostanzialmente a rivendicare, in generale, la elevata qualificazione professionale dei fotografi e l’elevata qualità tecnica delle fotografie, senza formulare alcuno specifico riferimento ad alcuna di esse, deducendo a riprova il fatto che esse sono destinate alla cessione a terzi, previo compenso, per la pubblicazione su testate giornalistiche.         Ma in base ai principi sopra richiamati la professionalità del fotografo e la qualità tecnica delle fotografie sono insufficienti per il riconoscimento del carattere artistico ed al contrario sono la loro stessa destinazione, al normale circuito dei media, ed il loro genere – personaggi, eventi e tematiche di interesse giornalistico – che le devono fare includere fra le fotografie “semplici”, in assenza di elementi specifici, che dovrebbero essere riferibili singolarmente a ciascuna di esse, che non sono stati neanche dedotti .          Ciò si deve affermare anche per quelle relative non a persone o eventi pubblici, ma a edifici sedi di istituzioni o note società, o alla composizione in studio di oggetti “significativi”, quali il modello 730 o biglietti di banca. Queste ultime in particolare non possono essere ricondotte alle fotografie di “scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili”, prive di tutela ex art.87, 2° comma L.A., ma si riferiscono piuttosto a “fatti della vita sociale”, non avendo la funzione di riprodurre il modo di essere di questi oggetti, ma quella di illustrare le tematiche economiche che essi evocano>>
  3. prova del diritto nelle forme di uso ex ar.t 8 l. aut.: <<Nel sito ciascuna fotografia risulta accompagnata dalle indicazioni prescritte dall’art. 90 L.A. Pare evidente del resto che poiché tale titolarità deriva dall’individuazione dell’autore dello scatto, che parte attrice deduce essere il sig. Canino stesso o un fotografo a lui legato da un rapporto  i committenza (art. 88 comma 2 L.A.), la contestazione deve essere supportata da elementi specifici, risolvendosi altrimenti nel tentativo di onerare l’attore di una probatio diabolica; tali elementi non sono stati dedotti, essendosi parte convenuta limitata ad affermare, in modo del tutto generico, di avere reperito le fotografie sulla rete>>
  4. errata l’invocazione della “esimente” della ripubblicazione ex art. 91.2 l. aut.  di foto tratte da giornali
  5. quantificazione: gli sconti per acquisti cumulativi non contano nella liquidazione del mancato guadagno

Il reclamo cautelare milanese nella lite sui servizi DNS di Cloudfare , promossa dalle major titolari di copyright

Torrent Freak dà il link alla molto interessante ordinanza milanese (decisa il 22.09.2022 e dep.  4 novembre 2022, parrebbe) che decide il reclamo cautelare Cloudfare c. Sony-Warner-Universal Music, RG 29411/2022, rel. Tarantola.

Il reclamo di Cloudfare (C.) è rigettato e , parrebbe, a ragione.

Alcuni punti:

  • E’ confermata la giurisdizione italiana ex art. 7.1 sub 2) reg. 1215/2012 (anche  se non è chiaro perchè, dato che la disposizione si applica a chi è domiciliato in uno stato UE e viene convenuto in altro stto ue: ma C. è di diritto usa)
  • il diritto è riscontrato in capo alle major ex art. 99 bis l. aut.
  • le condotte addebitate son sufficientemente individuate. Si tratta del servizio di domain name system (DNS) che risolve i nomi in stringhe IP. Esso si affianca agli ordinari servizi di access provider, servendo spesso per anonimizzare l’accesso . Di fatto è noto a tutti che tramite il dns di C. si riesce ad eludere i  blocchi imposti agli (e attuati dagli) internet access provider.
  • per dare un inibitoria, non serve che l’inibito sia corresponsabile civilmente della vioalzione: basta che sia strumento per l’accesso a server ospitanti materiali illeciti. Gli artt. 14-17 del d. gls. 70 del 2003 sono chiarissimi (norme mai citate dal giudice, però!).

Nè c’è alcun dubbio che che C. sia un internet provider (caching, art. 15 d. lgs. 70/2003).

