La frode informatica tramite app scaricata da Apple Store non preclude ad Apple di fruire del safe harbour ex 230 CDA

Il Trib. del North Dist. dell aCalifornia, 2 settembre 2022, HADONA DIEP, et al., Plaintiffs, v. APPLE, INC., Defendant. , Case No. 21-cv-10063-PJH , decide su una domanda contro Apple per aver favorito/omesso controlli su una app (Toast Plus) del suo store , che le aveva frodato diversa criptocurrency

L’immancabile eccezione di porto sicuro ex § 230 CDA viene accolta.

Ed invero difficile sarebbe stato  un esito diverso, trttandosi di caso da manuale.

Naturalmenten gli attori tentano di dire i) che avevano azionato anche domande  eccedenti il suo ruolo di publisher e ii) che Apple è content provider (<<The act for which plaintiffs seek to hold Apple liable is “allowing the Toast Plus application to be distributed on the App Store,” not the development of the app>>) : ma questo palesement non eccede il ruolo di mero hosting.

Conclusion: Plaintiffs’ allegations all seek to impose liability based on Apple’s role in vetting the app and making it available to consumers through the App Store. Apple qualifies as an interactive computer service provider within the meaning of the first prong of the Barnes test. Plaintiffs seek to hold Apple liable for its role in reviewing and making the Toast Plus app available, activity that satisfies the second prong of the Barnes test as publishing activity. And plaintiffs’ allegations do not establish that Apple created the Toast Plus app; rather, it was created by another information content provider and thus meets the third prong of the Barnes test. For each of these reasons, as well as the inapplicability of an exemption, Apple is immune under § 230 for claims based on the conduct of the Toast Plus developers.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Ancora liti sulla responsabilità del provider per contenuti illeciti postati dai suoi utenti

Trib. Roma sent. n. 11672/2022 del 21 luglio 2022, RG 86854/2016, rel. G. Russo, caso Rojadirecta, affronta la ormai risalente questione relativa alla fornitura di link a siti web ove son presenti illecite riproduzioni di programmi Mediaset (per lo più partite di calcio nazionali o europee).

Fa valere il diritto d’autore , quale licenziatario,  e diritti connessi, tra cui art. 79 l. aut., oltre a marchi e conccorenza sleale.

I convenuti invocano il safe harbour ex artt. 13-17 d. lgs. 70 del 2003.

Sul server sub iudice ci sono solo link di utenti, non contenuti postati dai titolari stessi: però con link organizzati in modo preciso, come riferisce il ctu:

<< Nel dettaglio si tratta di “un motore di ricerca di diversi eventi
sportivi con la possibilità di visualizzare gli eventi stessi secondo
un ordine cronologico”
. Il gestore del portale organizza tali
informazioni, inclusi i
link ai contenuti illeciti, secondo un ordine
cronologico e quindi compiendo un’attività di indicizzazione e
catalogazione su base cronologica degli eventi, che necessariamente
presuppone un controllo diretto su tutte le informazioni così
indicizzate ed organizzate. Tanto è confermato dal fatto che il CTU
riconosce che la gestione tecnica della piattaforma consente di
“organizzare il calendario eventi mediante controllo della corretta
esecuzione degli script automatici garantendo la completezza dello
stesso”
(cfr. pag. 12).
Lo stesso CTU poi riferisce (cfr. ancora pag. 12) che
“nella
versione corrente del sito l’utente visualizzatore può: 1) Visionare
eventi sportivi in diretta; 2) Scaricare o guardare interi eventi
passati (si viene girati su di un thread del forum); 3) Visionare
degli spezzoni più importanti di eventi passati; 4) Andare sul forum
http://forum.rojadirecta.es”
.
Il “forum di discussione”, che i convenuti dichiarano di
gestire/controllare direttamente, è tutt’altro che uno spazio
neutrale: tramite questo
forum, infatti, vengono condivisi “le
pratiche di utilizzo e i siti di file sharing per scaricare eventi
passati”
(cfr. pag. 11 Relazione Tecnica del CTU).
Per quanto evidenziato dal consulente d’ufficio (cfr. pag. 84 della
Relazione Tecnica)
“pur non essendo presenti i contenuti sul sito
Rojadirecta, il calendario giornaliero degli eventi sportivi è da
sempre caratterizzato da un estrema completezza”
e “la
caratteristica di esaustività della lista degli eventi … è proprio
alla base del successo del portale e dei “cloni” attualmente in
circolazione”>>
.

