Sentenza interessante che riassume il modo di condurre il giudizio nel caso di marchio figurativi rectius complessi.
Il Tribunale cofnerma l’ufficio mnel sensp cjhe c’è il rischio di confondibilitò
<< 89 In the present case, it must be borne in mind, first, as is clear from paragraphs 45 to 51 above, that the Board of Appeal did not make any error of assessment in finding that the goods at issue were, in part, identical and, in part, similar to a normal to high degree.
90 Secondly, as has been stated in paragraph 60 above, since the goods at issue are not directly connected with polo playing, the signs at issue have a normal to enhanced degree of distinctiveness with regard to those goods.
91 Thirdly, as is clear from paragraphs 36, 68 and 81 above, the signs at issue are characterised by an average degree of visual similarity, a low degree of phonetic similarity and a high degree of conceptual similarity. The Board of Appeal was therefore right in finding that the signs at issue were similar overall to an average degree.
92 Accordingly, given that the factors relevant to the assessment of whether there is a likelihood of confusion are interdependent, as has been stated in paragraph 82 above, the identity of the goods, coupled with the high degree of conceptual similarity between the signs at issue, is sufficient to conclude, in the present case, that there is a likelihood of confusion with regard to the goods at issue which have been held to be identical (see, to that effect, judgment of 18 February 2004, Koubi v OHIM – Flabesa (CONFORFLEX), T‑10/03, EU:T:2004:46, paragraph 58).
93 As regards the goods which have been held to be similar to an average to high degree, that factor, combined with the signs’ similarity – above all their conceptual similarity – and with the average degree of distinctiveness of the signs with regard to those goods, is sufficient to conclude, as the Board of Appeal found, that a likelihood of confusion cannot be excluded (see, to that effect, judgment of 10 November 2016, POLO CLUB SAINT-TROPEZ HARAS DE GASSIN, T‑67/15, not published, EU:T:2016:657, paragraph 88).>>
<<«Se la nozione di «comunicazione al pubblico» di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva [2001/29], debba essere interpretata nel senso che la realizza un gestore diretto (nel caso di specie non stabilito nell’Unione) di una piattaforma di streaming, il quale:
– decide autonomamente in ordine al contenuto e all’oscuramento delle trasmissioni televisive dallo stesso diffuse, eseguendolo dal punto di vista tecnico;
– dispone in esclusiva dei diritti di amministratore per la piattaforma di streaming;
– è in grado di incidere sulla determinazione dei programmi televisivi che possono essere ricevuti dall’utente finale tramite il servizio, ma non sul contenuto dei programmi;
– e rappresenta l’unico punto di controllo per stabilire quali programmi e contenuti possano essere visti in quale momento e in quali territori,
qualora al riguardo, nello specifico,
– all’utente venga fornito l’accesso non solo ai contenuti della trasmissione alla cui fruizione online i rispettivi titolari dei diritti abbiano acconsentito, ma anche a contenuti protetti rispetto ai quali non sussista un’analoga dichiarazione, e
– il gestore diretto della piattaforma di streaming sia a conoscenza del fatto che il proprio servizio consente anche la ricezione di contenuti protetti della trasmissione senza il consenso dei titolari dei diritti, dato che i clienti finali utilizzano servizi VPN, i quali simulano la presenza dell’indirizzo IP e del dispositivo del cliente finale in territori per i quali sussiste un consenso del titolare dei diritti, o (5)
– la ricezione di contenuti protetti della trasmissione era effettivamente possibile per diverse settimane tramite la piattaforma di streaming senza il consenso dei titolari dei diritti anche non avvalendosi di tunnel VPN.>>
Questione pregiudiziale 2:
<< In caso di risposta affermativa alla prima questione:
Se la nozione di «comunicazione al pubblico» di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29/CE debba essere interpretata nel senso che essa si realizza anche ad opera di terzi (nel caso di specie, con sede nell’Unione) collegati con il gestore di una piattaforma descritto nella prima questione sul piano contrattuale e/o del diritto delle società, i quali, pur non esercitando alcuna influenza sugli oscuramenti o sui programmi e contenuti delle trasmissioni diffuse tramite la piattaforma di streaming,
– promuovono la piattaforma di streaming del gestore e i suoi servizi e/o
– sottoscrivono con i clienti abbonamenti di prova a cessazione automatica decorsi 15 giorni, e/o
– forniscono supporto ai clienti della piattaforma di streaming a titolo di assistenza clienti, e/o
– offrono sulla loro pagina Internet abbonamenti a titolo oneroso per la piattaforma di streaming del gestore diretto e quindi operano quali controparti contrattuali dei clienti e destinatari dei pagamenti, per cui detti abbonamenti a pagamento vengono predisposti in maniera tale che venga fatto un esplicito riferimento all’indisponibilità di certi programmi solo nel caso in cui un cliente, all’atto della conclusione del contratto, dichiari espressamente la sua intenzione di vedere tali programmi, mentre, in assenza di pertinenti indicazioni o di specifica richiesta da parte del cliente, quest’ultimo non ne viene informato in anticipo.>>
In breve il riassunto dell’AG: 19 Nella presente causa il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte tre questioni pregiudiziali. La prima di esse riguarda la portata della responsabilità del gestore di una piattaforma di streaming (6) per la comunicazione al pubblico, su tale piattaforma, di contenuti protetti dal diritto d’autore, senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti. La seconda questione verte su un’eventuale responsabilità dei soggetti che collegati a tale gestore. Infine, la terza questione concerne la portata della competenza dei giudici degli Stati membri in materia di violazioni del diritto d’autore. Passo ad analizzare le suddette questioni nell’ordine in cui sono state poste.
