Pronuncia inglese sulla tutela d’autore del “personaggio”

Eleonora Rosati nel blog IPKat dà notizia della sentenza inglese della Intell. Prop. enterprise court del 8 giugno 2022 [2022] EWHC 1379 (IPEC) , Shazam v. Only Fools ltd e altri, che esamina la tutela d’autore del personaggio letterario creato dall’a. per una serie televisiva di successo.

I punti più interessanti per noi sono:

. proteggibilità dello script (equivale a “copione”, suppergiù) come dramatic work secondo il loro copyright act, § 66;

– proteggibilità del personaggio, §§ 76-113 (secondo il doppio test europeo proposto dalla corte di giustizia in Cofemel), protetto anche in  disciplina basata su tipicità come quella UK qual literary work, § 121/2.

La violazione che discende è evidente, § 127.

E’ rigettata sia l’eccezione di parodia , § 194 ss (v. l’esame preliminare sull’istituto, § 160 ss) che quella di pastiche , § 195 ss

Impressiona l’analiticità e la chiarezza di analisi fattuale per accertare la contraffazione: v. lo schedule of infringement  e l’elenco dei punti copiati fornito dal giudice, § 132. Si v. anche la tabella finale delle conclusioni del giudice, p. 67/8.

Il senso pratico e il fine di immediata utilizzabilità di ogni ragionamento, proprio della cultura inglese, ha ancora molto da insegnarci.

Da noi la tutela del personaggio letteraio è comunemente ammessa. Lo stesso per il copione/script, quantomeno in liena astratta (salva la compiutezza espressiva nel caso specifico).

Sulla tutela dello script è noto il precedente cautelare torinese del 2015 (Trib. TO RG 32855/2014, 31.05.2015, Pagani v. Leo Burnett Company, reperibile in rete, ad es. qui) , il cui passaggio rilevante -in astratto: v. poi la seguente applicazione cocncreta- è :

<< –   Per questa ragione un momento di fondamentale importanza nel processo creativo dello  spot  è  la  sua  progettazione.  E’  in  questa  fase  che  avviene  la  individuazione  degli obbiettivi della pubblicità e del modo in cui conseguirli: la comunicazione che si intende dare, i destinatari,   il   modo   in   cui   raggiungerli.   In   altri   termini:   ciò   che   caratterizza   in modo “decisivo” uno spot è il modo in cui esso sceglie di caratterizzare un certo prodotto, e il  modo  in  cui  intende  comunicare  un  certo  messaggio  (p.es.  creando  sorpresa,  divertimento, simpatia,   complicità,   …).   L’idea   dello   spot,   da   intendersi   come   sua progettazione,  costituisce   quindi   la   sintesi,   destinata   a   essere   sviluppata   nella   fase   di   realizzazione del filmato. Anche quest’ultima fase è connotata (o almeno può esserlo) da attività creativa,
focalizzata  sugli  strumenti  di  realizzazione  della  reclame,  sul  sapiente  utilizzo delle   tecnologie  al  servizio  del  progetto  racchiuso  nell’ideainiziale.
–   Le   parti   hanno   a   lungo   discusso   sul   se   lo   script   di   uno   spot   pubblicitario   costituisca una concreta   espressione   creativa,   tale   da   far   riconoscere   il   suo   autore   come     autore dello stesso  spot.  L.B.C.  ha  sottolineato  la  differenza  fra  lo  script  e  il  bozzetto  pubblicitario (noto  in  gergo  come  storyboard),  ed  ha  richiamato  giurisprudenza  che  accorda  la  tutela  autoriale al   bozzetto   (sottintendendo   che   sia   necessario   “almeno   un   bozzetto”   per   ravvisare un contributo   materiale   all’opera).   Va   peraltro   chiarito   che   la   giurisprudenza   citata dal   convenuto  (Cass.  3390/2003)  ha  riconosciuto  al  bozzetto  il  valore  di  opera  protetta  ai sensi dell’art. 1 l. 633/1941; ma ciò di cui qui si discute non è se lo script realizzato dal P. sia  autonomamente  tutelabile  come  opera;  si  discute  invece  se  il  contributo  dato  dal  P.  con lo  script  gli  dia  titolo  per  qualificarsi  autore  morale  dello spot.
–  Il problema non va posto in termini astratti, ma concreti: non si tratta di affermare in  termini  generali  se  la  realizzazione  di  uno  script  sia  un  contributo  decisivo  alla  creazione di  un   filmato   pubblicitario;   ma   di   verificare   se,   nel   caso   di   specie,   lo   script  
realizzato dal ricorrente, per i suoi contenuti, per la sua relazione con lo spot finale, per il modo in cui è Stato  divulgato  e  recepito  nell’azienda  (Leo  Burnett)  e  al  di  fuori  di  essa,  valga  a individuare  il  suo  autore  come  autore  dell’opera  finale  (e  protetta),  cioè  lo spot.>>