La sentenza è poco rigorosa.

Liquida la questione del link in due parole ritenendolo illecito ex sentenze Corte di Giustizia UE Renckoff, C-161/2017, che nulla c’entra, e Stichting Brein contro Jack Frederik Wullems, C-527/17.  Ignora però il dibattito teorico per cui il link è solo un indicazione e non può essere ritento compartecipe dell’illecito.

Poi, non è chiara sull’interpretazione delle due ipotesi di esimente ex art. 16.1 d. lgs. 70 del 2003 (<< Sul punto è bene precisare che le due ipotesi prese in
considerazione dalla disposizione di legge sono tra loro
alternative, nel senso che è sufficiente che non ricorra anche una
sola di esse affinché il
provider non sia esente da responsabilità >>):  è vero che sono legate da una disgiuntiva implicita (esplressa nella dir. UE: v. art. 14 dir. 31-2000) ma regolano due fattispecie concrete diverse.

Ancora , erra laddove osserva: << Ebbene la CGUE ha affermato che, anche
in riferimento al semplice prestatore di un servizio
dell’informazione consistente nella memorizzazione di informazioni
fornite da un destinatario del servizio medesimo (cd.
hosting
passivo), va esclusa l’esenzione di responsabilità prevista
dall’art. 14 della Direttiva, 31/2000 quando lo stesso
“dopo aver
preso conoscenza, mediante un’informazione fornita dalla persona
lesa o in altro modo, della natura illecita di tali dati o di attività
di detti destinatari abbia omesso di prontamente rimuovere tali dati
o disabilitare l’accesso agli stessi”
, così sancendo il principio
secondo il quale la conoscenza, comunque acquisita (non solo se
conosciuta tramite le autorità competenti o a seguito di esplicita
diffida del titolare dei diritti) dell’illiceità dei dati
memorizzati fa sorgere la responsabilità civile e risarcitoria del
prestatore di servizi (sentenza del 23.03.2010, relativa alle Cause
riunite da C-236/08 a C-238/08 – Google cs. Louis Vuitton)
>>.   Erra perchè non distingue in modo chiaro tra perdita (non invocabilità) dell’esimente e affermazione di responsabilità.-

Infine, superficialmente segue la linea della rilevanza giuridica del concetto di hosting attivo, che invece è assai poco rigoroso (ns. critica in Albertini, LA RESPONSABILITÀ CIVILE DEGLI INTERNET SERVICE PROVIDER PER I MATERIALI
CARICATI DAGLI UTENTI (CON QUALCHE CONSIDERAZIONE SUL RUOLO DI
GATEKEEPERS
DELLA COMUNICAZIONE, §§ 6 segg.), parlando di <cooperazione mediante omissione>.

Interessante per i pratici è però il calcolo del lucro cessante, basato sul numero di accessi , però ridotto (al 35 % ) passando al numero di ipotizzabili acquisti di diritti di visione di singoli eventi (stimati in euro 9 cadauno).

E’ liquidato pure un danno non patrimoniale equitativo di euro 50.000, non meglio motivato se non tramite il rif. al combinato disposto degli art. 185 c. pen. e art. 171 ter l. aut. (il reato)  e alla affermazine <<tenuto conto del tempo di protrazione della condotta e della natura della lesione che ha senz’altro compromesso l’immagine commerciale di parte attrice introducendo un elemento di forte dissuasione alla stipula od al rinnovo degli abbonamenti con evidenti ricadute anche sulla capacità di attrarre investimenti pubblicitari>>. Questo però ha a che fare con un pregiudizio totalmente patrimoniale! La questione del danno non patrimoniale per gli enti , commerciali soprattutto, è complicata ….

Conflitto tra diritto di parola e diritto di autore : una particolare ma interessante fattispecie decisa a favore del primo

Tizio , restando anonimo con l’account @CallMeMoneyBags , critica su Twitter un tale Brian Sheth, a private-equity billionaire, postando messaggi e foto di lui.

Una società di couinicazione , però , quale sedicente titolare dei diritti sulle foto , chiede a Twitter di dargli il nome ex 17 §512.h US CODE.

Il giudice rigetta accogliendo la difesa di Twitter e facendoo prevalere il diritto di parola (di critica, di satira etc.) , anche perchè l’attore non è riuscito a fugare il sospetto di essere veicolo soceitario a disposizione del medesimo sig. Seth.