La risposta alla questione 1 è negativa, sempre che la piattaforma rimanga passiva e cioè non faciliti in qualche modo l’elusine via VPN da parte degli utenti:
<42 L’elemento specifico della causa in esame è l’assenza di terzi che mettano a disposizione degli utenti i programmi prodotti dalla società Grand Production in violazione del blocco geografico dell’accesso applicato dalla società GO4YU Beograd. Ad eludere tale blocco sono gli stessi utenti, che ottengono l’accesso ai programmi in parola senza l’intermediazione di nessun soggetto (20).
42. Non mi sembra, tuttavia, che questo sia un motivo sufficiente per ritenere la società GO4YU Beograd responsabile di tale situazione. La società Grand Production ha probabilmente ragione nell’affermare che la società GO4YU Beograd sia a conoscenza del fatto che il suo blocco geografico dell’accesso viene aggirato tramite il servizio VPN. Tuttavia anche la società Grand Production è a conoscenza di tale fatto. L’elusione di diversi tipi di misure di protezione da parte degli utenti costituisce un rischio inerente alla distribuzione in forma digitale, soprattutto in Internet, di opere protette dal diritto d’autore. La società Grand Production, consentendo alla società GO4YU Beograd di comunicare al pubblico i suoi programmi su una piattaforma di streaming in un determinato territorio, ha dovuto tener conto del fatto che un certo numero di utenti poteva ottenere l’accesso ad esse al di fuori di tale territorio.
43. Ciò non implica, tuttavia, che la società GO4YU Beograd sia responsabile per la comunicazione al pubblico di tali programmi ai suddetti utenti. Conformemente alla logica della succitata giurisprudenza della Corte, la prevista cerchia di persone a cui è rivolta una comunicazione al pubblico viene determinata dall’intenzione del soggetto che effettua tale comunicazione, la quale è desunta dalle misure tecnologiche di protezione applicate.
44. La situazione sarebbe diversa solo qualora la società GO4YU Beograd applicasse intenzionalmente un blocco geografico dell’accesso inefficace al fine di consentire effettivamente alle persone che si trovano al di fuori del territorio nel quale essa è autorizzata a comunicare al pubblico i programmi prodotti dalla società Grand Production di accedere ai programmi in questione, in modo facilitato rispetto alle possibilità oggettivamente esistenti su Internet, in particolare rispetto ai servizi VPN generalmente disponibili. In quel caso, si dovrebbe ritenere che la società GO4YU Beograd, con piena cognizione delle loro conseguenze, adotti misure finalizzate a garantire ai suoi clienti l’accesso all’opera protetta, in una situazione in cui, in assenza delle suddette misure, i suoi clienti non potrebbero, in linea di principio, accedere all’opera in questione (21). Spetta al giudice del rinvio accertare tale circostanza. Orbene, le parti del contratto di licenza possono prevedere in tale contratto obblighi più gravosi per il licenziatario per quanto riguarda le misure limitative dell’accesso ai contenuti oggetto del contratto>>.
