Violazioni di copyright via internet e inibitoria ad ampio raggio

Alcuni siti danno notizia di tre significativi provvedimenti sostanzialmente uguali emessi il 26 aprile 2022, Case 1:21-cv-11024 (+ n° 11025 e n° 11026) -KPF-RWL, United Film Distribution e altri c. Does 1-10 etc. da parte del giudice K. Polk Failla del Southern District of New York.

V. ad es i link forniti nell’articolo di ArsTechnica e che comunque per comodità riporto qui:
il primo ;

il secondo ;

il terzo .

Si tratta del frequente caso di riproduzione da parte di siti pirata (www.Israel.TV) di programmi tv altrui , aggirando le misure di sicurezza.

I convenuti sono rimasti contumaci.

L’interesse sta nell’ampiezza e meticolosità dell’ordione inibitorio, che non si cura del problema della presenza in causa o meno dei destinatari delle misure.

Notevole è in particolare che l’ordine i) sia imposto a qualunque internet provider degli USA , inclusi quelli (ma solo per esempio e dunque non solo limitatamente ad essi) quelli elencati nell’allegato Exhibit B; ii) che sia impedsito l’accesso ai siti indicati in elenco Exhibit A << or  at any NewlyDetected Website as defined below>> (ove assai genricamente indicati).

Il giudice prescrive addirittura il messaggio da inserire nella landing page dopo l’azionamento del filtro :

<<(…) B. Against Internet Service Providers (ISPs):
IT IS FURTHER ORDERED that all ISPs (including without limitation those
set forth in
Exhibit B hereto) and any other ISPs providing services in the United
States shall block access to the Website at any domain address known today
(including but not limited to those set forth in Exhibit A hereto) or to be used in
the future by the Defendants (“
Newly-Detected Websites) by any technological
means available on the ISPs’ systems. The domain addresses and any
NewlyDetected Websites shall be channeled in such a way that users will be unable to
connect and/or use the Website, and will be diverted by the ISPs’ DNS servers
to a landing page operated and controlled by Plaintiffs (the “
Landing Page”)
which can be reached as follows:

Domain: zira-usa-11024.org
IP Address: 206.41.119.64 (Dedicated)

The Landing Page will include substantially the following information:
On April 26, 2022, in the case of United
King Distributors, et al. v. Does 1-10,
d/b/a Israel.tv
(S.D.N.Y., Case No. 1:21-cv-
11024 (KPF) (RWL)), the U.S. District

Court for the Southern District of New
York issued an Order to block all access to
this website/ service due to copyright
infringement
>>

Si tratta di indicazioni utili pure al difensore italiano per redigere le conclusioni  degli atti processuali attorei.

Il blocco dell’account Twitter per post ingannevoli o fuorvianti (misleading) è coperto dal safe harbour ex § 230 CDA

Il distretto nord della California con provv. 29.04.2022, No. C 21-09818 WHA, Berenson v. Twitter, decide la domanda giudiziale allegante un illegittimo blocco dell’account per post fuorvianti (misleading) dopo la nuova Twitter policy five-strike in tema di covid 19.

E la rigetta, riconoscendo il safe harbour ex § 230.c.2.a del CDA.

A nulla valgono le allegazioni attoree intorno alla mancanza di buona fede in Twitter: << With the exception of the claims for breach of contract and promissory estoppel, all claims in this action are barred by 47 U.S.C. Section 230(c)(2)(A), which provides, “No provider or user of an interactive computer service shall be held liable on account of — any action voluntarily taken in good faith to restrict access to or availability of material that the provider or user considers to be obscene, lewd, lascivious, filthy, excessively violent, harassing, or otherwise objectionable, whether or not such material is constitutionally protected.” For an internet platform like Twitter, Section 230 precludes liability for removing content and preventing content from being posted that the platform finds would cause its users harm, such as misinformation regarding COVID-19. Plaintiff’s allegations regarding the leadup to his account suspension do not provide a sufficient factual underpinning for his conclusion Twitter lacked good faith. Twitter constructed a robust five-strike COVID-19 misinformation policy and, even if it applied those strikes in error, that alone would not show bad faith. Rather, the allegations are consistent with Twitter’s good faith effort to respond to clearly objectionable content posted by users on its platform. See Barnes v. Yahoo!, Inc., 570 F.3d 1096, 1105 (9th Cir. 2009); Domen v. Vimeo, Inc., 433 F. Supp. 3d 592, 604 (S.D.N.Y. 2020) (Judge Stewart D. Aaron)>>.