Così Il distretto nord della California21 giugno 2022, Case 4:20-mc-80214-VC , IN RE DMCA § 512(H) SUBPOENA TO TWITTER, INC.

This is where the mystery surrounding Bayside makes a difference. If the Court were assured that Bayside had no connection to Brian Sheth, a limited disclosure subject to a protective order could perhaps be appropriate. But the circumstances of this subpoena are suspicious. As far as the Court can tell, Bayside was not formed until the month that the tweets about Sheth were posted on Twitter. It appears that Bayside had never registered any copyrights until the registration of these six photographs, which happened after the tweets were posted. And there appears to be no information publicly available about Bayside’s principals, staff, physical location, formation, or purposes.

Given all the unknowns, at oral argument the Court offered Bayside an opportunity to
supplement the record with an evidentiary hearing or additional documentation. Bayside
declined, stating that it preferred the motion to be adjudicated on the current record. There would
perhaps be some benefit in insisting on an evidentiary hearing to explore the circumstances
behind this subpoena—to explore whether Bayside and its counsel are abusing the judicial
process in an effort to discover MoneyBags’s identity for reasons having nothing to do with
copyright law. Perhaps that hearing could even result in an award of attorney’s fees for Twitter.

Il rapporto tra dirito di autore e diritti fondamentali antagonisti è ormai largamentit tratto anche da noi anzi in tutto il copyright europeo.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Il software di Salesforce , per ottimizzare la gestione di una piattaforma di marketplace, è coperto dal safeharbour ex § 230 CDA

In Backpage.com (piattaforma di compravendite rivale di craiglist) comparivano anche molti annunci a sfondo sessuale.

A seguito di uno di questi, una minorennme (tredicennne all’epoca!) cadeva vittoma di predatori.

Agiva quindi assieme alla madre in giudizio contro Salesforce (poi: S.) per aver collaborato e tratto utile economico dagli incarichi ricevuti da Backpage, relativi alla collaborazione nella gestione online dei contatti con i suoi utenti.

Il distretto nord dell’Illinois, eastern div., Case: 1:20-cv-02335 , G.G. (minor) v. Saleforce.com inc., 16 maggio 2022, accoglie l'(immancabile) eccezione di S. della fruibilità del predetto safeharbour.

Il punto è trattato con buona analisi sub I Section 230, pp. 6-24.

La corte riconocse che S. sia in interactive computer service, , sub A, p. 8 ss: difficilmente contestabile.

Riconosce anche che S. sia chiamato in giudizio come publisher, sub B, p. 13 ss: asserzione, invece, meno scontata.

Chi collabora al fatto dannoso altrui (sia questi un publisher -come probabilmente Backpage- oppure no) è difficile possa essere ritenuto publisher: a meno di dire che lo è in quanto la sua condotta va qualificata col medesimo titolo giuridico gravante sul soggetto con cui collabora (si v. da noi l’annosa questione del titolo di responsabilità per concorrenza sleale ex art. 2598 cc in capo al terzo privo della qualità di imprenditore concorrente).

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Attualmente il sito web di Backpage.com è sotto sequestro della forza pubblica statunitense. Compare questo:

Il motore di ricerca di Google potrebbe essere un common carrier, però non è una public utility

Questa in sintesi è l’insegnamento della Corte di common pleas, Delaware county, Ohio, State of Ohio c. Google, 24.05.2022, di cui dà notizia il blog del prof. Eric Goldman.

Si noti la differenza tra common carrier e public utility nella common law: la seconda è necessariamente anche un common carrier , mentre non è vero il contrario.

Non è public utility perchè, in mancanza di vincolo di legge , non c’è un diritto alle prestazione del motore di ricerca, dice la Corte , p.14-15.

Del resto , aggiunge, per quanto importante, esso non costituisce un <life-essential service>. Infatti i concorrenti (Bing, Ask, Duck and go) , per quanto ben minori, comunque riempirebbero subito il vuoto lasciato da Google qualora cessasse l’erogaizone del servizio di search engine

Quanto , infine, alla questione del se tali qualifiche comportino un vincolo incostituzionale perchè lesivo della libertà di impresa di Google da intendere come diritto di parola/free speecch  (editorial judgment, cooperto da Primo Emendamenot), la Corte non si pronuncia (sub IV).