Allora il titolare dei diritti, se vuole protezione anche contro la piattaforma, deve imporle contrattualmente dei doveri di attivazione a livello tecnololigico: così l’eventual inadempimnento sotto questo profilo è violazione oltre che contrattuale anche della privativa.
Circa la questione 2, a cascata, nemeno chi collabora per la promizione commerciale con la piattaforma è responsabuile.; <<53. Alla luce di quanto precede, propongo di rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che un soggetto collegato al gestore di una piattaforma di streaming, sulla quale sono messe a disposizione opere protette dal diritto d’autore, il quale promuove tale piattaforma, sottoscrive con i clienti i contratti relativi ai servizi forniti dal gestore della stessa nonché fornisce supporto a detti clienti, ma non esercita alcuna influenza sui contenuti messi disposizione sulla piattaforma né sull’applicazione in essa di misure limitative dell’accesso intese a tutelare i diritti d’autore di terzi, non realizza una comunicazione al pubblico ai sensi della citata disposizione.>>
Era stato già dichiarato privo di distintività ab origine ma rimandato all’Ufficio per esaminare la eventuale distintività sopravvenuta.
Ma l’ufficio l’ha negata e così pure il Tribunale.
Sentenza importante non tanto per il gidizio finale nel caso specifico quanto per l’iter motivatorio: sarà il leading case per la determinazione del secondary meaning (ma anche per quella ab origine) nei marchi europei.
Fattori da considerare: <<23 In order to determine whether a mark has acquired distinctive character, account must be taken, inter alia, of the market share held by the mark, how intensive, geographically widespread and long-standing the use of the mark has been, the amount invested by the undertaking in promoting the mark, the proportion of the relevant class of persons who, because of the mark, identify the product as originating from a particular undertaking, statements from chambers of commerce and industry or other trade and professional associations as well as opinion polls (see judgment of 21 April 2015, Louis Vuitton Malletier v OHIM – Nanu-Nana (Representation of a grey chequerboard pattern), T‑360/12, not published, EU:T:2015:214, paragraph 90 and the case-law cited).>>
da provare in tutti gli stati ue , § 28 (si badi: in tutti)
la parte più interessante è quando poi esmina i singoli mezzi di prova in casau.
Tra i molti ricordo per la suasemrep poco cjhiartr rilevanza quella della presenza in rete
<<84 By contrast, the mere fact that a website on which the mark at issue was promoted is accessible in certain Member States is not sufficient to demonstrate that a significant part of the relevant public in those Member States has been exposed to that mark. The mere existence of a website is not capable of establishing the intensity of use of a trade mark or of the relevant public’s exposure to that mark (see, to that effect and by analogy, judgment of 19 November 2014, Out of the blue v OHIM – Dubois and Another (FUNNY BANDS), T‑344/13, not published, EU:T:2014:974, paragraph 29).
(…) 90 In that regard, it is important to note that whilst, in principle, the fact that a search engine or social network algorithm associates the name of the contested mark and the goods made by the proprietor of that mark may be a relevant indicator for the purposes of assessing distinctive character acquired through use of the contested mark (see paragraph 83 above), it remains the case that the Board of Appeal rightly found that, given the small percentages of data concerning the relevant Bulgarian and Slovakian public, and given the low number of repetitions of the keywords in question, that evidence did not demonstrate an exposure of a significant part of that public to the contested mark.
(…)
967 Lastly, as regards the sites where the top-level domain is general, namely ‘www.upscalehype.com’, ‘www.coolspotters.com’, ‘www.bloguez.com’, ‘www.bagbliss.com’ and ‘www.styleestate.com’, suffice it to state that the applicant has not submitted any substantiated evidence demonstrating that a part of the relevant public in the Member States concerned consulted them. Therefore, the Board of Appeal cannot be criticised for having found that they did not primarily target the Member States concerned (see paragraph 82 above)>>.
Si tratta di interpretare l’art. 10 dir. 48 del 2004:
<< Sezione 5 Misure adottate a seguito di decisione sul merito Articolo 10 Misure correttive
1. Salvo il risarcimento dei danni dovuto al titolare del diritto a causa della violazione, e senza indennizzo di alcun tipo, gli Stati membri assicurano che la competente autorità giudiziaria possa ordinare, su richiesta dell’attore, le misure adeguate da adottarsi per le merci riguardo alle quali esse ha accertato che violino un diritto di proprietà intellettuale e, nei casi opportuni, per i materiali e gli strumenti principalmente utilizzati per la realizzazione o la fabbricazione di tali merci. Siffatte misure comprendono:
a) il ritiro dai circuiti commerciali,
b) l’esclusione definitiva dai circuiti commerciali, oppure
c) la distruzione. >>
Nel caso spefico erano state messe in vendita da Perfumesco dei campioncini di profumo Hugo Boss, creati però solo come c.d. tester cioè flaconcini di prova (Procter and Gamble unico licenziatario, legittimato ad agire).
