L’annoso tema , che non cessa di porre dubbi, è esaminato da Corte di Giustizia 11.04.2024. C-11-04.2024, Citadines Betriebes GmbH c. MPLC MPLC Deutschland GmbH (AG è Szpunar).
Riporto tutto il passo rilevante
<<35 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 debba essere interpretato nel senso che la fornitura di apparecchi televisivi installati nelle camere o nella palestra di un albergo, qualora un segnale sia, inoltre, ritrasmesso a tali apparecchi mediante una rete di distribuzione via cavo propria di tale albergo, costituisca una «comunicazione al pubblico» ai sensi di tale disposizione.
36 A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, «[g]li Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente».
37 Come ripetutamente dichiarato dalla Corte, in forza di tale disposizione, gli autori dispongono di un diritto di natura precauzionale che consente loro di frapporsi tra eventuali utenti della loro opera e la comunicazione al pubblico che detti utenti potrebbero voler effettuare, e ciò al fine di vietare quest’ultima (sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 30, e del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).
38 Per quanto concerne il contenuto della nozione di «comunicazione al pubblico», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, essa deve essere intesa, come indicato al considerando 23 della direttiva 2001/29, in senso ampio, quale comprendente qualsiasi comunicazione al pubblico non presente nel luogo di origine della comunicazione e quindi qualsiasi trasmissione o ritrasmissione, di tale natura, di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, compresa la radiodiffusione. Dai considerando 4, 9 e 10 di detta direttiva emerge, infatti, che obiettivo principale di quest’ultima è la realizzazione di un elevato livello di protezione a favore degli autori, consentendo a questi ultimi di ricevere un adeguato compenso per l’utilizzo delle loro opere, in particolare in occasione di una comunicazione al pubblico (sentenza del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).
39 A tal proposito, come ripetutamente dichiarato dalla Corte, tale nozione consta di due elementi cumulativi, vale a dire un atto di comunicazione di un’opera e la comunicazione di quest’ultima a un pubblico, e implica una valutazione individualizzata (sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 37; del 2 aprile 2020, Stim e SAMI, C‑753/18, EU:C:2020:268, punto 30, e del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).
40 Ai fini di una tale valutazione è necessario tener conto di svariati criteri complementari, di natura non autonoma e interdipendenti tra loro. Poiché tali criteri possono essere presenti, nelle diverse situazioni concrete, con intensità molto variabile, occorre applicarli sia individualmente sia nella loro reciproca interazione (sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 35, e del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).
41 Tra tali criteri la Corte, da un lato, ha messo in evidenza il ruolo imprescindibile dell’utente e il carattere intenzionale del suo intervento. Esso realizza infatti un «atto di comunicazione» quando interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti accesso a un’opera protetta, in particolare quando, in mancanza di detto intervento, tali clienti non potrebbero, in linea di principio, fruire dell’opera diffusa (v. in tal senso, sentenza del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).
42 Inoltre, la Corte ha dichiarato che il carattere lucrativo di una comunicazione al pubblico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, non è privo di rilevanza (sentenza dell’8 settembre 2016, GS Media, C‑160/15, EU:C:2016:644, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).
43 D’altronde, per rientrare nella nozione di «comunicazione al pubblico», ai sensi di tale disposizione, occorre inoltre che le opere protette siano effettivamente comunicate a un pubblico [sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 40, e del 28 ottobre 2020, BY (Prova fotografica), C‑637/19, EU:C:2020:863, punto 25 e giurisprudenza ivi citata].
44 A tal riguardo, la Corte ha precisato che la nozione di «pubblico» riguarda un numero indeterminato di destinatari potenziali e implica, peraltro, un numero di persone abbastanza rilevante (sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 41, e del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).
45 Parimenti, secondo costante giurisprudenza, un’opera protetta, per essere qualificata come «comunicazione al pubblico», deve essere comunicata secondo modalità tecniche specifiche, diverse da quelle fino ad allora utilizzate o, in mancanza, deve essere rivolta ad un «pubblico nuovo», vale a dire a un pubblico che non sia già stato preso in considerazione dal titolare del diritto nel momento in cui egli ha autorizzato la comunicazione iniziale della sua opera al pubblico (sentenza del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).
46 È alla luce, in particolare, di tali criteri, e conformemente alla valutazione individualizzata ricordata al punto 39 della presente sentenza, che occorre valutare se, in una causa quale quella oggetto del procedimento principale, il gestore di un albergo che fornisce nelle camere e nella palestra dello stesso apparecchi televisivi e/o radiofonici ai quali ritrasmette un segnale di radiodiffusione realizzi un atto di comunicazione al pubblico ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29.
47 Sebbene spetti, in linea di principio, al giudice nazionale stabilire se ciò si verifichi in una particolare fattispecie e apportare al riguardo tutte le valutazioni di fatto definitive, la Corte è competente a fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi di interpretazione attinenti al diritto dell’Unione per valutare se esista un tale atto di comunicazione al pubblico.