Invece non  rientrano nella citata esimente (quindi la causa prosegue su quelle) le domande basate su violazione contrattuale e promissory estoppel.

La domanda basata sulla vioalzione del diritto di parola è pure respinta per il solito motivo della mancanza di state action, essendo Tw. un  ente privato: <<Aside from Section 230, plaintiff fails to even state a First Amendment claim. The free speech clause only prohibits government abridgement of speech — plaintiff concedes Twitter is a private company (Compl. ¶15). Manhattan Cmty. Access Corp. v. Halleck, 139 S. Ct. 1921, 1928 (2019). Twitter’s actions here, moreover, do not constitute state action under the joint action test because the combination of (1) the shift in Twitter’s enforcement position, and (2) general cajoling from various federal officials regarding misinformation on social media platforms do not plausibly assert Twitter conspired or was otherwise a willful participant in government action. See Heineke v. Santa Clara Univ., 965 F.3d 1009, 1014 (9th Cir. 2020).  For the same reasons, plaintiff has not alleged state action under the governmental nexus test either, which is generally subsumed by the joint action test. Naoko Ohno v. Yuko Yasuma, 723 F.3d 984, 995 n.13 (9th Cir. 2013). Twitter “may be a paradigmatic public square on the Internet, but it is not transformed into a state actor solely by providing a forum for speech.” Prager Univ. v. Google LLC, 951 F.3d 991, 997 (9th Cir. 2020) (cleaned up, quotation omitted). >>

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric goldman)

La corte europea rigetta la domanda di annullamento dell’art. 17 § 4 lett. b)-c) della direttiva copyright

Con la sentenza 26.04.2022, C-401/19,  la Corte di Giustizia UE  rigetta la domanda di annullamento dell’art. 17 § 4 (eventualmente dell’intero art. 17, se non separabile) della direttiva c.d. copyright 2019/790 , avanzata dalla Polonia.

In breve , secondo la ricorrente, le disposizioni censurate inibiscono eccessivamente la libertà di parola  con i nuovi doveri di filtraggio: <<39 La Repubblica di Polonia sostiene che, imponendo ai fornitori di servizi di condivisione di contenuti online l’obbligo di compiere i massimi sforzi, da un lato, per assicurare che non siano disponibili contenuti protetti specifici per i quali i titolari di diritti abbiano fornito le informazioni pertinenti e necessarie e, dall’alto, per impedire che i contenuti protetti oggetto di una segnalazione sufficientemente motivata da parte di tali titolari siano caricati in futuro, l’articolo 17, paragrafo 4, lettera b) e lettera c), in fine, della direttiva 2019/790 limiterebbe l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e d’informazione degli utenti di tali servizi, garantito all’articolo 11 della Carta.>>

La CG rigetta, come prevedibile.

Infatti da un lato sarebbe stato uno scossone enorme alla proprietà intellettuale armonizzata UE.  Dall’altro, l’iter legislativo era stato lungo e tormentatissimo , avendo affrontato sin da subito le stesse oiezioni qui sollevate dalla Polonia: erano dunque state prese nel testo finale delle contromisure ad hoc (id est misure a tutela dei diritti antagonisti al diritto di autore e cioè a tutela della liberà di espressione).

La sentenza è importante e andrà studiata con attenzione.

Si badi che la restrizione al diritto di free speech è ravvisata (ad es. §§ 55 e 68). Però le cit contromisure fanno si che il bilanciAmento finale (art. 52.1 Carta dir. fondam. UE) ammetta tale restrizione.

Il cuore del’iter argomentativo sta nei sei aspetti esaminati nei §§ 72-97 ed è sintetizzabile così: “una lesione al diritto di parola apparentemente c’è: ma la direttiva ha adottato adeguate contromisure a sua tutela”.

Resta allora da vedere se i singoli Stati (da noi, se l’Italia) abbiano  attuato la dir. (d. lgs. 177 del 08.11.2021 – G.U. n. 283 del 27.11.2021) secondo i principi ora dettagliati dalla CG.

Ritwittare aggiungendo commenti diffamatori non è protetto dal safe harbour ex 230 CDA

Byrne è citato per diffamazione da Us Dominion (azienda usa che fornisce software per la gestione dei processi elettorali) per dichiaraizoni e tweet offensivi.

Egli cerca l’esimente del safe harbour ex 230 CDA ma gli va male: è infatti content provider.

Il mero twittare un link (a materiale diffamatorio) pootrebbe esserne coperto: ma non i commenti accompagnatori.