Si trattava allora di interpretare il concetto di <violazione di diritto di proprietà intellettuale>
Un prodotto immesso solo come tester non è immesso anche come vendita e quindi non opera l’esaurimento. Quindi pare esatto ravvisare violazione (sopratutto se si accetta la tesi -ancora persuasiva- di Sarti per cui il succo della privativa sta nel potere di determinare il numero di esemplari presenti nel mercato).
Dandosi notizia nei giorni scorsi che il Ministero ha agito contro lo stilista Gaultier per illecita riproduzione sui suoi vestiti di un dipinto botticelliano (v. post 11.10.2022 in Ipkat.com), si è ricordato che non si tratta della prima azione in corte basata sugli art. 107-108 cod. beni culturali.
Un precedente sta ad es. in una articollata ordinanza cautelare di aprile 2022 sulla riproduzione a fini commerciali dell’immagine del David di Michelangelo (tratta da un suo calco, non dall’originale).
il fatto che sia tratta da calco, anzichè dall’originale;
il periculum in mora, che potrebbe essere difficile ravvisare quando ad agire sia l’ente pubblico esponeniale dell’einteresse sottosrtante;
se esiste undivieto di riprozen o solo di pafgare caniniu
se la tutela sia solo obblitaorria (mancati canonei) o anche reale (inbizione delle condotte invioalzione
ha scadenza la privativa?
Circa 1, il Tribunale ll ritiene irrilevante.
Ciorca 2, il Tribunale lo ravvisa.
Circa 3, il Tribunale pujre lo ravvisa. Dato il tenore degli artt. citt., ci pare difficile opinare diversamente.
Circa 4, la cosa è meno semplice. Tenuto conto della scarsissima disciplina di legge, la privativa va infatti ricostruita allo stesso modo di quelle privatistiche (autore, marchi etc.)? Potrebbe infatti dirsi -è l’ostacolo concettuale maggiore- che la pubblica fruzione dell’oerpa non viene intaccata dal fatto che qualcuno ne usi sue riproduzioni a fini comemciali.
Il giudice risponde così: <<Lafruizione pubblica va dunque interpretata come un “processo di conoscenza, qualificata e compiuta,di un oggetto, di una realtà che diventa parte e patrimonio della cultura singola e collettiva”, mentrenon costituisce pubblica fruizione qualsiasi mera occasione di pubblicità per il bene culturale.Anche la riproduzione del bene culturale, quale suo uso, può pertanto avvenire solo ove sussistano icaratteri della pubblica fruizione nei termini fin qui chiariti. Ciò è del resto confermato anche dallacollocazione degli artt. 107 e 108 C.B.C. nella Parte II del testo normativo, al Titolo II, rubricatoproprio “Fruizione e valorizzazione”. Pertanto, non è sufficiente per la legittima riproduzione delbene culturale il pagamento (ancorché ex post) di un corrispettivo, poiché elemento imprescindibiledell’utilizzo lecito dell’immagine è il consenso reso dall’Amministrazione, all’esito dellavalutazione discrezionale circa la compatibilità dell’uso richiesto (e la sua eventualeconformazione) con la destinazione culturale ed il carattere storico-artistico del bene. La naturastessa del bene culturale intrinsecamente dunque esige la protezione della sua immagine, mediantela valutazione di compatibilità riservata all’Amministrazione, intesa come diritto alla suariproduzione nonchè come tutela della considerazione del bene da parte dei consociati oltre chedella sua identità, intesa come memoria della comunità nazionale e del territorio, quale nozioneidentitaria collettiva: tale contenuto configura un diritto all’immagine del bene culturale in sensopieno. L’oggetto della tutela del patrimonio culturale è infatti ivi individuato anche nella suafunzione identitaria collettiva (“memoria della comunità nazionale”): il patrimonio culturaleesprime e conserva il patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico dellacollettività, la cui protezione viene ad individualizzarsi e concretizzarsi in relazione ai singoli beniculturali>>
Circa 5, dice così: <Il Tribunale ritiene opportuno evidenziare che non sono ravvisabili i presupposti per una rimessione all’esame della Corte di Giustizia dell’Unione Europea circa la durata temporale illimitata dei Beni Culturali oltre i termini posti dalla normativa sul diritto d’autore, considerata la ben diversa dimensione della tutela del bene culturale – per i valori coinvolti come sopra esposto – rispetto alla tutela del mero diritto d’autore>>. Ma un termine di durata c’è o no? Se si , quale? Probabilmente è un diritto di natura pubblicistica che può anche esistere privo di termine finale: non si basa sulla logica promozionale della creatività umana (e/o -talora- della ricmpensa del lavoro svolto) su cui riposa la proprietà intellettuale .
