Nessuna responsabilità della scuola per il danno cagionato tra alunni durante esercizi prepatori alla pratica del rugby

Cass. sez. III, ord. 25/07/2024, (ud. 13/05/2024, dep. 25/07/2024), n.20790, rel. Tassone-

<<La decisione impugnata è conforme ai principi della materia enunciati da questa Suprema Corte, che ha già avuto modo di affermare che: “In tema di danni conseguenti ad un infortunio sportivo subito da uno studente durante una gara svoltasi all’interno della struttura scolastica nell’ora di educazione fisica, ai fini della configurabilità della responsabilità della scuola ai sensi dell’art. 2048 c.c., è necessario: a) che il danno sia conseguenza del fatto illecito di un altro studente partecipante alla gara, il quale sussiste se l’atto dannoso sia posto in essere con un grado di violenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato o con il contesto ambientale nel quale l’attività sportiva si svolge o con la qualità delle persone che vi partecipano, ovvero allo specifico scopo di ledere, anche se non in violazione delle regole dell’attività svolta, e non anche quando l’atto sia compiuto senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole della disciplina sportiva, né se, pur in presenza di una violazione delle regole dell’attività sportiva specificamente svolta, l’atto lesivo sia a questa funzionalmente connesso; b) che la scuola non abbia predisposto tutte le misure idonee ad evitare il fatto. Ne consegue che grava sullo studente l’onere di provare l’illecito commesso da un altro studente, mentre spetta alla scuola dimostrare l’inevitabilità del danno, nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee ad evitare il fatto” (così Cass., 10/04/2019, n. 9983; Cass., 08/04/2016, n. 6844; Cass., 14/10/2003, n. 15321).

Le condizioni di applicabilità della norma si traducono dunque in un fatto costitutivo, l’illecito, che va provato dal danneggiato, e in un fatto impeditivo, il non averlo potuto evitare nonostante la predisposizione di tutte le idonee cautele, che va provato dalla scuola (così Cass., 14/10/2003, n. 15321)>>

I fatti storici accertati in appello:

<<È rimasto nella specie dai giudici di merito accertato: a) che non si trattava di una partita di rugby, bensì di un esercizio di educazione fisica consistente nel simulare una fase di gioco all’interno della palestra, precisando che “si bloccava la persona, ma non c’era placcaggio” (cfr. testimonianza di Po.Gi., teste introdotto dalla stessa Mo.Gi.); b) che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nei suoi programmi di educazione fisica relativi alle scuole superiori include la pratica sportiva e lo svolgimento di esercizi ginnici e/o di gare tra contrapposte squadre di studenti; peraltro nel caso di specie non si trattava di pratica sportiva in senso proprio, ma di un esercizio propedeutico alla pratica sportiva del rugby, come si è detto caratterizzato da limitato contatto fisico; c) che un istruttore di rugby aveva adeguatamente illustrato l’esercizio agli alunni, ed era rimasto presente durante lo svolgimento dello stesso, unitamente a tre insegnanti; d) che il pavimento della palestra era in linoleum, materiale normalmente usato nelle palestre proprio perché attutisce i colpi.

La corte territoriale, nel rigettare il gravame, ha inoltre espressamente rilevato che “Il giudice di primo grado, dopo aver attentamente esaminato le risultanze istruttorie, ha correttamente escluso la pericolosità dell’esercizio, anche tenuto conto dell’età delle ragazze (14 anni)”, ed è pervenuta a concludere che “la condotta delle alunne che componevano la squadra avversaria a quella dell’attrice è stata repentina ed imprevedibile” (p. 9 dell’impugnata sentenza), pertanto ravvisando avere la scuola fatto quanto doveva per assolvere all’obbligo di vigilanza cui era tenuta ai sensi dell’art. 2048 cod. civ. e ritenendo essersi il sinistro nella specie verificato con modalità tali da non potere essere impedito, e rientrare l’evento nell’alea normale dell’attività sportiva cui la studentessa, odierna ricorrente, ha preso parte durante l’ora di educazione fisica>>.