Così il Trib. del District of Columbia 20.04.4022, Case 1:21-cv-02131-CJN, US Dominion v. Byrne: <<A so-called “information content provider” does not enjoy immunity under § 230.   Klayman v. Zuckerberg, 753 F.3d 1354, 1356 (D.C. Cir. 2014). Any “person or entity that is responsible, in whole or in part, for the creation or development of information provided through the Internet or any other interactive computer service” qualifies as an “information content provider.” 47 U.S.C. § 230(f)(3); Bennett, 882 F.3d at 1166 (noting a dividing line between service and content in that ‘interactive computer service’ providers—which are generally eligible for CDA section 230 immunity—and ‘information content provider[s],’ which are not entitled to immunity”).
While § 230 may provide immunity for someone who merely shares a link on Twitter,
Roca Labs, Inc. v. Consumer Opinion Corp., 140 F. Supp. 3d 1311, 1321 (M.D. Fla. 2015), it does not immunize someone for making additional remarks that are allegedly defamatory, see La Liberte v. Reid, 966 F.3d 79, 89 (2d Cir. 2020). Here, Byrne stated that he “vouch[ed] for” the evidence proving that Dominion had a connection to China. See
Compl. ¶ 153(m). Byrne’s alleged statements accompanying the retweet therefore fall outside the ambit of § 230 immunity>>.

Questione non difficile: che il mero caricamente di un link sia protetto, è questione interessante; che invece i commenti accompagnatori ingiuriosi rendano l’autore un content provider, è certo.

La violazione contrattuale è coperta da safe harbour editoriale ex § 230 CDA?

La questione è sfiorata dalla Appellate Division di New York 22.03.2022, 2022 NY Slip Op 01978, Word of God Fellowship, Inc. v Vimeo, Inc., ove l’attore agisce c. Vimeo dopo aver subito la rimozione di video perchè confusori sulla sicurezza vaccinale.

L’importante domanda trova a mio parere risposta negativa: la piattaforma non può invocare il safe harbour se viola una regola contrattuale che si era assunta liberamente.

Diverso è se, come nel caso de quo, il contratto di hosting preveda la facoltà di rimuovere: ma allora il diritto di rimozione ha base nel contratto e non nell’esimente da safe harbour

(notizia della sentenza e link dal blog del prof. Eric Goldman)

(Cor)Responsabilità di Youtube per violazione di copyright commessa da un suo utente

Il consueto problema della qualificazione giuridica della piattaforma Youtube in caso di violazione di copyright è affrontato dalla Southern District Court di New TYork, 21.03.22, Buisiness Casual v. Youtube, caso 21-cv-3610 (JGK).

Tre le causae petendi azionate.

Il direct infringement è escluso per insufficiente allegazione/prova dell’elemento soggettivo richeisto dalla common law, p. 8 ss

Più interessante è che per la Corte , oltre a ciò, esso è escluso a causa della licenza pretesa da Youtube per chi carica materiali propri, come noto. Essa infatti impedirebbbe di ravvisare contraffazione in Y.

L’attore tenta di eludere tale esito  (<<Business Casual contends that the License does not cover the conduct at issue here because the License does not grant any rights “to an unrelated third party, like TV-Novosti, to do whatever it pleases with Business Casual’s content.”>>): ma per la Corte la licenza è sufficientemente ampia da coprire le condotte sub iudice di Y., p. 12.

Ancora, a fronte di una incomprensibile causa petendi dell’attore circa il non sufficientemente motivato ricorso di Y. al safe harbour ex § 512 DMCA, la Corte rigetta, precisando -in breve ma esattamente- la costruzione giuridica del safe harbour: <<The DMCA safe harbors provide potential defenses against copyright infringement claims where, but for the safe harbors, the plaintiff has a meritorious cause of action against the defendant for copyright infringement>>, p.  13

Infine son rigettate pure le causae petendi del concorso nell’illecito, contributory infringement, e della respooonsabilità vicaria, vicarious infringement, 14-15.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Il legale che invia ad Amazon l’istanza di notice and take down non commette diffamazione

interessante fattispecie concreta decisa dalla Corte dell’Illinois, east. divis., 11 marzo 2022, No. 21 C 3648, The Sunny Factory, LLC v. Chen, 2.

Il legale di un impresa titolare di copyright intima ad Amazon la rimozione dei prodotti di un’azienda presente nel suo marketplace, che asseritamente violerebbero il diritto della cliente.