Sui rimedi offerti dall’art. 125 c.p.i. in caso di violazione di brevetto, a seguito di sua limitazione ex art. 79 c.p.i.

Trib. Torino 18.05.2021, sent. n. 2464/2021 –  RG 4520/2016, rel. Vitrò, offre interessanti consideraizoni sull’oggetto.

E’ curioso innanzitutto quanto il giudice entri nei dettagli tecnici dell’invenzione.

Poi, è di interesse la limitazione brevettuale operata in corso di causa e la sua efficacia ex tunc, che permette di considerare valido il brevetto, di accertarne dunque la violazione e di impartire i comandi conseguenti , p. 26 (l’istituto della limitazione è esaminato con buon dettaglio).

Quanto all’art. 125 cpi, il Trib. fa presente che il c. 2 (royalty ragionevole) è determinazione minima del danno, p. 28. La formulazione della disposizione non è perspicua ma probabilmente il T. ha ragione.

Il tasso medio di royalty è del 4% , secondo il ctu Ranalli, pp. 30-31. Stranamente non è specificato su cosa si applichi la percentuale: di solito è sul fatturato.

La parte più interessante, infine, è quella sulla retroversione degli utili ex art. 125 c.3 cpi (sub § 3.4).

Due sono i punti più significativi: 1) questione del prodotto multicomponente o complesso e 2) determinazione degli utili  (sul fatturato), oggetto di assegnazione alla vittima.

1) Qui si pone il problema della loro determinazione in caso di prodotto complesso, quando la violazione riguardi solo una componente e non il tutto. Problema poco esaminato da noi ma oggetto di ampio esame nella letteratura statunitense.

Il T. approva l’idea del ctu di scorporare il corrispettivo riferito alla componente in violazione dal resto, p. 34. Il criterio per lo scorporo è mobile , essendo dato dal rapporto tra costo industriale del complessivo e quello della componente in violazione: <<(ii) determinazione per ciascuna fattura di vendita del rapporto tra costo industriale complessivo del compressore e costo industriale complessivo del prodotto complesso, sul presupposto che il coefficiente risultante dal rapporto di tali grandezze sia in grado di esprimere l’incidenza del fatturato riferibile al singolo compressore rispetto a quello del prodotto complesso; >>, p. 34 (non viene però indicata questa percentuale in termini  numerici, con qualche problema sulla sufficienza motivatoria della sentenza).

2) Su fatturato del prodotto in violazione così determinato, bisogna togliere i costi per determinare l’utile: <<Identificato il fatturato, l’utile ricavato dal contraffattore va individuato nella differenza tra il valore del fatturato generato dal prodotto in contraffazione e il totale dei costi incrementali (ossia dei costi variabili direttamente imputabili alla produzione e commercializzazione dei prodotti in contraffazione, con esclusione in linea di principio dei costi generali e commerciali). Generalmente i costi variabili sono quelli che dipendono dall’aumento del produzione (sia diretti: materie prime, lavoro, imballi, trasporto, ecc.; sia indiretti: energia e altri materiai di consumo), senza dunque considerare i costi fissi, le svalutazioni, gli ammortamenti, gli accantonamenti, le componenti finanziarie e straordinarie >>, p. 34-5 (si v. i passi riportati dalla ctu per maggior dettaglio).

Il Tribunale UE sul giudizio di confondibilità di due marchi denominativi uguali (quindi con esame della vicinanza merceologica)

Ripasso del diritto ue sul giudizio di somiglianza/affinità in tema di confondibilità di marchi in Trib. UE T-738/20 del 08.06.2022, Deutschtec GmbH, c. EUIPO.