Confermato quindi il rigetto della domanda risarcitoria pure in appello.

Meno convinvente il rigetto (processuale) ex art. 2050 cc (attività pericolosa):

<<4.3. Sotto la formale invocazione della violazione di legge, anche lamentando la mancata riconduzione della fattispecie in esame al disposto dell’art. 2050 cod. civ. in tema di attività pericolosa, l’odierna ricorrente sollecita invero un riesame del fatto e della prova, precluso al giudice della legittimità.

Va infatti ricordato che secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte “ai fini dell’accertamento della sussistenza della responsabilità ex art. 2050 cod. civ., il giudizio sulla pericolosità dell’attività svolta – ossia l’apprezzamento della stessa come attività che, per sua natura, o per i mezzi impiegati, rende probabile, e non semplicemente possibile, il verificarsi dell’evento dannoso da essa causato, distinguendosi, così, dall’attività normalmente innocua, che diventa pericolosa per la condotta di chi la eserciti od organizzi, comportando la responsabilità secondo la regola generale di cui all’art. 2043 cod. civ. – quando non è espresso dal legislatore, è rimesso alla valutazione del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, ove correttamente e logicamente motivata” (cfr. Cass., 15/02/2019, n. 4545; Cass. 1195/2007; Cass. 10268/2015), ed in forza di questo principio l’attività sportiva non è – in linea generale – una attività pericolosa, potendo essere considerata tale solo là dove abbia caratteristiche intrinseche di pericolosità ovvero presenti passaggi di particolare difficoltà (così, nel caso del rafting, Cass., 26860/2023; Cass., 18903/2017). [proprio questo si doveva verificare, ma non è stato fatto]

Nel caso di specie si verte in tema di esercizi di approccio all’attività del rugby durante l’ora di educazione fisica a scuola, dei quali va valorizzato l’aspetto intrinsecamente educativo, oltre che ludico, finalizzato alla valorizzazione del gioco di squadra ed alla fiducia nei compagni, all’attenzione alle regole ed al rispetto dell’avversario, alla formazione dei giovani per una maggiore sicurezza di sé nel raggiungimento degli obiettivi, conformemente alla ratio del nuovo ultimo comma dell’art. 33 Cost. (inserito dall’art. 1, comma 1, della legge costituzionale 26 settembre 2023, n. 1), che recita “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme” ed evidenzia come lo sport debba essere praticato e coltivato come un prezioso alleato nell’educazione, nell’inclusione sociale e nel miglioramento del benessere complessivo di tutti i cittadini>> [giudizio irrlevante ai fini dell’accetamento della periciolosità ex ar.t 2050 c.c.]

Responsabilità da attività pericolosa (art. 2050 cc) in caso di danno da merce pericolosa stoccata presso il compratore

La Corte di Cassazione (n. 28626 del 07.11.2019, sez. 3) chiarisce il punto del se operi la responsabilità da attività pericolosa ex art. 2050 cc quando la pericolosità sia insita nella merce prodotta e distribuita. Nel caso specifico il danno (incendio) era verosimilmente derivato da deflagrazione iniziata nei locali di un prodotture di vernici (MAB) dove era stata stoccata nitrocellulosa, prodotta da DOW WOLFF e distribuita da TILLMANNS.

La domanda risarcitoria di MAB e delle Assicurazioni (in riconvenzionale, essendo la lite stata promossa in accertamento negativo da DOW) era stata proposta contro il produttore e il distributore.

La particolarità del caso è consistita nel basare la domanda sulla  norma citata, quando però le merci pericolose erano nella proprietà e disponibilità del compratore (quindi all’interno del suo ciclo prodottivo) e non più del produttore o distributore.

La S.C. precisa che -ratione temporis- non si applica il d. lgs. 19.05.2016 n. 81 Attuazione della direttiva 2014/28/UE concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato e al controllo degli esplosivi per uso civile.