Amazon rimuove e il terzo “rimosso” cita in giudizio i legali per diffamazione , tortious interference (perdite pesanti nelle vendite) e dolosa misrepresentation ai sensi del § 512.f del DMCA.

La lite viene però decisa in modo sfavolevole all’azienda intimata e attrice nel presente processo, essenzialmente per mancanza dell’elememto soggettivo (dolo o malizia a secodna dei casi)in capo ai legali convenuti.

Da segnalare che per il diritto usa c’è un privilegio a favore dei legali che agiscano per conto dei clienti quando mandano diffide nel corso di una lite, sia per diffamazione che per tortious interference, p. 5 e rispett. 7.

Strano aver lasciato  per ultima la questione del DMCA , che probabilmente era la prima in ordine logico: negando la responsabilità in base a tale dispisizone, diventava poi assai dfifficile, forse impossibile, ravvisarne in base a diverso titolo

(sentenza e link alla stessa dal blog del prof. Eric Goldman)

Copyright su personaggi in 3D, fair use e counterclaim per misrepresentations ex § 512.d DMCA

Interessante caso di violazione di diritto di autore su personaggi animati in 3D, regolarmente registrati (come da diritto usa) deciso dal Distretto nord della California, 25.02.2022, Case 3:21-cv-06536-EMC, Moonbug c. Babybus.  La sentenza riporta  esempi grafici a colori messi a paragone.

La domanda di violazine viene contrastata con l’eccezione di fair use e conseguemente di abuso dello strumento di notice and take down (misrepresentations), previsto dalla norma di cui al titolo.

La somiglianza dei personaggi è notevole.

Il fair use non è concesso: <In sum, none of the four fair use factors tip in Babybus’s favor. Indeed, the first, second and fourth factors weigh decisively against Babybus. And, as to the third factor, despite the fact that Babybus already amended its affirmative defenses once and the Court provided Babybus with two opportunities to supplement the record with examples of videos that support its fair use defense after this motion was fully briefed and argued, Babybus still has not presented any arguments and allegations that tip the third factor in its favor. Even if the Court were to overlook Babybus’s failure to do so despite multiple opportunities, and assumed arguendo that Babybus could allege facts indicating that its copying was insubstantial, that would merely demonstrate one factor tips towards Babybus. Any such hypothetical showing would still be outweighed by the fact that the other three factors weigh conclusively against Babybus. Accordingly, the Court strikes Babybus’s fair use defense because it is implausible

Di conseguenza pure l’illecito da misrepresetnations a Youtube è negato, pur dopo approfondito esame delle allegazini del convenuto: Babybus fails to allege any specific misrepresentations in Moonbug’s DMCA takedown notices in its supplemental filings and identification of six exemplary videos. Cf. Docket No. 56,
63. It simply relies on the argument that Moonbug’s DMCA notices fail on the merits of their assertions of infringement because “there are no protectable similarities in protectable elements between these videos and the videos in Moonbug’s catalogue.” Docket No. 63 at 3. The claims of copyright infringement were not frivolous. Thus, Babybus’s allegations do not plausibly demonstrate the first element of its § 512(f) counterclaim that Moonbug made material misrepresentations in its DMCA takedown notices filed with YouTube

La diffamazione, per avere pubblicato su Facebook le email aggressive ricevute, non è coperto da safe harbour ex 230 CDA

La diffamazione per aver pubblicato su Facebbok le email aggressive/offensive ricevute non è coperto sal safe harbour ex 230 CDA:  essenzialmente perchè non si tratta di materiali  di terzi che questi volevano pubblicare in internet ma di sceltga del destinatario delle email.

Questa la decisione dell’Eastern district of California, 3 marzo 2022, Crowley ed altri c. Faison ed altri, Case 2:21-cv-00778-MCE-JDP .

Si tratta della pubblicazione da parte della responsabile locale in Sacramento del movimnto Black Lives Matter delle email che  aveva ricevuto.

Passo pertinente: <<Defendants nonetheless ignore certain key distinctions that make their reliance on the Act problematic.

Immunity under § 230 requires that the third-party provider, herethe individual masquerading as Karra Crowley, have “provided” the emails to Defendants“for use on the Internet or another interactive computer service.” Batzel, 333 F.3d at1033 (emphasis in original).