Interessante è tra l’altro che il secondo depositante aveva sollevato l’eccezione di nullità del primo marchio perchè troppo vaga la descrizione dei prodotti o servizi in domanda (metal goods).

Eccezione insidiosa, a prima vista, che però il tribunale rigetta, § 29 ss, anche valoerizzando la precisazione “specialmente etc.” che seguiva la prima indicazione vaga (metal goods), § 36.. : << It has been held that, in so far as it is used in a description of goods, the expression ‘in particular’ is, in the first place, merely indicative of an example (judgments of 9 April 2003, NU-TRIDE, T‑224/01, EU:T:2003:107, paragraph 41; of 12 November 2008, Scil proteins v OHIM – Indena (affilene), T‑87/07, not published, EU:T:2008:487, paragraph 38; and of 14 December 2011, Völkl v OHIM – Marker Völkl (VÖLKL), T‑504/09, EU:T:2011:739, paragraph 119). Used in a list of goods, the expression ‘in particular’ serves to distinguish goods which have a specific interest for the proprietor of a mark without, however, excluding any goods from the list (judgment of 14 December 2011, VÖLKL, T‑504/09, EU:T:2011:739, paragraph 119). However, in the second place, still according to the case-law, the expression ‘in particular’ cannot be considered to be insignificant or devoid of any usefulness and may serve, above all in the case of a vague and imprecise indication, to clarify for traders and the competent authorities, the wishes of the trade mark proprietor regarding the extent of the protection which he or she intended to give to his or her mark when he or she filed the application for registration of that mark (judgment of 18 October 2018, Next design+produktion v EUIPO – Nanu-Nana Joachim Hoepp (nuuna), T‑533/17, not published, EU:T:2018:698, paragraphs 64 and 65). It follows that, if a vague term is followed by another term which expressly identifies the goods or services by way of example, it is then possible to carry out a comparison with that specific term (see, to that effect, judgment of 25 June 2020, Pavel v EUIPO – bugatti (B), T‑114/19, not published, EU:T:2020:286, paragraph 52)>>.

Il Trib. circa l’indicazione dei prodotti in domanda non cita Corte di Giustizia 29.01.2020, C-371/18, Sky c. SkyKick su cui mio post 29.01.2020.

Quanto al vero e proprio giudizio sulla vicinanza merceologica, così osserva in generale: << In order to address in a useful manner the applicant’s complaints alleging infringement by the Board of Appeal of Article 8(1)(a) of Regulation 2017/1001, it must be pointed out at the outset, in addition to what has been stated in paragraph 17 above, that, according to the case-law, where the goods covered by the earlier mark include the goods covered by the mark applied for, those goods are considered to be identical (see judgment of 24 April 2018, Kabushiki Kaisha Zoom v EUIPO – Leedsworld (ZOOM), T‑831/16, not published, EU:T:2018:218, paragraph 70 and the case-law cited). The same is true as regards services. However, it has been held that, where there is only some degree of overlap between certain services, those services cannot be considered to be identical but are similar (see, to that effect, judgment of 21 March 2013, Event v OHIM – CBT Comunicación Multimedia (eventer EVENT MANAGEMENT SYSTEMS), T‑353/11, not published, EU:T:2013:147, paragraph 44).

49      In so far as the applicant seeks to allege that the Board of Appeal infringed Article 8(1)(b) of Regulation 2017/1001, it must be stated, in addition to what has been pointed out in paragraphs 18 to 21 above, that, according to the case-law, in assessing the similarity of the goods and services at issue, all the relevant factors relating to those goods and services should be taken into account. Those factors include, in particular, their nature, their intended purpose, their method of use and whether they are in competition with each other or are complementary (see, to that effect, judgment of 29 September 1998, Canon, C‑39/97, EU:C:1998:442, paragraph 23). Other factors may be taken into account such as the distribution channels of the goods concerned (see, to that effect, judgment of 11 July 2007, El Corte Inglés v OHIM – Bolaños Sabri (PiraÑAM diseño original Juan Bolaños), T‑443/05, EU:T:2007:219, paragraph 37 and the case-law cited). As regards, in particular, the complementarity of the goods and services, it must be borne in mind that complementary goods or services are those between which there is a close connection, in the sense that one is indispensable or important for the use of the other with the result that consumers may think that the same undertaking is responsible for manufacturing those goods or for providing those services (see judgment of 22 September 2021, Sociedade da Água de Monchique v EUIPO – Ventura Vendrell (chic ÁGUA ALCALINA 9,5 PH), T‑195/20, EU:T:2021:601, paragraph 46 and the case-law cited)>>.

