Appello Milano del 14 maggio 2020, Rg 2667/2018 n. 1094/2020, Caimi 1 spa contro Ima spa e Gima spa, decide l’impugnazione su una questione di violazioni brevettuali.
Qui non esamino il merito relativo alla validità e violazione del brevetto, ma solo quello su altre domande (risarcimento del danno spt.)
La sentenza è molto lunga e il relatore ha trovato una modalità grafico-espositiva chiara e comprensibile , nonostante la complessità delle questioni trattate e dei punti di vista da esporre (Tribunale, parte, controparte, Corte d’Appello -in seguito anche solo <CdA>-)
La questione risarcitoria è trattata nella parte seconda, pagine 41 ss
i fatti di causa – Cama 1 produce macchine imballatrici e nel caso specifico macchine astucciatrici per cialde di caffè. Viene contattata da una certa Mother Parkers (poi: MP) per una vendita sul mercato nordamericano. Cama 1 è però già legata contrattualmente ad una concorrente di MP , per cui declina la proposta commerciale. MP si rivolge quindi a Gima/Ima (l’una è la società operativa, l’altra la capogruppo) la quale fornisce le 5 linee complete di imballaggio contenenti la macchina astucciatrice su cui c’era il brevetto di Cama 1.
Ecco dunque alcuni passaggi interessanti
la royalty – Secondo il tribunale il tasso di royalty medio del settore machine tools è circa il 5% dei ricavi , p. 42 ss. Poi aggiunge (secondo quanto riferito dalla CdA):
<Il criterio della royalty media, ai fini dell’applicazione dell’art. 125 c. 2 D.Lvo 30/2005, in quanto criterio di risarcimento solo minimale, nel caso di violazione brevettuale, può e deve essere integrato al fine di garantire un’equa riparazione della violazione e di indennizzare tutte le perdite, effettivamente subite dalla parte lesa, al fine di evitare che il risultato del calcolo non sia economicamente premiale per l’autore della contraffazione del brevetto. Pertanto in via equitativa la royalty, applicabile al caso di specie,doveva essere determinata nella misura dell’ 8% anziché del 5% dei ricavi complessivi derivati dalla vendita delle astucciatrici, così determinando il danno risarcibile a tale proposito nella misura di € 231.652>, p.42/3
Questo il Tribunale in primo grado
Interviene su ciò la CdA, sub B pagina 49
Secondo la Cda , Cama 1 non ha subito perdite di guadagno, visto che era comunque impegnata in esclusiva con un concorrente e non avrebbe potuto vendere la sua macchina astucciatrice a MP in quanto concorrente della sua controparte nel Nord America.
Pertanto la vendita illecita ha procurato sì un utile a Gima/Ima ma non ha sottratto guadagni a Cama 1.
Sul recupero dei profitti – la Corte , ricordati l’articolo 125 CPI e la Direttiva, chiosa: <Con riguardo al contraffattore inconsapevole il risarcimento può essere determinato solo in misura pari al recupero dei profitti o ai danni che possono essere predeterminati;pare evidente, però,che tale risarcimento non può mai essere superiore a quello posto a carico del contraffattore consapevole>, p. 51 in fondo.
Subito dopo aggiunge:
<Pare altresì evidente che anche l’ipotesi di risarcimento di cui alla lettera a) del suddetto art. 13 c. 1 della Direttiva 2004/48/CE per il caso di violazione commessa dal contraffattore consapevole possa avere ad oggetto anche i profitti realizzati dall’autore della violazione (visto il riferimento a “i benefici realizzati illegalmente dall’autore della violazione”) senza alcuna specifica limitazione; pertanto, secondo la disciplina contenuta nella direttiva europea, il profitto realizzato dal contraffattore consapevole (che costituirebbe il danno da risarcire al titolare del diritto leso) potrebbe anche essere maggiore rispetto al lucro cessante effettivo (cioè al mancato guadagno subito dalla parte lesa)> p.52
Secondo Gima/IMA invece la dir. consente il trasferirmento dei profitti solo se il contrattaffattore è incolpevole, p. 52.