  • non è chiaro il rapporto tra i siti convenuti in causa e C., che nega ne esistano (assai dubbio: perchè mai dovrebbe interporsi tra i siti stessi e l’utenza? Chi le dà incarico e chi la paga?)
  • venendo confermata la cautela di prima istanza, è confermato che l’inibitoria concerne pure i siti c.d. alias (cioè quelli creati in aggiutna per eludere e che reindirizzano automaticametne le richiesta ai siti originari bloccati)
  • le difficoltà esecutive dell’ordine : è il punto più interessante a livello teorico, anche se richeiderebbe approfondimenti processuali . Per il giudice non contano, dovendosi risolverle ex art. 669 duodecies cpc. : << Non è al riguardo configurabile alcun onere preventivo a carico delle parti ricorrenti, né alcun obbligo in capo all’AG all’atto della pronuncia dell’ordine cautelare, di descrivere le specifiche modalità tecniche di esecuzione dell’ordine, ove – ritenuta la sussistenza dell’attività che è ordinato inibirsi – è la parte cui è rivolto l’ordine inibitorio che potrà rappresentare eventuali difficoltà tecniche nell’ambito dello specifico procedimento ex art. 669 duocecies cpc (peraltro già instaurato, come evincibile dagli atti). >> ,

iL PUNTO è come detto assai stimolante anche se meritevole di approfondimento.  A parte che la natura sostitutiva del reclamo porterebbe alla competenza proprio del giudiuce del reclamo, l’attuaizone avviene sì sotto il controllo del giudice, purchè un minimum sia indicato nel provvedimento. E allora può questo limitarsi a dire “filtra tutte le richeiste di accesso a questo o quel sito”? tocca al convenuto chiedere lumi, dice il giudice. OK, ma se è volonteroso; e se non lo è? Penalità di mora? E come può controllare il vincitore la corretta attuazione?

Il comando cautelare era: <<adottare immediatamente le più opportune misure tecniche al fine di inibire a tutti i destinatari dei propri servizi l’accesso ai servizi denominati “kickasstorrents.to”, “limetorrents.pro” e “ilcorsaronero.pro”, inibendo la risoluzione DNS dei nomi a dominio “kickasstorrents.to”, “limetorrents.pro”, “ilcorsaronero.pro”, sia in quanto tali che preceduti dal prefisso www, nonché inibito alla resistente la risoluzione DNS di qualsiasi nome a dominio (denominato “alias”) – che costituisca una variazione dei predetti DNS di primo, secondo, terzo e quarto livello – attraverso i quali i servizi illeciti attualmente accessibili attraverso i predetti nomi a dominio possano continuare ad essere disponibili, a condizione che i nuovi alias siano soggettivamente e oggettivamente riferiti ai suddetti servizi illeciti>>.

Ancora sul deposito di marchio in malafede: riforma della decisione amministrativa nel caso Bansky’s monkey

Con post del  25.5.21 avevo dato conto della decisione amminstrativa che giudicava nullo per deposito in malafede il marchio di Bansky rappresentante una scimmia.

Ora la decisione è riformata dall’appello EUIPO con decisione 25.10.2022 case R 1246/2021-5 , Pest Control Office Limited c. Full Colour Black Limited.

Ne dà notizia e il link Eleonora Rosati su IPKat : non c’è malafede nel deposito.

La norma è l’art. 59.1.b ) del reg. 1001 del 2017.

I fatti allegati dal contestante (§ 50) :

<<  – The applied for sign is an artwork of graffiti which has been publicly used
being free to be photographed by the general public.
Banksy himself has permitted the public dissemination of the contested
sign inviting he general public to download it freely from his website.
Under copyright law, Banksy would be required to reveal his identity in
order to show that he is legitimated to bring an action of copyright
infringement.
Banksy has made publicly his view on copyright in the sense that copyright
would be ‘something for losers’.
Banksy has never used the contested mark as a trade mark.
The contested application has been filed to monopolize the copyright
indefinitely infringing thereby copyright law.
Until recently Banksy has not brought formal proceedings against any
parties based on his trade mark right.
Banksy filed the contested mark in order to benefit thereby from the
corresponding exemptions in the trademark system of the USA in the sense

that by showing to have filed an trade mark application there is no need to
show the use of said application before the USPTO.
Banksy and the representative have expressed that the registrations were
not intended to be used and as such have concocted shame efforts to
mislead the Office to believe that there was such intention>>.

Nessuno di questi tuttavia permette di ravvisare la malafede al momento del deposito.