Un commento all’ordinanza fiorentina in A. Pirri Valentini, La riproduzione dei beni culturali: tra controllo pubblico e diritto all’immagine, Giornale di diritto amministrativo, 2/2023, 251 ss.
Saber è licenzitario esclusvii di diritto di IP su un trattore, che usa nei videgiochi da lui prodotti. Si accorge che un concorrente (Oovee) usa il medesimo trattore nei suoi videogiochi (e sulla medesima piattaforma) : agisce allora in corte.
<<Generally, courts apply the “likelihood-of-confusion test” when evaluating an
infringement claim under the Lanham Act. Gordon v. Drape Creative, Inc., 909 F.3d 257, 264
(9th Cir. 2018) (citation omitted). But when “artistic expression is at issue,” the likelihood-ofconfusion test “fails to account for the full weight of the public’s interest in free expression.” VIP Prod. LLC v. Jack Daniel’s Properties, Inc., 953 F.3d 1170, 1174 (9th Cir. 2020) (quoting id.). “Section 43(a) protects the public’s interest in being free from consumer confusion about
affiliations and endorsements, but this protection is limited by the First Amendment, particularly if the product involved is an expressive work.”>>
Se l’uso del marchio altrui costituisca artistic expression, è giudicato in base alle regole poste da Rogers v. Grimaldi del 1989: precedente importante, invocato ad es. di recente anche dal giudice newyorkese nel decidere il caso sugli NFTs Hermes v. Rotschild, su cui mio post ).
La Corte ritiene che il videogioco sia un expressive work: < Saber’s complaint states that “Spintires is an off-roading simulation that allows users to
navigate a wilderness environment in particular vehicles,” that “Spintires allows a user to pick a
vehicle and then drive it around in the simulated world,” and that it tries to “duplicate the realworld experience of driving a particular vehicle.” Id. at 9–10. Users interact with the virtual
world by selecting a vehicle (which is like a character) and by navigating the virtual environment (which is like a plot). These features render the work expressive, like the video games in Brown and VIRAG. See also Novalogic, Inc. v. Activision Blizzard, 41 F. Supp. 3d 885, 898 (C.D. Cal.
2013) (holding that the video game Call of Duty is an expressive work because the game features “distinctive characters,” requires that the players “interact with the virtual environment as they complete a series of combat missions,” and allows players to “control the fate of characters and the world they inhabit”)>>.
Passaggi successivi: l’attore non dimosra che la artisticità prodotta dal trattore altrui è inconsistente, p. 11, nè che l’inserimento del medesimo nel videogioco è “esplicitly misleading”, p. 11 ss.
Quindi la domanda è rigettata.
E’ poi rigettata anche quella basata su trade dress (imitazione servile, suppergiù)
Da noi in un caso analogo potrebbe forse essere pertinente l’art. 21 cod. propr. ind. (spt. c.2 oppure c.1 n. 3) , che vieta al titolare del marchio di usarlo in modo da ledere altrui diritti esclusivi di terzi, o la tutela costituzionale della libertà artistica.
Si trata della scivolosa questiopne degli usi c.d referenziali del marchio altrui.
(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)
(immagine presa dal web: https://www.bergfreunde.it/patagonia-p-6-logo-responsibili-tee-t-shirt/)
e questo:
(immagine presa dal web: https://bluequillangler.com/patagonia-logo/?s=)
Ebbene, Patagonia lamenta che i suoi diritti di marchio e copyright siano violati dal segno grafico presente nelle magliette prodotte da Robin Ruth e distribuite da WalMart: si v. l’immagine a p. 2 della citazione in giudizio di cui appresso e già qui riprodotta:
Il segno è simile quanto all’elemento non denominativo, ma assai diverso rispetto a quello denominativo.