Ninete di nuovo ma un ripasso, appunto.

Poi applica i criteri generali alle singole classi sub iudice.

Sulla responsabilità di Amazon per prodotti in violazione di marchio venduti da terzi sul suo marketplace

Sono arrivate la conclusioni 02.06.2021 del bravo avvocato generale Szpunar nella causa C-148/21 e C-184/21, Louboutin c. Amazon.

Il quesito è semplice ma importante: Amazon è responsabile per le contraffazioni di marchio realizzate da terzi con prodotti venduti sul suo market place tramite i servizi accessori di stoccaggio e distribuzione?

L’AG dice di no e la analisi è incentrata sul cocnetto di <uso> posto dalla dir. 2017/1001 art. 9.2.

Si noti che si tratta di responsabilità diretta per violazione di disciplina sui marchi, che è armonizzata a livello euroeo: non di quella indiretta per concorso in illecito civile generale , ancora di competenzxsa nazionale (la distinzione è ricordata dall’AG, § 76 ss):

A parte che le categorie responsabilità diretta/indiretta hanno base teorica precaria , dato che l’art. 2055 non distingue , vediamo i punti salienti del ragionamento.

Il primo è quello per cui l’analisi va fatta dal punto di vista dell’utente medio dei prodotti de quibus, §§ 58-61 e § 72.

Il secondo è che A. è precisa nel distinguiere i segni distintivi propri da quelli usati dai clienti sul marketplace, § 86.

Nemmeno i servizi aggiuntivi e valore aggiunto di stoccaggio e distribuzione possono dire che ci sia un USO del segno altrui da parte di A., §§ 92 e 95

Si può concordare o meno col ragionamento.   L’AG comunque pare svalutare il riferimento nell’art. 9/3 del cit. reg. 2017/1001 allo stoccaggio e alla comunicazione commerciale.       Se in queste fasi della sua attività A. permette l’uso di segni in violazione, come può dirsi che non ne faccia <uso>? Quanto meno come concorso, fattispecie da ritenersi rientrante nell’armonizzazione europea (non potendosi farvi rientrare solo le violazioni monosoggettive)?

Dato il modello di business di A., il problema poi può porsi anche per altre privative armonizzate (diritto di autore, design) .

Può forse porsi anche per altre discipline settoriali come la responsabilità del produittore (però A. è ben attenta a dare tutte le informazioni sul  prodotture per evitare l’applcaizione dell’art. 116 cod. cons.) o la garanzia di conformità ex art. 128 cod. cons. (A. può considerarsi <venditore> quando eroga i citt. servizi aggiuntivi?)

Diritto d’autore violato da tatuaggio?

Il Centr. Dist. della California, 31.05.2022, CV 21-1102 DSF (MRWx) , Sedlick v. Von Drachenberg e altri, affronta la proteggibilità di una fotografia nei confronti di una sua riproduzione su corpo umano tramite tatuaggio.

Si tratta di un’iconica, come si usa dire, rappresentazione di Miles Davis operata da un -pare- assai noto fotografo, tal Jeffrey Sedlik, il quale si accorge dai social del tatuaggio (sub C, p. 5)

I convenuti sono la tattoist e le due aziende coinvolte nell’attività (non il cliente che ricevette il tatuggio).

La corte non decide in via sommaria ma rinvia alla giuria.

Non sono in contestazione la proteggibilità nè il copiaggio. Solo che i convenuti dicono che la loro ripresa ha riguardato  elementi non proteggibili della fotografia.