48 Nel caso di specie, in primo luogo, occorre considerare che il gestore di un albergo realizza un atto di comunicazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, qualora trasmetta deliberatamente opere protette alla sua clientela, distribuendo volutamente un segnale a mezzo di apparecchi televisivi installati in detto albergo (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).
49 In secondo luogo, la Corte ha già dichiarato che i clienti di un siffatto albergo costituiscono un numero indeterminato di destinatari potenziali, nella misura in cui l’accesso di tali clienti ai servizi dell’albergo in parola è frutto, in via di principio, della scelta specifica di ciascuno di essi e non è soggetto ad altro limite se non la capacità ricettiva dell’albergo, e che i clienti di un albergo costituiscono un numero di persone abbastanza rilevante, e di conseguenza queste ultime devono essere ritenute un «pubblico» [sentenza del 15 marzo 2012, Phonographic Performance (Ireland), C‑162/10, EU:C:2012:141, punti 41 e 42].
50 In terzo luogo, la Corte ha dichiarato che, perché sussista la comunicazione al pubblico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, occorre che l’utente interessato, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, dia accesso a una trasmissione radiodiffusa contenente un’opera protetta a un pubblico ulteriore e che risulti che, in assenza di tale intervento, le persone che costituiscono tale pubblico «nuovo», pur trovandosi all’interno della zona di copertura di detta trasmissione, non possano, in via di principio, usufruire di tale opera. Pertanto, qualora il gestore di un albergo trasmetta deliberatamente alla sua clientela una tale opera, distribuendo volontariamente un segnale a mezzo di ricevitori televisivi o radiofonici installati in tale albergo, egli interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti accesso a tale opera. Infatti, in assenza di questo intervento, tali clienti, pur trovandosi all’interno di una tale zona di copertura, non potrebbero, in via di principio, usufruire di detta opera (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punti 46 et 47 e giurisprudenza ivi citata).
51 In quarto luogo, secondo la giurisprudenza della Corte, affinché vi sia comunicazione al pubblico, ai sensi di tale disposizione, è sufficiente che l’opera sia messa a disposizione del pubblico in modo che coloro che compongono tale pubblico possano avervi accesso (v., in tal senso, sentenza del 7 dicembre 2006, SGAE, C‑306/05, EU:C:2006:764, punto 43). Ne consegue che è irrilevante la circostanza, menzionata dal giudice del rinvio, che gli apparecchi televisivi non siano stati accesi dalla Citadines, bensì dai clienti dell’albergo gestito da tale società.
52 In quinto luogo, per quanto riguarda il carattere lucrativo di cui al punto 42 della presente sentenza, dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’atto con il quale il gestore di un albergo dà ai suoi clienti accesso a un’opera radiodiffusa costituisce una prestazione di servizio supplementare che incide sullo standing di tale albergo e, quindi, sul prezzo delle camere di quest’ultimo, di modo che tale atto riveste carattere lucrativo [v., in tal senso, sentenze del 7 dicembre 2006, SGAE, C‑306/05, EU:C:2006:764, punto 44, nonché del 15 marzo 2012, Phonographic Performance (Ireland), C‑162/10, EU:C:2012:141, punti 44 e 45].
53 In sesto e ultimo luogo, non si può ritenere che la fornitura di apparecchi televisivi nelle camere e nella palestra dell’albergo oggetto nel procedimento principale costituisca una «mera fornitura di attrezzature fisiche» ai sensi del considerando 27 della direttiva 2001/29.
54 Infatti, per quanto concerne gli alberghi, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, anche se la mera fornitura di attrezzature fisiche, che coinvolge, oltre a detto albergo, abitualmente imprese specializzate nella vendita o nella locazione di apparecchi televisivi, non costituisce, in quanto tale, un atto di comunicazione ai sensi della direttiva 2001/29, tuttavia tali installazioni possono rendere tecnicamente possibile l’accesso del pubblico alle opere radiodiffuse. Pertanto, se, mediante apparecchi televisivi in tal modo installati, tale albergo distribuisce il segnale ai suoi clienti alloggiati nelle camere di quest’ultimo, si tratta di una comunicazione al pubblico ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, senza che occorra accertare quale sia la tecnica di trasmissione del segnale utilizzata (v., in tal senso, sentenza del 7 dicembre 2006, SGAE, C‑306/05, EU:C:2006:764, punto 46).
55 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 dev’essere interpretato nel senso che la fornitura di apparecchi televisivi installati nelle camere o nella palestra di un albergo, qualora un segnale sia, inoltre, ritrasmesso a tali apparecchi mediante una rete di distribuzione via cavo propria di tale albergo, costituisce una «comunicazione al pubblico» ai sensi di tale disposizione.>>
§§ centrali sono i 50 e 54.
Al solito, non convince il requisito della lucrosità, assente nella fattiusopecie legale.