Non solo son fatti successivi , ma nessuo prova mala fede nell’occupazione dello spazio di privativa: il non uso non è malafede.

Molto interessante è che per l’ufficio malafede non è solo ledere diritti altrui  -come si pensa spesso: qui non ci siamo di sicuro. Ma lo è anche “obtaining, without even targeting a specific third party, an exclusive right for purposes other than those falling within the functions of a trade mark. ” (§ 46).

Ipotesi interessante e al tempo stesso concetto oscuro , che però non permette di superare l’ostacolo dell’esistenza della decadenza per non uso: il mero non uso è disciplinato da quest’ultima, non potendo dunque essere malafede (pur se se ne fosse documentata una programmazione ex ante) .

Nemmeno le dichiaraizoni di rinuncia al copyright possono essere ritenute prova di ex ante intento di occupazione abusiva della privativa (§§ 78 ss).

E’ il punto più interessante a livello teorico.  La cosa potrebbe essere dubbia, ma stante l’esistenza della decadenza per non uso solo dopo  un quinquennio dalla registrazione, come detto, il non uso è solo da questa regolato (in linea di massima).

I non fungible tokens rientrano nell’ambito della privativa di marchio , secondo il Tribunale di roma

Grazie ad  Eleonora Rosati in IPKat che fornisce il link al testo della ordinanza cautelare, già notiziataci dai media, ove  protagonsta attrice è Juventus Football Club (Trib. Roma 19/20.07.2022 ord., RG 32072/2022, repert. 14994/2022, giudice Lando Alfredo).

Niente di nuovo. Sono questioni classiche di diritto industriale, tranne che per l’attività contraffattoria che nel caso è costituita da un qujd tecnologicamente nuovo: card in formato digitale (NFT).

Non c’è dubbio che la loro commercializzazione rientri nel concetto di “uso nell’attività economica” ex art. 21/1 c. propr. ind. (mai citato peraltro dal giudice!): è poco comprensibile quindi il clamore suscitato negli ambienti giuridici.

La cessata attività da parte del convenuto non farebbe venir meno il  periculum in mora, secondo il G.,  perchè potrebbe essere sempre reiterato l’illecito , anche considerato che il contretto di sfruttamento della notoreità in essere non è ancora scaduto.    Punto importante anche se il motivo è quasi tautologico.

Dei NFT non si dice che erano conservati su blockchain, come di solito avviene.

Nedim Malovic sempre su IPKat pone l’interessante questione delle modalità esecutive dell’ordine di distruzione quando i tokens siano su una blockchain, i cui dati dovrebbero essere immodificabili. Dà un paio di soluzioni possibili.

SAfe harbour ex § 230 CDa per danni da database informativo su privati messo in vendita?

Dice di no l’appello del 4 circuito n. 21-1678, TYRONE HENDERSON, SR e altri c. THE SOURCE FOR PUBLIC DATA, L.P. (dal distretto est della Virginia)

Attività dei convenuti:

<< Public Data’s business is providing third parties with information about individuals.
Plaintiffs allege that it involves four steps.
First, Public Data acquires public records, such as criminal and civil records, voting
records, driving information, and professional licensing. These records come from various
local, state, and federal authorities (and other businesses that have already collected those
records).
Second, Public Data “parses” the collected information and puts it into a proprietary
format. This can include taking steps to “reformat and alter” the raw documents, putting
them “into a layout or presentation [Public Data] believe[s] is more user-friendly.” J.A.
16. For criminal records, Public Data “distill[s]” the data subject’s criminal history into
“glib statements,” “strip[s] out or suppress[es] all identifying information relating to the
charges,” and then “replace[s] this information with [its] own internally created summaries
of the charges, bereft of any detail.” J.A. 30.
Third, Public Data creates a database of all this information which it then
“publishes” on the website PublicData.com. Public Data does not look for or fix
inaccuracies in the database, and the website disclaims any responsibility for inaccurate
information. Public Data also does not respond to requests to correct or remove inaccurate
information from the database.
Fourth, Public Data sells access to the database, “disbursing [the] information . . .
for the purpose of furnishing consumer reports to third parties.” J.A. 19. All things told,
Plaintiffs allege that Public Data sells 50 million consumer searches and reports per year.
Public Data knows that traffic includes some buyers using its data and reports to check
creditworthiness and some performing background checks for employment pURPOSE
>>

La domanda di danno è basata su violazioni di alcune disposizioni del Fair Credit Reporting Act (“FCRA”), anche  ma non    solo di tipo data protection.