La Corte affronta la questione adoperando i soliti due test (estrinseco e intrinseco, distinzione di assai dubbia esattezza logico-giuridica)

Circa l’estrinseco, ritiene che <there is a triable issue of substantial similarity under the extrinsic test>, p. 16.
Analoga, ma opposta, conclusione per il test intrinseco: <The Court finds a reasonable juror applying the intrinsic test could conclude that the works are not substantially similar in total concept and feel. See Swirsky v. Carey, 376 F.3d 841, 845 (9th Cir. 2004), as amended on denial of reh’g (Aug. 24, 2004) (“subjective
question [of] whether works are intrinsically similar must be left to the jury”). Because there are triable issues as to substantial similarity under both the extrinsic and intrinsic tests, the Court DENIES Sedlik’s motion as to copyright infringement>, ivi
.
Ancora, la corte ritiene che ci fossero ampi margini di espressività, per cui cocnede la broad proteciuon, p.14.

le due riproduzioni sono queste:

originale foto, sopra; tatuaggio, sotto

Incerta la corte anche per l’eccezione di fair use e in particolare per i suoi quattro fattoro: alcuni li ritiene a favore di attore o convenuto , altri invece allo stato non decidibili e meritevoli di esame da parte della giuria sub 2, p. 17 ss

Nessun cenno al peculiare supporto di esecuzione della riproduzione (corpo umano) nè a problemi di attuazione di eventuali ordini di rimozione o distruzione (si dice che i tatuaggi siano  difficilmente cancellabili)

(notizia , link alla sentenza e link alle due immagini dal blog del prof. Eric Goldman)

Come condurre il giudizio di contraffazione tra due marchi, uno denominativo e l’altro figurativo/denominativo (con parola capovolta)

Trib. UE 01.06.2022 , T-363/20 , PAo Moskow v. EUIPO, giudica della confondibilità trea i seguenti due marchi (per prodotti uguali: dolciumi):

marchio posteriore, oggetto di contestazione
marchio anteriore, azionato dall’impugnante

* * *

Interessa sopratutto la parte relativa alla ravvisabilità o meno di una componente predominante (evidentemente nel marchio sub iudice), che precede il consueto giudizio sulla somigliana visuale, fonetica econcettuale (a  § 74 ss)

Il T. conferma il giudizio amministrativo per cui non può ravvisari una componente dominante.

Il punto pià interenssante è l’elemento denominativo <krowka> alll’interno della figura e la sua collocazione rovesciata che ne riduce la leggibilità:

<< 55   Second, it must be held that the Board of Appeal did not make an error of assessment in finding that the contested mark did not contain any element which was more visually eye-catching than others. More specifically, it was justified in finding that, contrary to the applicant’s contentions, the element ‘krówka’, positioned upside down in the rectangle situated in the upper part of that mark, did not constitute a dominant element of that mark.

56      In that regard, first of all, it should be noted that the applicant misinterprets the contested decision in so far as it submits that the Board of Appeal found that the element ‘krówka’ will not be perceived by the relevant public, whereas the Board of Appeal merely noted, in paragraph 31 of the contested decision, that that public will have difficulty in perceiving and reading that element, without, however, taking the view that it was negligible.

57      In any event, that finding of the Board of Appeal can only be upheld. As the Board of Appeal correctly stated in paragraph 31 of the contested decision, consumers in the European Union usually read from left to right, and not from right to left, reversing the letters. It cannot therefore be disputed that, in the light of the way in which it is represented in the contested mark, the element ‘krówka’, even if it cannot be described as illegible, will not be immediately identified by the relevant public, that is to say, without a certain mental effort on its part. That public will have even greater difficulty reading that element because it does not proceed to analyse the various details of the mark when making a purchase (see, to that effect, judgment of 11 November 2009, Frag Comercio Internacional v OHIM – Tinkerbell Modas (GREEN by missako), T‑162/08, not published, EU:T:2009:432, paragraph 43). As EUIPO correctly observes, that would be all the more true in the situation, defended by the applicant, where the relevant public has only a low level of attention.

58      The two reviews produced by the applicant during the proceedings before the Board of Appeal, which establish that consumers are able to recognise words written upside down, are not such as to call into question the considerations set out in paragraphs 55 to 57 above. As the Board of Appeal correctly pointed out in paragraph 32 of the contested decision, the hypotheses covered by those reviews can be distinguished from the circumstances of the present case, in which the element ‘krówka’, represented upside down, is preceded by another word, also represented upside down, and those two elements will be perceived by the relevant public as being invented words and in which they are followed by the expression ‘milk fudge’ written upright, which, for its part, is easily legible.