La Corte non è d’accordo e sostiene che è fruibile anche da parte del contraffattore consapevole: <il comma 3 dell’art. 125 D.Lvo 30/2005 introduce, come detto, la possibilità, per il titolare del diritto leso, di ottenere, a sua esplicita richiesta, a carico del contraffattore anche consapevole, anziché il risarcimento commisurato al lucro cessante (determinato in misura pari alla royalty ragionevole, previsto dal comma 2 dello stesso articolo, ovvero in misura pari al suo mancato guadagno effettivo, previsto dal comma 1), il risarcimento commisurato all’importo dei profitti realizzati dall’autore della violazione, quand’anche superiore all’importo del suo mancato guadagno>, p. 52
Qui la CdA non brilla per chiarezza concettuale (parzialmente scusabile per l’opacità del dettato normativo). Innantitutto dovremmo distinguere tra interpetazione della direttiva e intereptazione della norma nazionale, per vedere se la seconda ha attuato correttamente la prima.
Soprattutto la Corte equivoca tra risarcimento del danno (funzione compensativa) e trasferimenot dei profitti (funzione restitutoria, se non -come pare- punitiva).
Secondo l’art. 13 dir. al c. 1 sub a) (autore consapevole) , dir., i profitti son considerati si ma solo per determinare il lucro cessante, cioè come uno dei possibili parametri di liquidazione del danno cagionato. Non si esce dalla compensazione.
Invece secondo il c. 2 (autore inconsapebole) gli Stati possono disporre il trasferimento dei profitti (o danni predeterminati).
Ogni tentativo, di dire quale sia misura più gravosa tra il risarcimento del danno e il traswferimento dei profitti, non andrà a buon fine: dipende dalle circostanze del caso e in particolare dal ruolo di vittima o di aggressore della parte economicamente più forte.
in ogni caso per la Corte che il trasferimento dei profitti è chiedibile anche da parte del contraffattore consapevole e ciò anche se superiori al mancato guadagno (dato che il colpevole non può reicevere un trattamento migliore del non colpevole, parrebbe di capire) .
Effettivamente il c. 3 del nostro art. 125 c.p.i. è muto sul profilo soggettivo (grave difetto del legislatore nazionale!) per cui la tesi della Cda è in prima battuta sostenibile.
Recupero dei profitti totali o solo di una loro parte (apportionment)? – Inoltre dice la Corte che Cama 1 avrebbe avuto diritto al trasferimento degli utili complessivi conseguiti da Gima/IMA dall’intera commessa (cioè dalla vendita per tutte e cinque le linee di imballaggio di tutti i macchinari e i servizi che ne facevano parte) <solo nel caso in cui fosse risultato provato che i contratti di vendita in questione erano stati conclusi esclusivamente perché Gima/IMA aveva promesso di fornire a Mother Parkers anche le macchine astucciatrici, incorporanti i trovati oggetto dei brevetti di Cama1> p. 53.
Toccava però a Cama1 dare la prova di ciò ma non lo ha fatto.
<in conclusione, resta del tutto escluso che Gima/IMA avesse ottenuto la commessa solo perché aveva offerto anche la fornitura della macchina astucciatrice, dotata dei trovati oggetto dei brevetti di Cama 1. Pertanto Cama 1 ha diritto alla retroversione degli utili, ma solo di quelli conseguiti da Gima/IMA dalla vendita a Mother Parkers delle cinque macchine astucciatrici contraffattori> p. 57
Calcolo degli utili – Secondo la corte gli utili vanno identificati nel margine operativo lordo, p. 57 ss
In particolare, <l’utile conseguito dal contraffattore(oggetto quindi del diritto di restituzione del titolare del diritto leso) sia “rappresentato dal confronto fra i soli ricavi e i soli costi incrementali”relativi alle macchine astucciatrici,“escludendo dal calcolo gli eventuali costi comuni ad altre produzioni (in prevalenza costi fissi)che l’azienda avrebbe comunque sostenuto;la grandezza da ricercare ha natura incrementale rispetto al MOL (margine operativo lordo) complessivo aziendale ed è il risultato algebrico della somma dei ricavi realizzati dalla vendita dei prodotti oggetto di contraffazione, dedotti i solicosti diretti sostenuti per la specifica produzione/commercializzazione di quei prodotti, ed esclusi quindi tutti i costi di struttura, di servizi, gli oneri finanziari e i costi del personale,non specificamente imputabili alla produzione/commercializzazione dei prodotti contenenti l’oggetto della contraffazion>, p.58.