Ancora sull’applicabilità del safe harbour ex § 230 CDA alla rimozione/sospensione di contenuti dell’attore

In un  caso di lite promossa da dissidente dal governo arabo a causa della mancata protezione del proprio account da hacker governativi arabi e successiva sua sospensione, interviene il distretto nord della california 20.05.2022m, case 3:21-cv-08017-EMC, Al-Hamed c.- Twitter e altri. 

Le domanda proposte erano molte: qui ricordo solo la difesa di Tw. basata sull’esimente in oggetto.

La corte concede a Twitter il safe harbour ex § 230.c.1,  ricorrendone i tre requisiti:

– che si tratti di internet service provider,

– che si qualifichi il convenuto come publisher/speaker,

– che riguardi contemnuti non di Tw. ma di terzi .

E’ quest’ultimo il punto meno chiaro (di solito la rimozione/sospensione riguarda materiale offensivo contro l’attore e caricato da terzi)  : ma la corte chiarisce che la sospensione di contenuti del ricorrente è per definizione sospensione di conteuti non di Tw e quindi di terzi (rispetto al solo  Tw. , allora, non certo rispetto all’attore).

Ricorda però che sono state emesse opinioni diverse: <<Some courts in other districts have declined to extend Section 230(c)(1) to cases in which the user brought claims based on their own content, not a third party’s, on the ground that it would render the good faith requirement of Section 230(c)(2) superfluous. See, e.g., e-ventures Worldwide, LLC v. Google, Inc., No. 2:14-cv-646-FtM-PAM-CM, 2017 WL 2210029, at *3 (M.D. Fl. Feb. 8, 2017). However, although a Florida court found the lack of this distinction to be problematic, it also noted that other courts, including those in this district, “have found that CDA immunity attaches when the content involved was created by the plaintiff.” Id. (citing Sikhs for Just., Inc. v. Facebook, Inc., 697 F. App’x 526 (9th Cir. 2017) (affirming dismissal of the plaintiff’s claims based on Facebook blocking its page without an explanation under Section  230(c)(1)) >> (e altri casi indicati).

Si tratta del passaggio più interessante sul tema.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman).

Chi ritweetta un post lesivo è coperto dal safe harbour ex § 230 CDA? Pare di si

La Corte Suprema del New Hampshire, opinion 11.05.2022, Hillsborough-northern judicial district No. 2020-0496 , Banaian c. Bascom et aa., affronta il tema e risponde positivamente.

In una scuola situata a nord di Boston, uno studente aveva hackerato il sito della scuola e aveva inserito post offensivi, suggerenti che una docente fosse  “sexually pe[r]verted and desirous of seeking sexual liaisons with Merrimack Valley students and their parents.”

Altro studente tweetta il post e altri poi ritweettano (“ritwittano”, secondo Treccani) il primo tweet.

La docente agisce verso i retweeters , i quali però eccepiscono il safe harbour ex § 230.c)  CDA.  Disposizione che così recita:

<<c) Protection for “Good Samaritan” blocking and screening of offensive material.

(1) Treatment of publisher or speaker

No provider or user of an interactive computer service shall be treated as the publisher or speaker of any information provided by another information content provider.>>.

La questione giuridica è se nel concetto di user rientrino gli alunni del caso  sub iudice.

La SC conferma che è così. Del resto sarebbe assai difficile ragionare diversamente.

Precisamente: << We are persuaded by the reasoning set forth in these cases. The plaintiff identifies no case law that supports a contrary result. Rather, the plaintiff argues that because the text of the statute is ambiguous, the title of section 230(c) — “Protection for ‘Good Samaritan’ blocking and screening of offensive material” — should be used to resolve the ambiguity. We disagree, however, that the term “user” in the text of section 230 is ambiguous. See Webster’s Third New International Dictionary 2524 (unabridged ed. 2002) (defining “user” to mean “one that uses”); American Heritage Dictionary of the English Language 1908 (5th ed. 2011) (defining “user” to mean “[o]ne who uses a computer, computer program, or online service”). “[H]eadings and titles are not meant to take the place of the detailed provisions of the text”; hence, “the wise rule that the title of a statute and the heading of a section cannot limit the plain meaning of the text.” Brotherhood of R.R. Trainmen v. Baltimore & O.R. Co., 331 U.S. 519, 528-29 (1947). Likewise, to the extent the plaintiff asserts that the legislative history of section 230 compels the conclusion that Congress did not intend “users” to refer to individual users, we do not consider legislative history to construe a statute which is clear on its face. See Adkins v. Silverman, 899 F.3d 395, 403 (5th Cir. 2018) (explaining that “where a statute’s text is clear, courts should not resort to legislative history”).