La difesa non ragiona su questa differenza: si limita a dare per scontata l’associazione tra le due imprese:
<< In blatant disregard of Patagonia’s rights in the PATAGONIA
trademarks—and without authorization from Patagonia—Defendants have
promoted, offered for sale, and sold shirts bearing designs and logos that are nearly identical to the P-6 Trout logo and P-6 logo, only replacing Patagonia’s
PATAGONIA word mark with the word “Montana,” which inevitably will imply to consumers that Patagonia has endorsed or authorized these products>>.
Il caso non è semplice e bisogna distinguere tra i due marchi di Patagonia.
Ferma la uguaglianza merceologica, i segni differiscono in toto quanto alla componente denominativa , la quale ha un ruolo quantomeno coessenziale a quella a figurativa nel marchio attoreo. I nomi poi son scritti diversamente: carattere assai peculiare nell’attore, banale nel covnenuto.
Ma può essere che alla fine il consumatore associ il marchio del secondo all’impresa del primo. E visto che basta il rischio di ciò (art. 20.1.b, cod. propr. ind.) , da noi la domanda potrebbe essere accolta .
Conclusione direi quasi certa per il secondo marchio (a forma di pesce), più difficile per il primo (solo montagna, concettualmente altro dal pesce).
L’attore è la nota casa di moda Hermes (H.) . Convenuto è l’artista digitale Mason Rotschild (R., proveniente dal mondo della moda) che ha creato e diffuso in commercio NFTs riproducenti le esclusive borse Hermes “Birkin”, chiamandole “MetaBirkins” (anche se con qualche modifica: sfuocatura + copertura di pelliccia).
H. aziona il diritto di marchio. R. si difende in primis eccependo l’artisticità e invocando il Primo Emendamento sulla base del precedente Rogers v. Grimaldi del 1989 (effettivamente abbastanza simile , relativo al film Ginger e Fred di Fellini).
La corte concede che si applichi il test ideato dal precedente cit. ma non lo ritiene soddisfatto perchè: 1) l’uso del marchio è artisticamente non necessitato (è un pretesto), 2) è anche misleading circa l’origine del prodotto.
L’uso nel commercio di segni distintivi iconici altrui (sopratutto dell’alta moda) sta diventando un tema importante e di non facile soluzione.
IN linea di principio, essendo forte il rischio di approfittamento della notorietà altrui, l’eccezione di esercizio di un diritto fondamentale (libertà di critica o di espressione) sarà da accogliere solo in pochi e evidenti casi.
DA un lato si potrebbe dire che anche chi sta nel commercio -seppur da artista; o anche non da artista, caso ancora più complicato- ha diritto di esprimersi sui temi socioculturali; dall’altro però potrebbe replicarsi che lo dovrebbe fare non nella sede commerciale ma come privato (perchè mai non in sede artistica, si potrebbe controreplicare, trattandosi di artista) e/o che vi sia un minimo di elaborazione culturale nella proposta artistica che poi cade sub iudice.
Il nostro art. 21.1 cpi pone si il criterio genrale della correttezza professionale ma poi non menziona il diritto di artista e/o di parola. Forse con molto sforzo lo si potrebbe ravvisare nella lettera c).
Riporto solo il passagggio in sentenza su concetto e pratica di NFTs, che non tutti ancora conoscono:
<<FTs, or “non-fungible tokens,” are units of data stored on a blockchain that are created to transfer ownership of either physical things or digital media. Id. ¶ 4. When NFTs are created, or “minted,” they are listed on an NFT marketplace where NFTs can be sold, traded, etc., in accordance with “smart contracts” that govern the transfers. Id. ¶¶ 61, 63. Because NFTs can be easily sold and resold with a transaction history securely stored on the blockchain, NFTs can function as investments that can store value and increase value over time. Id. ¶ 69.
When an NFT is linked to digital media, the NFT and corresponding smart contract are stored on the blockchain and are linked to digital media files (e.g., JPEG images, .mp4 video files, or .mp3 music files) to create a uniquely identifiable digital media file. Id. ¶ 60. The NFTs and smart contracts are stored on the blockchain (so that they can be traced), but the digital media files to which the NFTs point are stored separately, usually on either a single central server or a decentralized network. Id. ¶ 62.
