Cass. sez. III, 06/03/2025 n. 5.984, rel. Positano sul primo tema:
<<l motivo ha per oggetto la liquidazione del danno non patrimoniale da morte disposta in favore della madre della piccola Ho.An., Ho.So., alla quale la Corte territoriale ha riconosciuto una personalizzazione della componente biologica del danno in misura pari al 30%, sostanzialmente sulla scorta della sola considerazione delle “modalità di verificazione del sinistro” e della successiva insorgenza della patologia psichica di origine post-traumatica, senza dare in alcun modo conto delle eventuali “conseguenze anomale o del tutto peculiari”>>.
Risposta della SC:
<<Come rilevato correttamente anche dalla Corte territoriale, la liquidazione può essere incrementata dal giudice, in sede di personalizzazione del danno biologico, con motivazione analitica e non stereotipata, ma solo in presenza di conseguenze anomale e del tutto eccezionali (tempestivamente allegate e provate dal danneggiato).
In particolare, la Corte territoriale dopo avere dato atto della stima fatta dal c.t.u. di un danno psichico pari al 18%, fa presente che per fondare la richiesta di personalizzare il risarcimento del danno biologico (diverso da quello parentale) la danneggiata ha allegato: “tanto la tragicità della perdita dell’unica figlia, non avendone l’attrice, all’epoca del sinistro, altri dei quali occuparsi e sui quali riversare il proprio amore di madre, quanto la circostanza che il decesso sia avvenuto in maniera cruenta, con il corpo della piccola Ho.An. strascinato sul selciato per diversi metri dopo il violento impatto” (cfr. p. 3 dell’atto di citazione del 04.07.2017).
Il c.t.u. ha spiegato che la sintomatologia depressiva dell’attrice corrisponde ad almeno sette criteri di un Episodio Depressivo Maggiore quali sono: umore depresso, marcata diminuzione di interesse, perdita di peso (nel primo anno), insonnia/disturbi del sonno, rallentamento psicomotorio, mancanza di energia, pensieri di morte/ideazione suicidaria (nei primi mesi).
Questi sintomi tendenzialmente stabilizzati travalicano dal danno da perdita del rapporto parentale a quello psichico permanente “e vanno riferiti ad un episodio assolutamente traumatico rappresentato dalla perdita della figlia, e dal fatto di “vedere il corpicino pieno di sangue nell’elicottero, notare gli impegni dei sanitari durante il volo verso l’ospedale”, ciò determina un Disturbo post -traumatico da stress (DPTS) notevole”
Argomentando sui presupposti della personalizzazione e, quindi, della eccezionalità ed anomalia del danno, rispetto ad altro analogo pregiudizio di natura biologica, la Corte àncora l’incremento del 30% “all’intensità del dolore sofferto dalla madre, non solo per aver perduto la figlia di soli quattro anni, ma soprattutto per le modalità repentine e cruente con cui è avvenuto il suo decesso….Particolarmente significativi sono i tormenti che le procurano i reiterati incubi notturni durante i quali essa ripete l’esperienza dolorosa dell’agonia della figlia; dunque, l’evento tragico durato circa un’ora in cui dopo aver saputo che era stata investita da un’auto, l’ha assistita mentre, gravemente ferita, veniva elitrasportata in ospedale e, poco dopo l’arrivo, ha appreso che era spirata perché erano incurabili le lesioni provocate dall’incidente.
Tali circostanze e in particolare, dunque, l’intensità del dolore procurato dalle cruente e repentine modalità di accadimento dell’illecito giustificano il riconoscimento della personalizzazione del risarcimento. Tenuto conto delle descritte modalità che hanno contraddistinto il sinistro”.
Alla luce di quanto precede è evidente che la rilevanza psicogena del fatto è stata ricondotta dal giudice di appello proprio alle modalità traumatiche, improvvise e drammatiche.
Al contrario, soltanto in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali allegate dalla danneggiata, che rendano il danno più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione.