Here, as Plaintiffs point out, the emails were sent directly to BLM Sacramento’s general email address. “[I]f the imposter intended for his/her emailsto be posted on BLM Sacramento’s Facebook page, the imposter could have posted theemail content directly to the Facebook page,” yet did not do so. Pls.’ Opp to Mot. toStrike, 18:9-11 (emphasis in original). Those circumstances raise a legitimate questionas to whether the imposter indeed intended to post on the internet, and without a findingto that effect the Act’s immunity does not apply. These concerns are further amplified by the fact that Karra Crowley notifiedDefendants that she did not author the emails, and they did not come from her emailaddress within 24 hours after the last email attributed to her was posted. Defendantsnonetheless refused to take down the offending posts from its Facebook page, causingthe hateful and threatening messages received by Plaintiffs to continue.

As set forthabove, one of the most disgusting of those messages, in which the sender graphicallydescribed how he or she was going to kill Karra Crowley and her daughter, was sentnearly a month later.In addition, while the Act does provide immunity for materials posted on theinternet which the publisher had no role in creating, here Defendants did not simply postthe emails. They went on to suggest that Karra Crowley “needs to be famous” andrepresented that her “information has been verified”, including business and homeaddresses. Compl., ¶¶ 13-14.6 It is those representations that Plaintiffs claim arelibelous, particularly after Defendants persisted in allowing the postings to remain evenafter they had been denounced as false, a decision which caused further harassmentand threats to be directed towards Plaintiffs.

As the California Supreme Court noted inBarrrett, Plaintiffs remain “free under section 230 to pursue the originator of a defamatory Internet publication.” 40 Cal. 4th at 6>>

Visto il dettato della norma, difficile dar torto al giudice californiano.

Si noti che ad invocare il safe harbour non è una piattaforma digitale, come capita di solito, ma un suo utilizzatore: cosa perfettamente legittima, però, visto il dettato normativo.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Safe harbour ex 230 CDA per l’omesso avviso e l’omessa rimozione di materiale sensibile? Si.

La madre di un bambino le cui immagini sessualmente significative avevva notato caricate su Tikl Tok cita la piattaforma per i segg. illeciti: did not put any warning on any of the videos claiming they might contain sensitive material; did not remove any of the videos from its platform; did not report the videos to any child abuse hotline; did not sanction, prevent, or discourage the videos in any way from being viewed, shared, downloaded or disbursed in any other way; and “failed to act on their own policies and procedures along with State and Federal Statutes and Regulations.

Il distretto nord dell’Illinois, west. division, 28.02.2022, Case No. 21 C 50129, Day c. Tik Tok, accoglie l’eccezione di safe harbour ex § 230 CDA sollevata dalla piattaforma (e citando il noto precedente Craiglist del 2008):

What § 230(c)(1) says is that an online information system must not ‘be treated as the publisher or speaker of any information provided by’ someone else.” Chicago Lawyers’ Committee for Civil Rights Under Law, Inc. v. Craigslist, Inc., 519 F.3d 666, 671 (7th Cir. 2008).
In Chicago Lawyers’, plaintiff sought to hold Craigslist liable for postings made by others on its platform that violated the anti-discrimination in advertising provision of the Fair Housing Act (42 U.S.C. § 3604(c)). The court held 47 U.S.C. § 230(c)(1) precluded Craigslist from being  liable for the offending postings because “[i]t is not the author of the ads and could not be treated as the ‘speaker’ of the posters’ words, given § 230(c)(1).” Id. The court rejected plaintiff’s argument that Craigslist could be liable as one who caused the offending post to be made stating “[a]n interactive computer service ‘causes’ postings only in the sense of providing a place where people can post.” Id. “Nothing in the service craigslist offers induces anyone to post any particular listing or express a preference for discrimination.” Id. “If craigslist ‘causes’ the discriminatory notices, then, so do phone companies and courier services (and, for that matter, the firms that make the computers and software that owners use to post their notices online), yet no one could think that Microsoft and Dell are liable for ‘causing’ discriminatory advertisements.” Id. at 672. The court concluded the opinion by stating that plaintiff could use the postings on Craigslist to identify targets to investigate and “assemble a list of names to send to the Attorney General for prosecution. But given § 230(c)(1) it cannot sue the messenger just because the message reveals a third party’s plan to engage in unlawful discrimination.”

Ed allora la domanda attorea nel caso specifico < does not allege defendant created or posted the videos. It only alleges defendant allowed and did not timely remove the videos posted by someone else. This is clearly a complaint about “information provided by another information content provider” for which defendant cannot be held liable by the terms of Section 230(c)(1).>

Difficile dar torto alla corte, alla luce del dettato della disposizione invocata da TikTok

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)