This means that an NFT could link to a digital media file that is just an image of a handbag or could link to a different kind of digital media file that is a virtual handbag that can be worn in a virtual world. Fashion companies are just starting to branch out into offering virtual fashion items that can be worn in virtual worlds online (most commonly, for now, in the context of videogames, but with potential to expand into other virtual worlds and platforms as those develop), and NFTs can be used to create and sell such virtual fashion items. However, while Hermes calls what Rothschild sells “digital handbags,” they do not dispute that what Rothschild sells are digital images of (faux fur, not leather) Birkin bags, and not virtually wearable Birkin bags.
Fashion brands are beginning to create and offer digital replicas of their real-life products to put in digital fashion shows or otherwise use in the metaverse. Am. Compl. ¶ 66. NFTs can link to any kind of digital media, including virtual fashion items that can be worn in virtual worlds online. Id. Brands sometimes partner with collaborators in offering co-branded virtual fashion products. Id. ¶ 67.>>
Potrebbe apparire sorprendente, essendo le immagini non banali e tenendo conto del basso livello di distintività di solito richiesto.
Pensa al contrario il Trib. (riporto la motivazione solo di T‑502/21 ma è simile all’altra):
<< 19 In the present case, it should be noted that the mark applied for represets a combination of black lines, some of which form an angle.
20 In that regard, first, it must be held that, given their simplicity, none of those black lines, taken individually, is likely to present aspects or communicate a message, which would be easily and instantly memorised by the relevant public, which, moreover, the applicant does not suggest.
21 Second, the applicant does indeed submit that, taken together, the black lines making up the mark applied for create, first, a contrasted effect and, second, an illusion of an ‘outer boundary line’ and an illusion of movement forwards. The applicant adds that the perception of that mark would be altered by the angle it is viewed from by the relevant public.
22 However, first of all, it should be noted that the contrasted effect alleged by the applicant results solely from the fact that the mark applied for is in black and white. Such a combination of colours is commonplace, with the result that it cannot, by itself, confer on that mark a characteristic likely to be perceived by the relevant public as an indication of the origin of the goods at issue.
23 Next, even if the mark applied for were capable of creating an illusion of movement or a boundary line, it must be pointed out that such an illusion is perceptible only after a detailed examination of that mark, with the result that that illusion does not constitute an aspect that can be easily and instantly memorised by the relevant public [il punto più interesante].
24 Lastly, it must be stated that the applicant has not adduced any evidence capable of establishing that the change in the perception of the mark applied for resulting from the change in the angle it is viewed from by the relevant public, assuming that that has been established, is such that it constitutes a characteristic likely to be perceived by the relevant public as an indication of the origin of the goods at issue.
25 Third, it should be noted that, contrary to what the applicant suggests, the mark applied for differs from the marks at issue in the cases which gave rise to the judgment of 15 December 2016, Representation of a grey curve and representation of a green curve (T‑678/15 and T‑679/15, not published, EU:T:2016:749). The Court noted in those cases that those marks were reminiscent of both the letter ‘c’ and a crescent moon, which were, moreover, stylised on account of the different shades of colour creating a play of light and shadow, the curves that constitute them being of varying thickness and those curves having a slight twist.
26 In those circumstances, it should be noted that the Board of Appeal correctly found that the mark applied for, considered as a whole, did not represent more than the sum of the lines of which it is composed. Since, as has been pointed out in paragraph 20 above, those lines are not likely to present aspects, or communicate a message, which would be easily and instantly memorised by the relevant public, it must be held, as the Board of Appeal did, that that mark will be perceived by the relevant public as having a decorative purpose.
27 In the third place, it should be borne in mind that, according to the case-law, the notion of general interest underlying Article 7(1)(b) of Regulation 2017/1001 is, manifestly, indissociable from the essential function of a trade mark, which is to guarantee the identity of the origin of the marked product or service to the consumer or end-user by enabling him or her, without any possibility of confusion, to distinguish the product or service from others which have another origin (see judgment of 8 May 2008, Eurohypo v OHIM, C‑304/06 P, EU:C:2008:261, paragraph 56 and the case-law cited).
28 Consequently, it must be held that, contrary to what the applicant claims, it does not follow from the notion of general interest underlying Article 7(1)(b) of Regulation 2017/1001 that a mark must be regarded as distinctive solely on the ground that the registration of that mark is not liable to harm the competitors of the proprietor of that mark.