I giudici di merito respinsero le domande del danneggiato e delle Assicuirazioni.  Anche il giudice di legittimità esclude la responsabilità ex art. 2050 cc di produttore e distributore della merce pericolosa, asseritamente fonte dell’incendio, ma stoccata presso il compratore.

Ecco i passaggi rilevanti :

<<20…deve qualificarsi come intrinsecamente pericoloso sì ogni momento o fase del suo processo di produzione e di lavorazione fino al prodotto finito …. ma non può farsi a meno di rilevare come un tale processo si scinda naturalmente in più momenti o fasi, aventi ognuna una sua intrinseca autonomia gestionale ed implicanti un diverso grado di disponibilità del prodotto pericoloso da parte dei differenti soggetti che lo manipolano. 21. A tale diversificazione di fasi e di disponibilità del prodotto pericoloso, almeno finchè il ciclo della sua trasformazione non è esaurito, non può che corrispondere una conseguente diversificazione della responsabilitàdei diversi soggetti che quelle fasi gestiscono in autonomia gli uni dagli altri, ciascuno assumendo una quota ben determinata e ben prevedibile del relativo rischio di impresa connesso alla produzione di beni mediante impiego di materiali pericolosi. 22. In particolare, tali diverse fasi debbono essere considerate, di norma (e con l’eccezione che subito si vedrà) ed ai fini della responsabilità da attività pericolosa tra i diversi soggetti coinvolti professionalmente nel medesimo processo produttivo, l’una indipendente dall’altra ed ognuna caratterizzata da oneri di precauzione incombenti a ciascun soggetto titolare del potere di impresa di volta in volta esercitato, parametrati allo stato di avanzamento della lavorazione ed almeno tendenzialmente idonei a scongiurare i rischi propri di quella fase: diversamente, si tratterebbe di estendere incongruamente la nozione di attività pericolosa e la relativa severa responsabilità sostanzialmente oggettiva anche alla circolazione del bene pericoloso e senza alcuna limitazione, con insostenibile equiparazione alla responsabilità da prodotto difettoso o da vizi della cosa venduta, che hanno però presupposti molto meno gravosi per il produttore e per il distributore rispetto alla presunzione di cui all’art. 2050 c.c.. … 24. Ora, il rischio di impresa di chi produce e distribuisce nitrocellulosa destinata ad ulteriore lavorazione non può comprendere … le fasi di ulteriore lavorazione: le quali non sono di per sè esercizio dell’attività pericolosa originaria e di queste successive avendo la responsabilità – ove non si configurino o non si provino diversi titoli, come già detto e come escluso nella specie – invece l’imprenditore od altro soggetto professionale che le gestisca in autonomia e con correlativi oneri di adozione di misure di precauzione adeguate al ciclo di lavorazione che impieghi il prodotto intrinsecamente pericoloso, come è indubbio in punto di fatto che sia accaduto nella fattispecie. 25. Pertanto, in difetto di ulteriori titoli di responsabilità e della prova sul difetto intrinseco o sul vizio del prodotto [NB : in causa era stata esclusa la responsabilità del produttore ex art. 114-120 cod. cons.], l’esclusione della responsabilità da attività pericolosa impedisce al danneggiato di giovarsi del relativo particolare regime anche in tema di prova dei presupposti e quindi del carattere indubbio del coinvolgimento della nitrocellulosa nell’incendio: se è vero che, in virtù dei principi in tema di responsabilità oggettiva, non avrebbe dovuto rilevare che il prodotto pericoloso fosse stato la causa mediata o immediata dell’incendio e che l’incertezza della causa ultima di questo difficilmente avrebbe potuto esimere l’esercente dell’attività pericolosa dalla sua peculiare responsabilità in difetto della prova, su di lui incombente, di avere adottato ogni misura idonea ad evitare il danno, è pur vero che, ricostruita adeguatamente la fattispecie per cui è causa, non trova appunto applicazione l’intero sistema della responsabilità da attività pericolosa>>.