Anzi, nel caso specifico , <“l’indagine….deve essere condotta….riferendone i risultati alle tre società indicate coinvolte (Gimas.p.a., I.M.A. Industria Macchine Automatiche s.p.a.e I.M.A.Industries s.r.l., ora incorporata in IMA) e quindi procedendo alla stima di una figura speciale di “MOL di Gruppo”, in ragione della posizione di capogruppo della società I.M.A. Industria Macchine Automatiche SpA, cui “risalgono” in tale sua qualità tutti i risultati economici delle società appartenenti al Gruppo.”>, p. 58
Il danno emergente: la domanda è rigettata – <il danno emergente non può che consistere nella perdita di valore, provocata dal fatto illecito del contraffattore, di un bene materiale o immateriale, posseduto dal titolare del diritto leso. Cama 1, con argomentazioni in verità piuttosto confuse, ha sostenuto, come sopra esposto, che, a causa della contraffazione oggetto della presente controversia, dell’esposizione della macchina contraffattoria a un’importante fiera di settore e della pubblicazione della stessa, da parte di Gima, sul proprio sito Internet, i brevetti violati avrebbero subito una perdita di valore e conseguentemente sarebbero stati, almeno in parte, vanificati i relativi investimenti; in particolare, la somma spesa per la ricerca e lo sviluppo dei trovati per € 328.882, la somma spesa per la tutela brevettuale per € 74.883 e le spese sostenute per la promozione pubblicitaria della macchina con i relativi brevetti per non meno di € 9.000.00>, p. 63
Contraria la CdA: <Nella fattispecie in esame, peraltro, risulta provata una serie di circostanze da cui può invece ragionevolmente presumersi che nessun danno emergente abbia subito Cama 1:
– il CTU ha accertato che, anche dopo l’episodio di contraffazione in questione,Cama 1 non ha subito nessuna diminuzione di fatturato;.
– il fatto illecito, pur certamente commesso in Italia, si è concretizzato in Canada, mercato in cui non hanno efficacia i brevetti azionati da Cama 1 nella presente controversia e in cui, a causa del patto di esclusiva che la legava a Keurig, Cama 1 non avrebbe potuto vendere la sua macchina astucciatrice;
– Cama 1, come accertato dal CTU, non ha ritenuto di ricorrere ad alcuna azione pubblicitaria riparatoria;
– l’investimento per la ricerca e lo sviluppo dei trovati poi brevettati è stato avviato al fine di effettuare la fornitura della macchina a Caffita s.p.a., quindi è presumibile che fosse stato già, se non totalmente almeno in parte, ammortizzato dalla vendita conclusa con tale cliente°> p. 63
il danno morale – <Premesso che il danno morale, per una persona giuridica che svolge attività di impresa, si identifica con il danno alla sua reputazione commerciale, di persé considerata, a prescindere cioè dalle eventuali conseguenze economiche che ne siano derivate, nella fattispecie in esame Cama 1 non ha fornito alcuna prova dell’esistenza di un dannodi tale natura, tanto più che la violazione del suo diritto si è concretizzata con la vendita della macchina contraffattoria a un unico cliente, estraneo al mercato europeo (dove hanno efficacia i brevetti contraffatti), esi è immediatamente esauritain seguito alla reazione di Cama 1, con la promozione del ricorso perdescrizione del 24.1.2013, e alla conclusione dell’accordo con Mother Parkers del 10.3.2013 (con cui Cama 1 ha acconsentito a quest’ultima di ottenere la consegna di quanto già ordinato); pertanto apparecomunque verosimile che nessuna lesione della reputazione commerciale di Cama 1 si sia verificata>, p. 64
L’effetto sulla lite della transazione conclusa da Cama1 con MP – il quantum percepito da Cama1 va detratto dalla condanna inbase al principio della compensatio lucri cum damno:
<come sopra esposto, il diritto di Cama 1 ad ottenere una somma commisurata agli utili conseguiti da Gima/IMA trova il suo fondamento nel fatto che quest’ultima ha prodotto, venduto e si apprestava a consegnare a Mother Parkers le cinque macchine astucciatrici FTB 549-C, incorporanti i trovati di cui ai brevetti EP ‘612 e EP ‘151 di cui era titolare Cama 1; ebbene quest’ultima ha acquisito il diritto di ottenere il pagamento da Mother Parkers della somma di € 288.000 proprio con la stipulazione della transazione del 10.3.2013, che trova il suo fondamento esclusivamente nel fatto che Gima/IMA aveva prodotto, venduto e si apprestava a consegnare a Mother Parkers le suddette cinque macchine astucciatrici FTB 549-C. Pertanto dal medesimo fatto, l’avvenuta vendita da parte di Gima/IMA a Mothers Parkers di cinque macchine astucciatrici, incorporanti i trovati di cui ai brevetti violati, sono derivati, da un lato, il danno che deve essere risarcito da Gima/IMA (che Cama1 ha chiesto venisse commisurato agli utili da quella conseguiti dalla vendita illecita), e, dall’altro lato, il guadagno, consistente nella somma pagatada Mother Parkers, guadagno che Cama 1 non avrebbe mai potuto conseguire, in assenza dell’attività illecita posta in essere da Gima/IMAper aver venduto a Mother Parkers le macchine contraffattorie, che Cama1 non avrebbe mai potuto vendere (per i motivi più volte richiamati>, p. 68.
Qui il concetto decisivo per procedere alla compensazione è naturalmente quello di <medesimo fatto> , che da solo richiederebbe esame ad hoc.
Concorrenza sleale – <In ordine agli asseriti atti di concorrenza sleale, di cui all’art. 2598 n. 3 c.c. (secondo cui “compie atti di concorrenza sleale chiunque…. si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”), il fatto della contraffazione dei brevetti, di cui è causa, non costituisce di per sé un atto di concorrenza sleale, in assenza della prova di una sua specifica e autonoma rilevanza in tal senso, tanto più che nella fattispecie in esame, per tutte le ragioni sopra esposte (vale a dire la sussistenza del patto di esclusiva con Keurig, che impediva a Cama1 di vendere le proprie macchine nel mercato nordamericano), Cama 1, non avrebbe in ogni caso potuto lecitamente svolgere l’attività svolta da Gima/IMA, che quindi non può essere considerata quale attività concorrenziale con la sua. In ordine agli asseriti atti di concorrenza sleale di cui all’art. 2598 n. 2 c.c., il fatto che Gima/IMA abbia pubblicato nel proprio sito web la macchina astucciatrice FTB 549-C, incorporante anche i ritrovati dei brevetti di cui è causa, non costituisce di per sé, come già rilevato dal Tribunale, appropriazione di pregidei prodotti di un concorrente, essendo del tutto mancata la prova della sussistenza di una qualunque attività concreta, svolta da Gima/IMA, diretta ad attribuireal proprio prodotto, dinanzi al mercato di riferimento, le caratteristiche innovative del prodotto della concorrente>, p. 70/1
Pubblicazione della sentenza – <La pubblicazione della sentenza, che, per quanto riguarda l’accertamento della validità dei brevetti azionati e la loro contraffazione, conferma quella pronunciata dal Tribunale di Milano, non è necessaria e neppuredi alcuna concreta utilità riparatoria del danno subito da Cama 1 in conseguenza della contraffazione accertata, in considerazione del fatto che la contraffazionerisulta attuata da Gima/IMA con riguardo al mercato nordamericano (in cui i brevetti contraffatti, azionati nel presente giudizio, non avevano alcuna efficacia), del fatto che con l’accordo transattivo del 10.3.2013 Cama 1 ha comunque autorizzato Mother Parkers a ricevere (e quindi ad utilizzare) le macchine contraffattorie edel fatto che, una volta eseguita la commessa in questione, la contraffazione non ha più avuto alcunulteriore seguito>, p. 73