59      In short, the element ‘krówka’ is only one of the non-negligible elements which make up the contested mark. Even if the attention of the relevant public were to be drawn more by the word elements of that mark, this would be more by the expression ‘milk fudge’ than by the element ‘krówka’, if only because the two elements making up that expression are not upside down. In addition, the element ‘krówka’ is not isolated, but is preceded by the element ‘mleczna’, which is also represented upside down.

60      Next, it is to no avail that the applicant relies on the fact that the contested mark could also be viewed when turned upside down. In that regard, it should be borne in mind that, when assessing whether they are identical or similar, signs must be compared in the form in which they are protected, that is to say, as they were registered or as they appear in the application for registration. The actual or potential use of registered marks in another form is irrelevant when comparing signs (judgment of 21 April 2021, Chanel v EUIPO – Huawei Technologies (Representation of a circle containing two interlaced curves), T‑44/20, not published, EU:T:2021:207, paragraph 25).

61      The orientation of signs, as set out in the application for registration, may have an impact on the scope of their protection and, consequently, in order to avoid any uncertainty and doubt, the comparison between the signs can be carried out only on the basis of the shapes and orientations in which those signs are registered or applied for (judgment of 21 April 2021, Representation of a circle containing two interlaced curves, T‑44/20, not published, EU:T:2021:207, paragraph 26).

62      Lastly, as EUIPO correctly submits, it is irrelevant that, in EUIPO’s register, the contested mark is described as containing the element ‘krówka’, given that that register will not be consulted by the relevant public>>

Il software di Salesforce , per ottimizzare la gestione di una piattaforma di marketplace, è coperto dal safeharbour ex § 230 CDA

In Backpage.com (piattaforma di compravendite rivale di craiglist) comparivano anche molti annunci a sfondo sessuale.

A seguito di uno di questi, una minorennme (tredicennne all’epoca!) cadeva vittoma di predatori.

Agiva quindi assieme alla madre in giudizio contro Salesforce (poi: S.) per aver collaborato e tratto utile economico dagli incarichi ricevuti da Backpage, relativi alla collaborazione nella gestione online dei contatti con i suoi utenti.

Il distretto nord dell’Illinois, eastern div., Case: 1:20-cv-02335 , G.G. (minor) v. Saleforce.com inc., 16 maggio 2022, accoglie l'(immancabile) eccezione di S. della fruibilità del predetto safeharbour.

Il punto è trattato con buona analisi sub I Section 230, pp. 6-24.

La corte riconocse che S. sia in interactive computer service, , sub A, p. 8 ss: difficilmente contestabile.

Riconosce anche che S. sia chiamato in giudizio come publisher, sub B, p. 13 ss: asserzione, invece, meno scontata.

Chi collabora al fatto dannoso altrui (sia questi un publisher -come probabilmente Backpage- oppure no) è difficile possa essere ritenuto publisher: a meno di dire che lo è in quanto la sua condotta va qualificata col medesimo titolo giuridico gravante sul soggetto con cui collabora (si v. da noi l’annosa questione del titolo di responsabilità per concorrenza sleale ex art. 2598 cc in capo al terzo privo della qualità di imprenditore concorrente).

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Attualmente il sito web di Backpage.com è sotto sequestro della forza pubblica statunitense. Compare questo:

Il motore di ricerca di Google potrebbe essere un common carrier, però non è una public utility

Questa in sintesi è l’insegnamento della Corte di common pleas, Delaware county, Ohio, State of Ohio c. Google, 24.05.2022, di cui dà notizia il blog del prof. Eric Goldman.

Si noti la differenza tra common carrier e public utility nella common law: la seconda è necessariamente anche un common carrier , mentre non è vero il contrario.

Non è public utility perchè, in mancanza di vincolo di legge , non c’è un diritto alle prestazione del motore di ricerca, dice la Corte , p.14-15.

Del resto , aggiunge, per quanto importante, esso non costituisce un <life-essential service>. Infatti i concorrenti (Bing, Ask, Duck and go) , per quanto ben minori, comunque riempirebbero subito il vuoto lasciato da Google qualora cessasse l’erogaizone del servizio di search engine

Quanto , infine, alla questione del se tali qualifiche comportino un vincolo incostituzionale perchè lesivo della libertà di impresa di Google da intendere come diritto di parola/free speecch  (editorial judgment, cooperto da Primo Emendamenot), la Corte non si pronuncia (sub IV).