Despite the plaintiff’s assertion to the contrary, we conclude that it is evident that section 230 of the CDA abrogates the common law of defamation as applied to individual users. The CDA provides that “[n]o cause of action may be brought and no liability may be imposed under any State or local law that is inconsistent with this section.” 47 U.S.C. § 230(e)(3). We agree with the trial court that the statute’s plain language confers immunity from suit upon users and that “Congress chose to immunize all users who repost[] the content of others.” That individual users are immunized from claims of defamation for retweeting content that they did not create is evident from the statutory language. See Zeran v. America Online, Inc., 129 F.3d 327, 334 (4th Cir. 1997) (explaining that the language of section 230 makes “plain that Congress’ desire to promote unfettered speech on the Internet must supersede conflicting common law causes of action”).
We hold that the retweeter defendants are “user[s] of an interactive computer service” under section 230(c)(1) of the CDA, and thus the plaintiff’s claims against them are barred. See 47 U.S.C. § 230(e)(3). Accordingly, we  uphold the trial court’s granting of the motions to dismiss because the factspled in the plaintiff’s complaint do not constitute a basis for legal relief.
>>

(notizia della e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Disciplina speciale UE in arrivo per i provider “to prevent and combat child sexual abuse”

La Commissione UE l’11 maggio 2022 ha proposto un regolamento contenente  <<rules to prevent and combat child sexual abuse>> COM(2022) 209 final – 2022/0155 (COD): qui la pagina e qui il link diretto al testo .

Segnalo solo la parte relativa agli obblighi per i provider (capitolo II “OBLIGATIONS OF PROVIDERS OF RELEVANT INFORMATION SOCIETY SERVICES TO PREVENT AND COMBAT ONLINE CHILD SEXUAL ABUSE”); la loro individuazione (campo soggettivo di applicazione) rinvia largamente al digital services act (v. la  bozza)

  • dovranno i) fornire un risk assessment e ii) adottare misure di loro contenimento. Le seconde dovranno rispondere ai requisiti (fumosi) dell’art. 4.2
  • obblighi di indagine/ispezione, art. 10: <<Providers of hosting services and providers of interpersonal communication services that have received a detection order shall execute it by installing and operating technologies to detect the dissemination of known or new child sexual abuse material or the solicitation of children, as applicable, using the corresponding indicators provided by the EU Centre in accordance with Article 46. 2. The provider shall be entitled to acquire, install and operate, free of charge, technologies made available by the EU Centre in accordance with Article 50(1), for the sole purpose of executing the detection order. The provider shall not be required to use any specific technology, including those made available by the EU Centre, as long as the requirements set out in this Article are met. The use of the technologies made available by the EU Centre shall not affect the responsibility of the provider to comply with those requirements and for any decisions it may take in connection to or as a result of the use of the technologies.>>
  • gravosi i conseguenti doveri precisati al § 4 , art. 10:<<The provider shall:(a) take all the necessary measures to ensure that the technologies and indicators,as well as the processing of personal data and other data in connection thereto,are used for the sole purpose of detecting the dissemination of known or newchild sexual abuse material or the solicitation of children, as applicable, insofaras strictly necessary to execute the detection orders addressed to them;(b) establish effective internal procedures to prevent and, where necessary, detectand remedy any misuse of the technologies, indicators and personal data andother data referred to in point (a), including unauthorized access to, andunauthorised transfers of, such personal data and other data;(c) ensure regular human oversight as necessary to ensure that the technologiesoperate in a sufficiently reliable manner and, where necessary, in particularwhen potential errors and potential solicitation of children are detected, humanintervention;  d) establish and operate an accessible, age-appropriate and user-friendlymechanism that allows users to submit to it, within a reasonable timeframe,complaints about alleged infringements of its obligations under this Section, aswell as any decisions that the provider may have taken in relation to the use ofthe technologies, including the removal or disabling of access to materialprovided by users, blocking the users’ accounts or suspending or terminatingthe provision of the service to the users, and process such complaints in anobjective, effective and timely manner;(e) inform the Coordinating Authority, at the latest one month before the start datespecified in the detection order, on the implementation of the envisagedmeasures set out in the implementation plan referred to in Article 7(3);(f) regularly review the functioning of the measures referred to in points (a), (b),(c) and (d) of this paragraph and adjust them where necessary to ensure that the requirements set out therein are met, as well as document the review processand the outcomes thereof and include that information in the report referred to in Article 9(3)>>
  • reporting: sono indicati i dettagli del relativo dovere all’art. 13
  • doveri di rimozione entro 24 ore, art. 14: <<remove or disable access in all Member States of one or more specific items of material >> (notare l’oggteto: specific items)
  • doveri di bloccaggio, art. 16 (articolo importante, come comprensibile, prob. il più imporante assieme a quelli di indagine e di rimozione): << take reasonable measures to prevent users from accessing known child sexual abuse material indicated by all uniform resource locators on the list of uniform resource locators included in the database of indicators [ex art. 44]>>, c.1 (annosa questione del grado di precisione nell’indicazione dei siti).
  • responsabilità, art. 19: Providers of relevant information society services shall not be liable for child sexual abuse offences solely because they carry out, in good faith, the necessary activities to comply with the requirements of this Regulation, in particular activities aimed at detecting, identifying, removing, disabling of access to, blocking or reporting online child sexual abuse in accordance with those requirements.