29 Therefore, it must be held that the Board of Appeal was right to find that the mark applied for was devoid of any distinctive character within the meaning of Article 7(1)(b) of Regulation 2017/1001, notwithstanding the references, in the contested decision, to judgments relating to three-dimensional marks.>>
<< In that regard, first, the applicant does not dispute the fact that the mark applied for will be perceived as an advertising slogan whose purpose is to promote the goods at issue. Nevertheless, it maintains that that mark means ‘Collectively (or Jointly). Moving Ahead.’ and that the relevant public could interpret that meaning in different ways following a ‘mental effort’, like, for example, the word mark Vorsprung durch Technik at issue in the case giving rise to the judgment of 21 January 2010, Audi v OHIM (C‑398/08 P, EU:C:2010:29).
19 However, it should be noted that the applicant does not specify to what extent the fact that the mark applied for would be understood by the relevant public as meaning ‘Collectively. Moving Ahead.’ rather than ‘jointly progressing’ is such as to call into question the Board of Appeal’s assessment of the distinctive character of that mark. Furthermore, in view of the proximity of those two meanings, it cannot be inferred that that mark, which is composed of two common English words, does not convey a simple, clear and unequivocal message.
20 Furthermore, it should also be noted that, contrary to what the applicant suggests, the mark applied for differs from the word mark Vorsprung durch Technik at issue in the case which gave rise to the judgment of 21 January 2010, Audi v OHIM (C‑398/08 P, EU:C:2010:29). In that judgment, the Court of Justice noted that the General Court had held that that mark could constitute a play on words and be perceived as imaginative, surprising or unexpected, which is not the case here. It had also pointed out that that mark showed a certain originality and resonance and that at least a measure of interpretation would be required in order to perceive a possible promotional message.
21 Consequently, it must be held, as the Board of Appeal did, that the meaning of the mark applied for is not such as to confer any particular originality or resonance on it, to require at least some interpretation or to trigger a cognitive process, notwithstanding the fact, relied on by the applicant, that that mark does not contain any verb and that the word ‘together’ is positioned before the word ‘forward’.
22 Nor is that conclusion called into question by the applicant’s claim that an interpretative effort would be required on the part of the relevant public in order to be able to infer from the meaning of ‘Collectively. Moving Ahead.’ that the goods at issue were, specifically, respectful of the health of the consumers of those goods. As EUIPO maintains, in essence, that fact is not such as to call into question the fact that that meaning will, on its own, be perceived without any effort by that public>>.
Le corti di merito milanesi decidono allo stesso modo sulla domanda avanzata dai titolari dei diritti su <Il Piccolo Principe> di Saint Exupery e in particolare sulla questione della loro durata
Nonostante il decesso dell’autore nel 1944 e quindi la scadenza nel 2014 se si applicano i 70 anni, intervennero medio tempore due provvedimenti di proroga:
1) il d. lgs. lgtn. 20.07.1945 n. 440;
2) l’allegato XV al Trattato di pace di Parigi 10.02.1947 (che escludeva il conteggio per il periodo tra l’inizio delle ostilità e il Trattato stesso).
Ebbene, sul tema intervengono Trib. Milano n° 2826/2021 del 06.04.2021 , RG 32.918/2018, e App. Milano n° 2994/2022 del 27.09.2022, RG 1.374/2021.
Per i collegi citt. la norma sub 2) non riguarda però il caso specifico. Per cui, avendo gli attori (i titolari dei diritti) invocato solo quella, la loro domanda non va accolta. Solo il d. lgs. 440 si sarebbe potuto applicare per differire la scadenza.
Non è però chiaro perchè non sia stato applicato.
La corte di appello non ne fa menzione.
Il Trib. invece offre due spiegazioni , però tra loro in sostanza incompatibili: i) il d. lgs. ltn 440 del 1945 è stato abrogato.; ii) esso non è stato invocato in causa.
Che sia stato abrogato, astrattamente non è incompatibile con qualche eventuale disposizione transitoria che ad es . ne permetta l’applicaizone al caso sub iudice: ma nulla è detto.
Che non sia stato invocato dagli attori , è irrilevante, dato il principio iura novit curia. Ma certo, se la norma era stata espunta dall’ordinamento, dire (ad abundantiam?), che non era stata invocato in processo, è fuori luogo e quindi errato.