Breve ma denso saggio su Nature intorno alla brevettabilità delle ivnenzioni prodotte da intelligenza artificiale: è meglio una legge ad hoc

Breve ma interessante intervento su Nature circa il tema in oggetto (George A.-Walsh T., Artificial intelligence is breaking patent law, Nature, 24.05.2022).

In tre pagine gli aa. illustrano efficacemente lo stato dell’arte.

Ritengono sia meglio una legge ad hoc che un’integrazione delle disposizioni esistenti.

Significativo è il ragionamento sui rapporti internazionali, sopratuttto in relazione agli Stati importatori di tecnologica che hanno poche risorse per pagare le licenze (e il caso dei vaccini anti covid19).   Propongono allora un trattato interenazinale

E’ proteggibile come copyright il claim pubblicitario che elabora un marchio altrui?

La risposta è negativa qualora la componente creativa non sia separabile/distinguibile dal marchio denominativo alla base.

Si tratta del noto claim  << 500%Fiat >>,  che si appoggia sul marchio/denominazione sociale della nota casa automobilistica.

La Cassazione , sez. 1, con sentenza 8276 del 14.03.2022, rel. Fraulini ha in tale senso osservato: <<Del resto, riguardato in via generale, Nell’ipotesi in cui il messaggio pubblicitario faccia riferimento a marchi particolarmente noti e comunque esposti all’ammirazione del pubblico, è evidente che ciò che si cerca di ottenere è l’effetto di trascinamento che, nel costume sociale, è riconnesso alla commercializzazione dei prodotti che recano il detto marchio. Una tecnica di marketing ormai estremamente diffusa, che riguarda non solo le persone fisiche che sovente prestano la loro notorietà a beneficio del prodotto sponsorizzato, ma anche gli slogan che, in tutto o in parte, contengono al loro interno il riferimento essenziale alla notorietà del marchio cui alludono. E tanto accade perché il messaggio pubblicitario viene veicolato facendo leva proprio sulla notorietà, sulla diffusione, sul successo o sulla fama del claim in esso rappresentato.    Di talché è ben vero che, nell’accoppiamento dell’elemento notorio con il quid pluris del messaggio, tale elemento innovativo potrebbe astrattamente essere qualificato come innovativo, siccome certamente non comunemente associato all’elemento noto. Ma certamente, in astratto, la necessità che il claim debba essere valutata nella sua complessità può certamente condurre il giudice del merito, cui in concreto spetta l’accertamento caso per caso, a concludere nel senso dell’inscindibilità del claim, siccome derivante da un motivato accertamento che, senza l’effetto di trascinamento dell’elemento notorio, il messaggio pubblicitario non avrebbe alcuna capacità evocativa nel consumatore del settore.

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha congruamente motivato nel senso che nel claim in esame l’elemento notorio (marchio notorio Fiat) era inscindibilmente collegato all’altra parte del claim (la percentuale allusiva), siccome peraltro riferita a un modello di vettura di grandissima fama nell’ambito della gamma di prodotto della società. Di talché solo combinando i due fattori, il claim poteva elficamente divenire veicolo di comunicazione nei settori specializzati, come presso il grande pubblico, che non recepirebbe il messaggio pubblicitario convogliato tramite una sola parte (non allusiva al marchio notorio) del claim in esame.

Può quindi pronunciarsi il principio di diritto secondo cui: “In tema di diritto di autore, la rivendicazione, ai sensi della L. n. 633 del 1941, art. 2, n. 4, (legge sul diritto d’autore), del diritto di privativa per intervenuta registrazione di un messaggio pubblicitario (cd. slogan) postula che sia dimostrata l’originalità del creato, da escludersi in ipotesi di utilizzazione, nel medesimo messaggio, del riferimento a marchi già registrati e dotati di determinante capacità evocativa, sì che quel collegamento, per la sua forza evocativa autonoma, faccia venir meno la parte creativa del claim ed escluda l’elemento innovativo.>>

A nulla , concluide la SC, che la riforma del 2001 (d. lgs. 95 del 2001, art. 22) abbia tolto il requisito della scindibilità dala testo dell’artg. 2 n. 4 l. aut.