L’invocazione del safe harbout è rigettata su due dei tre requisiti di legge.

RAvvisata la qualità di  internet provider, è però negato sia (per alcuni claims)  che venisse trattaato come publisher o speaker sia (per altri claims) che le infomazioni fossero di terzi.

Analisi dettagliata ma forse nell’esito poco condivisibile.

Le informazioni erano pur sempre tutte di terzi, solo che il convenuto le formattava in modalità più fruibili ai propri scopi (magari con qualche omissione …)-

Soprattutto, dir che non erano trattati come puiblisher/speaker è dubbio.

 

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Ponderosa (in fatto) decisione del Tribunale UE su disegno/modello comunitario

Vedo ora notizia di sentenza europea sul design di <canalette di scarico per doccia> ottenuta in registrazione ex reg. 6 del 2002 ma la cui valdità è contestata per vari motivi (artt. da 4 a 9)

Decide il Trib. UE 27.04.2022 , T-327/20, GROUP NIVELLES v. EUIPO + il controinteressato.

in sede amminstativa prima la registrazione era stato annullata ma poi in reflamo era stata ristabiita la privativa.

Il Tribunale conferma la decisione di reclamo.

Si tratta di sentenza ricca in fatto, meno in diritto.

SArà da me esaminata più avanti

Titolarità dei diritti sulla creazione: all’appaltatore o al committente? dipende se è opera dell’ingegno o meno

Interessante fattispecie concreta decisa da Cass. 15.06.2022 n. 19.335, rel. Scotti, sez. 1, relativa ai diritti sui file creati da una agenzia pubblicitaria per l’azienda committente. In particolare la domanda giudiziale pare chiedesse la restituzione dei file aperti , usati per creare i file c.d. esecutivi (poi usati per creare materiali pubblicai vari).

1. La s.r.l. B.B. Farma, società farmaceutica operante nel settore dell’importazione parallela di farmaci, ha evocato in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la s.r.l. Imagine, agenzia di grafica, per sentirla condannare alla restituzione dei files aperti, ossia dei files informatici in formato sorgente, apribili e modificabili, sulla base dei quali la convenuta aveva realizzato per conto di BB Farma, in assenza di un contratto scritto, nel periodo 2006-2012 i files grafici esecutivi, relativi a immagini di confezioni, foglietti illustrativi e materiale pubblicitario inerente ai farmaci che essa importava e commercializzava.

Nel punto di interesse, la SC dice che il diritto sarebbe spettato alla committente se l’incrico avesse avuto riguardato opere dell’ingegno.
Ma ciò non risulta dal fascicolo, dal quale emerge invece che si trattava solo di appalto ordinario. A questo però non si può applicare l’elaborazione di dirito di autore relativa al chi spettino i diritti sull’opera dell’ingegno creata tramite lavoro altrui (autonomo o dipendente).

<<Nel caso in esame, invece, non è affatto pacifico e nemmeno accertato che la prestazione demandata da B.B. Farma a Imagine fosse l’elaborazione di un’opera dell’ingegno, ossia la creazione del file sorgente: questo, nella ricostruzione della sentenza impugnata, era solo un passaggio operativo per adempiere alla prestazione contrattuale di consegna dei files esecutivi.>>

L’accertamento del tipo di contratto è questione di fatto, dice la SC (in realtà tali sono solo i fatti storici: la loro qualificazione giuridica, no).

Ora , bisogna distinguere a seconda che si intenda che la creazione di opera dell’ingegno era stata programmata ex ante oppure che non lo fosse stata ma che pur tuttavia questa sia stata nell’occasione creata dall’appaltatore.

Infine la Sc aderisce alla teoria più diffusa circa il titolo di acquisto del diritto di autore:  “Molto si è discusso, inoltre, sull’acquisto a titolo originario o derivativo dei diritti di utilizzazione economica sull’opera dell’ingegno da parte del committente; appare convincente al riguardo l’autorevole opinione che, dopo aver distinto fra carattere e modo dell’acquisto, lo ha qualificato derivativo ma effetto del contratto con l’impresa committente, secondo uno schema concettuale analogo a quello disciplinato dal codice per la vendita di cosa futura ex art. 1472 c.c..”