Precisaizone praticamente utile , avendo alcuni ipotizzato che il cercare di prevenire eliminerebbe la possibilità di dire <non sapevo>. Teoricamente però inutile sia perchè si tratta di adempimento di dovere giudirico , sia perchè non c’è alcun concorso colposo nell’illecito (hosting di materiale vietato) se si adottano strategie informatiche di contrasto che richiedono magari un certo tempo per la implementazione e l’affinamento.

  • grosso problema sarà quello dei costi attuativi per i provider di minori dimensioni. 

Asserita violazione di copyright da parte di Pinterest rigettata per l’operatività del safe harbour ex 512.c DMCA

Un fotografo lamenta la riproduzione illecita di sue fotografie in Pinterest (P.).

Precisamente  lamenta non il fatto che altri utenti le carichino o le appuntino o lo faccia P. (verosimilmente ci sarà licenza concordata con/imposta da P. a proprio favore); bensì il fatto che P. le proponga nei feed altrui in abbinamento ad inserzioni pubblicitarie.

P. eccepisce il safe harbour ex § 512.c DMCA.

Il distretto nord della California decide la lite con provvedimento 3 maggio 2022, Davis c. PinterestCase 4:19-cv-07650-HSG , rigettando la domanda per l’esimente predetta.

la sentenza pare corretta, alla luce del tenore delle disposizoni di legge. L’attore aveva invece eccepito la mancanza tra gli altri del requisito dello storage dei materiali altrui .

La sentenza è ineressante perchè esamina il funzionamento di P.

Dice, poi,  che manca la prova per cui P. modifichierebbe il lavoro artistico inserendovi pubblicità: infatti i due newsfeed (pins degli utenti e inserzioni pubblicitarie) sono prodotti da due distinti algoritmi, pp.19-20 e 23/4.

Non c’è violazione di copyright: To the extent that Plaintiff suggests tracking user activity through algorithms or displaying  advertising on the platform is somehow copyright infringement, he offers no support for this novel theory.5 See, e.g., Dkt. No. 176 at 7 (“The undisputed evidence is that the users never asked to be  tracked using the Variants that Pinterest created from Plaintiff’s Works . . . .”). Copyright infringement requires Plaintiff to establish that Pinterest “violate[d] at least one exclusive right granted to copyright holders under 17 U.S.C. § 106.” Perfect 10, Inc. v. Amazon.com, Inc., 508 F.3d 1146, 1159 (9th Cir. 2007). Neither tracking users’ activity nor displaying advertising near  Plaintiff’s works violates Plaintiff’s exclusive rights. But even if this did constitute infringing  activity, such conduct would still fall within § 512(c)’s protection., p. 23.

Esamina anhe il grado di dettaglio cui è tenuto l’attore nell’individuare le vioalzioni: tutte le 51 foto azionate o alcune solo, a titolo di esempio (III.A.i, p. 9)? Vecchia questione anche da noi in tema di responsabilità degli internet provider …

Infine manca pure il financial benefit, che deve essere provato relativamene alle vioalzioni specificamente azionate e non -in generale – relativametne al modello di business del convenuto  (altra vecchia questione nazionale  …). Si badi però che nel diritto usa il requisito è espressamente preevisto.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)