Orbene, il nucleo motivazionale della personalizzazione è ricondotto dalla Corte territoriale al seguente dato fattuale: “l’ha assistita mentre, gravemente ferita, veniva elitrasportata in ospedale e, poco dopo l’arrivo, ha appreso che era spirata perché’ erano incurabili le lesioni provocate dall’incidente. Tali circostanze e in particolare, dunque, l’intensità’ del dolore procurato dalle cruente e repentine modalità’ di accadimento dell’illecito giustificano il riconoscimento della personalizzazione del risarcimento…”.
Nel caso di specie i profili che la Corte territoriale individua quali “gravi sofferenze” patite dalla madre per la perdita della figlioletta consistono si sovrappongono agli stessi profili ritenuti rilevanti nella valutazione fatta dal CTU al fine di giungere al riconoscimento della patologia psichica post traumatica in capo al soggetto.
Da ciò una duplicazione delle conseguenze risarcitorie in quanto, nonostante la oggettiva gravità della vicenda, le conseguenze descritte dal consulente e valorizzate dalla Corte territoriale, sono proprio quelle fisiologicamente e tristemente derivanti da pregiudizi dello stesso (elevato) grado, sofferte da persone della stessa età e con il medesimo ruolo genitoriale rispetto alla vittima primaria.
Pertanto, le allegazioni del presente giudizio non giustificano la “personalizzazione” in aumento.>>
Sul secondo tema, riguardante il riconoscimento del danno da perdita del rapporto parentale anche al compagno della madre:
<< Il motivo ha per oggetto la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale disposta in favore del compagno della madre, per la morte della figlia di quest’ultima, in assenza di convivenza e della prova della effettiva assunzione, da parte dell’istante, del “ruolo morale e materiale di genitore”.
Il motivo è inammissibile perché consiste in una critica alla idoneità e sufficienza delle prove acquisite e si traduce in una richiesta di rivalutazione del materiale istruttorio inibita al giudice di legittimità.
Il motivo tende ad una nuova valutazione delle espletate prove testimoniali e di quanto emerso in sede di c.t.u., relativamente alle quali la Corte d’Appello ha reso una motivazione ragionevole e giuridicamente coerente, affermando che “… sia le assunte deposizioni testimoniali, sia l’indagine medicolegale convergono, dunque, nel confermare l’allegata connotazione che ha contraddistinto il rapporto intercorso tra l’appellante e la vittima primaria del sinistro.
La Corte d’Appello ha accertato cioè, sulla base delle evidenze processuali raccolte, che il signor Ga.Th. aveva assunto un vero e proprio ruolo di “padre vicario” nei confronti della piccola, venendo in tutto e per tutto a ricoprire questo ruolo in sostituzione del genitore biologico del tutto eclissatosi dalla breve esistenza della figlia…” (pag. 40 sentenza impugnata), venendo di conseguenza a subire, per la morte della bambina, un danno da perdita del rapporto parentale.
La statuizione si pone sul solco del principio giurisprudenziale secondo cui la convivenza more uxorio non è da sola sufficiente a dimostrare il pregiudizio subito, “dovendosi rinvenire, al fine di liquidare il danno parentale, quegli indici che il controricorrente Ga.Th. ha allegato e la Corte ha ritenuto provati e cioè la sua dedizione e l’assistenza morale e materiale alla piccola Ho.An. per oltre 3 dei 4 anni. Dedizione ed assistenza da padre putativo, considerata l’assenza di quello biologico”.
Questa Corte ha, infatti, affermato che “il vincolo di sangue non è un elemento imprescindibile ai fini del riconoscimento del danno da lesione del rapporto parentale, dovendo esso essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale, ma che ha con il danneggiato analoga relazione di affetto, di consuetudine di vita e di abitudini, e che infonda nel danneggiato quel sentimento di protezione e di sicurezza insito nel rapporto padre figlio” (Cassazione civile sez. III, 15.11.2023, n. 31867)>>.